. - Il genitore che passa a nuove nozze conserva l'usufrutto legale, con l'obbligo tuttavia di accantonare in favore del figlio quanto risulti eccedente rispetto alle spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione di quest'ultimo ».
Secondo l'Agenzia delle entrate non si può ritenere elusiva la scelta operata da alcune società di accantonare a riserva gli utili derivanti dai dividendi percepiti e, contestualmente, restituire ai soci versamenti pregressi in conto capitale. Infatti, non possono essere considerati come versamenti in conto capitale i finanziamenti infruttiferi effettuati dai soci di talune società di capitali e, conseguentemente, non si possono riqualificare come distribuzione di dividendi le restituzioni effettuate dalle società in presenza di utili accantonati a riserva, nonostante siano effettuate con liquidità derivante da dividendi percepiti immediatamente prima dalla società mutuataria ed accantonati a riserva.
La prassi delle imprese di assicurazione è quella di accantonare al fondo svalutazione crediti gli importi dei predetti errori; soluzione, questa, poco razionale ed inaccettabile. La soluzione è da ricercarsi nelle stesse norme codicistiche ed assicurative che disciplinano la formazione del bilancio di esercizio. In punto di fatto, gli amministratori non possono che determinare l'ammontare dei premi al netto di quelli che, sulla base elementi certi desunti da esperienze relative ad anni precedenti, si riferiscono a contratti che non hanno avuto regolare esecuzione, ancorché la relativa conoscenza venga a manifestarsi solo nell'esercizio successivo. In tal modo le società possono indicare in bilancio un ammontare di premi corrispondente a quello dei contratti che hanno avuto regolare esecuzione evitando, nel contempo, l'iscrizione, tra le passività dello stato patrimoniale, di fondi di svalutazione crediti in realtà inesistenti. Alle conclusioni alle quali siamo pervenuti consegue un trattamento fiscale del tutto differente rispetto a quello che si renderebbe applicabile se le rettifiche avessero per oggetto la svalutazione dei crediti nei confronti degli assicurati. In tal caso, infatti, opererebbero le limitazioni previste sia dall'art. 106 d.p.r.. 917/1986 che dall'art. 7 d.lg.. 446/1997 in materia di imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Se si adottassero i principi che precedono agli annullamenti dei premi, i relativi importi, ancorché determinati su basi statistiche, risulterebbero invece deducibili dal reddito d'impresa in quanto scomputati da quelli già contabilizzati con conseguente inapplicabilità delle norme relative alla svalutazione e alle perdite su crediti nei confronti degli assicurati.
L'assemblea è libera di accantonare gli utili in una riserva straordinaria, la costituzione della quale non deve essere autorizzata da apposita clausola statutaria.
Il tema è di stringente attualità, poiché in sede di chiusura dei bilanci al 31 dicembre 2011, le imprese che hanno stipulato o si accingono a stipulare un contratto di rete stanno valutando se accantonare a riserva una quota degli utili d'esercizio per l'esecuzione del programma di rete ed avviare la procedura di accesso all'agevolazione fiscale.
Dopodiché la pronuncia affronta la questione se integri gli estremi della fattispecie di responsabilità da abuso di direzione e coordinamento la mancata distribuzione di utili imposta dalla capogruppo, socia di maggioranza, alla dominata, tramite il voto della prima nell'assemblea di quest'ultima, al fine di accantonare nel patrimonio della eterodiretta fondi necessari per la concessione di un prestito ascendente a favore della ''holding''.
Con il che la Consulta dimostra di accantonare l'idea del bilanciamento ineguale tra diritti e risorse, in quanto, per la salvaguardia dell'equilibrio finanziario, viene totalmente negato il diritto di azione in giudizio dei ricorrenti nel processo principale e il principio di eguaglianza che essa stessa accerta essere stato violato. Tuttavia, è pur vero che diversi elementi della pronuncia inducono a pensare che si tratti di un caso isolato più che di un vero e proprio "revirement".
Il Consiglio di Stato afferma che, nell'attuale quadro normativo, occorre considerare individualmente le offerte di egual valore che si pongano all'interno della fascia del 10% delle offerte da accantonare. Al contempo, la decisione ribadisce che i ribassi identici, "a cavallo" delle ali, devono essere considerati unitariamente, con conseguente possibilità di superare il limite del 10% delle offerte, stabilito dall'art. 86, comma 1, D.Lgs. n. 163/2006.
Nel dirimere controversie alimentate da condotte gravemente antisociali, i giudici civili potrebbero accantonare la tradizionale ritrosia all'esercizio esplicito dei poteri sanzionatori attribuiti loro dalla legge. La Terza Sezione della Corte di cassazione, con sent. n. 1126 del 22 gennaio 2015, ha sostenuto che la quantificazione del danno non patrimoniale deve riflettere (anche) la "gravità dell'offesa", da intendersi non già come intensità della sofferenza (soggettiva) ma come (oggettiva) intollerabilità giuridica del fatto illecito. Un'apertura così netta alla sanzione civile, benché non sorretta da motivazioni limpidissime, agita vecchie questioni in seno all'illecito aquiliano e ne solleva di nuove: su tutte, se il rimedio sia azionabile anche in assenza di danni-conseguenza e quali siano i parametri adatti a conferire oggettivo rilievo alla distanza dal limite del giuridicamente tollerabile.