Ma io non l'approvo per nulla questo sistema, perchè mi pare brutto, cattivo, perchè dinota in coloro che l'adottano un imperdonabile desiderio di parere ciò che non sono; ed io, la voglia d'ingannare e la dabbenaggine d'ingannarsi, le abborro cordialmente. Io adunque come condizione prima ed indeclinabile ti pongo quella di vestire come porta il tuo stato sociale e finanziario, e piuttosto meno che più, perchè gli alberi più utili ed i frutti più gentili il Signore li ha coperti d'una buccia piuttosto grossolana od aspra, il che però è ben lungi dal voler dire brutta o sgualcita; ti do in secondo luogo questo consiglio per non esporti al rischio di dover poi riformare il tuo metodo di vita. Chi pone ogni sua cura nell'abbellire l'esterno, segno è che trascura l'interno; dunque, attenta bene, figliuola, se non vuoi pregiudicarti, ed essere e parere frivola e dappoco. Non dico già che tu debba foggiare i tuoi abiti all'antica, e comparire nel mondo col costume di alcuni o di molti anni addietro; questo anderà bene per chi vuol togliersi o separarsi dalla società, non per te che sei chiamata a farne parte non solo, ma a brillare nel suo seno come angelo benefico e fior gentile, colla luce smagliante del bene e della virtù. Io desidero che tu non serva la moda, ma ti serva di essa in modo conforme alla modestia, al buon gusto e ad una certa tal quale eleganza che accresce grazia ad una giovane persona la quale non deve avere movenza nè parola che non sia amabile e graziosa. Alcune damigelle, pur essendo fuori di collegio, continuano in certo modo a portarne l'uniforme, poichè la madre assennata e giudiziosa prescrive appuntino l'abbigliamento, l'acconciatura e tutto che le riguarda, e le libera così dalla responsabilità della scelta. Però, tardi o tosto, viene anche per codeste un momento in cui è accordata una certa libertà, se non assoluta, almeno relativa, di scegliere i colori, la forma dei loro abiti, della loro acconciatura, e dei loro cappellini. Ripeto che io punto punto consiglio, e neppure approvo che tu porti l'abito attillato quando si usa ampio, nè ampio quando si usa attillato; questo dimostrerebbe stravaganza e quasi un dispregio delle usanze comuni, che noi dobbiamo sempre rispettare anche quando non le possiamo imitare. Però quelle povere signore e signorine schiave umilissime della moda, che si fanno un dovere di seguirla in tutte le sue fasi e negli interminabili suoi mutamenti, mi fanno davvero compassione, non tanto pel disguido inevitabile che porta alle loro finanze, spesso sbilanciate, una spesa che in tal modo diviene eccessiva; ma più ancora perchè ciò indica in esse una mutabilità ed una leggerezza che non sono la miglior raccomandazione della loro persona e del loro carattere. Oh! qui, anche qui, prendi se ti vien fatto, prendi la via di mezzo; essa è la più onesta, la più sicura, e la più apprezzabile. Io credo, voglio credere, che tu, figliuola modello, signorina pia e gentile, userai anche riguardo al tuo vestire moderazione e criterio; pure conoscendo ed indovinando nella tua natura buona, anzi ottima, taluna di quelle bizzarríe che non sono generate da spirito leggiero, ma soltanto ne danno l'apparenza, vorrei togliere anche questa da te; e se tu mi secondi, riuscirò sicuramente nel mio proposito, e tu apparirai qual devi essere e qual sei. Dalla buccia si conosce la pianta; e dal vestire s'indovina il fondo dell'individuo. 32 Fra le foggie in uso scegli la più semplice, il che vuol dire la più simpatica ed elegante; correggi ove sia d'uopo quelle che, ponendo in soverchia evidenza le forme, sono più incomode e sconvenienti. A questo proposito mi è caro ricordarti un episodio della vita di Maria Cristina regina di Napoli. Una sua dama si trovava a corte ad una festa, con un abito soverchiamente scollato; la regina allora facendosele incontro amorevolmente le disse: quanto siete bella! indi traendo di tasca la propria pezzuola gliel'accomodò al collo dicendo:così però siete molto più bella! Vi hanno delle feste e delle riunioni in cui non si può comparire senza denudarsi il collo e le braccia, dice la sarta e ripetono gli eleganti di professione; ma io so e conosco molte dame e damigelle le quali si affrancano da questa servitù, e sono tutt'altro che ridicole, anzi figurano e brillano bellissime fra le belle, perchè loro sovrastanno e le superano colla loro modestia. Tra i colori scegli i meno appariscenti, e