Da lassù veniva un misto di muggiti, abbaiamenti, alti starnazzi di polli, alternati a pause silenziose. In una di quelle, come incastonata, si fece sentire lontanamente la strofa di una canzone di ragazza. Lucrezia la riconobbe col cuore, e con le labbra la riprese in sussurro. Era un canto che soleva fare con Bianca, la sorella maggiore, quando erano piccole: una di fronte all'altra, pronunciando alternamente le strofe: chi taceva toccava sul proprio corpo le parti indicate da chi cantava.
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Giacomo Tarleton, completamente trasformato da una barba cespugliosa, uscí dalla casa del sorvegliante per venire a salutarle; attorno a lui sciamarono le quattro ragazze coi capelli rossi, vestite di abiti rammendati, accompagnate dagli abbaiamenti di una dozzina di cani neri pezzati di marrone. In tutta la famiglia era un'aria di voluta e decisa allegria che fece scorrere il freddo nelle ossa di Rossella, piú che non avessero fatto l'amarezza di Mimosa e l'attesa della morte nella casa Calvert. I Tarleton insistettero perché le ragazze rimanessero a pranzo, dicendo che non vedevano mai nessuno ed erano desiderosi di notizie. Rossella non si sarebbe voluta trattenere, perché quell'atmosfera la opprimeva; ma Melania e le sue sorelle desiderarono prolungare la visita, e quindi tutt'e quattro rimasero a pranzo e mangiarono parcamente la carne secca e i piselli che furono serviti. Si rise delle porzioni misurate, e le ragazze Tarleton scherzarono sulla mancanza di vestiti, come se fosse una cosa divertentissima. Melania le assecondò, con grande stupore di Rossella, parlando di quello che si faceva a Tara con inattesa vivacità. Rossella invece non riusciva quasi a spiccicar parola. Il luogo sembrava deserto senza i quattro ragazzoni che fumavano, giocavano, chiacchieravano. E se sembrava vuoto a lei, che cosa doveva essere per i Tarleton che mostravano alle loro vicine un volto sorridente? Carolene aveva parlato poco durante il pranzo; ma quando ebbero finito scivolò accanto alla signora Tarleton e le disse sottovoce qualche cosa. Il sorriso scomparve dalle labbra della signora, la quale pose un braccio intorno alla vita sottile della giovinetta. Lasciarono la stanza, e Rossella, non potendo piú oltre sopportare quell'atmosfera, le seguí. Presero il sentiero che attraversava il giardino e Rossella vide che si dirigevano al sepolcreto. Avrebbe voluto fermarsi, ma era troppo tardi. Che idea, però, quella di Carolene, di trarre la signora Tarleton, che cercava di mostrarsi cosí coraggiosa, alla tomba dei suoi ragazzi? Vi erano due nuove lapidi di marmo; cosí nuove che la pioggia non le aveva ancora insudiciate di fango rossigno. - Le abbiamo avute la settimana scorsa - disse con orgoglio la signora Tarleton. - Mio marito le ha riportate da Macon nel carrozzino. Due pietre tombali! Rossella sentí diminuire la sua compassione per i Tarleton. Chi poteva sciupar denaro a comprare delle lapidi mentre i viveri erano tanto cari, non meritava compatimento. E vi erano molte righe incise su ogni lapide: tante righe, tanto denaro di piú. Senza contare quello che doveva esser costato il trasporto delle salme di tre ragazzi. Il corpo di Boyd non si era ritrovato. Fra le tombe di Brent e di Stuart era una pietra su cui era inciso: «Furono in vita, simpatici ed affettuosi, e la morte non li ha divisi». Sull'altra lapide erano i nomi di Boyd e di Tom, seguiti da parole latine che cominciavano «Dulce et...»; naturalmente Rossella non ne comprese un'acca, perché all'accademia di Fayetteville si era ben guardata dal seguire i corsi di latino. Gli occhi di Carolene brillavano stranamente. - Mi piace - disse indicando la prima pietra. Sicuro: a Carolene piaceva tutto ciò che era