Dal primo ardente incontrarsi di quattro occhi amorosi all'ultimo languido abbassar delle palpebre, fra le mille vicende di una sconfitta attesa e desiderata e di una agognata vittoria, il pudore accompagna i due amanti come un angelo, che li segue e li difende, facendo prudentemente da economo e da cassiere a due spensierati, che darebbero fondo in un giorno alle ricchezze di Creso. Egli non si ritira che quando con la sua economia ha potuto concedere la prodigalità di un momento, e il velo del pudore che arde manda un profumo soave che armonizza con tutti gli altri piaceri di quei beati momenti. La natura voleva far brillare un ultimo raggio di poesia sopra un atto meccanico e di necessaria volgarità, e vi riusciva col delicato sacrifizio che la verecondia fa all'amore. Ogni volta che il pudore è sodisfatto nei suoi bisogni, l'uomo prova un piacere che si esprime con un senso di raccoglimento, e che rassomiglia alle gioie che noi proviamo nel riscaldarci a una temperatura tiepida quando si rabbrividisce ancora pel freddo. Nessuno può, senza commuoversi, immaginare il piacere che prova una vergine quando, uscendo dal bagno, si precipita nel lenzuolo in cui si avvolge, rannicchiandosi in se stessa e guardando attorno con aria smarrita e tremebonda. Chi ha veduto la Venere di Canova che esce dal bagno, deve fremere di pudica voluttà al solo richiamarsela alla mente. I piaceri del pudore si esprimono anche col riso, specialmente quando la paura di essere sorpresi in uno stato di nudità indecente scompare ad un tratto. Queste gioie squisite son riservate in tutta la loro purezza al sesso gentile, del quale formano un ornamento prezioso. È con orrore che si vede la donna prostituire il proprio pudore alle libidini più sfacciate. Anche quando questo sentimento arriva ad una suscettibilità morbosa, non può mai dispiacere, perchè è quasi sicura caparra degli affetti più delicati e gentili. La donna che per prima osa fissare gli occhi in faccia all'uomo, o che non arrossisce nel sentire stringersi a lungo la mano da un giovane, mi fa pensare subito ch'essa possa essere un fiore senza profumo. Il sentimento del pudore in tutta la sua perfezione si associa ad alcuni elementi intellettuali, e si compiace non solo della verecondia del corpo, ma anche delle idee, delle immagini e di tutti gli oggetti fisici e morali decenti. Il suo sviluppo è sempre in ragione del progresso civile dei popoli. Ad accennare l'immenso campo che abbraccia questa questione diremo soltanto che tra gli indigeni di Otahiti, che sacrificavano senza scrupoli al dio d'amore innanzi a tutti, e l'Inglese che ha vergogna di nominare il ventre e le mutande, stanno le donne di Musgo, nell'Africa centrale, le quali rifuggono con orrore dall'idea di abbandonare per un sol momento il frac, che copre la parte che sia fra il dorso e le cosce, e lasciano scoperto tutto il resto del corpo agli sguardi dei profani. Così rimangono abbozzati i confini indeterminati di uno dei sentimenti più misteriosi, ch'io definirei volentieri rispetto fisico di noi stessi.
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Ella però non si dimentica mai un solo istante, e nell'inoltrarsi incerta verso la sedia che a gara le presentano i suoi corteggiatori, studia il muover dei piedi e le molli oscillazioni dei fianchi; e negli sguardi che arrischia rammenta i moti imparati allo specchio, dal timido abbassar delle palpebre al formidabile balenare degli occhi in tutta in loro passione. Se involontariamente i suoi occhi si soffermano per qualche istante più del bisogno sopra qualcuno, ripara subito l'errore del cuore, portandoli sopra gli altri che stanno, attendendo la vita e la luce dalle sue pupille, e con un solo muover di ciglio pare che li compensi della involontaria e crudele dimenticanza. Altre volte, dov'ella vuol lasciare più profonda ferita, finge l'indifferenza o lo sprezzo; e alternando le lunghe assenze de' suoi occhi sospirati cogli sguardi più ardenti e più burrascosi, si compiace di far palpitare di gioia o impallidir di tristezza la vittima che pende da un suo cenno. E chi potrà mai svelare tutti i misteri della politica più machiavellica, che nasconde le sue arti tenebrose nei gabinetti delle belle signore? Se mai voi avete sott'occhio una donna accusata di vanità, e che desiderate assolvere, sia essa pure vestita in abito dimesso e apparentemente disordinato, guardatela bene da capo a piedi, perchè non un capello è disposto a caso, non una piega del vestito è spontanea. La ciocca che le sfugge dalla treccia è stata messa a suo luogo da una mano intelligente ed artistica; il bottone dell'abito, che sembra a caso scappato dal suo occhiello, è stato slacciato ad arte onde lo sguardo, penetrando per quella piccola fessura, possa più facilmente intravvedere i tesori nascosti, e forse a lungo si è studiato per decidere quale dei bottoni dovesse rimanere dimenticato. Infine, ricordatevi bene che una donna vana, quand'anche costretta a vivere sola in eterno, si farebbe bella per se stessa, e morente cercherebbe forse ancora di atteggiarsi in modo seducente e dignitoso.
