Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbellita

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Il successo nella vita. Galateo moderno.

174714
Brelich dall'Asta, Mario 1 occorrenze
  • 1931
  • Palladis
  • Milano
  • Paraletteratura - Galatei
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Anche una mano già consumata dal lavoro è ancora atta a venir abbellita. L'opinione di alcune padrone di casa, che dovendo accudire ai lavori domestici non possono avere belle mani, non è punto ragionevole. Le mani rosse sono spesso conseguenza dell'uso di guanti stretti, rispettivamente da congelazioni derivatene. Sino a tanto che la temperatura sia sotto zero, non si portino mai guanti sottili, bensì guanti di lana o di pelle lavabile. Contro il raffreddore delle mani, giovano bagni. Sopravvenuto il rossore delle mani è difficile liberarsene. A volte giova inumidirle la sera, dopo essersele lavate, con succo di limone, dopodichè bisogna lavarle nuovamente e quindi ungerle con crema grassa. Affinchè questa eserciti il suo effetto tutta la notte, sta bene calzare dei guanti di filo bianco. Naturalmente una giusta distribuzione del sangue ed un buon funzionamento della regolazione del calore impediscono il più efficacemente l'arrossarsi delle mani. Il trattamento delle mani umide rispettivamente del sudore delle mani fu già pertrattato nel capitolo intitolato « Cura della pelle ». I calli sono mezzi di adattamento della pelle. Se la stessa è sottoposta costantemente ad una forte pressione in contatto con oggetti duri, nel posto rispettivo si forma una callosità dell'epidermide. Sino a tanto che questa non sia troppo forte, sarebbe inopportuno allontanarla, perchè dopo alquanto tempo si formerebbe di nuovo. Se però i calli sono deformanti oppure causati da un unico occasionale lavoro faticoso, si bagnino le mani due volte alla settimana in acqua calda saponata, quindi si ungano con un qualsiasi acido più leggero, per esempio acido citrico, ed infine si soffreghino bene con una dura spazzola. Quando la mano è già completamente asciutta, vi si faccia un buon massaggio con una crema di pelle, preferibilmente la sera. La forma delle braccia si può sensibilmente modificare mediante ginnastica e massaggio. Un frequente difetto di bellezza sono le braccia rosse. Questo rossore molto sgradevole sparisce man mano, se si sfrega ogni mattina le braccia con una spazzola piuttosto dura, immersa in acqua fredda. Dopo la frizione le braccia devono venir asciugate bene e quindi unte con una crema grassa. Gomiti ruvidi devono venir sfregati giornalmente, mattina e sera, con olio.

Pagina 267

Le belle maniere

179896
Francesca Fiorentina 2 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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Alla parete a mancina della finestra era appesa una scansia, dalle cui assicelle pendeva una lista di tela iuta ricamata in lana celeste:e non si sapeva s'essa abbellisse i libri o ne fosse abbellita. Sotto la scansia, un tavolino sosteneva una macchina da cucire a mano e un cestello, dove i rocchetti bianchi e neri sembravano tanti soldatini schierati gli uni contro gli altri, in mezzo a cui scintillavano, armi innocue, le forbici, il ditale, l'uncinetto e un agoraio di metallo. Dall'altra parte della finestra c'era il cassettone di noce con marmo candido, su cui era posato uno specchio a bilico. Nel corsello del letto, da un attaccapanni di legno, pendeva un grembiulone a quadretti bianchi e turchini; al fondo un portacatino di ferro lucido, con la sua catinella e la sua brocca di porcellana e il suo asciugamano ripiegato a striscia e ben disteso. Un raggio di sole, entrando per lo spiraglio delle tende, ravvivava un mazzolino di mammole pioventi da un alto vasetto di cristallo. Era in ogni mobile una semplicità quasi rudimentale; ma ogni mobile aveva una sua fisionomia particolare, pur non stonando affatto con quella degli altri; c'era, fra essi, una specie d'affiatamento, c'era, direi, l'aria di famiglia. Tutte queste cose materiali parevano avere un'anima che togliesse loro la superficiale banalità per renderle strumento di gioia, di tenerezza, di melanconia, di poesia, di raccoglimento. La padroncina a quegli oggetti doveva aver dato molto di sè; tanto che in essi io ci vidi molto di lei. E l'intuizione mia s'ingannava così poco che, quando una voce dall'uscio mi riscosse con un timido"mi scusi", nella giovinetta che m'apparve davanti credetti di vedere una mia conoscenza antica, di cui que' pochi minuti scorsi nell'attesa m'avessero risvegliato il ricordo. La mia allieva era veramente come la sua cameretta me l'aveva rivelata:anche nella sua mente le idee avevano il loro posto, la stessa chiara limpidità di que' semplici oggetti, e, com'essi, erano puri e senza macchia i sentimenti della candid' anima giovanile.

