Avrebbe potuto lasciarli ad Atlanta, mettendo Melania in ospedale e abbandonandola. Ma se l'avesse fatto, non avrebbe mai piú potuto guardare in faccia a Ashley, in questo mondo o, nell'altro. Oh Ashley! Dove era stasera mentre lei si affannava per quella strada infestata dagli spiriti, portando seco sua moglie e il suo bambino? Era vivo e pensava a lei, o era morto di vaiolo già da qualche mese, assieme a centinaia di altri confederati? I nervi tesi di Rossella la fecero sobbalzare a un rumore improvviso che venne dal sottobosco. Prissy urlò e si gettò sul fondo del carretto, quasi schiacciando il bambino. Melania si agitò debolmente e le sue mani cercarono il bimbo, mentre Wade si copriva gli occhi, troppo spaventato per piangere. Quindi i cespugli scricchiolarono sotto un pesante calpestio e alle loro orecchie giunse un cupo muggito. - Non è che una mucca - disse Rossella ancora sgomenta. - Non fare la stupida, Prissy. Hai schiacciato il bambino e spaventato miss Melly e Wade. - È uno spettro - lamentò Prissy nascondendosi il viso. Rossella si volse risoluta, sollevando il ramo d'albero che adoperava come frusta, e percosse con quello il dorso di Prissy. - Stai su, stupida, altrimenti te lo rompo addosso. Prissy alzò la testa lamentandosi, e guardando al di sopra del lato del carretto, vide che era proprio una mucca a chiazze rosse e bianche, che le guardava con grandi occhi spauriti, e che aperse ancora la bocca in un basso muggito lamentoso. - È ferita? Non mi sembra un muggito normale. - Io credere che avere pieno di latte e bisogno di essere munta. - disse Prissy riacquistando un po' di coraggio. - Essere certo mucca di Mist' Maclntosh che negri avere portato nei boschi e yankees non avere rubato. - La portiamo con noi - decise Rossella vivamente. - Cosí avremo un po' di latte per il bimbo. - Come potere portare una mucca con noi, Miss Rossella? Non potere. Mucche non camminare se non essere state munte. Mammelle ciondolare e pesare. Per questo lei lamentarsi. - Giacché ne capisci tanto, levati la sottoveste e con quella legala al carretto. - Miss Rossella, tu sapere che io non avere sottoveste da un mese e se io avere non sprecare per quella. E io non sapere trattare mucche. Io avere paura. Rossella posò le redini e si sollevò la gonna. La sottoveste ornata di merletto era l'ultimo indumento elegante e intatto che le rimaneva. Sciolse il nastro della cintura e lasciò cadere la sottana a terra. La raccolse risolutamente, ne prese un lembo fra i denti e tirò finché la tela cedette. Tirò furiosamente, lacerò con ambo le mani e dopo poco la sottana era ridotta a strisce. Le annodò con le dita tremanti e insanguinate, tutte vesciche. - Passagliela sopra le corna - ordinò a Prissy. Ma questa si ritrasse. - Io avere paura di mucche. Avere mai avuto da fare con loro. Io non essere negra contadina, essere negra domestica. - Tu sei negra idiota, e la peggior cosa che ha fatto mio padre è stato il giorno in cui ti ha comprato - rispose Rossella lentamente, troppo stanca per adirarsi. Prissy roteò gli occhi guardando prima la sua padrona e poi la mucca che muggiva lamentosamente. Fra le due, Rossella sembrava la meno pericolosa; perciò Prissy rimase dov'era, aggrappandosi al fianco del carretto. Rossella scese faticosamente dal sedile: ogni movimento era un tormento per i suoi muscoli indolenziti. Prissy non era la sola ad aver paura delle mucche. Anche Rossella le aveva sempre temute: ma ora non vi era tempo per queste piccole paure quando ve ne erano tante altre piú gravi. Fortunatamente la mucca era remissiva. Nella sua sofferenza aveva cercato aiuto presso gli esseri umani, e quindi non fece alcun movimento minaccioso quando Rossella le gettò attorno alle corna il nodo scorsoio fatto con la striscia di tela. Legò l'altra estremità al carretto il piú saldamente che poté. Mentre si avviava per tornare al sedile, si sentí prendere da capogiro e si afferrò al bordo del carretto per non cadere. Melania aperse gli occhi