Tutto era già mutato, prima della guerra, nel corredo di biancheria di una sposa, importantissimo elemento di un buon matrimonio: l'antico abbondante, abbondantissimo, solidissimo, pesantissimo corredo, sessanta camicie da giorno, sessanta da notte, dodici dozzine di paia di calze, eccetera, eccetera, era già trasformato in un molto minor numero di capi, ma molto più fini, molto più leggeri e molto più costosi... Ma dopo la guerra! La trasformazione è anche più profonda: la tela di Olanda, fondo antichissimo, del corredo, o non esiste più o è costosissima: la battista, non si chiama più battista: la mussolina, non si chiama mussolina: e i corredi di biancheria si fanno, oramai, di linon, di nansouk, e di crespo della Cina, tutto à jour, ricamato, ricamatissimo con merletti finissimi, con applicazioni pompadour. Un corredo molto ricco, è fatto da trentasei parures complete, camicia da giorno, camicia da notte e copribusto con pantaloncini: dodici parures di linon, dodici di nansouk, dodici di crespo della Cina: un pò meno ricco, ma sempre molto chic è di trenta parures, limitando a sei quelle di crespo della Cina. Un corredo buono, diciamo così, è di ventiquattro parures, cioè dodici di linon e dodici di nansouk, senza le sei di seta, salvo qualche parures, una o due di seta. E in questi corredi così evanescenti, ogni madre prudente, deve introdurre un pò di biancheria seria, diciamo così, camicie da notte con colletto chiuso e le maniche lunghe, camiciuole accollate, per quando la figliuola sia sofferente o puerpera; e unirci delle calze di lana, allo stesso scopo e dei grandi fazzoletti di tela, per quando si ha il raffreddore! Su tutta la biancheria della sposa si ricama l'iniziale del suo nome di battesimo: è roba sua: lei la deve indossare e il suo nome di battesimo non cambia, in casi funesti di separazione, di vedovanza. Qualche sposa, per convenzione di famiglie, porta anche la biancheria da letto e da tavola; non è suo obbligo, ma, certe volte, si stabilisce così. Allora bisogna far ricamare, sulla biancheria da letto e da tavola, la iniziale del cognome della sposo. Bisogna considerare che egli è il capo della casa; che tutta la roba di casa gli appartiene; che, in caso di separazione o di vedovanza, egli lascia alla sposa o restituisce alla famiglia della sposa, solo il corredo personale di biancheria, mai quello di casa; che in caso di morte dello sposo, egli può disporre della biancheria di casa, come crede! Quindi, iniziale del nome della sposa, sul corredo personale di lei: iniziale del cognome dello sposo, sulla biancheria di casa. Quando il corredo di biancheria della sposa, è molto importante, se ne inserisce il valore di costo e la nota, nella scritta nuziale, dove s'inserisce anche il valore e la nota dei gioielli che porta la sposa e che sono suoi.
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Addestrata ai femminili lavori, ed attissima a condurli all'apice della perfezione, di qualunque genere essi si fossero, volle mescervi dapprima lo studio delle ameno lettere, e in quello trovando pascolo abbondantissimo e grato poi facile intelletto, s'internò nella cognizione delle matematiche e filosofiche cose: ed allo studio della lingua latina quello accoppiando della greca, sviluppò maravigliosa attitudine a profondamente sentirla. Un religioso, chiamato il Padre Emanuele a Ponte, primo d'ogni altro avvedutosi di sì raro ingegno, le era diventato maestro di greco: e tali furono i progressi da lei fatti in questa madre lingua, che non solo giunse a parlarla con sceltezza, di frasi e speditamente, nè soltanto a verseggiare con terso e delicato stile, ma a trovarsi in istato d'insegnarla altrui e quindi fu innalzata all' onore di occupare la cattedra elementare di lingua greca in patria. Le politiche vicende, dalle quali a malincuore essa vedovasi circondata, la indussero ad intraprendere il viaggio della Spagna e del Portogallo; ma restituitasi in Italia, fu dal governo della repubblica Cisalpina collocata nella cattedra di greca letteratura, pure in Bologna. Si concentrò quindi nella