C'era una volta...
te la darò! — Il Re avea condotto con sè le sue guardie, e ordinò che quella donna del malaugurio fosse chiusa in una prigione. Da quel giorno in poi
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Cecina, o guai a te! — Maestà, son venuta a posta coi miei dottori. — E i suoi dottori erano due uccellacci più grossi di un tacchino, con un becco
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— C' era la strega.... Sta' zitto, allontànati; sento la strega che ritorna. Se per disgraziati trovasse, incanterebbe anche te. — Il Re corse a
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mastini: — Té! Té! — Quando fu giorno, il Re, che tremava ancora dalla paura, scese da quell'albero e cominciò ad inoltrarsi cautamente. Incontrò una
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la figliuola del ciaba, devi rendermi un servigio: mi fido soltanto di te. Portami questa lettera al Re di Spagna, e attendi la risposta; ma nessuno
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' darti un bicchier del mio vino; te lo meriti. — Quel vino era conciato coll' oppio, e il pover' uomo non l'ebbe bevuto, che cadde in un profondissimo
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, si diè a sonarlo furiosamente. Accorse la capretta. — Ah, capretta, capretta! Guarda a che sono arrivata! Non ho che te, per aiutarmi. — Prendi
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insudicia. La Regina montò sulle furie: — Sporco galletto! Per questa volta passi. Un'altra volta te la farò vedere io! — E ordinò alla sarta un
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insudicia, proprio dov' era la firma. — Sporco galletto! Per questa volta passi. Un'altra volta te la farò vedere io! - Il Re scrisse di bel nuovo la
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disgrazia. — Ti sei lasciato canzonare! Tieni questo pugnale e ritorna dal mago; vedrai che questa volta non si farà beffa di te. — E gli disse
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andarsene: — Mi lasci qui incatenato? — Lo meriteresti, ma ti sciolgo. Se mi hai ingannato, guai a te! — Il giovane si presentò al palazzo reale e si
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-rospo, vorrei vedere il tuo palazzo. Maestà, quel canile lo chiamate palazzo? Testa-di-rospo, una notte vorrei dormire con te. — Chiedetene il permesso
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— Topolino, se mi vuoi bene, risuscita mio padre! Topolino esitava. Allora si fece avanti sua madre: — Topolino, te ne prego anch'io, risuscita il Re
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po'malato. - E il Re s' acchetò. Intanto la povera Reginotta viveva in ambascia: — Cardellino traditore, te e il tuo padrone! - E come s'avvicinava
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Reginotta zitta. Dovea affogarla davvero? E la tirò su; ma la rinchiuse in una stanza, a pane ed acqua. La Reginotta piangeva: — Cardellino traditore, te e
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o la perdi, guai a te! — La Reginotta si spassava, tutto il giorno, con Ranocchino. - Ranocchino, porgi il ditino! Era una bellezza. Lo teneva sempre
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: — Senza-orecchie, Senza-orecchie, ecco roba per te! — La Reginotta accorse: eran davvero le sue orecchie. Tremante dalla contentezza se le adattò al capo
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domandò: — Chi siete? che cosa volete? Son io, figliuola mia; siam venute per te! — Dall' allegrezza stava per saltar dalla finestra. - Ascolta
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granfie per ingoiarsela. — Mangiami almeno domani! Te lo chieggo per grazia! — Il Lupo Mannaro stette un momentino incerto, e poi rispose: — Ti sia
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ti trovo un'altra volta per la strada, te la farò vedere io! —
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zingara, e tirò diritto. Giunto davanti alla grotta, cominciò a chiamare: — Fata gobba! Fata gobba! — Gobbo sarai te! — rispose una voce. E il povero Re
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ammazzarti! Ah, Ranocchino mio! E non ti vedrò più per la casa, non ti vedrò! Ah, coricino mio! E chi fu la strega che te lo cantò in culla, chi fu? Ah
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ha detto: Se fra un anno non avrò un figliuolo, guai a te! Son certa, babbo mio, che mi farà tagliar la testa. - Quel povero padre, come potea
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. — Vecchia strega, se séguiti, ti faccio buttare in fondo a un carcere, te e il tuo Tizzoncino! — Maestà, non è vero nulla. Le vicine sono bugiarde
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