Qualche volta dal tuo petto uscirà prolungato e mesto un sospiro, le tue braccia come stanche ed abbattute si abbandoneranno in atto di prostrazione; ma se il tuo occhio si solleverà in alto e s'incontrerà con qualche immagine della Vergine Santa, che la tua pietà porrà in ogni angolo della casa, quasi a profumarla, a santificarla, Essa, la Mamma nostra pietosa, t'infonderà una virtù, una forza, che ti renderà capace di tutto fare, di tutto ottenere, di trionfare delle maggiori difficoltà. La tua operosità non interrotta, permettendoti di sollevare tratto tratto il tuo cuore alla fonte dell'amore, renderà amabile la tua compagnia, efficace l'opera tua ed oltremodo feconda, e non ti priverà del necessario riposo della mente e del corpo. Questo riposo ti verrà talora da una passeggiata; talora da una visita carissima fatta o ricevuta; talora da una buona lettura; talora da una combinazione imprevista, che Dio penserà Lui stesso a mandarti se vedrà che l'avrai meritata; ma il riposo in un modo o in un altro verrà, stanne pur certa. Dopo di avere dedicato te stessa ai tuoi fratelli, ti guarderai bene di far loro sentire il peso del tuo sacrificio, poichè essi, oltre al provarne umiliazione, ne sarebbero molto probabilmente irritati, e questo non concorrerebbe sicuramente a rendere efficace l'opera tua, ma l'attraverserebbe e le sarebbe di ostacolo spesso insuperabile. Il tuo regno, tel ripeto ancora, il tuo regno sia regno di amore, di dolcezza, ed essendo condiscendente in tutto quanto non urta il principio e la regola indeclinabile della casa, potrai usare di una santa fermezza in tutto il resto. Le tue cure non saranno interrotte nella giornata, nè dal ritorno a casa dei tuoi, nè dal loro coricarsi, osservando tu sempre pel pranzo e per tutto il resto quelle massime di uniformità e di economia alle quali ho solo accennato, ma che tu hai bene compreso. Guai se tu facessi delle preferenze, o parzialità, guai! ne andrebbe grandemente compromessa la tua autorità e svanirebbe il tuo ascendente! Tu, come angelo della famiglia, appartieni non tanto alla terra quanto al cielo, quindi non devi tenerti paga di curare nei fratelli e nelle sorelle la vita del corpo; tu devi, curare assai più in essi la vita dell'anima, quindi offrir loro in te stessa l'esempio di una fede cieca, operosa, costante. Tu devi avvalorare il tuo esempio con buoni consigli, con saggi ammaestramenti, insegnando tu stessa ai tuoi fratelli ed alle sorelle le verità della religione, le preghiere e le pratiche, ajutandoli a compierle, conducendoli alla Chiesa, ai Sacramenti, alla predica e anche più alla spiegazione della Dottrina Cristiana. Oh! se tu con quella dolcezza insinuante che nella bocca di una giovinetta semplice e virtuosa acquista tale un fascino da cui non sanno sottrarsi neppure le anime inveterate nel vizio e nell'incredulità, se tu con quella dolcezza inviterai, ammaestrerai coloro che teco hanno comune la nascita, l'educazione, la fortuna e perfine il nome, oh! la tua famiglia si manterrà o diventerà una famiglia di santi, una famiglia veramente invidiabile. Che se il demonio riuscirà ad infiltrarsi in quel santuario consacrato dalla tua presenza e dalla tua virtù, e prenderà dominio di taluno dei tuoi cari, oh! non ti perdere di animo, no non ti perdere di animo! il Signore permette che il tuo cuore sia trafitto, ma solo per rinvigorire, per ritemprare la tua costanza! Già ti pare quell'anima diletta sia perduta nell'abberramento dell'incredulità o delle passioni; già ti pare veder quell'anima sull'orlo del precipizio che la deve gettare in un luogo di eterna riprovazione; già tu la vedi precipitata... No, non temere, non temere; là in fondo a quel cuore sopita, ma non morta, c'è l'idea di Dio, anzi la fede in Dio; quell'idea di Dio si risveglierà, la scuoterà, la muterà, la risusciterà, e quello che ti sembrava un tizzone d'inferno, diventerà carbone ardente sull'altare del Dio che tu adori, che tu ami! Oh! è pur bello quel racconto evangelico in cui si narra come gli apostoli si trovavano sul mare, e questo furioso ingrossava, ingrossava; le onde si sollevavano spaventosamente; il vento sibilava con orrido suono e quegli uomini la di cui fede era ancor debole e vacillante, si spaventarono, e svegliarono il maestro divino che sul fondo della barca placidamente dormiva. E, non temete, diss'egli con quella sua voce soave, e levatosi in piedi comandò ai venti ed al mare, e si fece bonaccia. Fatti animo, figliuola, quel fratello, quel padre, quell'anima che ti preme, è la barca in preda alle onde; ma in fondo alla barca 26 c'è Gesù, quel Gesù che vi è stato collocato nell'infanzia, nella primitiva educazione... Destalo tu Gesù in quel cuore, colla tua fervorosa, incessante preghiera, e quel Gesù si alzerà, e dicendo: Non temete, porrà in silenzio il vento delle passioni e ritornerà nel tuo diletto congiunto la calma, la pace... L'arcobaleno sfoggia nel cielo azzurro i suoi bei colori, e ti annunzia il sereno, la fede. Leva a Dio l'inno del tuo ringraziamento!