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Quel tuo improvviso arrossire e impallidire, quel tuo abbassar gli occhi, quel tuo rincincignare la carta che hai nelle mani, quel tormentarti la catena dell'orologio, quel balbettare un"no" quando devi dire un"si"e viceversa, quell'augurare"buona sera"in piena mattina e"buon giorno"sotto un cielo stellato, tutto il tuo contegno quando ti trovi fra gente estranea, o appena un po' fuori della tua usata intimità, mi dà l'impressione d'un vero malessere fisico. T'occorre una matassina di seta, e nel negozio ove tu sei solita a comprare non la trovi? Non osi entrar in un altro e disturbare per così poco. Sei invitata a partecipare a un'opera buona? Il cuore ti dice"corri", ma ti trattiene il pensiero di trovarti fra persone che non conosci e con le quali ignori come trattare. Sai perfettamente la lezione? il viso severo del professore, che so? quegli occhiali che dànno una certa durezza al suo sguardo, ti fan confondere le idee:tu chini la testa, pronunzi qualche monosillabo, balbuziando perfino, e poi ti fermi, in mezzo al silenzio stupito delle tue compagne. Devi fare due volte di séguito la stessa strada per esserti dimenticata qualche cosa? Svolti la prima cantonata e ti attardi in un lungo giro, affannandoti magari, per ritornare al negozio che t'era lontano pochi passi. Giuliana mia, quanti ostacoli ti prepari per l'avvenire, se non modifichi a tempo il tuo carattere! Non credere che ti possa convertire soltanto l'età; tu devi aiutare l'opera sua, tentare con ogni sforzo di superare la tua timidezza. E come? Entra in un negozio pieno di gente anche senza necessità, per una cosa da nulla; incàricati tu di chiedere a un estraneo un piacere per un'altra persona; pensa, quando parli a superiori, ch'essi potrebbero giudicarti una giuccherella o, peggio, una gattamorta; e infine, se proprio la tua timidezza dipende da eccessiva modestia, da troppo scarso sentire di te, da sfiducia nelle tue forze, allora cerca di metterti al tuo vero posto verso te stessa, riconosci i doni che t'ha dati natura, non crederti orribile mentre sei graziosa, non scipita se hai una certa intelligenza, non goffa se invece la tua personcina è svelta e ben fatta. Non bisogna però esagerare nella compiacenza del giudizio di noi stessi. Guai! Allora ci capiterebbe qualche disillusione. Io conosco una certa signorina, la quale si mostra timida, restia a farsi vedere, impacciata ne' modi, incerta nel discorso, proprio come te. Ma il suo contegno non ha le stesse cagioni del tuo:la sua modestia assomiglia alla tua come una perla falsa a una vera. Lei si crede intelligentissima e dubita di non mostrarlo abbastanza; s'attribuisce una bellezza meravigliosa e teme di velarla; ha la velleità di voter possedere una pronunzia infallibile, e ha soprattutto la sicurezza d'essere proprio lei il centro dell'universale attenzione. Pròvati, Giuliana mia, a cominciare un discorso fra molte persone, così alla buona, come parleresti in famiglia, e poi, a un tratto, immàginati che tutti stieno ad ascoltare te sola, che guàrdino te, che osservino la tua pronunzia, i tuoi gesti. Patatrac! Non saprai più azzeccarne una buona:le mani ti peseranno sulle ginocchia come un impaccio qualunque, ti si farà una confusione nella mente, e le parole ti s'appallottoleranno in una maniera pietosa. Questo avviene a quella signorina ch'io conosco, la quale ha pure la smania d'umiliarsi per essere esaltata. "Sono così sciocca! . . . vorrei esser bella, ma purtroppo. . . ". Ma una volta gliene capitò una carina davvero. Un signore, serio e schietto, a cui certe ipocrisie accartocciavano i nervi e quel fare melenso faceva venire il latte a' ginocchi, al sentirsi dire, con una voce smorente fra un pallore e un arrossamento repentini: - "Lei sa parlare così bene! Chi sa che cosa dirà di me, che non so spiccicar due parole come si deve! " - non potè trattenersi, e le spifferò il suo"te la do io! "lasciando scivolare tranquillamente