Sí, Geraldo aveva la stessa espressione il giorno in cui il suo cane preferito si era rotto una gamba, e bisognò abbatterlo. Perché le veniva in mente questo adesso? Che pensiero stupido. E perché Ashley la guardava cosí stranamente e non parlava? Qualche cosa di simile a una maschera di buona educazione apparve ora sul suo viso, ed egli sorrise galantemente. - Non vi basta di aver fatto oggi collezione dei cuori di tutti gli altri uomini? - E la sua voce aveva l'antica nota carezzevole e scherzosa. - Volete proprio l'umanità? Ebbene, avete sempre avuto il mio cuore e lo sapete benissimo. Da quando vi sono spuntati i primi denti. No... nulla di tutto questo. Non era cosí che ella aveva immaginato la cosa. Nel pazzo vortice di idee che si agitavano nel suo cervello, una stava cominciando a prendere forma. Per una ragione che ella ignorava, Ashley si comportava come se ella stesse civettando con lui. Ma egli sapeva che non era cosí. Era sicura che lo sapeva. - Ashley... Ashley... dite... dovete... Oh, non scherzate adesso! Io ho il vostro cuore? Oh caro, io vi a... La mano di lui le chiuse le labbra rapidamente. La maschera era scomparsa. - Non dovete dire queste cose, Rossella! Non dovete. Non è questo il vostro pensiero. Odierete voi stessa per averle dette, e odierete me perché le ho ascoltate. Ella volse la testa altrove. Un fiotto caldo correva velocemente nelle sue vene. - Non potrò mai odiarvi. Vi dico che vi amo e so che voi dovete volermi bene perché... - s'interruppe. Non aveva mai visto un'espressione cosí dolorosa sul viso di nessuno. - Ashley, mi volete bene... non è vero? - Sí - rispose egli con voce opaca. - Vi voglio bene. Se le avesse detto che l'odiava ella non si sarebbe spaventata di piú. Afferrò la sua manica senza parlare. - Rossella, - riprese egli - non possiamo andar via e dimenticare che abbiamo detto queste cose? - No, - bisbigliò la fanciulla. - Non posso. Non desiderate... sposarmi? Egli replicò: - Sto per sposare Melania. Senza saper come, si accorse di esser seduta sulla bassa sedia di velluto; Ashley, sullo sgabello ai suoi piedi, le teneva ambo le mani in una stretta tenace. Le diceva delle cose... delle cose che non avevano senso. La mente di Rossella era vuota, completamente vuota di tutti i pensieri che vi si erano affollati solo un momento prima, e le sue parole le facevano cosí poca impressione come la pioggia sul vetro. Cadevano in un orecchio che non ascoltava; erano parole tenere e buone, piene di compassione come quelle di un padre che parla a un bambino offeso. Nella sua incoscienza afferrò il nome di Melania e allora lo fissò negli occhi grigi. Vide in essi quell'aria distante che l'aveva sempre contrariata... e anche un'espressione di odio verso se stesso. - Il babbo annunzierà il fidanzamento stasera. Ci sposeremo presto. Ve lo avrei detto, ma credevo che lo sapeste. Credevo che lo sapessero tutti... da tanti anni. Non ho mai supposto che voi... avete tanti corteggiatori. Immaginavo che Stuart... In lei tornavano ora la vita, il sentimento e la comprensione. - Ma avete detto or ora che mi volevate bene. Le sue mani ardenti le fecero male. - Cara, perché volete costringermi a dirvi delle cose che possono ferirvi? Il silenzio di lei lo costrinse a proseguire. - Come posso farvi capire queste cose? Siete cosí giovane e irriflessiva che non sapete che cos'è il matrimonio. - So che vi amo. - L'amore non basta per fare un matrimonio felice, quando due persone sono cosí diverse come noi. Voi, Rossella, da un uomo volete aver tutto: il corpo, il cuore, l'anima, i pensieri. E se non li aveste sareste infelice. Ed io non potrei darvi tutto di me. Non posso dar tutto a nessuno. E non desidererei tutto il vostro cuore e la vostra anima. Voi ne sareste offesa e arrivereste a odiarmi... oh, amaramente! Odiereste i libri che leggo e la musica che amo perché mi toglierebbero a voi anche per un momento, ed io... forse io... - La amate? - Essa è come me, è del mio sangue