cáricati di meno fronzoli che puoi: certe donne appajono con abiti così coloriti e caricati, da farle somigliare a quei cavalli che trascinano alla fiera le carrozzelle dei ciarlatani; pieni di nastri e fettucce e campanelli, messi apposta per attirare l'occhio della gente, e per avvisare che il ciarlatano è arrivato. Molte giovanette hanno lo stolto costume di stringere soverchiamente il busto, e mentre si rovinano la complessione, poichè mali di petto, difficoltà di digestione, e perfino l'etisia, sono bene spesso il risultato di questo riprovevole sistema, appariscono poi con una vita così sottile e mingherlina da parere piuttosto fantasmi che persone. L'eleganza, l'eleganza vera non istà in questo, nel coprirsi di stoffe straordinariamente costose, nel comparire sempre all'ultimissimo figurino, nel camminare in punta di piedi, tenendo il busto esageratamente stretto e attillato, portando avanti goffamente il petto e indietro i gomiti quasi fossero slogati, o lasciandolo languidamente cadere in uno studiato abbandono: questa anzichè eleganza è chiamata ed è infatti caricatura, e dà l'idea di persona orgogliosa e vana e anche peggio. L'eleganza consiste soprattutto in una certa disinvoltura del portamento, ritto e dignitoso, che non presenta la durezza di un tronco di quercia, nè la flessibilità di un salice piangente o di un tubo di gomma; quanto al vestire è veramente elegante quanto è più semplice, pulito, sodo, e, benche conforme all'usanza che dice vestire a mo' d'altrui, porta l'impronta della signora che lo indossa, e dimostra il suo criterio in averlo saputo adattare alla propria figura. Non ti pajono molto ridicole certe donne o fanciulle grasse grasse, le quali non finiscono mai d'ingrossarsi con falde e guernizioni, e cert'altre magre magre, stecchite, che non se ne mettono affatto? Sta bene ad una alta quello che non istà bene ad una bassa; sta bene ad una bionda quello che non istà bene ad una bruna, e così quasi all'infinito. L'eleganza, lo dico ancora, è semplice, soda, e soprattutto e il ritratto della pulitezza e della compostezza. Oh! la pulitezza è indispensabile, indispensabilissima, e se ci fosse una parola più forte per dimostrarti quanto sia assoluta la necessità che essa sia sempre in te, intorno a te, nella tua persona, nelle tue vesti, io non la risparmierei. Bene spesso una giovinetta anche civile e di buona famiglia può essere vestita, specialmente per casa, con un abitino alquanto sbiadito e raccomodato, e sarà indizio che non è vana, ma seria ed economa; ma non le è possibile aversi l'appellativo di damigella o fanciulla gentile, se un'assoluta nettezza non figura in tutta la sua persona, quasi a rappresentarne la nettezza interiore. La buccia indica la sostanza che racchiude, lo abbiamo detto più volte, e cerchiamo di rammentarlo sempre. Se accidentalmente ti si macchia o strappa l'abito, ripara subito il danno, e riparalo tu stessa, poichè, credilo non c'è niente di disonorevole in quest'operazione; anzi a qualunque condizione tu appartenga, tu sei obbligata a saperlo fare, sotto pena di mancare al dover tuo. San Francesco di Sales allorchè trovavasi missionario nello Sciablese, benchè uscito da alta famiglia e di ricco stato, non aveva seco che un vecchio servo, ed essendo stato sorpreso una volta nell'atto ch'egli stesso si raccomodava la veste, alla domanda fattagli se egli, nobile e prete, non si vergognava di occuparsi in simile lavoro, rispose sorridendo:E perchè dovrò io vergognarmi di riparare il danno che io non mi sono vergognato di commettere? Tanto più questo si attaglia a me ed a te che siamo donne, ed a quelle cotali che si piccano di tutto lasciar fare alla cameriera od alla lavorante. La cameriera e la lavorante poi dal canto loro non si fanno scrupolo di burlarsi della damina che non sa o non vuol far nulla da sè, e la stimano press'a poco come una di quelle figure esposte nelle vetrine dei mercanti, che pajono donne, ma non sono che manichini. Infatti com'esse si fanno vestire, spogliare; com'esse si ponno dir donne! Se per caso sopravviene qualcheduno mentre ti trovi coll'abito macchiato o strappato, fa le tue scuse, e si capirà esser quello un disordine accidentale. D'ordinario sia povera o ricca la damigella, nobile o no, io vorrei che cambiasse la veste quando torna in casa, poichè essa deve il più possibilmente averne una fresca e pulita quando esce, ed anche perchè deve