Il mostrare il meccanismo del lavoro intellettuale, l'arte di utilizzare il tempo lavorando, e di riposarsi, i metodi di raccogliere i materiali per un'opera, le varie maniere di abbozzarla e di scriverla, una esposizione completa di tutti gli artificî che si mettono in pratica per creare qualche cosa di nuovo e di buono, formerebbero certo un libro utilissimo, che io credo non sia stato ancora scritto. Accade alla maggior parte degli studiosi di non avere aiuto nel principio della loro carriera e di scoraggiarsi perchè non si credono abbastanza forti. Questi in un libro come quello che ho accennato, potrebbero trovare un consiglio ed anche forse un aiuto, non fosse altro vedendo che altri più deboli e poco favoriti dalla natura riuscirono pure a fare delle cose eccellenti. La storia è piena di uomini che si fecero immortali malgrado una salute vacillante, e che colla sola perseveranza conseguirono dei risultati che non erano da sperarsi. Valga per tutti l' esempio glorioso che ci diede Carlo Darwin di una lotta combattuta giorno per giorno fino alla fine della sua esistenza. Tornato da un viaggio di circumnavigazione, andò cosi rapidamente peggiorando la sua salute, che egli, essendo ancora giovane, si decise di abbandonare Londra, per vivere nella solitudine di un piccolo villaggio. Carlo Darwin ci lasciò dei documenti interessantissimi intorno alle sue facoltà mentali e al modo come lavorava. Nella sua autobiografia, dice: La Vie et la corrispondence de Charles Darwin publiées par son fils M Francis Darwin. - Paris, 1888."La scuola come mezzo di educazione fu per me un semplice zero. Io fui incapace durante tutta la vita di vincere le difficoltà per apprendere una lingua qualunque. "Non ho la grande rapidità di concepimento o di spirito, tanto notevoli in qualcuno degli uomini intelligenti. Sono un critico mediocre. La facoltà che permette di seguire una serie lunga e astratta di pensieri è molto limitata in me, e non sarei mai riuscito nelle matematiche e nella metafisica. "La mia memoria è estesa, ma confusa, e basta appena per avvertirmi vagamente che ho letto od osservato qualche cosa di opposto o di favorevole alle conclusioni che tiro. La mia memoria lascia talmente a desiderare, che non ho mai potuto ricordarmi più di qualche giorno, una semplice data o un verso di poesia. "Ho tanto spirito d'invenzione, di senso comune, e di giudizio, quanto ne ha un avvocato od un medico di forza comune, a quanto io credo, ma non di più". Un uomo che si credeva in così scarsa misura fornito dei doni dell' ingegno, in quarant' anni di assiduo lavoro, è riuscito a far cambiare la faccia alla scienza. Egli era così debole e sofferente che non poteva neppure ricevere gli amici nella rustica e silenziosa sua casetta, perchè tutte le volte che cercava di sforzarsi, l'emozione e la fatica gli davano sempre dei brividi e dei vomiti. Eppure quest'uomo di abitudini campagnuole, che si occupava, solo del suo giardino e dei suoi libri, trasfuse una vita nuova nella filosofia, ed ha fecondato, si può dire, tutto lo scibile del nostro secolo. Nel piccolo villaggio di Down, sotto l'ombra dei grandi alberi, che circondavano la casa di Darwin, si è meditato e combattuto vittoriosamente una lotta gigantesca; di là si sono aperte nuove vie e nuovi orizzonti al pensiero dell'umanità. E Darwin fu così fortunato, che prima di morire vide trionfare le sue idee e crescere l’ edificio della scienza sulle basi che egli prima aveva gettate. "Il mio spirito, dice DarwinOpera citata. Tomo I, pag. 102., è vittima di una fatalità, che mi fa stabilire in primo luogo la mia esposizione, o la mia proposizione, sotto una forma difettosa, e disadatta. Nel principio avevo l'abitudine di riflettere molto alle mie frasi prima di scriverle; dopo parecchi anni ho capito che guadagnavo tempo a scarabocchiare delle pagine intere colla maggior fretta possibile, raccorciando e troncando le parole a mezzo, ed a correggere in seguito con mio comodo. Le frasi gettate giù a questo modo sono spesso migliori di quelle che avrei potuto scrivere con riflessione. Avendo così esposto la mia maniera di scrivere, devo aggiungere che per le mie voluminose opere consacravo molto tempo ad un ordinamento