Più tardi, in società, le era occorso di fissare a preferenza gli occhi in certi dati occhi, di ballare volontieri con un giovane piuttosto che con un altro; ma siccome ella non poteva andare incontro a questi sprazzi d'amore, nè sollecitarli, nè abbandonarvisi, erano passati otto anni, vuoti in apparenza e freddi. Qualunque fossero stati i sogni, i desideri, le speranze, l'attesa degli otto anni trascorsi, tutt doveva ora avere compimento. Nella pienezza del suo sviluppo di donna, l'anima, i sensi, il pensiero chiedevano la loro parte a Marta, che ripeteva trepidando: dopo! dopo! L'altare, il municipio, la mamma che piangeva, la partenza dalla casa paterna, ella vide tutto ciò ravvolto in una nube; una delle tante nubi che avvicendandosi, sciogliendosi, riunendosi di nuovo sotto forme ed aspetti differenti, le toglievano la percezione del vero, di quell'unico punto essenziale dove ella figgeva gli occhi e che le veniva sempre conteso. Non era mai stata sola con Alberto; quando si trovavano insieme avevano una quantità di discorsi già preparati; il tappezziere, la sarta, l'orefice, gli inviti, l'orario del viaggio. Alberto correva avanti e indietro, affaccendato, con un fascio di carte da controllare, da firmare; sempre sereno ed ilare. È un angelo di bontà! esclamava la mamma. Marta Io guardava intensamente, fino in fondo agli occhi, sì ch'egli diceva ridendo: Eh! mi vuoi magnetizzare! Finiranno questi trambusti, pensava Marta; egli sarà mio, tutto mio; ancora due giorni, un giorno, un'ora....
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