La poesia del Natale non può mancare in una famiglia cristiana, e l'antichissima costumanza di scambiarsi, in questo giorno, doni e di procurarsi reciprocamente gioie e piaceri perdurerà nei secoli, sino a che innocenti occhi di bimbi brilleranno di felicità e d'attonita ammirazione alla vista del santo Presepe, allo scintillare delle mille fiammelle, delle stelle luccicanti, degli ori abbaglianti dell' albero di Natale.
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. ✓ Gli abbaglianti. Si usano in montagna, nelle stradine buie di campagna, nelle notti senza luna e in mancanza di illuminazione sufficiente. NON sono uno strumento per intimorire il prossimo mentre gli si piomba alle spalle in autostrada con un bolide da sbruffoni a un centinaio di chilometri circa oltre il limite. ✓ Il telefono. O vi comprate l'auricolare, oppure subite gli auguri peggiori che vi rifila quello dietro perché state cambiando più lenti di un'era geologica. Comunque non si sta al telefono a chiacchierare, mentre si guida, perché la disattenzione è assicurata. ✓ Ultimo caso di vistosa maleducazione al volante, il finestrino. Se abbassato, serve per far entrare aria fresca, per asciugare i capelli lavati di corsa o per annusare il profumo di primavera quando si attraversa la campagna in maggio. Entrare. Tendenzialmente non dovrebbe fuoriuscirne nulla. Tantomeno cartacce e spazzatura varia. In ordine di maleducazione, i fumatori vincono di gran lunga la competizione: con la precisione metodica con cui un ecologista ricicla ogni cosa, essi sono in grado di gettare dall'auto in corsa ogni parte inutile che riguardi la propria passione, dalla plastica trasparente che avvolge il pacchetto alla cenere accumulata nel posacenere (che fosse solo quella... ), dal filtro all'intero pacchetto vuoto e accartocciato. Professionisti della zozzura, non hanno ben capito che il resto del mondo che sta fuori dall'abitacolo non è esattamente un enorme cassonetto. Anche gli habitué della gomma da masticare salgono sul podio, con lanci articolati onde evitare il ritorno in cabina della pallina disgustosa, seguiti da presso dai parenti stretti, gli scartatori di caramelle, che naturalmente non immaginano che si possa buttare la carta che avvolge il confetto nel posacenere dell'auto. A tutti costoro ricordiamo che usare le strade come immondezzaio comune è pratica medievale e altamente cafona.
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Infatti siccome una luce troppo sfacciata ed i colori troppo abbaglianti impediscono all'occhio di vedere i lineamenti e le espressioni degli affetti in un quadro, cosi l'eccesso de' gesti tende a distrarre l'attenzione dalle idee che il discorso presenta. Un uomo vestito di taffettà parlava ad un magistrato, difendendo con molta azione la sua causa; e la stoffa intanto faceva una specie di fischio inopportuno; quindi il giudice impazientito gli disse: Fate tacere o signore, vostro abito, se volete ch'io v'ascolti. Con uguale ragione si potrebbe dire ad alcune signorine: Fate tacere, ossia tenete a freno le piume del vostro capo od il ventaglio, o lasciate parlare il vostro labbro che agli sguardi e all'attenzione degli astanti ha molto maggiore diritto. Alcuni raccontano i loro aneddoti e le loro storielle con un'apparenza di freddezza, e quasi come se non influissero su d'essi le sensazioni che eccitano negli altri; e questa apparente freddezza dà risalto alle cose piccanti che dicono, come un fondo oscuro serve a far brillare un ricamo. Altri raccontano con allegrezza vivace la quale sulla fronte, nel guardo, ne'sorrisi, in tutti i moti della fisonomia sfavilla, e se non oltrepassa il debito grado, agevolmente all'altrui animo si comunica e vi si mantiene. Alcuni divengono pantomimi e imitano la voce, il gesto é le azioni delle persone che fanno parlare. Ciascuno dee scegliere quel mode di raccontare che più alle abitudini del suo spirito conviene, e all' esteriore apparenza della persona. Una donna, per es., non farà, i suoi racconti con modi pantomimi e comici, giacché i gran movimenti della persona, le smorfie contraffacenti, le alterazioni della voce e della fisonomia vengono troppo in contrasto colla grazia cui la donna non dee rinunziare giammai. Coloro che non sanno declamare, il cui esteriore é goffo, e la fisonomia priva d'espressione, riusciranno, meglio a raccontare con apparente freddezza, ecc. Sotto dunque' condizioni fisiche del discorso una buona voce; non troppo sottile o molle come da femmina; né ancor tanto austera ed orrida che abbia del rustico, ma sonora, chiara, soave e ben composta con pronuncia spedita; modi e gesti convenienti, i quali in certi moti del corpo consistono, non affettati né violenti, ma temperati con garbo; un volto accomodato e un mover d'occhio che aggiunga grazia alle inflessioni della voceo colle parole s'accordi, cosicché l'attenzione e l'affetto di chi parla vi sembri pingersi sulla sua fisonomia mentre li sentite nell'animo.