e vedendo Rossella mormorò: - Cara... siamo a casa? A casa! Lagrime ardenti riempirono gli occhi di Rossella. La casa. Melania non sapeva che non vi era piú casa e che erano sole in un mondo pazzo e desolato. - Non ancora - disse tanto dolcemente quanto la sua gola contratta glielo permise. - Ma vi saremo tra poco. Ho trovato una mucca, cosí avremo un po' di latte per te e il piccino. - Povero piccino - mormorò Melania, cercando di agitare la mano verso il piccolo, ma lasciandola subito ricadere. Rossella dovette ricorrere a tutta la forza che le rimaneva per arrampicarsi sul carretto. Quando vi fu riuscita raccolse le redini, ma il cavallo con la testa china fino a terra rifiutò di muoversi. Rossella usò la frusta senza pietà, sperando che Dio le perdonasse la sua crudeltà verso un animale stanco. Infine si avviò lentamente; il carretto scricchiolava e la mucca gemeva lugubremente ad ogni passo. La voce di quell'animale urtava talmente i nervi a Rossella che ella fu tentata di fermarsi per scioglierla. A che le servirebbe se a Tara non vi era nessuno? Ella era incapace di mungerla; se anche avesse saputo farlo, certo la bestia avrebbe calciato contro chiunque le toccasse i capezzoli indolenziti. Ma giacché l'aveva, tant'era tenerla. I suoi occhi si velarono quando finalmente giunsero ai piedi della collinetta, sulla cui sommità era la piantagione di Tara. Quell'animale decrepito non riuscirebbe mai ad arrampicarsi. Il pendio le era sempre sembrato cosí dolce, quando ella cavalcava la sua veloce giumenta. Possibile che fosse diventato cosí ripido? Il cavallo non potrebbe mai salire, gravato da tanto peso. Discese faticosamente e lo prese per la briglia. - Scendi, Prissy - ordinò - e prendi Wade. Portalo in braccio, oppure fallo camminare. Metti il bimbo accanto a miss Melania. Wade ruppe in singhiozzi e lamenti fra i quali Rossella distingueva: - Buio... buio... Wade ha paúla! - Miss Rossella, io non poter camminare. Avere piedi con vesciche e scarpe rotte... e Wade essere tanto pesante... - Scendi subito! Altrimenti ti tiro giú io! E ti lascio qui sola, nell'oscurità! Svelta! Prissy nicchiò, guardò gli alberi cupi ai due lati della strada - alberi che potevano avanzarsi ad afferrarla se lasciava il riparo del carretto. Ma depose il bimbo accanto a Melania, scese e prese in braccio Wade. Questi singhiozzò abbracciando stretta la sua bambinaia. - Fallo tacere. Non posso sopportarlo - disse Rossella prendendo il cavallo per la briglia e tirandolo per farlo muovere. - Sii un omino coraggioso, Wade, e finiscila di piangere se non vuoi essere sculacciato. «Perché Dio aveva inventato i bambini?» pensò ferocemente nel momento in cui si storceva una caviglia. «Una vera calamità: inutili, sempre fra i piedi, sempre a piagnucolare, sempre bisognosi di cure!» - Miss Rossella - bisbigliò Prissy afferrandola per il braccio - non andare a Tara. Non esserci nessuno. Essere tutti andati via. Forse morti, tutti quanti. L'eco dei propri pensieri irritò Rossella che si svincolò dalle dita che la stringevano convulsamente. - Allora dammi la mano di Wade. Tu puoi rimanere qui. - No, badrona! No! - E allora, taci! Come camminava adagio il cavallo! Sulla mano sentiva gocciolare la bava della povera bestia; e la sua mente ripeteva fino all'ossessione poche parole di una canzone che cantava, una volta con Rhett; non ricordava il seguito: «Ancora pochi giorni per portare il pesante fardello...» «Ancora un passo... - ripeteva il suo cervello stanco - ancora un passo... per portare il pesante fardello...» Finalmente raggiunsero la sommità: dinanzi a loro erano le querce di Tara, una massa cupa contro il cielo buio. Nessuna luce. - Se ne sono andati! - E improvvisamente il cuore le pesò come se fosse diventato di piombo. Volse il capo del cavallo verso l'imboccatura del viale; i cedri unendo i loro rami in alto immersero il gruppo lamentevole in una completa oscurità. Aguzzando gli occhi, sembrò a Rossella di distinguere - o era