e ci comprendiamo a vicenda. Rossella, Rossella! Come posso farvi capire che un matrimonio può essere sereno e felice soltanto fra due persone simili? Qualchedun altro aveva detto questo: «I simili devono sposare i loro simili, altrimenti non vi sarà felicità». Chi era stato? Le sembrava che fosse passato un milione di anni da quando aveva udito queste parole, che pure non la convincevano. - Ma avete detto che mi volevate bene. - Non avrei dovuto dirlo. In fondo al suo cervello si accese una piccola fiamma e l'ira cominciò ad avvampare in lei. - Dal momento che siete stato tanto mascalzone da dirlo... Egli impallidí. - Sono stato un mascalzone, perché sto per sposare Melania. Ho fatto torto a voi, ma l'ho fatto ancor piú grande a Melania. Non avrei dovuto dirlo perché sapevo che non avreste capito. Come potevo fare a meno di volervi bene... a voi che avete tutta la passione di vivere che io non ho? Voi che potete amare e odiare con una violenza che per me è impossibile? Perché siete elementare come il fuoco e il vento e le cose selvagge, mentre io... Ella pensò a Melania e improvvisamente vide i suoi tranquilli occhi bruni con la loro espressione distante, le sue placide manine nei mezzi guanti neri di pizzo, i suoi dolci silenzi. E allora la sua ira proruppe, la stessa ira che aveva condotto Geraldo al delitto, ed altri irlandesi loro antenati ad azioni che avevano pagato con la loro testa. Non vi era adesso in lei piú nulla dei beneducati Robillard che sapevano sopportare in silenzio qualsiasi insulto. - Perché non lo dite, vigliacco! Avete paura di sposarmi! Preferite vivere con quella stupida cretina, che apre la bocca soltanto per dire «sí» e «no» e che alleverà una schiera di marmocchi sciocchi e melliflui come lei! Perché... - Non dovete parlare cosí di Melania! - Non debbo, che l'inferno vi sprofondi?! E chi siete voi per dirmi che non debbo? Vigliacco, mascalzone... Mi avete fatto credere che mi avreste sposata e... - Siate giusta - pregò la voce di lui. - Quando mai io vi ho... Ella non voleva essere giusta benché sapesse che egli diceva la verità. Non aveva mai oltrepassato i limiti dell'amicizia con lei; e, nel ricordare questo, una nuova collera l'invase, la collera dell'orgoglio ferito e della vanità femminile. Gli era corsa dietro mentre egli non la voleva. Preferiva a lei una stupidina, con la faccia linfatica come Melania. Oh, come sarebbe stato meglio se avesse seguito i precetti di Elena e di Mammy e non gli avesse mai rivelato neppure che le era simpatico... meglio qualunque cosa che affrontare questa ardente vergogna! Balzò in piedi coi pugni stretti ed egli si alzò col volto pieno della muta angoscia di chi è costretto a guardare in faccia alla realtà quando la realtà è dolore. - Vi odierò finché vivrete, mascalzone... abbietto, abbietto... - Che altra parola voleva dirgli? Non riusciva a trovarne nessuna abbastanza violenta. - Rossella... vi prego... Tese la mano verso di lei e in quel momento ella lo percosse sul viso con tutte le sue forze. Nella stanza silenziosa il rumore fu come uno schiocco di frusta; e improvvisamente la sua ira scomparve lasciandole il cuore pieno di desolazione. L'impronta rossa della sua mano risaltava sul volto pallido e stanco. Egli non disse nulla, ma le prese la mano sinistra, la portò alle labbra e la baciò. Poi, prima che ella avesse potuto dire ancora una parola, uscí chiudendo piano la porta. Ella sedette di nuovo, perché la reazione le fece piegare le ginocchia. Se n'era andato e la memoria del suo viso addolorato l'avrebbe perseguitata fino alla morte. Udí il rumore attenuato dei suoi passi allontanarsi lungo il vestibolo, e l'enormità della sua azione le apparve. Lo aveva perduto per sempre. Ora egli la odierebbe, e ogni qualvolta la vedesse, si ricorderebbe che ella gli aveva dichiarato il suo amore senza essere stata menomamente incoraggiata da lui. «Sono come Gioia Wilkes» pensò all'improvviso; poi ricordò che tutti quanti, e lei