e lo confondono fino alle lagrime; se avete un abito nuovo, ve lo criticano e vi dicono costa troppo, o troppo poco, o il taglio va male, ed è lungo, è corto, voleva così e così; se avete un piacere noto a tutti, di cui tutti parlano e si rallegrano e vi fanno felicitazioni, essi tacciono, dissimulano, portano via il discorso, fanno gli scordati, i noncuranti, gli indifferenti; e se avete un affanno, prendono gusto a ricordarlo a tutti e a voi stessi, compassionando, incoraggiando, mostrando un'aria di pietà e di protezione che vi offende: parlano del vostro nemico con ammirazione, del vostro amico con dispregio, di voi abbassandovi, di sè gloriandosi, del mondo come se essi soli avessero il diritto di starci, delle persone di casa loro come se facessero testo; e in presenza di altri si raccontano tra di loro dei fatti intimi di un tale che conoscono essi soli e che evidentemente si erano raccontati le mille volte, e che non dovevano ad ogni modo venirsi a raccontare in casa vostra. Se li fate entrare durante il pranzo, tanto per non farli impermalire, toccano la vostra tovaglia, il pane, le vivande; e pare proprio scelgano quell'ora per farvi visita, senza pensare che taluni sono ghiotti, taluni parchi, taluni prodighi, taluni avari e che non vogliono far sapere i loro gusti ad alcuno. Talvolta questi messeri appartengono alla specie pericolosa dei gloriosi; che battono nella tasca, mostrano il portamonete, si vantano dei loro possedimenti, dei loro avi, dei loro parenti ed affini, della confidenza che godono con grandi personaggi, del potere che esercitano sui dicasteri, e vi ripetono le spiritosità che hanno detto nella tale e tal'altra occasione, esigendo da voi l'applauso, il riso, il rallegramento. Talvolta ancora vi domandano un prestito, un piacere, un libro, la macchina da cucire, il vostro abito per cavarne il modello, il vostro merletto per cavarne il disegno; e infine vi molestano con quella specie di ricatto, che è il forzar la mano alla vostra cortesia, profittando della loro sfacciataggine contro la vostra buona educazione. Se il servo sbaglia, non la finiscono più di garrire in presenza dell'ospite; se voi senza volere avete fatto cosa che a loro spiaccia, non cessano di ritornare sul punto; se si sono dimenticati un nome o una data, stanno lì a cercarla, troncando la conversazione con degli aiutatemi a dirlo, con interminabili esclamazioni e insistenze, stringendo gli occhi e picchiandosi la fronte. Se voi conoscete un personaggio, vogliono essere presentati; se partite per un viaggio, vi caricano di commissioni e perfino vi dànno delle lettere da recapitare. In questo caso non si può biasimare un uomo di spirito, il quale offrì a uno di questi signori tre soldi per comperarsi il francobollo. Vi presentano talvolta un loro amico senza chiedervene licenza; e a farlo apposta ve lo presentano in quella stessa sera che avete un nucleo di invitati; e subito mettono bocca nei discorsi, stonatamente, senza misura e senza freno. Qualche volta si spingono ad atti anche più incivili; si ripuliranno i denti o le unghie; o si strofineranno le orecchie o si asciugheranno il sudore col fazzoletto in vostra presenza; si stenderanno nella vostra poltrona brancicando la spalliera o i bracciali; gireranno le loro dita l'uno intorno all'altro: faranno uno sbadiglio cavernoso... che fa sbadigliare solo a pensarci; o parleranno sempre, sempre, sempre, di cose insignificanti o per voi o per essi, ripetendosi e intercalando lunghe parentesi inutili; poi fischieranno tra i denti o canterelleranno cose da far ammalare d'itterizia un frate gaudente. Guai a voi se per disgrazia appartengono a qualche associazione benefica e pia! Non finiranno mai di spingervi sulla via della virtù e della carità; e all'epoca dei concerti e delle fiere di beneficenza, vi seppelliranno sotto una valanga di biglietti, di inviti, di partecipazioni, per cui ci vuole un coraggio da eroe a sottrarsi. Nel medio evo usava il trombone: uno si metteva dietro la siepe e diceva: o la borsa o la vita. Ma c'era un modo di schermirsi: se uno non si esponeva in strade fuor di mano o in luoghi solitarii, poteva entrare in casa ancora tutto intiero. Ora succede il contrario, e specialmente le signore si rendono colpevoli di tali e tante aggressioni a mano non armata, che si possono iscrivere nei registri dei ricattatori in guanti bianchi. È vero che hanno l'attenuante della carità, ma la carità si può praticare tanto diversamente, che sarebbe una cosa molto lodevole di darne delle lezioni in iscuola. Ciò sarebbe più utile di molte altre scienze. Il modo di praticare la carità sarebbe uno studio complessivo dei costumi e dei sentimenti: esso renderebbe più soave il cuore e più illuminato l'intelletto: esso servirebbe altresì a moderare impeti che sembrano generosi e in gran parte anche lo sono, ma hanno anche una certa dose di vanità e di egoismo, che lungi dal movere la gratitudine nei cuori dei beneficati, rendono più acre l'asprezza, più cocente l'invidia. Tutte queste cose ed altre consimili costituiscono il segreto di rendersi insopportabili alle persone per bene: sarà quindi necessario di fare uno scrupoloso esame di coscienza per evitare a noi la colpa e il rossore di averle commesse, agli altri il dispiacere di doverci tollerare o il disgusto di dover chiudere la porta davanti a coloro, che non sanno nè comprendere il loro ambiente morale, nè stare attenti a conformare le loro azioni ai dettami della civiltà e della buona educazione.
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