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Siccome il rispetto ai magistrati favorisce l'obbedienza alla legge, e questa frutta vantaggio pubblico, quindi in tutti i tempi si procurò ai magistrati una somma di apparenze abbaglianti, di comodi, di preferenze, talchè l'idea del magistrato, senza staccarsi dall'idea della natura umana, più grande e a cosi dire più lucida apparisse agli occhi del popolo il quale abbisogna di sensazioni per giudicare. D'altra parte il rispetto essendo pe' magistrati un sentimento piacevole che allevia il peso delle loro fatiche, dispone il loro animo a subir queste per meritarsi quello ed accrescerlo. Quindi, anche nel massimo calore della libertà, Bruto dice a suo figlio nell'Alfieri:
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Il raggio di una lampadina tascabile fruga negli angoli, scivola sulle pareti, ghermisce la Freccia d'argento che, ancor fresca di vernice, manda riflessi abbaglianti. Per qualche attimo gli intrusi la contemplano senza respiro Poi sul sottile rivestimento si abbattono pesanti colpi di randello. Legno che vola in schegge; metallo che cigola. E la gragnuola dei colpi continua a cadere fitta sulla Freccia d'argento. Respiri affannosi, ordini soffocati, richiami, rumor di passi, e infine silenzio. Le ombre, come sono venute, così se ne vanno.
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È coperta da lunghi veli trasparenti e abbaglianti, e rimane immobile, come in estasi). TYLTYL È la Regina!... MYTYL È la Madonna!... LA FATA No, bambini miei. È la Luce. (Intanto le cazzeruole sulle mensole si mettono a girare come tante trottole. L'armadio della biancheria spalanca i suoi sportelli, e ne escono fuori stoffe magnifiche color di sole e color di luna, alle quali si uniscono dei cenci e degli stracci dall'aspetto non meno sontuoso, che scendono giù dalla scaletta del granaio. Ma a un tratto si odono tre colpi bruschi alla porta a destra). TYLTYL (spaventato) È il babbo! Ha sentito!... LA FATA Gira il diamante!... Da sinistra a destra.... (Tyltyl gira in fretta il diamante). Non così in fretta! Dio mio! È troppo tardi.... L'hai girato troppo presto.... Non faranno più a, tempo a riprendere il loro posto e avremo delle noie, ho paura.... (La Fata riappare di nuovo sotto l'aspetto di una brutta. vecchia; le pareti della capanna perdono il loro splendore, le Ore ritornano dentro all'orologio, l'Arcolaio si ferma, ecc. Ma nella fretta e nella confusione generale, mentre il Fuoco corre pazzamente intorno alla stanza in cerca del focolare, uno dei Pani Tondi da quattro libbre che non è riuscito a trovar posto nella madia, scoppia in singhiozzi urlando dallo spavento). Che cosa c'è?... IL PANE (piangendo) Non c'è più posto nella madia?... LA FATA (guardando dentro alla madia) Ma sì, ma sì.... (spingendo gli altri Pani che hanno ripreso il loro posto). Via, presto, stringetevi un po'.... (Bussano di nuovo alla porta). IL PANE (smarrito, sforzandosi invano di entrare nella madia) Non c'è rimedio.... Mi mangeranno prima degli altri! IL CANE (saltando intorno a Tyltyl) Mio piccolo dio!... Io son sempre qui!... Posso parlare ancora!... Ancora! ancora! ancora... LA FATA Come, anche tu?... Sei sempre qui?... IL CANE Ho avuto fortuna!... Non sono potuto tornare nel silenzio. La botola si è chiusa troppo presto.... LA GATTA E la mia pure.... Che cosa succederà?... Siamo forse in pericolo?... LA FATA Ecco, debbo dirvi la verità: tutti quelli che accompagneranno i due bambini, moriranno alla fine del viaggio.... LA GATTA E