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Si può concepire un'idea della bizzarria dei nostri maggiori dall'uso seguente: « Quando l'abate » di Figeag (piccola città nel Querci), diceva » Saint Foix nello scorso secolo, fa il primo ingresso » in questa città, il signore di Meutbrun » de la Roque, vestito da arlecchino ed una gamba » nuda, è obbligato di condurlo sino alla porta » della sua abbadia, tenendo la briglia della sua » cavalla; poscia pranzano insieme l'abbate e » l'arlecchino ». (OEuvres, t. V, p. 376). III. Ne' secoli XV e XVI si davano in Francia alla minuta pasticceria da mensa le forme più oscene e i nomi più infami. Champier che fioriva verso la prima metà del XVI secolo, dopo d'avere descritto le diverse pasticcerie accreditate al suo tempo, dice; « Quædam pudenda muliebria, aliae » virilia (si diis placet) repraesentant. Sunt quos » C... saccharatos appellitent. Adeo degeneravere » boni mores, ut etiam christianis obscæna » et pudenda in cibi placeant». Negli stessi secoli ed anche nel XVII si vedevano sulle mense francesi fontane zampillanti, che somministravano il vino, l'ipocrasso (liquor fatto con vino, zucchero e cannella), ed altri liquori. Ordinariamente scorreva nel tempo stesso acqua di rosa od altre ugualmente odorose, onde profumare le sale; fin qui noi facciamo applauso ai nostri maggiori. Le loro idee di decenza però erano diverse dalle nostre; infatti quelle fontane modellate a forme diverse rappresentavano talora: Una donna, dalle poppe della quale scorreva l'ipograsso; Un fanciullo, >« Le quel, dice le Grand d'Aussi, pissoit de l'eau de rose; « Il quale pisciava acqua di rosa». Una fanciulla, e il vino scorreva da tutt'altra parte che da' suoi bagli occhi neri. (Hist, de la vie privée des François, t. III, p. 198-199). Al tempo di Luigi XIV e XV (fine del XVII e principio del XVIII secolo) i Francesi, oltre di cantare a mensa e bere insieme, si permettevano anco di abbracciare le donne; la quale indecenza cessata ha indotto un poeta a dire:
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