piú degli altri, avevano riso con disprezzo della condotta di Gioia. Vide la goffa agitazione di Gioia e udí le sue sciocche risatine quand'era al braccio di qualche giovanotto; e questo pensiero destò in lei una nuova ira, ira contro se stessa, ira contro Ashley, ira contro il mondo. Odiando se stessa, odiava tutti quanti con la forza dell'umiliato e contrastato amore dei sedici anni. Solo una briciola di vera tenerezza era mescolata a quell'amore. In massima parte esso era composto di vanità e di compiacente fiducia nel proprio fascino. Ora aveva perduto e, piú grande del dolore della perdita, era in lei il timore di aver dato spettacolo di se stessa. La sua simpatia era stata palese? Chi sa se tutti ormai ridevano di lei? Questo pensiero la fece tremare. La sua mano si posò su un tavolino lí accanto, giocherellando con un piccolo portafiori di porcellana sul quale sorridevano due amorini. La stanza era cosí silenziosa che le venne voglia di gridare per rompere il silenzio. Doveva fare qualche cosa, altrimenti sarebbe impazzita. Prese il vasetto e lo scagliò violentemente attraverso la camera contro il caminetto. Esso oltrepassò l'alta spalliera del sofà e andò a infrangersi contro il marmo del caminetto. - Questo è troppo - disse una voce dalla profondità del divano. Nulla l'aveva mai spaventata tanto. E la sua bocca divenne troppo arida per permetterle di emettere un suono. Si afferrò alla spalliera della sedia sentendosi mancare le ginocchia, mentre Rhett Butler si alzava dal divano dov'era sdraiato e le faceva un inchino esageratamente cortese. - È già abbastanza noioso avere la propria siesta disturbata da un colloquio come quello che sono stato costretto a udire; ma perché anche la mia vita dovrebbe correre pericolo? Era proprio vero. Non era uno spettro. Ma, Dio ne guardi, egli aveva dunque udito tutto! Rossella raccolse tutte le sue forze in un tentativo di assumere una certa dignità. - Signore, avreste dovuto palesare la vostra presenza. - Davvero? - I suoi bianchi denti brillarono e i suoi audaci occhi neri risero. - Ma eravate voi l'intrusa. Io sono costretto ad aspettare Mr. Kennedy; e avendo la sensazione di essere forse individuo non grato alla società, ho avuto il tatto di allontanare la mia persona poco gradita e ritirarmi qui dove credevo di essere indisturbato. Ma ahimé! - Crollò le spalle e rise dolcemente. La collera stava ricominciando a invadere Rossella al pensiero che quell'uomo rozzo e impertinente aveva udito tutto; udito delle cose che per le quali ella avrebbe preferito esser morta piuttosto che averle pronunciate. - Spione... - cominciò furibonda. - Gli spioni odono spesso delle cose molto divertenti e istruttive - sogghignò l'uomo. - Avendo una lunga esperienza nell'origliare, posso... - Non siete un gentiluomo! - Osservazione giustissima - replicò egli allegramente. - E voi, Miss O'Hara, non siete una signora. - Sembrò trovare la cosa molto divertente, perché rise di nuovo. - Nessuna donna può considerarsi una signora dopo aver detto e fatto quello che ho udito. Però le signore hanno raramente avuto un fascino ai miei occhi. Io so ciò che esse pensano; ma esse non hanno mai il coraggio o la mancanza di educazione di dire il loro pensiero. E questo, coll'andar del tempo, diventa una noia. Ma voi, mia cara Miss O'Hara, siete una ragazza di spirito, di una spirito veramente ammirevole, ed io vi faccio tanto di cappello. Capisco benissimo quale simpatia l'elegante Mr. Wilkes può provare per una ragazza che ha la vostra natura impetuosa. Egli deve ringraziare Dio in ginocchio, perché una ragazza col vostro... Come ha detto? Con la vostra «passione di vivere», ma povera di spirito.... - Non siete degno di pulirgli le scarpe! - urlò esasperata. - E voi lo odierete tutta la vita! - Egli ripiombò a sedere sul sofà e rise. Se avesse potuto ucciderlo, Rossella lo avrebbe fatto. Invece chiamando a raccolta tutta la dignità che le fu possibile, uscí dalla stanza, sbattendo dietro di sé la porta pesante.