quelli che non li accompagneranno?... LA FATA Sopravviveranno pochi minuti.... LA GATTA (al Cane) Vieni, rientriamo nella botola.... IL CANE No, no, non voglio!... Voglio accompagnare il mio piccolo dio!... Voglio parlargli sempre!... LA GATTA Scimunito!... (Bussano di nuovo alla porta). IL PANE (piangendo a calde lacrime) Non voglio morire alla fine del viaggio!... Voglio tornar subito dentro la madia!... IL Fuoco (che nel frattempo non ha smesso un istante di correre vertiginosamente intorno alla stanza, con sibili d'angoscia) Non trovo più il focolare!... L'ACQUA (tentando invano di rientrare nella cannella) Non mi riesce più di rientrare nella, cannella!... Lo ZUCCHERO (affannandosi intorno all'involucro di carta) Ho lacerato la, carta che m'involtava... IL LATTE (linfatico e pudico) Mi hanno rotto il bricco! LA FATA Che stupidi, Dio mio!... Stupidi e vili.... Preferireste dunque di continuare a vivere in quelle brutte scatole, nelle botole o dentro alle cannelle piuttosto che accompagnare i bambini nella ricerca dell'Uccellino Azzurro?... TUTTI (eccettuati il Cane e la Luce) Sì, sì! Lo preferiamo!... Oh, la mia cannella!... La mia madia!... Il mio focolare!... La mia botola!... LA FATA (alla Luce, che contempla pensosa i resti della sua lampada infranta) E tu, Luce, che cosa ne pensi?... LA LUCE Io accompagnerò i bambini.... IL CANE (abbaiando di gioia) Anch'io!... anch'io!... LA FATA Meno male! È troppo tardi, in ogni modo, per tornare indietro. Non sta più in voi di scegliere; perciò verrete tutti con noi.... Ma tu, Fuoco, abbi cura di non avvicinarti a nessuno; e tu, Cane, non punzecchiare la Gatta e tu, Acqua, procura di star bene diritta e di non sgocciolare dappertutto.... (Si odono novamente dei colpi violenti alla porta di destra) TYLTYL (ascoltando) È il babbo, di nuovo.... Questa volta si è alzato davvero, lo sento camminare.... LA FATA Usciamo dalla finestra.... Verrete tutti a casa mia, e cercherò di vestire come si conviene gli animali e le cose.... (Al Pane) Tu, Pane, prendi la gabbia nella quale metteremo l'Uccellino Azzurro.... L'affido a te.... Presto, presto, non perdiamo tempo.... (La finestra si allunga a un tratto e si trasforma in una porta. Escono tutti, dopo di che la finestra riprende la sua forma primitiva, e si richiude come se nulla fosse. La stanza è ritornata buia, e i due lettini sono immersi nell'ombra. L'uscio a destra si schiude, e attraverso lo spiraglio fanno capolino Babbo Tyl e Mamma Tyl). IL BABBO Non era nulla, te lo dicevo.... è il grillo che canta.... LA MAMMA Li vedi?... IL BABBO Sì. Dòrmono quieti quieti.... LA MAMMA Li sento respirare.... (L'uscio si richiude). CALA LA TELA
Era lí, il mare, in fondo alla larga strada, che costeggiava una fila di case nuove bianche abbaglianti. Cosima aveva sempre piú l'impressione di trovarsi in una città orientale: palmizii, cactus ed altri alberi esotici si movevano pesanti su quel cielo caldo, sullo sfondo turchino del lido. Sui balconi fiorivano i garofani; un odore di erbe aromatiche scendeva dalla collinetta coperta di pini che chiudeva l'orizzonte di fronte alla strada. E la gente era tutta fuori, come nelle sere d'estate; e canti e suoni di mandolino continuavano, di fuori, il coro in onore di Cosima: cosí a lei sembrava, ma invece di orgoglio ne provava quasi paura. Dopo averla rimpinzata di dolci e bevande, la sua ospite, che continuava a baciarla e quasi a leccarla come un cane che ha ritrovato il padrone, la lasciò sola nell'appartamento ov'ella abitava col paziente marito che era impiegato