propria casa, tutta dedicandosi alle scienze, e non è forse erroneo il credere che dal soverchio faticare della mente sua, e da incessante e penosa giacitura nello scrivere, venissero abbreviati i suoi giorni, cosi preziosi alla sua famiglia, agli amici, alla patria, alle lettere ed all' Italia. Compiendo essa l' anno cinquantesimo della età sua, cessò di vivere, seco recando l'ammirazione e l'amore di tutti. Ebbe amici quanti ebbe conoscenti, che l'aureo di lei carattere tutti si rendeva amorevoli. Fu modesta anche nel colmo della letteraria sua gloria; e voce, e gesto, e favellare, ed il vestire pur anche, tutto ne annunciava l'animo schietto e leale. Corrisposero con lei letterariamente il padre Pagnini, la contessa Diodata Saluzzo, il padre Affò, ed il celebre grecista Villoison. Dall'Italia tutta fu riverita ed ammirata vivente; sicchè, scesa nella tomba, le pagò largo tributo di pianto ogni italiano spirito elevato e gentile. Un discorso necrologico in sua lode fu scritto dal celebre latinista Filippo Schiassi; ed un epitaffio, da lui composto a tramandare ai posteri la memoria di questa tanto celebre ellenista, fu posto sulla porta dell'aula magna della università di Bologna." Finito che ebbe di leggere la Elisina, la direttrice disse: "Questa valente donna porge loro esempio nobilissimo del come si può accoppiare il vero sapere coi lavori muliebri; e come il vero sapere dispregia per altro ogni vanità femminile. Hanno udito? Fu modesta anche nel colmo della letteraria sua gloria; e voce, e gesto, e favellare, ed, il vestire pur anche, tutto ne annunziava l'animo schietto e leale: il che viene a dire come la Tambroni non folleggiasse dietro alla moda nè alle altre vanità donnesche." "A proposito di mode,- interruppe la signora, Bettina, - il signor maestro due domeniche fa ci promise che ci avrebbe parlato del linguaggio della moda; e parecchie di noi ne stiamo in curiosità..." "Ho capito, - riprese il maestro. - Contentiamole. Io la domenica antipassata mostrai loro, a proposito della voce toelette, quanto fossero sciocchi gl'Italiani a prender tante voci o modi dalla lingua francese, senza veruna necessità; e penseranno forse che anch' oggi, voglia propor loro di sostituire voci italiane a tutti gl' infiniti nomi de' varj oggetti di moda. Eppure, vedono, è tutto il contrario. La Moda, considerata come industria, è fonte di larghissimi guadagni ad una nazione; e la Francia, che per tempo conobbe quanto di sostanza e di polpa ci fosse sotto queste apparenti bazzecole, con senno accortissimo si coronò regina della moda, e detta leggi da molto tempo a quasi tutta l' Europa. Quanto le fogge variano, tanto il guadagno è maggiore, e più ne prospera la nazione: il perchè non passa settimana che non ci sia qualche nuova foggia, o di abiti, o di cappelli, o di scialli, o di qualsiasi altro capo di vestiario; e ad ogni nuova foggia si dà, un nuovo nome; e questo nome va per tutta Europa: nè sarebbe opportuno il cambiarlo, quando anche il fosse possibile, perchè niuno lo accetterebbe, nè lo userebbe; nè sarebbe utile per niente, essendo tutta roba che nasce e muore con vicenda continua: nè per questa ragione medesima, c'è da temere che se ne insozzi la lingua. E chi gli mette questi nomi? - Chi lo sa? Forse si chiamano col nome dell' inventore: forse sarà il capriccio d'una crestaina: e forse anche qualche cervello balzano immaginerà per celia il più strano vocabolaccio, per levarsi il gusto di farlo pronunciare da migliaja e migliaja di bocche per le varie nazioni amiche e nemiche. E questa servitù bisogna comportarla, come quella che è necessaria; nè fa vergogna come l'altra servitù volontaria dell'usar voci e modi francesi quando gli abbiamo più belli e più efficaci nella lingua nostra. Potrebbe l'Italia tornar quando chessia padrona di sè stessa; e liberandosi della servitù politica, potrebbe anche liberarsi da questa moda; ma chi sa,.."Le parole del maestro si vede facilmente dove andavano a parare. Ora l' Italia è libera: è studiosissima di promuovere ogni industria. O che sarebbe cosa impossibile il