allucinazione? - vagamente la forma della casa. La sua casa, la sua casa! I cari muri bianchi, le finestre con le tendine leggere, le larghe verande... tutto ciò era veramente dinanzi a lei? O le tenebre nascondevano pietosamente orrori come quelli della casa dei MacIntosh? Il viale sembrò interminabile; il cavallo inciampava ad ogni passo. Ansiosamente gli occhi di Rossella scrutavano nel buio. Il tetto sembrava intatto. Era possibile? Possibile? No, non poteva essere. La guerra non si fermava dinanzi a nulla; neanche dinanzi a Tara, costruita per durare cinquecento anni. La massa incerta cominciò a prender forma. Rossella trascinò il cavallo piú in fretta. I muri bianchi si vedevano ora distintamente; e non erano neanche anneriti dal fumo. Tara era salva! La sua casa! Lasciò cadere le briglie e corse in avanti, con folle desiderio di stringere fra le braccia quelle mura. E vide una forma, un'ombra, emergere dall'oscurità del porticato, in cima alla breve gradinata. Tara non era dunque abbandonata! C'era qualcuno in casa! Un grido di gioia le salí alla gola, ma rimase soffocato. La casa era buia e silenziosa, eppure la figura non si muoveva. Che cosa era successo? Ma ecco: l'ombra si era mossa; scendeva lentamente i gradini. - Babbo? - mormorò Rossella, rauca, quasi dubitando che fosse lui. - Sono io... Caterina Rossella. Sono tornata. Geraldo avanzò verso di lei, come un sonnambulo, trascinando la gamba rigida. Le giunse accanto, la fissò stranamente come se credesse che fosse un sogno. Poi le posò una mano sulla spalla. Rossella lo sentí tremare, come se fosse stato svegliato da un incubo e non avesse ancora il senso completo della realtà. - Figlia... - mormorò con sforzo - Figlia mia. Poi tacque. «È un vecchio!» pensò Rossella. Geraldo aveva le spalle curve. Nel volto, che ella scorgeva confusamente, non era piú nulla della vitalità che ricordava in suo padre, e i suoi occhi avevano quasi l'espressione sgomenta di quelli del piccolo Wade. Era un piccolo vecchio accasciato. Lo spavento di mille cose ignorate la afferrò; ed ella rimase a fissarlo, con un fiume di domande che le urgevano in gola e non riuscivano a formularsi. Dal carretto giunse di nuovo il vagito lieve e Geraldo si volse con sforzo. È Melania col suo bimbo - sussurrò Rossella rapidamente. - Sta molto male. L'ho portata a casa. Geraldo lasciò cadere la mano che le teneva sul braccio e cercò di raddrizzare le spalle mentre si dirigeva a passi lenti verso il carretto. Era lo spettro dell'antico padrone di casa che si recava a dare il benvenuto agli ospiti. - Cugina Melania! La voce di Melania mormorò indistintamente. - Cugina Melania, questa è casa vostra. Le Dodici Querce sono state bruciate. Dovete stare con noi. Il pensiero della prolungata sofferenza di Melania spinse Rossella all'azione, insieme alla necessità di mettere lei e il suo piccino in un letto morbido, e di fare per lei ciò che si poteva. - Bisogna portarla. Non può camminare. Si udí un fruscío di piedi e dal porticato emerse una figura scura. Pork scese i gradini di corsa. - Miss Rossella! Miss Rossella! - gridò. Rossella gli afferrò le braccia. Pork, parte di Tara, caro quanto le sue pietre e i freschi corridoi! Sentí le lagrime di lui scorrerle sulle mani, mentre egli l'accarezzava goffamente esclamando: - Tanto contento tu essere tornata! Tanto... Prissy era scoppiata in lagrime e balbettava parole incoerenti: - Pork! Pork! Caro! - E il piccolo Wade, incoraggiato dalla debolezza dei grandi, cominciò a piagnucolare: - Wade ha sete! Rossella prese la direzione. - Miss Melania è nel carretto col suo bambino. Devi prenderla in braccio, Pork, e portarla di sopra, nella stanza degli ospiti in fondo al corridoio. Prissy, porta dentro il piccolo e Wade, e dài a Wade un sorso d'acqua. C'è Mammy? Dille che ho bisogno di lei, Pork. Galvanizzato dall'autorità di quella voce, Pork si avvicinò al carretto. Un gemito uscí dalle labbra di Melania quando egli la sollevò dal materassino di piume su cui