abituarsi all'ordine ed all'economia. È ricca, molto ricca? Tanto meglio; le sue economie saranno rilevanti, e lasceranno maggior margine per le limosine ai poveri, e dei poveri ve ne sono tanti, tanti, che non è d'uopo andar molto lontano per trovarne. Se poi ella stessa ha finanze limitate, l'economia le sarà anche più strettamente e direttamente necessaria, e mancando ad essa, mancherà ad un rigoroso e preciso obbligo. So bene che in certe circostanze è conveniente vestirsi con un certo lusso, per non mancare di rispetto all'adunanza, e non apparire eccentriche e stravaganti. Ma sempre e poi sempre bisogna aver di mira di non portarsi fuori del proprio stato; ma di tenersi anzi un gradino più in giù, e di preferire la semplicità a tutti i vantaggi che si ponno avere senza di questa. L'acconciatura del capo fa parte essa pure dell'abbigliamento, e come questo deve avere una certa conformità alla moda, senza però toccarne gli eccessi e senza variarla con troppa frequenza, il che dinota leggerezza e piccolezza di mente; infatti chi pensa a qualche cosa di serio, ha altro in testa che di mutarne l'acconciatura ad ogni volger di luna! Anche qui torno a quel simpatico ritornello: semplicità, semplicità, e se tu lo prenderai come regolatore invariabile del tuo modo di vestire, sfuggirai quelle mode che caricano la testa di un ammasso di roba, il che ha fatto dire ad un tale, di cui ora non ricordo il nome: dentro la testa è rimasto nulla nulla, poichè tutto le hanno messo di sopra. Io non sono qui per segnarti il figurino, sibbene per dirizzare lo spirito tuo, ed ajutarlo a vigilare, affinchè il tuo esterno sia specchio del tuo interno, ordinato, semplice, pulito e sincero. E qui, prima di finire, bisognerebbe che ti toccassi della sincerità indispensabile al tuo vestiario ed alla tua acconciatura. Ma per non intrattenerti ora di troppo, te ne parlerò domani, molto più che la materia essendo importante, desidero che tu mi ascolti riposata.
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Trattisi pure del più esecrando malfattore, io non cesserò meno dal deplorare in nome della civiltà, in nome della umanità, in nome della stessa giustizia, che non si compiace né di collere, né di vendette, questi orribili trionfi ottenuti con altre armi che non siano quelle della fredda ragione e della evidenza dei fatti; ed abborro i fiori della eloquenza cresciuti nei campi del patibolo o della ghigliottina. Né se ne avvantaggia punto da queste invettive, da questi assalti furiosi la fama, del giureconsulto, poiché:
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Io abborro che lo stromento diventi la cosa, che la via si reputi la meta, e voglio che l' ipotesi non si usurpi nome di realtà, ma che con felice metamorfosi si cangi in essa. Ma pur troppo più persuadono i nomi che le cose: onde il fatto inesorabile bene spesso appalesa le gradite menzogne di noi stessi: decipimur specie recti. » .... « La feconda meditazione de' grandi, tacita e nascosa ne' suoi preziosi ritiri, non ha nemmeno l' applauso che il saltimbanco ottiene sul trivio; anzi spesso dal volgo le sue sapienti lentezze e le sue cautele da precipitato giudizio s' imputano a colpa, e si accusano d' ozio e di pi- grizia. Ma i grandi, sdegnosi di piatire con una plebe che ha bisogno d'assiduo cicaleccio, per non morir d' inedia sulla vie e ne' fori, ne confondono le menzogne, recando in pubblica luce il frutto delle loro nascoste fatiche. » « Le più sublimi speranze non bisogna misurar col solo calcolo del corto soffio dell' umana vita. Non bisogna solo calcolare quanto possa l'individuo; ma quanto può la specie, la cui vita è lunga come la sua perfettibilità. L'orgoglio umano è una menzogna quasi sempre nell'individuo; ma spesso nella specie è una verità; è uno sprone a quanto ella di fatto può. Questo esiste in ogni individuo; e ognuno, al divisamento, è pari all' idea che lo move; ma, all' opera, non potendo quanto la specie, ciò che non sa non fa, lo reputa per un cotale astuto giro dell' amor di sè stesso, o inutile o impossibile. - Ma la specie, all'opposto, può di più che non sappia: ognuno porti quel masso che reggono le sue spalle, e l'edificio s' innalzerà verso il cielo saldo e sublime. Io l'ho detto: Umana perfezione? un sogno: - Umana perfettibilità? una via di cui non conosco la meta, ma sulla quale io pure cammino.
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