in un'azienda privata. Aveva destinato a Cosima la camera piú bella, col balcone, quella appunto donde si vedeva il mare: e le lasciava libero anche il salotto, pieno di fiori di carta, di vasi incrinati, di tovagliette, di oggetti di cattivo gusto. «Qui potrai ricevere i tuoi amici, i tuoi ammiratori.» Ma Cosima non aveva amici, e si atterriva al solo pensiero di averne uno solo. Di ammiratori, poi, non ne voleva: le pareva di esser già, per lunga esperienza, scottata da loro. Eppure d'un tratto sentí suonare alla porta dell'ingresso, e senza pensarci su tanto aprí. Era il garzone di un fioraio, che portava un grande mazzo di rose rosse, avvolte nella carta velina. Per lei? Proprio per lei: ma non si sapeva da parte di chi. Ella stette a guardarle quasi con la sorpresa paurosa con cui aveva guardato nel pugno di Elia le monete d'oro: e il profumo quasi violento delle rose, e il loro colore, le parvero vivi, caldi, sanguinanti: piú che dal coro delle fanciulle e dal ronzio delle musiche della strada, senti da quell'alito quasi carnale venirle incontro la vita: ma quando si decise a prendere il mazzo dalle mani del garzone che la guardava con occhi maliziosi, si sentí pungere da una spina acuminata: e pensò che la vita anche sotto l'illusione delle cose piú belle e ricche, nasconde le unghie inesorabili. Mise le rose in uno dei vasi del salotto, e tornò al balcone: sí, era come d'estate; una grande luna rosea saliva dai pini dell'altura, e il cielo e il mare, fra due palmizi che luccicavano come le palme dorate dalla stagnola, usate per la Pasqua nel paese di Cosima, si confondevano in un colore di smeraldo azzurro. I bambini, nella strada ancora bianca, giocavano al gioco dell'ambasciatore venuto a domandare una sposa: ed ella si sentiva trasportata nel loro cerchio, come la piccola sposa richiesta dall'ambasciatore per un misterioso grande personaggio.
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E sono ancora candori abbaglianti, come di campi nevosi, come di giogaie iperboree; e sono ancora immense fuliggini, come tediose tele di ragni colossali; e sono ancora monti di porpora e d'oro, miserabili cenci sdruciti, scaglie opaline di madreperla, ghirlande di rose, mucchi di sassi. Sorgono dall'ampia cerchia dell'orizzonte mutevoli forme; linee ondulate di lenitane colline, picchi superbi, rocche munite; aerei ponti si slanciano arditi, lunghi fiumi serpeggiano, isole e continenti si formano. Non reclinereste voi la stanca testa su quel morbido, voluttuoso guanciale? Qual pastore guida quell'armento sterminato? Di che sangue è tinta quell'immensa spada gocciolante?... Cozzano formidabili Titani, gonfi d'odio e di livore; s'intrecciano ali leggere che l'amore sospinge.... E tutto questo è un po' di vapore, un soffio: i monti s'adeguano, le rocche crollano, le rose si sfrondano, le spade si spezzano; tutto svanisce e tutto ricomincia.... Simigliante è lo spettacolo della vita; nel mare dell'essere tutto è soffio, è parvenza.... "Anch'io, anch'io misi un gran prezzo a tutto ciò che vi preme di più, anch'io amai e odiai, anch'io sognai la potenza e la gloria. Un po' del mio cuore è rimasto da per tutto lungo la strada, e la mia memoria è popolata e rumorosa come un alveare.... Dov'è la casa che mi vide nascere, il tetto che riparò la mia culla, il focolare intorno al quale il mio spirito cominciava a destarsi, sognando di fantasmi e di eroi? Distrutta, lontano! Dove sono i fiori che l'amore falciava nella stagione felice? Appassiti, dispersi.... O lacrime invano versate! O