Pagina 55

Lasciatemi credere che non manchino fra noi italiani di queste ideali creature, che sono fate benefiche nella piccola reggia abbellita dalle loro mani animate, e diffondono attorno grazia e sorriso, salute e benedizione.

Pagina 73

L'angelo in famiglia

183366
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Ti ho indicato una ricetta prodigiosa nell'operosità a fugare le tentazioni, i cattivi pensieri, e mostrandoti una fotografia vera, non abbellita nè esagerata, ho cercato infonderti un pio desiderio d'una santa annegazione, di un'annegazione che rendendoti dimentica dei tuoi stessi desiderj e bisogni per gli altrui, ti faccia evitare gli scontri dei caratteri divergenti o scabrosi delle persone colle quali trascini la vita. Per evitare questi scontri non havvi che piegare il tuo stesso carattere, addolcirlo, modificarlo senza togliergli però la natía impronta. Questo ti renderà senza dubbio una figliuola modello, pronta all'ubbidienza, al soccorso inverso i tuoi genitori; nè la tua venerazione per essi subirà alterazione di sorta, quando varcando nella tua vocazione contrastata, i confini del loro comando e della tua obbedienza, rispettosamente, con calma e coll'animo addolorato non seguirai la loro voce, ma solo per seguire quella di Dio. L'annegazione alla quale t'inspira il Vangelo, e l'esempio dell'Uomo Dio, ti renderà amabile coi vecchi tuoi nonni, cogli zii, coi cognati, colla gente di casa, coi tutori, coi superiori civili ed ecclesiastici, e più che mai amabile e facile al compatimento col patrigno e colla matrigna. Nè l'annegazione e la pietà cristiana ti faranno dimenticare i fratelli e le sorelle ai quali devi essere di buon esempio e di ajuto, e neppure i famigliari i quali, destinati ad ubbidirti, hanno forse un'anima più delicata ed uno spirito più intelligente del tuo. Ma senti nell'orecchio una parola: non ti abbandonare a troppa confidenza ed a soverchia dimestichezza, sotto verun pretesto con persone dell'altro sesso, e neppure con quelle del tuo, poichè il demonio maligno, è potente, e ti potrebbe trascinare al peccato. Sgorghi frequente ed ardente dal tuo cuore la preghiera, e quale soave profumo imbalsami l'aria che ti circonda, migliori te non solo; ma le persone tutte che ti avvicinano, ed a te ed a esse insegni ad amar Dio, ad accostarsi ai Sacramenti dell'amor suo, ad essere più buone, più virtuose, più sante. Io non ti voglio zotica no, o rozza; mi piace che tu coltivi lo spirito, e più specialmente in cognizioni utili e sode, non in quelle cognizioni superficiali e vaporose, che colla pretesa di darti una coltura enciclopedica, ti lascerebbero vuota e manchevole di quanto costituisce la scuola della vita. Tra parentesi, ti ho notato i pericoli che ti potrebbero venire dai falsi insegnamenti e dai cattivi insegnanti; e tu avrai dovuto convenir meco che i tuoi genitori ed il tuo Confessore, edotti puntualmente di tutto, potranno porre un riparo al precipizio che forse ti minaccia. È più che mezzo salvo chi s'accorge del pericolo, appunto perchè accorgendosene può schivarlo. L'abito non fa il monaco è vero, ma pur troppo dall'abito si conosce il monaco: abbi dunque cura grandissima affinchè dal tuo modo di vestire, di camminare, di posare, come dalla buccia di una pianta, si rilevi giustamente l'interna modestia, la serietà, la virtù vera; e, senza tradire la sincerità, vale a dire senza ammantarti delle penne del pavone, ed ostentare pregi non tuoi, conserva nella tua persona un'assoluta pulitezza ed una graziosa semplice eleganza. Se t'abituerai a vestire