giaceva da tante ore. E poi fu nelle forti braccia di Pork, con la testa sulla sua spalla. Prissy, col bimbo in braccio e tenendo Wade per mano, lo seguí e scomparve nelle tenebre del vestibolo. Le dita infiammate di Rossella cercarono la mano di suo padre. - Come stanno, babbo? - Le ragazze si stanno rimettendo. Nel silenzio che seguí, un'idea troppo mostruosa per essere detta in parole prese forma. No, ella non poteva costringere le sue labbra ad aprirsi. Inghiottí a piú riprese, ma la sua gola era arida come pergamena. Era dunque quello il significato dello spaventoso enigmatico silenzio di Tara? Come per rispondere al suo spirito, Geraldo parlò. - La mamma... - disse; e si fermò. - La mamma? - È... è morta ieri. Col braccio di suo padre stretto al suo, Rossella attraversò il grande vestibolo nel quale, malgrado l'oscurità, sapeva muoversi senza esitazione. Evitò le sedie ad alta spalliera, la vecchia credenza con le zampe sporgenti, la rastrelliera vuota, e si sentí portata dall'istinto allo studietto dove Elena sedeva sempre riordinando la sua interminabile contabilità. Certo la troverebbe dinanzi alla scrivania; e la vedrebbe alzarsi in un fruscio di gonne che sapevano di verbena, per andare incontro alla figlia cosí stanca, ed esausta. Elena non poteva essere morta, benché il babbo avesse detto e ripetuto, come un pappagallo che sa una sola frase: - È morta ieri... è morta ieri... è morta ieri. Strano: non sentiva altro, ora, che una stanchezza che le inceppava le membra come catene di ferro e una fame che le faceva tremare le ginocchia. Alla mamma penserebbe piú tardi. Doveva allontanarla dalla sua mente in questo momento, altrimenti si metterebbe a balbettare stupidamente come Geraldo o a singhiozzare come Wade. Pork ridiscese frettolosamente le scale, ansioso di avvicinarsi a Rossella come un animale che ha freddo si avvicina al fuoco. - Luce? - chiese Rossella. - Perché tutta la casa è cosí buia, Pork? Porta delle candele. - Loro avere preso tutte le candele, miss Rossella, meno una che adoperare per lavori piú fini ed essere quasi finita. Mammy adoperare stracci in un piatto di grasso di porco per potere curare miss Carolene e miss Súsele. - Porta quello che è rimasto della candela - ordinò. - Portala nello studio della... nello studio. Pork trotterellò verso la stanza da pranzo e Rossella penetrò nella stanzetta e si lasciò cadere sul divano. Il braccio di suo padre era ancora sotto al suo, aggrappato disperatamente, supplichevole, come possono esserlo soltanto le mani dei giovanissimi e dei vecchi. «È invecchiato e stanco» pensò di nuovo; e vagamente si stupí che non gliene importasse nulla. La luce penetrò nella stanza quando Pork entrò portando una candela consumata a metà in un piattino. L'ambiente si ravvivò: il vecchio divano logoro su cui sedeva, la grande scrivania con la fragile sedia intagliata dietro ad essa, gli scaffali ancora pieni di carte scritte dalla mamma, il tappeto consunto... tutto, tutto era come prima; soltanto Elena non vi era, Elena con la lieve fragranza di verbena e la dolce espressione dei suoi occhi dagli angoli tirati in basso. Rossella provò una leggera stretta al cuore, come se i nervi, lesi da una profonda ferita, cercassero di riprender vita. Ma non poteva lasciarli rivivere adesso: c'era davanti a lei tutto il resto della sua vita per soffrire! Non adesso, Dio, non adesso! Guardò Geraldo e per la prima volta in vita sua lo vide non raso, col viso non piú florido irto di setole grige. Pork collocò la candela nel candeliere e le venne accanto. Se fosse stato un cane, le avrebbe posato il muso in grembo, aspettando una carezza. - Pork, quanti negri ci sono? - Miss Rossella, quei mascalzoni negri essere scappati e alcuni essere andati con yankees e... - Quanti ne sono rimasti? - Rimasti io e Mammy. E poi Dilcey. Mammy aver curato signorine tutto giorno e Dilcey tutta notte. Noi tre, miss Rossella. «Noi tre», mentre erano cento. Rossella alzò la testa con sforzo; il collo