potere, se non tòrre di mano alla Francia lo scettro della moda, il farsene regina essa in casa sua, immaginando fogge e nomi a suo talento, ogni cosa italiano? Ci sia una, o due, o tre signore, che promuovano la impresa; chiamino in soccorso ed artisti e letterati: facciano il loro giornal delle mode italiane, col figurino italiano, con linguaggio italiano; e non, come già. si è cominciato a fare, copiando goffamente i Francesi. Si metta a profitto tutto ciò che ci offrono le belle tradizioni nostre, le nostre arti, le nostre industrie; e volendo per davvero, si potrà subito liberare la Italia dal gravissimo tributo che paga per questo capo alla Francia, e col tempo potrà per avventura riceverne da altre nazioni. In potenza ci è tutto qua da noi: resta che ci sia una tenace volontà da recarlo in atto. La direttrice, sapendo di che ardenti spiriti fosse il maestro, e dubitando che gli uscisse di bocca qualche cosa da poter avere de' dispiaceri per parte della polizia, o da esser poco opportuno il dirle alle signorine, gli tagliò le parole; e bel bello uscendo da quell' argomento, entrò in altre cose, finchè venne il tempo di andarsene.
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Tutto era già mutato, prima della guerra, nel corredo di biancheria di una sposa, importantissimo elemento di un buon matrimonio: l'antico abbondante, abbondantissimo, solidissimo, pesantissimo corredo, sessanta camicie da giorno, sessanta da notte, dodici dozzine di paia di calze, eccetera, eccetera, era già trasformato in un molto minor numero di capi, ma molto più fini, molto più leggeri e molto più costosi.... Ma dopo la guerra! La trasformazione è anche più profonda: la tela di Olanda, fondo antichissimo del corredo, o non esiste più o è costosissima: la battista, non si chiama più battista: la mussolina, non si chiama mussolina: e i corredi di biancheria si fanno, oramai, di linon, di nansouk, e di crespo della Cina, tutto à jour, ricamato, ricamatissimo, con merletti finissimi, con applicazioni pompadour. Un corredo molto ricco, è fatto da trentasei parures complete, camicia da giorno, camicia da notte e copribusto con pantaloncini: dodici parures di linon, dodici di nansouk, dodici di crespo della Cina: un po' meno ricco, ma sempre molto chic di trenta parures, limitando a sei quelle di crespo della Cina. Un corredo buono, diciamo così, di ventiquattro parures, cioè dodici di linon e dodici di nansouk, senza le sei di seta, salvo qualche parure, una o due di seta. E in questi corredi così evanescenti, ogni madre prudente, deve introdurre un po' di biancheria seria, diciamo così, camicie da notte con colletto chiuso e le maniche lunghe, camiciuole accollate, per quando la figliuola sia sofferente o puerpera; e unirci delle calze di lana, allo stesso scopo e dei grandi fazzoletti di tela, per quando si ha il raffreddore! Su tutta la biancheria della sposa si ricama l' iniziale del suo nome di battesimo: è roba sua: lei la deve indossare e il suo nome di battesimo non cambia, in casi funesti di separazione, di vedovanza. Qualche sposa, per convenzione di famiglie, porta anche la biancheria da letto e da tavola; non è suo obbligo, ma, certe volte, si stabilisce così. Allora bisogna far ricamare, sulla biancheria da letto e da tavola, la iniziale del cognome dello sposo. Bisogna considerare che egli è il capo della casa; che tutta la roba di casa gli appartiene; che, in caso di separazione o di vedovanza, egli lascia alla sposa o restituisce alla famiglia della sposa, solo il corredo personale di biancheria, mai quello di casa; che in caso di morte dello sposo, egli può disporre della biancheria di casa, come crede! Quindi, iniziale del nome della sposa, sul corredo personale di lei: iniziale del cognome dello sposo, sulla biancheria di casa. Quando il corredo di biancheria della sposa, è molto importante, se ne inserisce il valore di costo e la nota, nella scritta nuziale, dove s'inserisce anche il valore e la nota dei gioielli che porta la sposa e che sono suoi.
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