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Nulla di ciò che veniva dall'esterno poteva abbatterlo. Non ebbe paura degli inglesi quando il loro governo voleva impiccarlo. Si limitò ad andarsene di casa. E quando giunse in questo paese era povero, ma la povertà non lo sgomentò. Lavorò e guadagnò. E venne in questa regione senza timore, quando essa era ancora selvaggia; e in questo luogo inospite creò una grande piantagione. Né ebbe paura quando venne la guerra e il suo denaro cominciò a dileguare; né quando vennero gli yankees e minacciarono di incendiare Tara e di ucciderlo. Rimase dritto in piedi a guardarli in faccia. Perciò vi dico che ciò che veniva dall'esterno non poteva abbatterlo. E questa è una nostra qualità. Ma egli aveva anche una nostra debolezza: la possibilità di essere abbattuto da qualche cosa che proveniva dall'interno. Quando morí la signora O'Hara, anche il cuore di suo marito morí; ed egli non si rialzò piú. E colui che vedevamo camminare non era lui. Will si interruppe; i suoi occhi girarono a guardare gli ascoltatori. La folla sembrava incantata; ogni rancore verso Súsele era dimenticato. Lo sguardo di Will si posò un istante su Rossella come per darle coraggio. E Rossella provò veramente un senso di conforto perché Will parlava con buon senso, invece di ripetere i soliti luoghi comuni sul mondo migliore e sulla rassegnazione alla volontà di Dio. - Noi tutti siamo come lui. Nulla può sopraffarci, come nulla ha potuto sopraffare lui: né yankees né «Carpetbaggers» né i tempi difficili né la miseria. Ma la debolezza che è nei nostri cuori può sopraffarci in un batter d'occhi. Non è soltanto la perdita di un essere caro, com'è stato nel caso del signor O'Hara. Ciascuno ha una molla diversa; ma voglio dirvi questo: per coloro la cui molla non funziona, è meglio esser morti; nel mondo d'oggi non vi è posto per loro. E vi dico ancora una cosa: che oggi non dovete affliggervi per il signor O'Hara. Ora il suo corpo è andato a raggiungere il suo cuore; quindi non vi è ragione di piangerlo, a meno di non essere egoisti... Ve lo dico io, che gli volevo bene come se fosse mio padre... Credo che non vi sia altro da dire. La famiglia è troppo depressa per ascoltare altre parole che non darebbero loro alcun conforto. Quindi si volse alla signora Tarleton e le disse sommessamente: - Vi dispiacerebbe, signora, accompagnare in casa Rossella? Non le fa bene rimanere tanto tempo in piedi e per di piú al sole. E, salvo il dovuto rispetto, consiglierei lo stesso alla nonna Fontaine. Rossella arrossí e tutti gli sguardi si volsero a lei. Ma perché Will faceva quella specie di pubblicità alla sua gravidanza? Gli lanciò un'occhiata piena di vergogna e d'indignazione; ma lo sguardo di Will sembrò risponderle senza turbarsi: «Vi prego, ubbidite... Io so quello che faccio». Era già il capo della famiglia; e volendo evitare scenate, Rossella si volse alla signora Tarleton. Questa, immediatamente distolta dal pensiero di Súsele - come Will aveva preveduto - dal fatto di una nuova nascita, sempre affascinante per lei, fosse umana o animale, prese il braccio di Rossella. - Vieni in casa, cara. Aveva un'espressione di affettuoso interessamento e Rossella si lasciò condurre atttraverso la folla che si aperse per lasciarla passare. Vi fu un mormorio di simpatia e parecchie mani si tesero ad accarezzarla. Quando giunse dinanzi alla nonna Fontaine, questa avanzò il mento e disse: - Dammi il braccio, bambina - e poi soggiunse guardando fieramente la nuora e Sally: - No, voialtre non venite. Non ho bisogno di voi. - Ma perché Will ha fatto questo?! - gridò Rossella appena furono fuori portata d'udito. - È come se avesse detto a tutti: «Guardatela! Aspetta un bambino!» - E non è forse vero? - ribatté la signora Tarleton. - Will ha fatto benissimo. Era una pazzia per te rimanere lí al sole a rischio di cadere svenuta e magari provocare un aborto. - Will non ha affatto pensato a