con modestia, e sempre un grado meno di quanto permette il tuo stato, dato che la ruota girasse, e girando ti facesse decadere di fortuna, sapresti adattarti e rassegnarti alla fatica, al lavoro, alla privazione. Guarda a quale estremo ha ridotto lo spreco di molte famiglie già ricchissime, anzi di una ricchezza principesca! Pensa al povero duca di Lusignano morto or son pochi anni nello spedale maggiore di Milano, e non ti riuscirà penoso mantenere in te e intorno a te una prudente economia, la quale perchè appunto saggia e prudente ti salverà dall'avarizia, e ti renderà larga la mano alla beneficenza, assicurandoti che la carità non impoverisce mai. La bellezza non è altro se non un fiore che passa rapidamente; per conservarne la fragranza havvi solo la virtù e la modestia... La deficienza e la mancanza assoluta della bellezza costituisce una spina crudele per molte anime; ma tu se le conosci, consolale: di' loro che un Dio in cielo le riguarda; di' loro che Gesù nostro pure divenne deforme sotto il vituperio fattone dagli uomini; di' loro che il loro corpo come il suo diverrà risplendente e luminoso... Per coloro che tuttora zitelle si trovano sul meriggio della vita, o l'hanno varcato, una parola d'incoraggiamento e di conforto, specialmente se hanno sacrificato la propria vocazione per l'utile altrui; se spostate ed ormai vecchie non hanno un nido e sono ritenute quasi un ingombro nella famiglia da esse allevata: quell'Iddio che conta i capelli del nostro capo conterà le loro lacrime, e preparerà loro un premio eterno. Se mai un giorno pel tuo stesso bene, permettesse il Signore che tu diventassi poveretta, credilo, il lavoro destinato a procacciarti il pane, e l'essere ed il parere poveretta non ti torrà dall'essere insieme signora, se nobile e generoso conserverai il sentire, e non ti lascerai dominare dall'invidia o da altri abbominevoli vizj. Nella vita balenano i lampi, scrosciano i tuoni, e tu li devi attendere imperturbata nella tua, supplicando il Signore di tener sospesa la grandine; chè se la grandine cade ed imperversa, e tutto rovina, non vi ha ancora altri che Dio il quale ti possa salvare e liberare dai suoi tremendi flagelli. L'arco baleno si distende luminoso nel tuo orizzonte, le onde si acquietano, viene la bonaccia e l'anima accidiosa, come il marinaio, si bea di una vita senza contrasti, senza fatiche e quindi senza meriti? Il marinaio s'accorge che nella bonaccia perirà miseramente: l'anima invece si giace inerte, nè cerca, nè accetta un Vapore che la salvi da morte sicura: essa l'avrebbe una forza motrice, la carità; questa posta in azione la torrebbe dal letargo in cui l'egoismo l'ha posta... Amatevi, amatevi l'un l'altro, ripeteva continuamente l'Apostolo diletto. Sì, amiamoci, poniamo in azione la carità, e diventeremo santamente industriose a beneficare i nostri fratelli e noi con essi, poichè la beneficenza giova non tanto a chi la riceve, quanto e assai più a chi la fa. L'immaginazione giovanile è un narcotico dell'anima, che facendola sognare continuamente, la sfibra, la sposta e le fa attribuire a sè medesima i pregi datile in certo modo a prestito da Dio. Dunque non sognare, nè accettare le adulazioni che ti vengono prodigate, poichè devi sempre ricordare che l'incenso, ossia l'adorazione, è riservato a Dio solo. Se ti è data la scelta fra una vita ritirata ed una vita brillante, rinuncia a questa, attienti a quella e ti toglierai all'orgasmo indivisibile delle veglie danzanti, delle conversazioni, dei teatri e fino dei banchetti, i quali anzichè agape o mensa fraterna