più vani sorrisi! Che cosa avanza di tante energie? Delle rughe sulla mia fronte, che in breve spariranno con me.... "Come nel profondo silenzio i suoni più flebili acquistano una straordinaria intensità: l'aliare di un insetto, il cader d'una fronda; così all'occhio di chi vede la morte vicina le cose più trascurate hanno sole un alto valore. Non più gl'interessi che si chiamano grandi, non più le passioni che si dicono forti hanno seduzioni per me. Savio era Lemminkainen, l'eroe che, partito ad espugnar la Pojola, vinto a mezza via dalla noia, dalla paura e dal dolore, si fabbricò un nero cavallo fatto di fastidii, con una briglia composta di giorni tristi ed una sella d'angosce, e se ne tornò presso la madre. La madre è la natura, e sono le sue semplici vicende, il nascere e il morire del giorno, il germogliare e l'appassire del verde, le cangianti voci del vento e del mare, le sinfonie delle colorazioni, l'accendersi e lo sfolgorare degli sguardi astrali che lo spirito mio ansioso segue. "Interrogate, o voi cui morde l'enimma, questa infinita natura, sempre varia ed identica sempre: forse intorno a voi purissime essenze aleggiano irrequiete, dolenti della vostra trascuranza; forse in ogni atomo vibra una vita che vuol esser compresa. "Interrogate, interrogate la storia, chiedete ad ogni religione la sua filosofia, aspirate ad un olimpo, ad un nirvâna, ad un paradiso. Mille risposte si son date all'enimma, e chi sarà tanto ardito da dire: Io solo sono nel vero? "Qualcuno esiste. "Qualunque sia il nome dato alla sovrana potenza, essa permane, eternamente immutabile. Microscopici insetti annaspanti sopra un grano di miglio, noi siamo nella sua piena balia. Un soffio ci disperde, un turbine travolge col nostro miriadi di mondi, di su, di giù, per gli spazii infiniti.... La notte è formidabile; nell'oscurità formicolante di astri uno sguardo pertinace, inflessibile, sembra pesar su di noi. "Ma, ignoranti, noi abbiamo una grande scienza; deboli, disponiamo d'una forza grandissima. Essa è la Preghiera. Che importa la natura e la forma del Dio, se possiamo intrattenerci con lui, se possiamo fargli l'olocausto dell'anima? "La Preghiera è divina: la Parola che s'innalza al trono di Dio partecipa della sua divinità. Nel cielo di Brahma essa si confonde con lui. - Io son la regina, canta negli inni del Rik; io porto Mitra, Indra, Agni, gli dei Asvini e gli altri tutti. Per mezzo degli Dei io sono presente in tutte le cose e penetro tutte le cose. "Che cosa sarebbe rinunziare al mondo, mortificarsi, vestire di cenci cuciti insieme raccattati nei cimiteri o fra le immondizie, vivere di elemosine non chieste, soffocare ogni istinto, per amore dell'eterna salute?... Ebbene basterà che preghiate. In ginocchio, pregate! Pregate per voi e pei vostri fratelli, pei morti e pei nascituri!. La preghiera sarà la colonna di vapore e di fuoco che vi guiderà giorno e notte; sarà il Sinai sul quale la Legge vi verrà rivelata.... Siate umili, fatevi più piccoli ancora di quel che non siete; accettate ciò che è, benedite le gioie ed i dolori; soffrite la vita, adorate la mano che vi accarezza e che vi flagella. E le vostre inquietudini svaniranno, voi sarete affrancati dai vostri terrori. Venga ora la morte, essa non avrà virtù di turbarvi; sereni voi vi chinerete sulla faccia dell'abisso.... "Bestemmiate ancora, ribellatevi se vi credete zimbello d'uno stolto potere, se stimate che vi fu data una vista illusoria poichè la verità è stata inescrutabilmente nascosta! La bestemmia è una preghiera al