questo - interloquí la nonna, un po' ansimante mentre si avviava verso i gradini. Sul suo volto era un sorriso arcigno. - Soltanto non voleva che rimanessimo accanto alla tomba né io né voi, Beatrice. Temeva ciò che avremmo potuto dire; e sapeva che questo era il solo mezzo per liberarsi di noi... E poi non voleva che Rossella udisse le palate di terra sulla bara. Ha fatto bene. Ricorda, Rossella, che finché non senti quel rumore tremendo, le persone non sono veramente morte... È il rumore piú terribile del mondo... Aiutami a salire i gradini, bambina; e voi, Beatrice, datemi una mano. Rossella non ha bisogno del vostro braccio... Will sa che tu eri la beniamina di tuo padre e non ha voluto rendere anche peggiore la tua sofferenza. Per le tue sorelle è piú facile. Súsele ha la sua onta per sostenerla, e Carolene il suo Dio. Ma tu non hai nulla, non è vero, bambina? - No - rispose Rossella aiutandola a salire i gradini, un po' sorpresa della verità che la vecchia voce aveva pronunciata. - Non ho mai avuto nulla che mi sostenesse... eccetto la mamma. - Ma quando l'hai perduta, hai trovato che potevi anche vivere sola, non è vero? Ebbene, alcune persone non possono. Tuo padre era uno di questi. Will ha avuto ragione. Non addolorarti. Egli non poteva esistere senza Elena; ed ora, dove si trova, è piú felice. Come io sarò felice quando raggiungerò il vecchio dottore. Parlava naturalmente come se suo marito fosse vivo e si fosse recato a Jonesboro, dove una breve corsa in carrozza le avrebbe permesso di ritrovarlo. La nonna era troppo vecchia e aveva visto troppe cose per temere la morte. - Ma... anche voi potete vivere sola - replicò Rossella. - Sí; ma a volte si prova non poca difficoltà. - Non dovreste parlare cosí a Rossella, nonna - interruppe la signora Tarleton. - È già abbastanza sconvolta. Col viaggio da Atlanta, quell'abito stretto, il caldo e il dispiacere, ce n'è abbastanza per abortire senza che anche voi aggiungiate alla misura venendo a discorrere di dolori e di guai. - Per la camicia di Giove! - esclamò Rossella irritata. - Non sono affatto sconvolta! E non sono una di quelle stupidine che abortiscono per nulla! - Non si può mai dire - ribatté la signora Tarleton onnisciente. - Io abortii del mio primo vedendo un toro che inseguiva uno dei nostri negri; e... ti ricordi la mia giumenta Nellie? Era la piú sana e robusta che si potesse vedere; ma era nervosissima; e se io non fossi stata attenta... - Smettetela, Beatrice - interruppe la nonna. - Rossella non è tipo da abortire. Sediamoci qui nel vestibolo dove fa fresco; c'è un po' di corrente. E voi, Beatrice, andate in cucina a vedere se c'è un bicchiere di siero. Oppure guardate in dispensa se vi fosse un po' di vino. Staremo qui ad aspettare che tutti vengano ad accommiatarsi. - Rossella dovrebbe andare a letto - insisté la signora Tarleton. - Suvvia, sbrigatevi. - E la nonna le diede un colpetto col suo bastone. La signora Tarleton si avviò verso la cucina gettando il suo cappello sulla credenza e lisciandosi i capelli con le mani. Rossella si appoggiò alla spalliera della sedia e sbottonò i due primi bottoni del corpetto. Si stava bene, nell'alto vestibolo; il soffio d'aria fresca e fragrante che penetrava dalla porta posteriore era piacevole dopo il sole ardente. Guardò attraverso il vestibolo nel salotto dov'era stata la salma di Geraldo e distogliendo il pensiero da lui alzò gli occhi al ritratto della nonna Robillard che, con la sua pettinatura alta, il seno largamente esposto e la sua fredda insolenza, aveva sempre sopra di lei un effetto tonico. - Non so che cosa ha colpito di piú Beatrice, se la perdita dei suoi figli o quella dei suoi cavalli - cominciò la nonna Fontaine. Come sai, non si è mai occupata molto di Giacomo né delle ragazze. È una di quelle persone di cui parlava dianzi Will: la sua molla non funziona. A volte penso che finirà ad essere com'era tuo padre... La sola cosa che le ha dato gioia è stata la venuta al