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Ogni cosa era bagnata dalla pioggia torrenziale; l' erbe erano abbattute, i fiori laceri e pésti. Atterrito, ansimante, Moschino girò attorno gli occhietti neri; la notte era ormai scesa: una notte oscura, umida, piena di paure. Quanto tempo poteva egli essere stato lontano da casa? Non abituato a que' calcoli, lo ignorava affatto. Ormai aveva corso tanto, che non udiva più que' gridi disperati, ma li aveva sempre nel cuore, nel cuore che gli tremava. Stremato di forze, s'abbandonò ancora sotto una pianta, i cui rami penzolavano mezzo tronchi, con le foglie arse, quasi che quella pioggia fosse stata di fuoco. Dove andare, Dio mio, a quell' ora? Che fare, lì, solo? A chi chiedere misericordia? Gli era penetrato nelle ossa un gran freddo; e dovunque si voltasse, trovava erbe e zolle fradice. Per un momento pensò alla morte. Forse era sonata l' ora estrema per lui; e sarebbe finito sotto quell' arboscello frantumato, senza il soccorso pietoso d' alcuno, finito con la paura, il freddo, la fame, la solitudine!... Oh, dolce e fìda quella casa ospitale dov' era nato e cresciuto, dove aveva avuto tante cure, tante carezze! Così pensando, rivedeva la sua paniera imbottita, i suoi piattini colmi di ghiottonerie sane, e soprattutto gli pareva d' esser cullato fra le manine della Rita, baciato tanto da Nello, leccato da' suoi genitori e da' suoi fratelli!... Maledetto l' istante che gli era venuto in testa di conoscere il mondo, l' immenso mondo nel quale càpitano tante avventure, l'una più orrenda dell' altra! Maledetto il primo passo, che aveva fatto fuori di casa sua! E d' improvviso si ricordò con acuto rimorso degli insegnamenti di suo fratello Dodò, della storia del topo, e gli tornò alla memoria quel verso:
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Ma il ramo era irremovibile come la colonna del tempio: anzi di più, perché le colonne Sansone le aveva abbattute, ma questo ramo no. C'era una grande calma nella valle. Nemmeno un filo di vento soffiava. L'erba del prato, i capelli degli uomini, le code e le criniere dei cavalli, le foglie dei faggi, erano immoti. Ma Blabante, con la faccia nella sciarpa, osservava le foglie dell'albero dalla forma d'uomo, e vedeva che si muovevano leggermente, che tremavano appena, come se un venticello solitario e particolare si fosse fermato a giocare solo con quelle. Dopo un'ora, sfinito e pallido, Narco si gettò sull'erba, e pianse. «Sfoga la tua rabbia, mio signore, e sciogli nell'acqua degli occhi la tua stanchezza» disse Blabante. «Ma ricorda, manca un tentativo, e spesso ciò che non riesce al due, riesce al tre». Narco non rispondeva, bagnando l'erba di lacrime. Poi, stanco anche della disperazione, si addormentò. Per l'orrenda qualità del suo respiro, file di formiche migravano, e bruchi sprofondavano solerti. Quando si risvegliò, disse Blabante: «È l'ora, mio signore. Rifocillati con pane e formaggio, ma per bevanda accontentati di acqua di sorgente. È fresca, e non ti porterà i danni del vino...» Narco sorrise con la faccia bianca: «E se anche ne volessi, amico mio, credo che vino non ne potrei avere: giacché vedo le nostre ampolle, prima piene, ora del tutto vuote. Spero soltanto che tu abbia brindato alla mia impresa, e che mi giovi un brindisi così abbondante...» Lo scudierò abbassò il capo, e Narco tornò alla sua fatica. L'albero, fermo, aspettava. Aspettava ma, in tutta verità, non proprio fermo. Quel tremito di foglie era diventato una specie di oscillazione, di molle scompigliamento di foglie e rami. Il braccio sinistro segnava, non so come, una linea meno netta e verticale... E forse, io