Noi ricordiamo i nostri grandi morti, per cui sono abbisognati dei carri a trasportare i fiori, che anche l'antichità dava alle tombe. Essa aveva loro consacrato i papaveri e le primule, e coronava di rose selvatiche le vergini rapite dalla falce inesorabile. Davanti ad un feretro dovendo cessare ogni ragione di rancore, di personalità o di guerra, le precedenze sono determinate dalle prammatiche e debbono essere scrupolosamente osservate dalla famiglia e da coloro che hanno la direzione del funerale, e che ne assumono la responsabilità di fronte al mondo. Oltre la tomba le ire nemiche non vivono, e i superstiti, gli amici, i funzionanti da direttori e da esecutori delle pompe funebri, debbono avere la coscienza, l'intuito, il sentimento della parte che farebbero rappresentare al morto che si vuol onorare, qualora dimenticassero o trascurassero, quando ci sono inviti generali, di ottemperare ad un dovere sociale che è il più semplice e il più categorico, facendo qualche esclusione che diventerebbe sconveniente e odiosa. Dal canto suo la persona invitata non può per alcuna ragione esimersi dal rendere questo ultimo tributo al suo simile che l'ha preceduto nella gran partenza, qualunque siano stati i motivi di dissidio durante la vita. E non potendo intervenire personalmente, non mancherà di farsi rappresentare con segni visibili, per non essere sospettato di cuore angusto o di mente piccola e gretta. I domestici, o chi li sostituisce, in lutto con un nodo di crespo al braccio attorniano la bara alla porta di casa. Gli invitati sono ricevuti dagli uomini senza parole, poichè la maestà della morte, anche di persona estranea e quasi sconosciuta, impone un silenzio pieno di tristezza e di raccoglimento. In generale l'abito è nero chiuso, e il cappello a staio. Se la persona morta è una donna, le donne la seguono vestite a lutto strettissimo. Non saranno mai loro consegnati ceri fuori della chiesa, essendo essi riservati ai soli domestici. Il cero acceso per la strada, tanto più se ci sono grandi distanze, oltre essere una fatica per le signore, può loro produrre dei veri danni materiali. Le persone di casa per un uso ravvivato dai nostri vicini Francesi seguono il feretro; le donne in carrozza, gli uomini a piedi subito dopo la bara. Ma un vero sentimento di dolore dovrebbe interdire questo accompagnamento pubblico, il quale è uno spettacolo dato in pasto al popolo, in cui non ci guadagna punto il protagonista. Se il morto è un funzionario ha sulla coperta mortuaria i distintivi del grado; se è un soldato, le medaglie, il berretto, la spada; se è una giovinetta, il giglio o il fiore d'arancio, significante le nozze immortali. Il Medio Evo metteva il melogranato, di cui la Gran Contessa ha in mano un ramo, nei ritratti conservati dalle oscurità nebulose di quel tempo. Nelle città in cui il cimitero è lontano, data la benedizione della salma nella chiesa parrocchiale, l'ultimo addio è pronunciato alla barriera per cui si accede alla estrema dimora; ma in tutto questo ogni regione, ogni città, ogni villaggio ha la sua forma di funerale. Nelle Marche i contadini buttano un pugno di riso dalla finestra quasi a dire che il pianto è entrato in casa; evoluzione delle fave buttate alle larve Lemurie dagli antichi; si assoldano i piagnoni e si fa il banchetto funerario mettendo la posata pel morto; nelle Calabrie si spengono i fuochi e per un mese i vicini nutriscono la famiglia addolorata con veri banchetti funebri; in talune città al morto si fa precedere una folla che si dà il cambio a portare un'urna di velluto rosso, vuota, a rabeschi d'oro, quasi a dire che solo nel luogo dove si sotterra, l'uomo sarà chiuso nella bara. Tra i protestanti la cerimonia è più breve e meno complicata. Le funzioni religiose si fanno generalmente in famiglia in casa del morto; ma i discorsi, l'accompagnamento, le corone, il seppellimento è presso a poco come fra i cattolici. Fra gli israeliti si va direttamente, in generale, dalla casa del morto al cimitero. È caratteristico che durante la cerimonia, anche entrando nella camera del defunto, essi tengono costantemente il cappello in testa. Ciò fa una penosa impressione ai popoli cristiani che hanno un sì gran rispetto della morte, e che, qualunque siano le loro credenze religiose, alla vista d'un cadavere sentono quasi un bisogno di piegare a terra un ginocchio. Ma occorre di notare che anche nelle loro funzioni religiose della Sinagoga, che si chiama la scuola secondo la legge antica, in cui i salmi e i Proverbi di Salomone e l'Ecclesiaste e il Deuteronomio erano precetti, deprecazioni, confessioni e non preghiere, agli uomini è interdetto di scoprirsi, come è proibito alle donne di mescolarsi cogli uomini ed è invece riservata ad esse una tribuna chiusa in alto. I lutti sono pure varii secondo le condizioni, i luoghi, le consuetudini regionali, da cui non si può decampare almeno per ora; essi sono, per esempio, perpetui, si può dire, nell'Italia Meridionale, specie nelle donne; gli uomini portano la camicia nera di lana, di seta, di cotone, il che li fa parere i beccamorti della commedia; se non tutta nera la camicia hanno però bordati di nero i solini, i colletti le pezzuole; e l'abito è di rigore per un anno, togliendo catene d'oro e anelli, in una maniera straordinariamente formalistica e piena di costanza e di fede. Sulle porte del morto inchiodano padiglioni neri, che il vento, la