con a capo Dio, sono simposj profani con a capo gl'idoli. Ricordati il detto del nostro Parini, quando seduto nell' aula municipale vedendo fugata l'immagine del Crocifisso, si levò in piedi dicendo: Dove non puó stare il cittadino Cristo, non puó stare neanche il cittadino Parini; ed uscì. Mangia di ciò che ti viene posto davanti come dice il Vangelo, che vorrà dire mangia di quanto ti vien offerto lecitamente, di ciò che ti offre la famiglia, quando non siano cibi vietati, e per ubbidire all'uomo tu non debba disobbedire a Dio nella sua Chiesa. Il Confessore potrà giudicare se tu sii dispensata, ove tu ne abbisogni; ma di tua testa, o pel comando di superiori civili, non puoi esserne prosciolta. Supera la gran tentazione degli spettacoli cospiratori contro la modestia e l'onestà, ed ai divertimenti ed agli spassi preferisci un po' d' aria pura o lo svago utile che viene dai viaggi o dallo studio di essi. Ama e tieni care le domestiche pareti nelle quali la sincerità, l'affetto, la pietà, ti daranno quelle gioie intime che sono altrove un enimma. La sanità del corpo è un gran dono; ma quella dell'anima è un dono infinitamente maggiore, e questo pensiero come balsamo cada ad allenire i dolori delle tue infermità, le quali ti parranno leggiere e dolci se saprai prenderle dalle mani stesse di Dio. Non ho temuto di farti le intime mie confidente, di palesarti le pene, le trepidanze ed i desiderj del mio cuore, e segnando a dito le pratiche, le preghiere fatte senza spirito, senz'anima, non ho temuto paragonarle ai fiori artificiali i quali pajono e non sono. Se tu hai bisogno d'espansione, come lo zampillo di chiara fontana, riversa le tue acque sulle zolle fiorite che la circondano, voglio dire sui cari parenti, sulle persone intime e di antica e provata probità, nè, rimproverata, rispondi con mal garbo, nè voler esser tu mai l'ultima a parlare. Gli è d'uopo estinguere in noi la soverchia suscettibilità, fonte perenne della maggior parte dei guai, e farci piccini riconoscendo la nostra miseria, affinchè essendo gli ultimi in questo mondo possiamo diventare i primi nell'altro, secondo la cara promessa del nostro divin Salvatore. La perdita dei Beni, della sanità, della riputazione, ci colpisce amaramente, la nostra mente si smarrisce, il cuor nostro cade quasi spezzato e dilaniato aspramente?... Oh! Cuore adorabile del nostro Gesù, dateci Voi grazia di pronunciare fiat, ad imitazione vostra, quel fiat che ci faccia accettare le croci, ce ne renda dolce, leggiero, soavissimo il peso! Che se l'animo mio sdegnoso in attesa di grandi occasioni per mostrare e per esercitare il bene, disprezzasse quelle virtù minute che si presentano ogni giorno, ogni ora, anzi ogni istante, fatemi capire la mia somma stoltezza, fatemi capire che in tal modo io perdo meriti immensi! E tu, mia dolce amica, non ti lasciar sfuggir mai la benchè minima occasione di porre una nuova gemma nella splendente corona che ti s'apparecchia nel cielo, moderando il tuo carattere, sacrificando le tue inclinazioni, sopportando senza lagnartene una mancanza di riguardo, uno sgarbo, un disappunto. Quando poi le lacrime ti cadono amare dal ciglio e l'angoscia ti opprime, cerca nell'esercizio della cristiana carità la tua gioja, la tua pace, il tuo conforto, e dagli occhi tuoi sgorgheranno abbondanti le lacrime di consolazione. Oh! prova e vedrai, come alleviando i mali e le miserie altrui saranno addolcite le tue miserie, i tuoi mali! Prova e vedrai quanta virtù e quanta letizia è nel sacrificio e nell'eroismo di dimenticar sè per gli altri!