mondo di esseri umani o di animali; e nessuna delle sue figlie si è sposata né ha probabilità di farlo; quindi ella non ha nulla che occupi la sua mente. Se non fosse una vera signora, si lascerebbe andare... Will ti ha detto la verità sul suo fidanzamento con Súsele? Sí - rispose Rossella fissando la vecchia signora negli occhi. Era passato il tempo in cui la nonna Fontaine le faceva paura! E ora si sentiva anche disposta a dirle che andasse al diavolo, se quella voleva immischiarsi negli affari di Tara. - Poteva trovare di meglio - riprese la vecchia candidamente. - Davvero? - fece Rossella con alterigia. - Non darti tante arie, madamigella - ammoní aspramente la nonna Fontaine. - Non ho nessuna intenzione di attaccare la tua preziosa sorella; cosa che avrei fatto se fossi rimasta alla sepoltura. Voglio dire soltanto che con la scarsità di uomini nel nostro paese, Will avrebbe potuto sposare chiunque. Vi erano le quattro Tarleton, le Munroe, le McRae.... - Invece sposerà Súsele; e questo è quanto. - È una fortuna per lei! - È una fortuna per Tara. - Tu ami questo luogo, non è vero? - Sí. - E perciò non t'importa che tua sorella sposi uno che non è della sua classe, purché vi sia un uomo che si occupi di Tara? - La sua classe? E che importa la classe al giorno d'oggi, quando una ragazza trova un marito che può aver cura di lei? - Questo è discutibile. Alcuni direbbero che tu parli con buon senso. Altri direbbero che tu distruggi delle barriere che non avrebbero mai dovuto essere abbassate di un centimetro... Certamente Will non è dell'aristocrazia, mentre alcune persone della tua famiglia vi hanno appartenuto. I suoi occhi penetranti corsero al ritratto della nonna Robillard. Rossella pensò a Will, scarno, incolore, dolce, con la sua eterna pagliuzza in bocca, il suo aspetto completamente privo di energia, come la maggior parte dei «crackers». Certo non aveva dietro di sé una lunga fila di antenati dotati di ricchezza, di autorità, di aristocrazia. Il primo della sua famiglia che aveva messo piede sul suolo di Georgia era stato probabilmente un bancarottiere o un servo. Will non era stato in collegio; come istruzione non aveva avuto che quattro anni di scuola rurale. Però era onesto e leale, paziente e lavoratore. Ma non era un signore; e secondo le idee dei Robillard, Súsele faceva un matrimonio al disotto della sua condizione. - Dunque tu approvi l'entrata di Will nella tua famiglia? - Sí - rispose Rossella brutalmente, pronta a rispondere male alla vecchia signora alla prima parola di biasimo. - Dammi un bacio - disse invece con suo stupore la nonna, sorridendo con approvazione. - Non ti ho mai voluto bene come adesso, Rossella. Sei sempre stata aspra, anche da bambina, e a me non piacciono le donne aspre; dato che sono abbastanza dura anch'io. Ma mi piace il tuo modo di affrontare le cose. Non perdi il tempo in lamentele quando una cosa non si può evitare, anche se è sgradevole. Salti gli ostacoli coraggiosamente come un buon cavallerizzo. Rossella sorrise incerta e baciò ubbidiente la guancia grinzosa che le si presentava. Era piacevole udire delle parole di approvazione, anche se il loro significato era un po' oscuro. - Molta gente troverà da ridire perché tu permetti a Súsele di sposare un «cracker», benché tutti vogliano bene a Will. Ma tu non te ne curare. - Non mi sono mai curata di quello che dice la gente. - Lo so. - Nella voce della vecchia era una sfumatura di acidità. - Dunque, lascia dire. Probabilmente sarà un matrimonio felice. Certamente, Will non muterà mai aspetto e anche se guadagnerà molto denaro non renderà mai Tara un luogo com'era ai tempi di tuo padre. Ma in fondo è un signore; per lo meno ne ha l'istinto. Solo un signore di nascita avrebbe potuto dire le cose che egli ha detto dianzi... È vero; nessuno ci può sopraffare; ma noi possiamo essere prostrati dalla nostalgia di cose che non abbiamo piú... e dal ricordo. Sí, Will farà del bene a Súsele e a Tara. - Allora mi