generale della materia. Facevo prima un abbozzo grossolano in due o tre pagine; alcune parole ed anche una sola, rappresentavano una discussione intera od una serie di fatti. Ciascuna di queste divisioni era aumentata o trasposta prima di cominciare il libro in extenso. Siccome ho sempre lavorato sopra più soggetti ad un tempo, devo ricordare che avevo organizzato da trenta a quaranta portafogli dentro a dei mobili che portavano le loro etichette e che mettevo in questi gli appunti staccati o le note. Ho comperato un grande numero di libri, e alla fine di ciascuno aggiunsi una tabella di tutti i fatti che riguardavano il mio lavoro; se il libro non era mio ne facevo un sunto. Ed avevo un cassetto pieno di questi estratti." Appena ritornato dal suo viaggio intorno al mondo, Darwin scriveva a Lyell: "Mio padre spera che lo stato della mia salute possa appena migliorarsi fra qualche anno. E il prognostico è grave per me, perchè sono convinto che la corsa sarà guadagnata dal più forte e non farò altro nella vita che seguire le tracce lasciate dagli altri nel campo della scienza." Un' altra volta scrivendo da Londra a Lyell, dice: "Ho adottato il vostro sistema di non lavorare che due ore di seguito, dopo le quali esco di casa per le mie faccende, poi rientro e mi rimetto al lavoro. Così d'un giorno ne faccio due". Riferisco ancora qualche tratto caratteristico della figura di Darwin, quantunque la vita scritta dal suo figliolo sia molto conosciuta. "Due particolarità, del suo modo di vestire in casa, consistono in ciò, che egli portava sempre uno scialle sulle spalle, e dei grandi stivali di panno foderati che calzava sopra le scarpe di casa. Come il maggior numero delle persone delicate, egli soffriva tanto il caldo, quanto il freddo. Il lavoro mentale gli dava sovente troppo caldo, ed egli si levava il paletot, se nel corso del lavoro qualche cosa non gli andava a suo genio. Si alzava di buon'ora, e faceva, una piccola passeggiata prima della colazione; e considerava il tempo che passa fra le otto e le nove e mezzo, come il momento dei suoi studi migliori: alle nove e mezzo ritornava colla famiglia, si faceva leggere le lettere e qualche pagina dei giornali, di un romanzo o di viaggi. Alle dieci e mezzo ritornava nel suo studio; dove lavorava fino a mezzo giorno o mezzogiorno e un quarto." A questo momento egli considerava come finito il lavoro della sua giornata e diceva spesso con soddisfazione, "ho fatto una buona giornata di lavoro". Egli usciva allora a passeggiare, senza badare se era sole o se pioveva. Suo figlio ricorda un motto di Darwin che egli ripeteva spesso, cioè che noi arriviamo a fare il nostro compito economizzando i minuti. Darwin faceva questa grande economia del tempo per la differenza, che egli sentiva tra il lavoro di un quarto d'ora e quello di dieci minuti. La maggior parte delle sue esperienze, dice Francis Darwin, erano così semplici che non richiedevano preparativi, e credo che queste abitudini egli dovesse in grande parte al desiderio di risparmiare le sue forze e di non logorarsi in cose poco importanti. "Io fui spesso sorpreso, dice egli, del modo con cui mio padre lavorava fino all'estremo limite delle sue forze; spesso, dettandomi, s'arrestava tutto di un tratto e diceva : credo che bisogna che io mi fermi". Darwin durante quarant'anni non ebbe mai un giorno di buona salute come gli altri uomini. Il segreto suo fu la pazienza di arrestarsi a riflettere (come diceva lui) per degli anni interi sopra un problema inesplicato; e di esser nato colla forza di non poter adattarsi in verun modo a seguire ciecamente la traccia degli altri. E Darwin per queste sue virtù, malgrado che soccombesse ogni giorno sotto il peso della fatica per qualunque piccolo sforzo, fece maravigliare il mondo per le importanti leggi scoperte, per la interpretazione più logica che diede della formazione degli esseri viventi, per la luce che ha gettato su molti fenomeni della natura. E nel secolo nostro, Darwin rimarrà immortale per la novità dei suoi concetti elevatissimi, per un ideale sublime, come non era uscito mai dalla mente dei filosofi che avevano meditato sull'origine della vita.
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