rovescio, ribellarsi è un modo di credere, l'angelo caduto ha anch'esso la sua grandezza, e tutto, tutto è preferibile alla limacciosa indifferenza dove s'impantanano le anime vostre.... "Guai a voi che nessuna cura del futuro non morde! Guai, guai al secolo che non scruta il problema dei destini! Quando l'ora fatale sarà scoccata, quando voi sarete per naufragare nel mare dell'immensità, non sarà il vostro orgoglio, non sarà la vostra potenza terrena, non saranno i vostri vani piaceri che vi daranno soccorso! Nel commercio della vita, nel cozzo delle passioni, non saranno essi che vi additeranno la diritta via! "Ascoltatemi ancora; io voglio dirvi ciò che orecchio umano non ha ancora saputo; voglio confessarmi a voi, tutto. Come potrei aspirare ad essere seguito, se fossi sospettato di non esser sincero?... Ascoltate: io peccai. Sollecitato da brame violente, assicuratomi della umana impunità, col tradimento più nero, io armai la mia mano. Odo ancora gemiti del caduto, fuggo ancora nella notte tremenda.... Ed era come se le mura, gli alberi, i monti, tutta la terra si rovesciasse dietro di me, perseguitandomi. La fuga era inutile; nessuno m'inseguiva, nessuno mi aveva scorto. Io portavo fra gli uomini la mia fronte alta e serena, la mia mano era ancora stretta dalle mani leali. Solo io leggevo un'accusa in ogni sguardo, in ogni parola, in tutte le cose; un'accusa sorda, implacabile.... Non era un'allucinazione della mente turbata? Tutto procedeva come di consueto, e nessuno mi rimproverava nulla. "Internamente, il rimorso mi assiderava; io mi chiedevo tremante: qual gastigo mi è riserbato? e stavo sempre nell'attesa di mali terribili, delle più spaventose miserie del corpo e dello spirito.... Il gastigo non veniva, la vita scorreva egualmente, con le stesse vicende. "Io mi chiedevo ancora, con più profondo terrore: Sarà forse la morte che mi colpirà, presto, prima che io abbia compita la mia carriera?... Ed io l'aspettavo da un momento all'altro; un triste sorriso m'increspava le labbra quando mi si parlava del domani. E la morte veniva; ma invece di colpir me, si abbatteva intorno a me, mi isolava in un cimitero sempre più vasto. Vecchi, giovani e piccoli, tutti se ne andavano: io solo persistevo, che avrei dovuto pagare pel primo; persistevo a misurare l'orrore dell'inutile colpa, la malvagità della speme bugiarda, il precipizio della nostra miseria; persistevo a misurare la terribilità del gastigo e la giustizia sovrana che l'infliggeva; invocando come una liberazione la morte temuta, ansioso di entrare finalmente nel Vero.... "Come me, voi tutti siete colpevoli; il giusto pecca sette volte il giorno; nessuno di voi è senza peccato! Nel profondo della vostra coscienza, inconfessata a voi stessi, è la storia delle vostre colpe; e che importa che esse non sieno state materialmente compiute, se esse sono state pensate? Il pensiero è infame.... Come me, voi tutti avete bisogno di redenzione!... "Io so la vostra risposta, io so la derisione di cui mi fate oggetto, per lo smarrimento in cui credete che il rimorso e l'età abbiano gettato la mia mente.... Siete voi, ciechi, stolti, miserabili, che mi fate pietà; è per voi, per riscattarvi, che io vorrei dare il poco sangue che ancora mi resta, che io vorrei salire un calvario e spirar sulla croce, se dall'alto d'una croce la mia parola fosse ascoltata. "Nessuno mi ascolta. La solitudine ed il silenzio mi circondano, il vento dell'oblìo disperde le mie parole, come il turbine del tempo disperde via l'un dopo l'altro i giorni irrevocabili...."