pioggia ed il sole soltanto hanno il còmpito di scomporre, scolorire e staccare. Nelle città di primo e di secondo ordine, e infine dove è penetrata l'universalità delle convenzioni sociali, il lutto è pressochè uguale dappertutto. Le regole del lutto debbono essere rigorosamente osservate non solo perchè mostrano il rispetto dovuto al viaggiatore partito prima di noi, per una meta anche a noi destinata, ma perchè il contravvenire offenderebbe la coscienza pubblica che ha stabilito la sua prammatica inesorabile nelle moltitudini, colla forza dell'opinione, la quale, senza avere dei codici, ha pur tuttavia delle pene e delle ricompense d'un valore incalcolabile nell' arte del ben vivere. L'opinione è così forte che un figlio non potrebbe, senza incorrere nel disprezzo delle anime bennate, negar il lutto ai propri genitori. Il lutto è una dimostrazione postuma d'un affetto doveroso; è il simulacro, la forma d'un dolore che si deve supporre nel superstite per il trapassato: ed è così universalmente riconosciuto che per dispensarsene e per abbreviarlo, ai tempi della duchessa di Berry, figlia del Reggente in Francia, quando per verità il lutto era soverchiamente lungo come anche oggidì in Calabria, fu necessario ricorrere ad una legge dello Stato, e malgrado ciò la vecchia nobiltà non la accettò che assai tardi. Non diciamo che ora il mondo va ad un'altra maniera e non bada al sottile: ciò farebbe prova che siamo deficenti di quello spirito di osservazione, che è la grande scoperta del secolo. Non mai come oggi poterono esistere e prosperare invece certe forme esteriori, tanto da rendere possibili delle fabbriche e dei negozi speciali, a mo' d'esempio, di così detti oggetti di lutto, dai gioielli alle scarpette, dalle stoffe, diremo anche noi questa brutta parola, alle confezioni. È dunque indispensabile all'armonia generale della società costituita che tutto sia, come a dire, intonato alle convenzioni doverose che essa ha imposto. Ancora non è spento il ricordo del lutto che una innumerevole quantità di cittadini adottarono per la morte del Gran Re in Italia: fu anzi da quel giorno che si adottò l'uso del crespo al braccio per gli uomini, che fino a quella data infaustamente memorabile era quasi sconosciuto in Italia. Il lutto dagli uomini si fa generalmente nel cappello, coprendone una parte del cocuzzolo con crespo nero. Questo può anche dispensarlo da un abito perfettamente nero, il che del resto è sempre da consigliarsi. Il lutto dura un anno pei genitori; due pel marito o per la moglie; si mette il lutto pel fratello, per la sorella, pei cognati, per gli zii, naturalmente pei nonni, e perfino pei cugini se sono personaggi elevati; lutti di convenzione che soddisfano la vanità dei vivi più che il dovere verso i morti. Non parliamo dei genitori pei figli: tale lutto è all' infuori d'ogni legge, perchè lo scomparire il sangue del nostro sangue è come veder tagliate via parte delle nostre membra. Notiamo di passaggio che il lutto vedovile, che è il più lungo per legge, in realtà, riesce troppo spesso più che non sia conveniente il più breve, per ragioni che non staremo qui a discutere. Alfonso Karr, che era un uomo di spirito e anche un uomo di cuore, diceva che una donna non può essere sposa e vedova con decoro che una volta sola; e la Chiesa sapiente ha tolto la benedizione alle seconde nozze delle donne; ma il vero è che il mondo va in un'altra maniera, perchè la pratica è una cosa e la poesia è un'altra. Solamente, siccome il lutto vedovile ha un'uniforme per le signore eleganti, quelle che non si sentono la vocazione di immolarsi sul rogo del marito, o di tagliarsi i capelli come facevano le antiche e come si fa ancora attualmente fra certe popolazioni, debbono vedere di non adottarlo e di non dare al loro lutto una soverchia pubblicità, perchè ciò le taglia fuori della legge sociale convenuta, mentre pare ne vogliano essere le colonne. Il lutto austero d'una vedova dura dunque due anni. Abito di lana o di crespo, opaco e senza ornamenti; cappello col velo lunghissimo calato sul davanti e che investe tutta la persona: scialle nero a punta; guanti di lana e stivali senza lucido; aboliti tutti gli ornamenti siano pure di tartaruga; chiusa la porta a tutti nei giorni ufficiali; riservata la conversazione ai pochi intimi che hanno l'aria di piangere con esse. Il pianto ci va, dicono i contadini della Marca; è la legge: se dunque anche per caso non ci fosse, bisogna supporlo, e per conto mio sono anzi disposta a crederlo inevitabile, almeno tanto quanto è indispensabile. Non si passerà dall'estremo lutto agli abiti sfarzosi che con una gradazione di neri e lucidi, di grigi e di violetti, fra cui i crisantemi che sono il fiore della vedova. Il fiore della vedova è una parola ben curiosa; ma perchè il fior d'arancio è il fiore della fidanzata e il giglio il fiore della vergine? E perchè la Chiesa nella Quaresima e nell'Avvento prende il violetto che è il colore del duolo? Gli è che negli uomini il simbolismo è una necessità della fantasia, che è il matto di casa, come diceva Malebranche; quella che dà vita e colore alle cose più insignificanti e che ci attacca alla vita esteriore e di comunanza cogli altri. Togliete il simbolismo nell'umanità e toglierete l'idealità che l'ha ispirata: e senza idealità non vi ha più nulla: essa è la luce benefica che piovendo
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