le doleva. Bisognava che la voce non le tremasse! Ma, con sua sorpresa, parlò freddamente e naturalmente, come se non vi fosse mai stata la guerra ed ella avesse potuto, con un cenno, chiamare una decina di schiavi. - Pork, muoio di fame. C'è qualche cosa da mangiare? - No, miss. Loro avere portato via tutto. - E nell'orto? - Loro avere fatto camminare dentro cavalli che aver pestato tutto. - Anche le patate dolci? Qualche cosa come un sorriso si disegnò sulle grosse labbra del negro. - Miss Rossella, io avere dimenticato patate dolci. Credo che essere ancora. Yankees non conoscere queste e credere che essere radici inutili... - A momenti si leverà la luna. Andrai a scavarne un certo numero e le farai cuocere. Non c'è grano saraceno? Piselli secchi? Polli? - No, badrona. Niente. I polli che non aver potuto mangiare avere portato via legati a loro selle. Non vi era dunque cosa che non avessero fatto, coloro? Non bastava avere incendiato e ucciso? Avevano anche lasciato donne e bambini a morir di fame nei luoghi che avevano devastati? - Miss Rossella, io avere alcune mele che Mammy aver seppellito dietro alla casa. Oggi esserci nutriti con quelle. - Portale prima di andare a scavare le patate. E... Pork, mi sento tanto debole. C'è vino in cantina, magari di amarasche? - Oh, miss Rossella, in cantina essere andati per prima cosa! Una nausea fatta di fame, di esaurimento, di sbalordimento la assalí improvvisamente, ed ella si drizzò aggrappandosi alla scrivania. - Non c'è vino - ripeté con voce opaca, rivedendo le file di bottiglie nella cantina. Un ricordo le balenò. - E quel whisky di grano che babbo mise in un bariletto di quercia e che sotterrò ai piedi dell'albero di noce moscata? Un altro barlume di sorriso illuminò il viso nero. - Oh, miss Rossella, io non dimenticare quel bariletto. Ma whisky non essere buono. Essere lí sotto da quasi un anno e non essere buono per signorine! Com'erano stupidi i negri! Non avevano mai l'idea di nulla, se uno non glielo diceva. E gli yankees volevano liberarli! - Sarà buono per questa signorina e per babbo. Svelto, Pork, vai a dissotterrarlo e portaci due bicchieri, un po' di zucchero e qualche foglia di menta. - Non essere zucchero a Tara da un pezzo. E cavalli aver mangiato tutta la menta; e loro aver rotto tutti bicchieri. «Se dice "loro" ancora una volta, non potrò fare a meno di urlare!» pensò Rossella. Poi, disse: - Va bene; corri a prendere il whisky. Lo berremo puro. E... aspetta. Mi pare di dover pensare a tante cose... Ah, sí. Ho portato a casa un cavallo e una mucca. Questa ha bisogno di essere munta. E bisogna togliere i finimenti al cavallo e dargli da bere. Di' a Mammy di occuparsi della mucca. Che la metta in qualche posto. Il bimbo di Melania morirà se non gli si dà un po' di latte. - Miss Melania... non avere...? - Pork si interruppe per delicatezza. - No, non ha latte. - Dio mio, se la mamma la sentisse parlare cosí! - Allora, miss Rossella, mia Dilcey occuparsi del pupo di miss Melania. Mia Dilcey avere avuto anche lei bambino e avere abbastanza latte per due. - Tu hai un altro bimbo, Pork? Bambini, bambini, bambini. Perché Dio metteva al mondo tanti bambini? Ma no, non era Dio che li metteva al mondo: era la gente stupida. - Sí, badrona: grosso bambino nero. E... - Vai a dire a Dilcey che lasci per un poco le ragazze. Che si occupi del bimbo di miss Melania e faccia anche per miss Melania quello che occorre. Di' a Mammy che provveda per la mucca e metti nella stalla quel povero cavallo. - Non esservi stalla. Loro avere demolito per fare legna da ardere. - Non dirmi piú nulla di ciò che «loro» hanno fatto. Ripeti a Dilcey quello che ti ho detto. E poi vai a prendere il whisky e qualche patata. - Non potere scavare al buio. - Non puoi accendere un pezzo di legno e con la fiamma...? - Non avere legna. Loro... - Fai quello che ti pare. Arrangiati. Ma fai quello che ti ho ordinato e sbrígati. Pork si affrettò fuori della stanza e Rossella rimase sola con