approvate perché permetto questo matrimonio? - Dio mio, no! Come potrei approvare l'entrata di un «cracker» in una vecchia famiglia? Ma Súsele ha bisogno di un marito; e dove lo troverebbe? E tu dove troveresti un buon intendente per Tara? Questo però non vuol dire che la cosa mi piaccia piú di quanto piaccia a te. «A me piace» pensò Rossella cercando di comprendere il significato di quanto la vecchia signora stava dicendo. «E sono contenta che Will la sposi. Perché dovrebbe dispiacermi?» Era perplessa e un po' vergognosa come sempre quando le venivano attribuite emozioni e sentimenti che gli altri provavano e che lei non condivideva. La nonna si sventagliò con un ventaglio di palma e continuò: - Non approvo il matrimonio; ma sono anch'io pratica come te. So anch'io che è inutile protestare e lamentarsi. Nella mia famiglia c'è un detto: «Sorridi e sopporta». E noi abbiamo sopportato sorridendo tante di quelle cose, perché era necessario. Siamo scappati dalla Francia con gli Ugonotti, dall'Inghilterra coi Cavalieri, dalla Scozia col principe Carlo, da Haiti davanti ai negri e ora siamo stati battuti dagli yankees. E sai perché? Drizzò la testa e Rossella pensò che somigliava a un vecchio pappagallo. - Non lo so - rispose cortesemente ma profondamente annoiata. - Te lo dico io. Perché noi ci pieghiamo dinanzi all'inevitabile. Noi non siamo come l'avena che quando è matura si irrigidisce e non si piega secondo il vento; siamo come il grano saraceno che ondeggia, e quando il vento è passato si rialza dritto e forte quasi come prima. Quando vengono le disgrazie, noi ci pieghiamo dinanzi all'inevitabile e sopportiamo sorridendo. E quando siamo nuovamente forti, diamo un calcio alle persone dinanzi alle quali ci siamo piegati. Questo è il segreto per sopravvivere. Fece una pausa come se attendesse un commento di Rossella; ma questa non sapeva che cosa dire e tacque. La vecchia riprese: - Sí, i nostri rialzano la testa; mentre qui vi sono tante persone che ne sono incapaci. Guarda per esempio che cos'è diventata la povera Catina Calvert. Piú abietta di suo marito! Guarda la famiglia McRae. Schiacciata, smarrita, senza saper che fare se non piagnucolare sui tempi passati. Guarda... sí, quasi tutti nella Contea, eccetto il mio Alex e la mia Sally, tu, Giacomo Tarleton, le sue figlie e pochi altri. Il resto è andato a fondo perché mancava di linfa, perché non è riuscito a risollevarsi. Gente che non ha capito mai altro che denaro e schiavi; e senza questi due elementi, fra un'altra generazione saranno diventati dei «proletari bianchi». - Dimenticate i Wilkes. - No, non li dimentico. Ho avuto la cortesia di non nominarli, perché Ashley è ospite di questa casa. Ma giacché sei stata tu a fare il loro nome... guardali! C'è Lydia che, da quanto mi hanno detto, è una zitellona rinsecchita con degli atteggiamenti di vedova perché Stuart Tarleton è stato ucciso; non fa nulla per dimenticarlo e cercare un altro uomo. Certo non è giovine; ma forse, se si desse un po' di pena, potrebbe trovare un vedovo magari con figli. La povera Gioia ha sempre avuto il cervello di un passerotto. E quanto ad Ashley... guardalo un po'! - Ashley è un bravissim'uomo! - lo difese Rossella con fervore. - Non ho mai detto il contrario; ma è bisognoso di aiuto come una tartaruga coricata sul dorso. Se la famiglia Wilkes riesce a superare questo periodo difficile, è perché c'è Melania che vince le difficoltà; non Ashley. - Melly? Dio mio, nonna! Che dite? Io ho vissuto abbastanza con Melly per sapere che è timida e malaticcia e non ha il coraggio di fare «sciò» a una gallina! - E a che serve fare «sciò» a una gallina? Mi è sempre sembrata una vera perdita di tempo... Sarà incapace di fare «sciò» a una gallina, ma è capacissima di farlo a tutto il mondo, al governo yankee, o a chiunque minacci il suo Ashley o il suo bimbo o le sue nozioni di distinzione. Lei ha un modo di fare che non è il tuo, Rossella, né il mio. È la maniera che avrebbe