sentimentale. - Sí - mormorò la signora Tarleton con voce dolce. - Ci è sembrata la cosa piú adatta... Sono morti quasi insieme: prima Stuart e poi Brent che impugnava la bandiera. Nel ritorno a casa, Rossella tacque a lungo, ripensando a ciò che aveva visto nelle diverse case, e ricordando la Contea quando era nella sua gloria, con le case affollate di ospiti, i negri che si accalcavano nei quartieri degli schiavi e i fertili campi bianchi di cotone. «Un altr'anno vi saranno dei piccoli pini intorno a questi campi» pensò guardando verso la foresta che li circondava. «È impossibile fare andare avanti una grande piantagione senza negri; vi saranno molti campi che rimarranno incolti e i boschi torneranno a estendersi sui terreni. Nessuno può coltivare molto cotone; e allora che cosa faremo? Che cosa avverrà dei proprietari campagnoli? Quelli di città riescono sempre a cavarsela. Ma noi torneremo indietro di cento anni, come all'epoca dei primi pionieri, con qualche capanna e pochi iugeri di terreno coltivato; tanto da strappare la vita.» «No» continuò poi a riflettere; «questo non deve avvenire per Tara. Tutta la regione, tutto lo Stato può lasciarsi invadere dai boschi; ma non permetterò che lo sia Tara. E non sciuperò il denaro a comprare delle lapidi, né il mio tempo a piangere per la guerra. So che si potrebbe fare qualche cosa se gli uomini non fossero tutti morti. La perdita dei negri non è il peggio, in tutto questo. Peggio di tutto è la morte degli uomini, dei giovani.» Un altro pensiero la colpí. Se avesse voluto rimaritarsi? Certo non ne aveva alcun desiderio: ne aveva avuto abbastanza di una volta. Del resto, il solo uomo che avesse mai desiderato era Ashley; e questi, se anche viveva ancora, era sposato. Ma se volesse rimaritarsi... chi la sposerebbe? Era un pensiero atroce. - Melly - esclamò - che cosa accadrà delle ragazze del Sud? - Che vuoi dire? - Non c'è piú nessuno che possa sposarle. Tutti i giovinotti sono morti; vi saranno migliaia di ragazze che moriranno zitelle. - E che non avranno bambini - aggiunse Melania per la quale questa era la cosa piú importante. Evidentemente questo pensiero non era nuovo per Súsele, la quale cominciò a piangere. Da Natale non aveva piú avuto notizie di Franco Kennedy. Non sapeva se era colpa del servizio postale che non funzionava, oppure se egli l'aveva dimenticata. O forse era stato ucciso negli ultimi giorni di guerra! Avrebbe preferito quest'ultima ipotesi a quella di essere stata dimenticata; perché almeno vi era una certa dignità nell'aver perduto il fidanzato, come Carolene e Gioia Wilkes, piuttosto che essere stata abbandonata. - Sssst! - fece Rossella. - Già, tu puoi parlare - singhiozzò Súsele - perché tu sei stata sposata e hai un bambino e tutti sanno che hai avuto la tua parte... Ma venire a farmi capire che morirò zitellona! Sei odiosa, ecco! - Smettila! Com'è insopportabile la gente che piange sempre! Sai benissimo che il tuo vecchio non è morto e che tornerà per sposarti. Quantunque, io personalmente preferirei rimaner zitella piuttosto che sposarlo! Vi fu un silenzio durante il quale Carolene cercò di confortare la sorella accarezzandola, ma con lo spirito assente, tutta al ricordo delle sue cavalcate di tre anni prima con Brent Tarleton accanto. - Ah - sospirò Melania - che cosa sarà il Sud senza tutti i nostri bei ragazzi? Pensa, invece, se potessimo usare il loro coraggio, la loro energia, i loro cervelli! Tutte noi che abbiamo dei bambini, Rossella, dobbiamo educarli per prendere il loro posto, per essere bravi e coraggiosi come loro. - Come loro non ve ne saranno mai piú - disse Carolene sottovoce. - Nessuno può sostituirli. E percorsero il resto della strada in silenzio.
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