E suor Caterina lo seguí, come trascinata, ancor prima di considerare che avrebbe agevolmente potuto tenerlo d'occhio dalla cucina non distante: e mosse le corte gambe lungo il porticato, abbagliandosi a tratti per il sole. Ora Lucrezia era sola. Una vampata le corse il volto, il collo, il corpo intero: un caldo capogiro la stordí. Chiuse gli occhi, per togliersi la tavola dall'anima, lí a tre passi soltanto: ma li riapri subito, come le palpebre avessero sfiorato spine. Sperò che suor Caterina tornasse; sperò persino che il pittore, venendo a far qualche ribalderia, la obbligasse al rifiuto, allo sdegno... Ma suor Caterina, adocchiando dalla cucina Filippo che fiutava languido rose, non si affrettava, e scambiava qualche parola con la suora pentoliera, che era tra le sue confidenti e curiosa quanto bastava della faccenda di pittura: tanto che quell'olio avrebbe potuto gocciar piú presto dalle olive, che a esser tirato, come lo si tirava, dall'orciolo. E Filippo, compiaciuto del tempo, si crogiolava nello sguardo della monaca: sedendo persino a braccia conserte su una panchinetta di pietra, e chiudendo gli occhi al sole, come per riposarli un poco. Là dentro, Lucrezia si sentiva tirare anima e capelli verso il ritratto, abisso quadrato nella luce della soglia. E nessuno tornava. Suonò la campana a Duomo, come dire che l'attimo passa, e non è eterno il tempo delle creature. Tremando si alzò. Barcollò passi, aggirò il cavalletto, guardò, vide: una figura splendente, nuziale, un canto gioioso di colori e bellezza: e al centro della festosa immagine il suo volto, ma non dipinto, giacché Filippo non aveva lavorato su tela, né su legno, ma su finissima lastra di specchio. Fra veste e capelli, fra collana e fiori di serto, Lucrezia vide il proprio volto malconosciuto: mobile, splendente, arrossato, sorpreso e ridente volto di sposa. Quando suor Caterina tornò, svegliando al passaggio il finto sopito con uno stropiccio di gola, ed entrò abbassando la testa per non vedere nemmeno di sfuggita il ritratto, e posò l'ampollina d'olio sul tavolo di Filippo, Lucrezia sedeva al suo posto, quietamente. E allora rientrò il pittore dal chiostro, con un petalo di rosa fra le dita macchiate di vernice bruna. Guardò Lucrezia, vide uno sguardo di pianto felice. Guardò il dipinto, e notò sullo specchio, nella parte vuota del volto, l'impronta fresca e ancora vaporante di un bacio. Un bacio a sé, al ritratto incantato, a lui stesso? Non importava: era dato.
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