usato tua madre. Sí, Melly mi ricorda la tua mamma quando era giovine... E forse riuscirà a rimettere in piedi la famiglia Wilkes. - Oh, Melly è piena di buon senso. Ma fate torto ad Ashley... - Smettila, via! Ashley era nato per leggere dei libri e nient'altro. Questo non aiuta un uomo a togliersi dagli impicci. Ho sentito dire che è il peggior aratore della Contea. Confrontalo al mio Alex! Prima della guerra, Alex era il giovinotto piú inutile del mondo; non aveva mai pensato ad altro che ad aver delle belle cravatte, a ubriacarsi, a litigare e a stuzzicare le ragazze. Guardalo adesso! Ha imparato a fare il coltivatore perché altrimenti sarebbe morto di fame, e con lui tutti noi. Adesso coltiva il miglior cotone della Contea... sicuro! È meglio del cotone di Tara! E s'intende di porci e di pollame. E vedrai che quando tutto questo tremendo periodo della ricostruzione sarà finito, il mio Alex sarà ricco come suo padre e come suo nonno. Ma Ashley... Rossella si strinse nelle spalle. - Tutto questo non mi fa né caldo né freddo. - Hai torto - disse la nonna fissandola con lo sguardo penetrante. - Questa è la via che hai seguito da quando sei andata ad Atlanta. Non credere che pure essendo seppelliti in provincia, non si sappiano le cose. Anche tu sei mutata col mutar dei tempi. Sappiamo che hai relazione con gli yankees e con tutti i nuovi ricchi per cercare di guadagnar denaro con loro. Fai pure. Ma quando avrai guadagnato tutto quello che potrai, prendili a calci perché non ti serviranno piú. Sono sicura che lo farai come va fatto, altrimenti correrai il rischio di rovinarti. Rossella la guardò cercando di comprendere queste parole. Le sembravano arabo; inoltre ella era ancora irritata per aver sentito Ashley paragonato a una tartaruga rovesciata. - Credo che abbiate torto a proposito di Ashley - disse bruscamente. - Non sei abbastanza scaltra, Rossella. - Questa è la vostra opinione - ribatté Rossella seccamente, col desiderio di darle uno schiaffo. - Oh, sei scaltra per quel che riguarda dollari e centesimi. Questa è una scaltrezza maschile. Ma non hai la furberia delle donne. Non hai abilità nel giudicare le persone. Gli occhi di Rossella cominciarono a lanciare fiamme mentre le sue mani si aprivano e si chiudevano con movimento convulso. - Ti ho fatto arrabbiare, vero? - chiese la vecchia signora sorridendo. - È proprio quello che volevo. - Davvero? E perché, se è lecito? - Avevo le mie buone ragioni. La nonna si appoggiò alla spalliera della poltrona e Rossella ebbe improvvisamente l'impressione che fosse stanca e incredibilmente vecchia. Le piccole mani che stringevano il ventaglio, erano gialle e ceree come quelle di un morto. La collera svaní dal cuore della giovane, la quale si curvò in avanti e prese fra le sue una di quelle mani. - Siete una cara, vecchia bugiarda - disse. - Tutte queste storie le avete dette unicamente per, distogliermi dal pensiero del babbo, non è vero? - Non fare la sciocca! - esclamò burberamente la vecchia signora ritraendo la mano. - In parte è stato per questo, in parte perché ti ho detto la verità; e tu sei troppo stupida per capirlo. Ma sorrise un poco, sicché il cuore di Rossella si vuotò di ogni pensiero di collera. - Grazie lo stesso. Siete stata molto buona a parlare con me... e sono contenta che siate d'accordo meco per il matrimonio di Will con Súsele, anche se... molta altra gente lo disapprova. La signora Tarleton rientrò nel vestibolo portando due bicchieri di siero. Non era molto abile nelle faccende domestiche, quindi i bicchieri traboccavano. - Sono andata fino alla capanna del burro per prenderlo - disse. - Bevetelo subito, perché stanno tornando dalla sepoltura. Ma davvero, Rossella, permetti che Súsele sposi Will? Magari è anche troppo buono per lei; ma è un campagnolo e... Gli occhi di Rossella incontrarono quelli della nonna. In questi era una scintilla di malizia in risposta al suo sguardo.
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