la risposta: - Non è mica necessario essere degli oratori! Del resto lei è una donna, e certe deficienze può compensare con altre intime virtù che non appaiono a prima vista. Le ci voleva! La falsa modestia della signorina le suggerì di riparare alla sua sconfitta, dando una solenne smentita; ma le parole che le vennero sulle labbra uscirono con un gorgoglio di rabbia e di rancore, e sembrarono cincischii d'un balbuziente. Così a te, Giuliana, come a quella tal signorina, io vorrei insegnare un segreto efficacissimo a darci quella sicurezza spontanea ch'è di grande aiuto nelle nostre azioni e ne' nostri discorsi. Non ricordatevi troppo di voi, nè per pensare bene, nè per giudicarvi male; fate come l'ondina del mare, che si perde nell'infinita massa acquea, e talvolta trae dai raggi più vivo luccichìo e tal altra lo cede alla compagna vicina, e ora si solleva e ora ricade giù perchè un'altra la superi, e non s'illude che il sole debba illuminare lei sola o che sempre a lei tocchi d'innalzarsi su tutte. Perchè i vostri occhi sono sempre fissi su di voi, credete che tutti gli altri occhi debbano prendervi di bersaglio ma se cesserete di guardarvi con tanta compiacenza, vi libererete nello stesso tempo da quella stolta illusione che grava su di voi come un incubo e, con la semplicità spontanea, ritroverete la franchezza delle azioni, impacciata prima dalla mania di scambiare per giudice ogni vostro simile. Ma non vorrei che le mie fanciulle mi fraintendessero. Io son del parere che uno zinzino di timidezza nella donna, e specialmente nella donna ancora in boccio, non disdica affatto; anzi direi che una donna, senza quel certo granello di peritanza, è come un uomo senza forza, come un bimbo senza purezza. Il pronto affluire del sangue alle guance d'una fanciulla sorpresa nella sua ingenuità è naturale come lo scatto violento d'un uomo offeso nell'onore d'una cara persona. E io, mentre tento di riscuotere quelle di voi, fanciulle, che troppo si lasciano vincere dalla loro timidezza ammiro le altre che la limitano a un gentile riserbo, a un freno puramente fisico dell'animo ancora inesperto, ma consapavole di se stesso e della propria inferiorità di fronte ad altri, a una delicata titubanza, ch'è d'aiuto nel vigilare i propri atti e nel fortificare il proprio animo contro le cattive tendenze. Questo sia, o Giuliana, il tuo pudore; ma non eccessivo a tal punto da divenire dannoso.
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Non potendo rialzar sé, forza è che cerchino di abbassar gli altri (Pensieri ed esempi)».
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Ma poi, all' abbassar del giorno, quando l' una e l' altra ebbero finito di ripetere le usate scuse che si van cercando per ingannar l'angustia dell'aspettare, allora, con quel senso di tristezza che desta il veder farsi sera, cresce in loro il dubbio e l' inquietudine: e taciturne entrambe, si pongono a sedere presso una delle finestre che dà sul cortile, s' interrogano a vicenda con gli occhi, guardano ogni momento verso il cancello del palazzo, in attenzione curiosa, d' ognuno ch' entri o passi. Da quella finestra vedevasi, per il vano del portone, lungo tratto della frequentata corsia. Si fece notte, le campane delle chiese erano già silenziose per tutta la città, e le donne aspettavano ancora. In ogni passeggiero che attraversasse quel breve spazio, pareva loro di riconoscere il prete; ma nessuno mai s' arrestava, nessuno svoltava in quella porta. Maria ben voleva persuadersi che nulla ci fosse di più naturale di quell' assenza, ma invano; un interno timore la vinceva, andava immaginando qualche cosa di funesto; un pericolo, un tradimento, una sciagura improvvisa; e già, come una spina, le stava fitta in cuore l' angustia che il suo Carlo non avesse a ritornare mai più! La vedova, indispettita alla fine di quel lungo tedio, cominciò a sfogarsi, a brontolare fra sè e sè: « Vedete mo,
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