Geraldo. Gli accarezzò dolcemente una gamba; e notò che i muscoli saldi si erano afflosciati. Bisognava fare qualche cosa per toglierlo da quell'apatia... ma non poteva chiedergli della mamma. Piú tardi... - Perché non hanno incendiato Tara? Geraldo la fissò un momento come se non avesse compreso; e Rossella ripeté la domanda. - Perché... - mormorò - hanno fatto qui il loro quartier generale. - Gli yankees... in questa casa? Ebbe la sensazione che fosse stata compiuta una profanazione. Quelle mura, sacre perché vi aveva vissuto Elena... e coloro vi erano penetrati! - È stato cosí. Avevamo visto il fumo delle Dodici Querce prima che giungessero qui. Ma Lydia e Gioia si erano rifugiate a Macon, con alcuni schiavi, perciò non ce ne preoccupammo. Noi non ci potevamo muovere. Le ragazze stavano molto male... e la mamma... Non potevamo muoverci. I nostri negri fuggirono... non so dove. Rubarono i carri e i muli. Mammy, Dilcey e Pork... non sono fuggiti. Le ragazze... e la mamma... impossibile trasportarle. - Sí, sí. - Non doveva parlare della mamma. Qualunque altra cosa; magari dirle che il generale Sherman in persona aveva usato quella stanza, lo studio della mamma, per il suo quartier generale. Qualunque altra cosa. - Gli yankees marciavano su Jonesboro, per tagliare la ferrovia. E attraversarono il fiume... migliaia e migliaia... coi cannoni e i cavalli... a migliaia... ed io andai a riceverli sotto il porticato. «Valoroso piccolo Geraldo!» pensò Rossella sentendosi venir meno. Geraldo che andava a ricevere il nemico sui gradini di Tara, come se avesse dietro un esercito, anziché dinanzi. - Mi dissero di andar via, perché volevano incendiare la casa. Risposi che l'avrebbero bruciata con me dentro. Non potevamo partire... le ragazze... la mamma... - E allora? - Possibile che tornasse sempre a parlare di Elena? - Dissi che vi erano ammalati in casa; il tifo; e che farli muovere sarebbe stato ucciderli. Bruciassero pure il tetto sulle nostre teste. Non potevo partire... lasciare Tara... La sua voce si spense; egli guardò le pareti e Rossella comprese. Troppi antenati irlandesi erano morti combattendo sino alla fine, piuttosto che lasciare le case dove avevano vissuto, lavorato, amato, generato dei figliuoli. - Dissi che vi erano tre donne moribonde: bruciassero pure la casa con loro dentro. Il giovine ufficiale era... era un gentiluomo. - Uno yankee gentiluomo? Andiamo, via, babbo! - Un gentiluomo. Se ne andò al galoppo e tornò dopo poco con un capitano medico che visitò le ragazze... e la mamma. - Hai lasciato entrare in camera loro un maledetto yankee? - Aveva dell'oppio. Noi non ne avevamo. Salvò le tue sorelle. Súsele aveva un'emorragia. Era un brav'uomo. E quando andò a riferire che erano... ammalate... rinunciarono a incendiare la casa. Entrarono, il generale e il suo Stato Maggiore, e occuparono le stanze, meno quella delle ammalate. E i soldati... Si interruppe di nuovo, come se fosse troppo stanco per continuare. Il mento gli ricadde pesantemente sul petto, formando delle pieghe di carne floscia. Poi fece uno sforzo per parlare ancora. - Si accamparono intorno alla casa, dovunque, nel cotone, nel grano. I campi erano turchini delle loro uniformi. Quella notte vi furono mille fuochi di bivacco. Strappavano le barriere e le bruciavano per cucinarvi sopra il loro cibo; e cosí le tettoie e le stalle. Uccisero le mucche, i maiali, i polli... perfino i miei tacchini. - I preziosi tacchini di Geraldo. - Presero tutto; i quadri, le porcellane... - L'argenteria? - Non so che cosa ne hanno fatto Pork e Mammy; messa nel pozzo... non mi ricordo. - La voce di Geraldo era stizzosa. - E poi iniziarono la battaglia da qui... da Tara... Uno strepito infernale, gente che galoppava e calpestava tutto. E piú tardi, le cannonate a Jonesboro; sembravano tuoni... Anche le ragazze le sentivano, benché stessero tanto male... - E... la mamma? Ha saputo che c'erano gli yankees in casa? - Non ha mai saputo nulla. «Dio sia ringraziato!» pensò