La volgarità impudica e sfacciata che mostra a nudo bruttezze e deformità, come la rozzezza, la grettezza, per fino abbiezione, per fino la vile prepotenza del forte!... La volgarità non è una piega dell'anima; è un solco. Con la pazienza e la volontà, la piega si può distendere, da farla scomparire. Il solco non si riempie. Per una creatura gentile non vi ha supplizio maggiore di quello di essere costretta a vivere con persona volgare. Un marito può essere un Adone, un'arca di scienza, un Creso; se è volgare finirà sempre per inspirare alla sua compagna, da prima timore, poi muto risentimento in fine ripugnanza. Il ricordo una vezzosa, gentile creatura, cresciuta sotto gIi occhi e nel cuore del padre gentiluomo, che andò a marito con un ricco campagnuolo; mastodontico di sentimento e di pensiero come di figura. Oh le umiliazioni, le impotenti rivolte, la delusione, lo strazio di quella povera cara, oltraggiata nella delicatezza, nell'abitudine all'aspirazione del bello e del nobile! Il tu per tu con una persona volgare, diventa insopportabile, doloroso fino a la disperazione. Si tollera il caldo afoso, molesto: si tollera il gelo. La bufera, la tempesta accasciano e spauriscono; ma passano; e con essi passano l'abbiosciamento e il terrore. Sotto la pioggia monotona, incessante, fastidiosissima, pochi resistono a lungo. La volgarità è una pioggia incessante. La persona impetuosa può spadroneggiarsi; il superbo riesce con la ragione a dissipare i fumi pazzi della stoltezza; il pigro, pur che voglia, comanda alle proprie facoltà: può imporsi il vero il bugiardo; ma il volgare è sempre volgare. Gli manca la vista acuta per vedere al di là del proprio naso; gli manca il tatto per sentire le delicate espressioni; ha l' orecchio abituato a suoni aspri e discordi, e gli piacciono. Oh guai, guai a la fanciulla gentilmente educata, che si imbatte in uno sposo volgare!... Sarà una sorpresa fastidiosa, sarà il disgusto. E il disgusto d'una donna giovine e avida d'amore, verso il compagno suo, a quali conseguenze non può portare!
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Conseguenza di ciò tu e la tua famiglia siete costretti a vivere di lagrime, mal calzati e mal vestiti, con deperimento della salute, senza parlare del mal morale, la tua abbiezione, la prostrazione dello spirito e il cattivo esempio a' tuoi figliuoli. Se per contra smetti le orgie domenicali, quello, che sciupavi in esse, lo puoi ripartire in tutti i giorni della settimana, e così migliorerai di molto la tua mensa quotidiana, e tosto se n' avvantaggieranno le forze del tuo corpo, sarai più atto al lavoro, meno soggetto a malattie, ed anche la tua intelligenza si farà più acuta e più vigorosa, e meglio ti potrà giovare nell'arte che pratichi, e crescerti il salario. Veniamo ora al lunedì, in cui si continua la baldoria e lo sciupìo della domenica. Ragioniamola un po' insieme. Ora la tua settimana si riduce a cinque dì di lavoro soltanto; se tu v'aggiungesti anche l'opera del lunedì, tu accresceresti il tuo guadagno settimanale di un giorno di lavoro, vale a dire d'un sesto, e leveresti dall'altra parte un dì di consumo senza produzione. Per la qual cosa se fin qui il guadagno di cinque giorni di lavoro bastava 'a' tuoi bisogni, (e meglio ti deve bastare, perchè ora vivi moderato anche la domenica) il vantaggio del lunedì ti sarà un soprappiù, un danaro che potrai mettere in disparte, un capitale insomma. Spieghiamoci in cifre. Qual è il tuo salario giornaliero? Due lire? Bene; porta queste due lire alla cassa di risparmio ogni settimana, e co'suoi interessi alla fine dell' anno riesciranno più di cento. Segui quest'abitudine, e in pochi anni diverrai possessore di un buon capitaletto, che potrai investire in fondi, in merci, insomma in che ti tornerà più giovevole. Ed ecco che da povero operaio, meschino e vizioso; sei divenuto capitalista, proprietario onesto e intraprendente. Io ti potrei nominare di molti capi-fabbrica, ricchi negozianti, che vent'anni fa non erano che semplici operai, come te; e che lasciando stare le bettole e il giuoco, risparmiando sui guadagni, ora li vedi nella città onorati e rispettati da tutti. Ecco quindi il segreto per far scomparire la miseria dalle case, per togliere di mezzo il proletariato: lavoro e temperanza. Questi ed altri ammonimenti Enrichetto li faceva sempre che si presentasse il destro, ed era tanta la virtù persuasiva del suo dire, che molti s'appigliavano a' suoi consigli, e divenivano sobrii, operosi ed anche più costumati. Perchè il lavoro avviva la coscienza de' proprii doveri; e così viene a dare dignità all' operaio, onde sente più rispetto verso i capi, più riguardi agli uomini autorevoli, più devozione alle leggi, più amorevolezza verso la famiglia, e dirò anche più religione, la quale da volere o no, è l' ambiente, in cui ogni uomo respira, è il condimento di tutta la vita, è il freno e il conforto della plebe; il petulante, che cerca di accasciare in sè la presenza di Dio, non ha più rispetto di nessuno, nè de'suoi capi, nè di sua moglie, né de' suoi figli, vive come fuori della società.