Pagina 850

Signorilità

198465
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 1 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
  • paraletteratura-galateo
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Se l'anticamera è vasta, essa può venire ammobigliata con comò ed armadi antichi, con specchi, abbellita da quadri e stampe, in modo da fungere quasi da primo salotto. Naturalmente tutto ciò è possibile e consigliabile quando vi sia un ingresso di servizio e un corridoio di servizio... dato che mal si addirebbe far passare macellaio, lattaio o carbonaio su ricchi tappeti, accanto a mobili di lusso e di stile. Vi sono poi degli armadi antichi e altri di stile inglese, che si possono mettere in anticamera e riempire di libri, oppure anche servire per riporvi biancheria e vestiti, col doppio vantaggio dell'estetica e della praticità. Quando l'appartamento è molto vasto, nell'anticamera si trova spesso un gong per dare l'avviso che è pronto in tavola. Per questo gong, i tipi orientali autentici vanno preferiti; un tipo nuovo del dopo-guerra, è quello formato da un bossolo di granata in ottone ben lucido, di giusta grandezza, sospeso artisticamente tra motivi ornamentali in ferro battuto, con un grosso battacchio pure in ottone, finito da un fiocco di grosso cordone. Arazzi, quadri, stampe, purchè veramente buoni, incorniciati in armonia con gli altri mobili, aggiungono eleganza e interesse all'anticamera al pari di trofei di armi e di caccia. Anche un'arazzo intessuto con lo stemma di famiglia, quando lo stemma è autentico, trova bene posto su di una cassapanca antica coperta di vecchio velluto, o di vecchia stoffa, in cui tornino i colori dello stemma e dell'arazzo. Delle piante, un gran vaso pieno di verde e di fiori non dovrebbe mancare mai... e la padrona di casa dovrebbe particolarmente curare l'addobbo, l'ordine e l'eleganza della prima stanza che si apre ai famigliari e agli ospiti, che deve dare la prima impressione di gusto, d'arte, o, almeno, di accuratezza.