Rossella. Almeno, questo era stato risparmiato alla mamma. Non aveva saputo, non aveva udito il nemico nelle stanze, non aveva sentito i cannoni a Jonesboro, non aveva sofferto perché la terra cara al suo cuore era sotto ai piedi degli yankees. - Li ho visti poco perché stavo al piano di sopra con le ragazze e con la mamma. Ho visto piú di tutti il giovine medico. Era tanto buono, tanto! Dopo aver lavorato tutto il giorno intorno ai feriti, veniva a sedersi di sopra, con loro. Ha anche lasciato qualche medicina. Nel partire mi disse che le ragazze sarebbero guarite, ma la mamma... Era cosí fragile... troppo fragile per resistere a questo. Disse che aveva abusato delle sue forze... Nel silenzio che seguí, Rossella vide sua madre come doveva essere stata in quegli ultimi tempi; il sostegno di Tara, sempre pronta ad assistere, a lavorare, senza dormire e senza mangiare, perché gli altri potessero mangiare e dormire. - E poi, se ne sono andati. Tacque a lungo, poi cercò la mano di lei. - Sono contento che tu sia tornata. Dal porticato posteriore giunse uno scalpiccio. Il povero Pork, abituato da quarant'anni a pulirsi le scarpe prima di entrare in casa, non dimenticava di farlo neanche in questi momenti. Entrò, portando con precauzione due piccole borracce di zucca e con lui entrò un forte sentore di grappa. - Averne sprecato parecchio, miss Rossella. Essere difficile fare entrare grosso getto in piccola zucca. - Va bene, Pork; grazie. - Gli prese di mano la zucca sgocciolante, torcendo il naso per il disgusto di quell'odore forte. - Bevi, babbo - disse ponendogli in mano lo strano recipiente e prendendo dalle mani di Pork la seconda zucca, piena d'acqua. Geraldo, ubbidiente come un bambino, bevve rumorosamente. Ella gli porse l'acqua, ma Geraldo crollò il capo. Riprese la borraccia e se la portò alle labbra; e nel far questo vide che gli occhi di lui la seguivano, con una vaga espressione di disapprovazione. - So che le signore non bevono liquori - disse brevemente. - Ma oggi non sono una signora; e stasera c'è da lavorare, babbo. Sollevò il recipiente, trasse un profondo respiro e bevve. Il liquore le bruciò la gola e lo stomaco, soffocandola e facendola lagrimare. Trasse un altro respiro e sollevò di nuovo la zucchetta. - Caterina Rossella - fece Geraldo; e nella sua voce era la prima nota di autorità che ella avesse udito dopo il suo ritorno, - ora basta. Non sei abituata all'alcool e ti renderebbe brilla. - Brilla? - E rise di un riso cattivo. - Spero che mi ubbriachi addirittura. Mi piacerebbe ubbriacarmi e dimenticare tutto questo. Bevve ancora, sentendosi scorrere entro le vene un calore che giunse fino alla punta delle dita. Che piacevole sensazione, quel calore benefico! Le parve che penetrasse fino al suo cuore ghiacciato e le desse nuova forza. Vedendo il viso perplesso di Geraldo lo accarezzò di nuovo sforzandosi al sorriso che egli amava. - Come vuoi che mi ubriachi, babbo? Non sono tua figlia? Non ho ereditato la testa piú salda della Contea di Clayton? Anche Geraldo abbozzò quasi un sorriso. Il whisky stava risollevando anche lui. Rossella gli porse nuovamente la borraccia. - Bevi ancora un poco; poi ti porterò di sopra e ti metterò a letto. Fu stupita. Quello era il modo in cui parlava a Wade; non poteva parlare nella stessa maniera a suo padre! Era poco rispettoso. Ma egli pendeva dalle sue labbra. - Sí, ti metterò a letto - proseguí leggermente - e ti darò ancora da bere... forse tutta la borraccia; cosí dormirai. Hai bisogno di dormire; e qui ora c'è Caterina Rossella e non devi preoccuparti di nulla. Bevi. Egli bevve di nuovo, ubbidiente; quindi, passando il suo braccio sotto a quello di lui, ella lo fece alzare in piedi. - Pork... Pork s'impadroní della borraccia con una mano e del braccio di Geraldo con l'altra. Rossella prese la candela e tutti e tre si avviarono lentamente per il vestibolo e poi per le scale fino alla stanza di Geraldo.
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