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Donna, consorte e madre, non fare baratto del tuo onore all'acquisto di vesti che ti rendono lo scherno delle insidiose, e che indosso, per sentita abbiezione, struggere ti dovrebbero, quale la camicia di Deyanira. Non essere del numero di quelle a cui la persona della donna è l'abito e il cappello, la vita carne e moine, sciagura la ruga del volto; bensì risplenda in te la donna dal sentimento e dalla intelligenza; la tua vita sia forte per affetto e pel dovere, ti sia sciagura la colpa.
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Ciascuno deve tenere il suo posto senza orgoglio nei padroni, senza abbiezione nei servi. Nè quelli tiranni, nè questi siano schiavi. Ma devono poi essere garbati con tutti; usare convenienti attenzioni alle persone di vostra conoscenza ed a quelle che vengono a cercare di voi; e mostrar sempre in sostanza che sta loro a cuore quanto a voi stesse la buona riputazione della famiglia. E se non saprete farvi rispettar voi, non otterrete che usino rispetto verso chi ha che fare con voi. Non vi consiglio di dar loro del tu, che da un lato può sembrare effetto di soverchia alterigia, e dall'altro può addivenire incentivo di eccessiva familiarità. Chiamateli col nome di battesimo, ovvero, parlando di essi, indicateli con quello delle funzioni che sono loro assegnate; la cameriera, il cuoco, il cocchiere, la donna di servizio, ec. Monlti altri consigli sarebbero qui opportuni per le fanciulle che un giorno dovranno ritrovarsi a governare la casa. Si specchino anzitutto nel buon esempio dei genitori; si spoglino d'ogni albagia; e si rammentino che i beni della fortuna sono caduchi, e allo svanire di essi dileguansi tosto la potenza, le onoranze, le aderenze così dette illustri; chè chi rispetta è rispettato; chi è umano con gli altri ritrova umanità in tutti; e che niuno sa farsi meglio servire di chi sa al bisogno servirsi da sè medesimo. Quanto poi all'economia domestica, per lo più affidata alle donne, ognun sa che essa è fondamento d'ogni prospero stato, purchè sia fondata sull'ordine e sulla convenienza: se la soverchia liberalità ruina i patrimonii, la sordida avarizia è non meno dannosa e spregevole; e mentre quella dà pascolo ai parasiti, Parasiti, coloro che mangiano il più spesso che possono alla mensa altrui. agli adulatori, agli sfaccendati, questa si attira il biasimo delle persone di buon senso, e bene spesso cade nelle insidie degli ipocriti che osano prendere perfino le cose più sacre a pretesto delle loro ruberie. Molta ed accorta saviezza è da usare quanto all'economia domestica, massimamente verso le persone di servizio. Giova tenere gli occhi aperti sui loro andamenti, ma conviene anche saper loro accordare e mostrare quella fiducia che le incoraggisce onorandole ad essere oneste, e che è il più sicuro espediente per evitare gli abusi. Badate bene di non imitare quella malaccorta massaia che vorrebbe mettere sulle bilance il pane della donna di servizio, e che si mostra di malumore se gli avanzi che tornano in cucina le sembrano più abbondanti del solito: se a caso riceve qualche commensale va spiando il contenuto delle bottiglie, dei piatti, della zuccheriera man mano che son levati di tavola; e sotto le splendide apparenze del lusso fa trapelare la gretteria, la sordidezza, la diffidenza. Sfuggite questo mostruoso mescuglio di fasto ridicolo e di abbietta spilorceria. Il quale avvertimento valga sì per l'interna direzione della famiglia che per le convenienze sociali. Dobbiamo: Sfuggire ogni atto di superbia e d'orgoglio nel comandare alle persone di servizio; mostrar loro gradimento dei ricevuti servigi; riprenderle al bisogno con dolcezza; far che abbiano buona maniera e rispetto per tutti; chiamarle col nome di battesimo, senza mai usare titoli spregiativi; vigilare convenientemente le loro azioni e mostrare fiducia nella loro onestà. Non dobbiamo : Lasciarci trasportare da atti di collera contro i servi; permettere che acquistino soverchia familiarità; metterli a parte dei nostri propri affari, nè dar loro a conoscere di avere grandi segreti; permettere che siano vestiti male nè che facciano sfoggio di lusso; acconsentire che prendano parte ai nostri colloqui, che facciano domande indiscrete, che rispondano con cenni e con mal garbo; dar loro del tu, nè umiliarli con atti o parole; nè usare soverchia parsimonia nel provvedere ai loro bisogni.