Pagina 155

Il romanzo della bambola

222072
Contessa Lara 1 occorrenze
  • 1896
  • Ulrico Hoepli editore libraio
  • Milano
  • paraletteratura - romanzi
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Il corpicino di lei, coperto, come aveva detto il mercante, d'una sottile pelle rosata, con le sue molle per giunture e un meccanismo nella pancia che le faceva dire due parole, a uso pappagallo, s'era completato con una testolina d'una leggiadria rara, abbellita da due larghi occhi azzurri di vetro. E quando ella ebbe su le spalle quella testolina dalla folta capigliatura bionda come il grano, sentì di aver acquistata un'anima; un'anima piccola, sì, molto soffocata tra la segatura che le riempiva il corpo, e impotente a manifestarsi in un movimento spontaneo, nella più leggiera vibrazione de' muscoletti di acciaio, ma, in fine, un'anima che aveva sensazioni piacevoli e dolorose, sentimenti d'affetto e d'avversione; qualche cosa tra l'anima de' fanciulli e quella delle povere bestie, che nè anch'esse possono parlare. A mano a mano che l'avevano vestita e fatta bella, la pupattola avea capito di poter fare un giorno o l'altro buona figura nel mondo; intorno a lei, nell'accomodarle addosso stoffe di seta e trine, c'era chi aveva detto: - È una principessina! - Allora, se lo confessava, le era venuta un po' d'ambizione; e l'ambizione era cresciuta quando ella fu posta quasi al centro della vetrina sfolgorante di luce, dove era rimasta esposta quattro o cinque sere davanti al pubblico estasiato della sua personcina. Guardava gli altri fantocci con superiorità. Non erano, certo, le contadine brianzuole quelle che potevano rivaleggiare con lei! Una marchesa del settecento appariva gentile nel suo gonnellino drappeggiato a fiorami e nastri rosei; una suora della carità era un modello d'esattezza, quanto al costume; ma la monaca, povera, s' intende, come tutte le monache, non aveva corredo; la marchesa aveva un lettino, non altro; Io scimiotto... Oh, lo scimiotto era un giocattolo per un maschio: come il cane barbone, come la carovana dei Beduini e tanti, tanti altri giocattoli. Dunque, lei era lì in mezzo una principessina; questo era vero; e non si curava di certe occhiate un po' canzonatorie che le dava il vecchietto dall'oriolo, scrollando il capo bianco davanti alla superba creaturina. Erano venute, in que' giorni, parecchie signore con delle bambine vogliolose a domandar di lei, ma nessuna se l'era portata via; a causa del suo prezzo, enorme per una pupattola. Chi, dunque, poteva essere il signore che l'aveva comprata? Pareva buono, e doveva esser più ricco di molti altri; sopra tutto si vedeva ch'egli adorava la sua figliuoletta, se per lei non badava a far certe spese. E la bambina, come l'avrebbe trattata? Purché non le avesse fatto troppo male! Le tornava in mente, a questo proposito, che nel nativo laborotorio, mentre la stavano vestendo, era stata riportata una bambola comprata due giorni avanti, alla quale la piccola padrona aveva aperto la pancia con le forbici, per vedere che cosa la facesse parlare quando le si tirava lo spago. Aveva tutto il ventre squarciato, la poverina, e versava segatura come gli uomini feriti versano sangue. Non si poteva accomodarla che male, disse una lavorante tra le più brave; e la pupattola era stata messa in un angolo, con le braccia aperte, come una morta... Brr! Uno strano brivido senza scossa apparente raggricciava la bella bambola! Dio mio, se anche a lei fosse toccata una sorte cosi infelice, quali sofferenze non viste, non intese, non indovinate da nessuno avrebbe dovuto sopportare. Chi mai, al mondo, sa quanto patiscono tante cose che ci sembrano insensibili? Cosi ragionava, tra' suoi sogni, la bambola, nell'oscurità della scatola, dove giaceva supina, immobile, in un rumore assordante, mentre il treno correva traversando tanto paese. Ogni volta che si fermavano a una stazione, ella credeva d'esser giunta a Roma; ascoltava, attenta, delle voci confuse... Ma no, no, non era Roma. E il treno ripigliava, rapido, il cammino; e il rumore, simile al brontolio cupo del tuono, ricominciava. Come Dio volle venne la volta in cui udì gridare: - Roma! Romaa!! - e di lì a un momento: - Avanti l'uscitaa! Ah, finalmente, erano giunti! La scatola della bambola venne afferrata da una mano ruvida. Era, certo, d'un facchino. - Fate piano! - esclamò la voce del signore che l'aveva comprata. D'improvviso, sonarono dolci parole interrotte da baci, da domande che s'incrociavano: - Babbo mio! - Ben arrivato! - Ben trovate, care! - Come stai? Hai fatto buon viaggio? - E voi, come state? - Come sono contenta, babbo! - Anch'io, tesoretto mio! - È la bambina alla quale son destinata! - pensava la pupattola. - Dimmi, babbo, m'hai portata una cosa bella, bella? - chiese la Marietta quasi a mezza voce. - No, me ne sono dimenticato - le rispose il padre, per celiare. - No, non è vero! Tu non ti scordi di me! - gridò la piccina con accento di sicurezza. Il babbo rideva, ripetendo: - Birichina, Io sai, eh? - È lì dentro a quello scatolone, babbo? - ripigliava la Marietta, messa in curiosità. - Non ti voglio dir nulla. Ora, a casa, vedrai. La carrozza di casa de' Rivani aspettava davanti alla stazione. I signori e la bambina vi salirono in fretta, e vi salì anche la pupattola dentro la scatola, occupando