non giurerei, dalle due nodosità del tronco-testa correvano giù piccole gocce di rugiada... Il fatto è, come molti hanno indovinato, che Blabante non aveva brindato né tanto né poco col vino delle ampolle: ma da tutte e cinque lo aveva sparso attorno alla pianta, fino all'ultima goccia, tingendo l'erba un poco di rosso. E dall'erba alla terra, dalla terra alle radici, il vino era entrato nell'albero, e quel tremare e ammollarsi proveniva da lui. Se questo vuol dire che l'albero era uomo, io non so e non dico: quel che si vedeva l'ho detto, e quello che dopo accadde si stia a vedere. Spingeva dunque Narco con la destra, il pugno sinistro dietro serrato, i piedi piantati in terra come durlindane. Il braccio di legno era fermo e solido, ma Narco sentiva che la forza di ora non era quella di prima: era più risentita e voluta, meno totale. E allora spingeva, spingeva, soffiando fuori il suo misero fiato come fa la balena quando sgorga dal mare. E all'improvviso, con un sussulto trepido di tutte le foglie, con un brivido soporoso del gran corpo incortecciato, l'albero di Kronof cominciò a cedere. Piano piano, continuamente, e mano a mano sempre di più: finché il braccio di legno si appoggiò vinto al macigno e vi rimase, con la mano aperta ad aspettare, sembrava, una pioggia dal cielo. Sfinito e felice Narco rotolava nell'erba della valle, strappava manciate e le lanciava in aria, ridendo e gridando: «Altro vino berrai, Blabante! Altro vino berremo!» Andarono via, e lasciarono l'albero nella sua nuova forma, che è quella di oggi. E io lo dico, ma non lo giurerei, che sulla faccia del tronco c'era una nuova piega di corteccia, un fisso e quieto sorriso. Chi poi, per dubbio, andrà a Kronof a constatare, vedrà da sé quel che accadde: la mano aperta, sul masso, mise presto foglie verdi, una bellezza di foglie. Come se fossero quelle, da dentro venute, il dono che aspettava.
Quando però la più parte delle mura furono abbattute, e già si metteva in puntelli la ròcca, principali capi dei difensori, le dissero, che, volesse ella o no, avrebbero reso la ròcca per salvare senza le loro persone: ed allora la valente donna senza smarrirsi disse che lasciassero fare a lei; la quale trattò col Legato che tutti i capitani con la loro gente fossero liberi, e potessero portare addosso ciò che volevano; ed ella rimarrebbe prigione con Sinibaldo suo figliuolo, con la figliuola e due nipoti. Così fu fatto; o il Legato stesso ammirando il forte animo di lei, la trattò cortesemente, sicchè, fatta poi la pace col Capitano, mediante anche la cessione di Forlì, liberamente gli restituì la moglie e i figliuoli; ed essa lo seguì nell'esigilo a Venezia, dove rimase vedova dopo molti anni nel 1379, continuando sempre a dare esempio di costanza e di affetto alla memoria del marito, intenta solo a dare a' figliuoli un'educazione degna del padre loro e di sè." A questa lettura della brava Zaira seguitarono applausi sinceri da ogni parte; nè vi fu niuna delle sue compagne che facesse la minima osservazione: parimenti il maestro e la direttrice non dissero se non parole di lode: e per quella mattina la conversazione passò in chiacchiere piacevoli; e si chiuse con queste parole del maestro: "La signora Zaira ci ha detto che la Cia potè far pervenire al marito una carta dov'era scritto va male, per fargli comprendere l'estremità nella quale si trovava. Questo diede origine al proverbio: La va come diceva la Cia, nel quale si vuol significare che una faccenda va male; e tal proverbio, che si legge in parecchi scrittori fiorentini, è vivo tuttora in qualche luogo del contado di Firenze."
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