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Ora, siccome era questo l'atto con cui si abbordavano i tiranni, perciò ricordava a Dionigi l'esercitata tirannia, l' abbominazione de'popoli, il trono perduto e la presente abbiezione. Siccome lo stesso atto e lo stesso detto risvegliano memorie gradite in alcuni e dolorose in altri, quindi si scorge la necessità, di conoscere i sentimenti delle persone colle quali si conversa, per non esporsi al pericolo di offenderle o amareggiarle anche non volendo. Chi guardava Caligola in fronte, suscitava in lui subito e mortale sdegno, perchè quell' atto gli rammentava la calvezza ch'egli avrebbe voluto nascondere a tutti. Chi guardava in fronte Scipione l'Africano, di magnanimo piacere colmavalo, perché sulla sua calvezza si vedeva una cicatrice marziale, monumento di valore e di gloria. Finalmente la pulitezza vieta di far rivivere e rinfacciare ad altri que'loro privati vizi che un lungo pentimento ha cancellati. Le stesse leggi civili, a fine di serbare la pace tra i cittadini, condannano questi rimproveri, benchè fondati sul vero; e stabiliscono, sebbene troppo assolutamente, il principio veritas convinci non excusat a convincio; la verità dell' ingiuria non scioglie da colpa.
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Non sentono, per un lungo abuso di corruzione, lo scrupolo di tradire la propria opinione, il rimorso di tradire i proprii fratelli; e incapaci di sentire la propria abbiezione di null'altro si addolorano, fuorché del basso prezzo a cui per soverchia abbondanza di offerte si mette dai compratori la penna di colui che si vende.
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Non assoggettateli a fatiche inutili, al solo fine di far atto di padronanza e di autortà, la quale anzi verrebbe a scapitare da questa ridicola mostra di superiorità che è propria dei pervenuti, i quali credono in questo modo di far dimenticare la loro passata umiltà quando non la loro abbiezione. Gli uomini saggi ed onesti non credono quand'anche arricchiti, di danneggiare la propria posizione, mostrandosi gentili coi loro subordinati d'ogni specie. Non sgridateli acerbamente in pubblico o in casa alla presenza di estranee persone, poiché verreste a commettere atto inurbano e indiscreto verso queste ultime facendole assistere alle vostre dispute o peggio costringondole, coll'invocare in loro approvazione nelle vostre non sempre giuste querele coi servitori, ad aggravarne la posizione; vi mostrereste poi crudeli verso costoro obbligandoli ad arrossire e ad umiliarsi davanti a forestieri; fate, anche coi servitori, il vostro bucato in famiglia.
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E quand'anche di te non rimanesse pietra su pietra, io continuerei a effondere sul luogo ove esistesti le mie rame fresche, che gelo o sole non ingiallisce e a tener viva agli obliosi la memoria di te. » Questo si dicono l' edera e le rovine ; e parole presso a poco uguali sono forse scambiate fra qualche creatura caduta nella più profonda abbiezione, dal fondo d' un carcere, d' un luogo di vergogna, d' un rifugio, con l' ultima onestà con cui è ancora in contatto, l' ultima voce che le dice parole di speranza e di pietà : — forse una pura figurina di vergine cinta del mistero delle bende ; forse una virilità onorata e austera che segue la sua missione di luce e di bene.
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