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Il romanzo della bambola

245553
Contessa Lara 1 occorrenze
  • 1896
  • Ulrico Hoepli editore libraio
  • Milano
  • Verismo
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Il corpicino di lei, coperto, come aveva detto il mercante, d'una sottile pelle rosata, con le sue molle per giunture e un meccanismo nella pancia che le faceva dire due parole, a uso pappagallo, s'era completato con una testolina d'una leggiadria rara, abbellita da due larghi occhi azzurri di vetro. E quando ella ebbe su le spalle quella testolina dalla folta capigliatura bionda come il grano, sentì di aver acquistata un'anima; un'anima piccola, sì, molto soffocata tra la segatura che le riempiva il corpo, e impotente a manifestarsi in un movimento spontaneo, nella più leggiera vibrazione de' muscoletti di acciaio, ma, in fine, un'anima che aveva sensazioni piacevoli e dolorose, sentimenti d'affetto e d'avversione; qualche cosa tra l'anima de' fanciulli e quella delle povere bestie, che nè anch'esse possono parlare. A mano a mano che l'avevano vestita e fatta bella, la pupattola avea capito di poter fare un giorno o l'altro buona figura nel mondo; intorno a lei, nell'accomodarle addosso stoffe di seta e trine, c'era chi aveva detto: - È una principessina! - Allora, se lo confessava, le era venuta un po' d'ambizione; e l'ambizione era cresciuta quando ella fu posta quasi al centro della vetrina sfolgorante di luce, dove era rimasta esposta quattro o cinque sere davanti al pubblico estasiato della sua personcina. Guardava gli altri fantocci con superiorità. Non erano, certo, le contadine brianzuole quelle che potevano rivaleggiare con lei! Una marchesa del settecento appariva gentile nel suo gonnellino drappeggiato a fiorami e nastri rosei; una suora della carità era un modello d'esattezza, quanto al costume; ma la monaca, povera, s' intende, come tutte le monache, non aveva corredo; la marchesa aveva un lettino, non altro; Io scimiotto... Oh, lo scimiotto era un giocattolo per un maschio: come il cane barbone, come la carovana dei Beduini e tanti, tanti altri giocattoli. Dunque, lei era lì in mezzo una principessina; questo era vero; e non si curava di certe occhiate un po' canzonatorie che le dava il vecchietto dall'oriolo, scrollando il capo bianco davanti alla superba creaturina. Erano venute, in que' giorni, parecchie signore con delle bambine vogliolose a domandar di lei, ma nessuna se l'era portata via; a causa del suo prezzo, enorme per una pupattola. Chi, dunque, poteva essere il signore che l'aveva comprata? Pareva buono, e doveva esser più ricco di molti altri; sopra tutto si vedeva ch'egli adorava la sua figliuoletta, se per lei non badava a far certe spese. E la bambina, come l'avrebbe trattata? Purché non le avesse fatto troppo male! Le tornava in mente, a questo proposito, che nel nativo laborotorio, mentre la stavano vestendo, era stata riportata una bambola comprata due giorni avanti, alla quale la piccola padrona aveva aperto la pancia con le forbici, per vedere che cosa la facesse parlare quando le si tirava lo spago. Aveva tutto il ventre squarciato, la poverina, e versava segatura come gli uomini feriti versano sangue. Non si poteva accomodarla che male, disse una lavorante tra le più brave; e la pupattola era stata messa in un angolo, con le braccia aperte, come una morta... Brr! Uno strano brivido senza scossa apparente raggricciava la bella bambola! Dio mio, se anche a lei fosse toccata una sorte cosi infelice, quali sofferenze non viste, non intese, non indovinate da nessuno avrebbe dovuto sopportare. Chi mai, al mondo, sa quanto patiscono tante cose che ci sembrano insensibili? Cosi ragionava, tra' suoi sogni, la bambola, nell'oscurità della scatola, dove giaceva supina, immobile, in un rumore assordante, mentre il treno correva traversando tanto paese. Ogni volta che si fermavano a una stazione, ella credeva d'esser giunta a Roma; ascoltava, attenta, delle voci confuse... Ma no, no, non era Roma. E il treno ripigliava, rapido, il cammino; e il rumore, simile al brontolio cupo del tuono, ricominciava. Come Dio volle venne la volta in cui udì gridare: - Roma! Romaa!! - e di lì a un momento: - Avanti l'uscitaa! Ah, finalmente, erano giunti! La scatola della bambola venne afferrata da una mano ruvida. Era, certo, d'un facchino. - Fate piano! - esclamò la voce del signore che l'aveva comprata. D'improvviso, sonarono dolci parole interrotte da baci, da domande che s'incrociavano: - Babbo mio! - Ben arrivato! - Ben trovate, care! - Come stai? Hai fatto buon viaggio? - E voi, come state? - Come sono contenta, babbo! - Anch'io, tesoretto mio! - È la bambina alla quale son destinata! - pensava la pupattola. - Dimmi, babbo, m'hai portata una cosa bella, bella? - chiese la Marietta quasi a mezza voce. - No, me ne sono dimenticato - le rispose il padre, per celiare. - No, non è vero! Tu non ti scordi di me! - gridò la piccina con accento di sicurezza. Il babbo rideva, ripetendo: - Birichina, Io sai, eh? - È lì dentro a quello scatolone, babbo? - ripigliava la Marietta, messa in curiosità. - Non ti voglio dir nulla. Ora, a casa, vedrai. La carrozza di casa de' Rivani aspettava davanti alla stazione. I signori e la bambina vi salirono in fretta, e vi salì anche la pupattola dentro la scatola, occupando

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