Accantonando come scarsamente rilevante la questione della natura dell'atto di ammissione alle prestazioni (atto amministrativo, contratto), Giannini mette a fuoco il problema dei rapporti tra prestazioni e servizi pubblici: rapporti il più delle volte costituiti in forma contrattuale ad onta della qualificazione pubblicistica data dalla dottrina. Nella fase più matura del suo pensiero Giannini sposta l'attenzione sulla questione del diritto alla prestazione, e quindi sulle eventuali basi costituzionali del diritto. Nello scritto sullo Stato sociale (nozione liquidata come inutile) Giannini mette comunque in luce la tendenza alla universalizzazione delle pretese a prestazioni sociali: una tendenza che oggi, a partire dall'ultimo decennio, appare recessiva.
Sotto il profilo prettamente analitico - accantonando le problematiche connesse con la valutazione dell'assenza di tossicodipendenza che implicano non solo indagini di laboratorio ma anche accertamenti medico-legali - è da ritenere comunque che l'indagine di laboratorio debba procedere secondo le corrette modalità previste per analisi con finalità forensi. Il materiale biologico di elezione potrà essere costituito da urine o matrici alternative purché accreditate (capelli, saliva ecc.). La "catena di custodia" del materiale da analizzare dovrà essere puntualmente indicata e dovrà prevedere un campione per le controanalisi a disposizione del lavoratore. Le analisi dovranno procedere in una prima fase con tests di screening da confermare successivamente con tecniche specifiche. Appare imprescindibile il riferimento ai cut-off, che dovranno essere individuati.
Le Sezioni Unite della Corte, chiamate a risolvere alcune questioni di massima di particolare importanza, tra cui quella (oggetto altresì di un latente contrasto di giurisprudenza) in tema di nesso causale, accolgono quanto alla configurabilità di quest'ultimo in sede civile, la regola probatoria del "più probabile che non", espressamente adottata, di recente, dalla pronuncia di cui a Cass. 16 ottobre 2007, n. 21619, accantonando definitivamente il criterio dell'"oltre il ragionevole dubbio" di cui alla sentenza Franzese delle Sezioni Unite penali.
Tale accordo, peraltro, pur in una prospettiva che valorizza la contrattazione decentrata, conferma l'assetto contrattuale su due livelli, proprio del sistema di relazioni industriali italiano, accantonando soluzioni di sola contrattazione aziendale.
Dopo il naufragio del neoregionalismo, l'ente regionale va ripensato mettendo da parte velleitarismi federali e accantonando l'idea che esso possa recuperare un effettivo protagonismo istituzionale attraverso l'attività legislativa. La Regione, a giudizio dell'A., è infatti, fondamentalmente, un ente di amministrazione e di spesa. Un ente di prossimità, che dovrebbe disporre di competenza legislativa "primaria" solo in alcune ben delimitate materie; e che per il resto fungerebbe da snodo fondamentale per l'attuazione in via amministrativa delle principali politiche pubbliche, statali ma anche europee. Una Regione come organo di raccordo fra Stato e municipalità, che da un lato rappresenta "al centro" gli interessi territoriali attraverso il Senato delle autonomie e il sistema delle Conferenze; dall'altro cala le decisioni statali sulle realtà territoriali. Se questo è il modello a cui ispirarsi, il problema del riassetto delle funzioni legislative si sdrammatizza enormemente e può essere risolto attraverso l'eliminazione della competenza concorrente e la previsione di un limitato elenco di competenze regionali, comunque esposte all'incidenza di una clausola di supremazia. La riforma davvero decisiva per ridare vigore al regionalismo italiano è, insomma, quella amministrativa e tributaria; il che richiede una grande opera di ricognizione delle funzioni pubbliche decentrabili in sede locale e una corrispondente cessione di basi imponibili da parte dello Stato, così da incrementare davvero l'autonomia fiscale periferica. In questo quadro, l'introduzione di un Senato delle autonomie diventa cruciale per riprendere e portare a compimento leggi di decentramento amministrativo e fiscale finora costruite in ottica centralista e, più in generale, per far sì che le leggi statali siano informate "alle esigenze dell'autonomia e del decentramento", come richiede il negletto art. 5 Cost.
Nella seconda parte il danno ai creditori, derivante dal proseguimento dell'impresa, è misurato dal decremento del patrimonio netto tra la data di accertamento e quella d'inizio della liquidazione, volontaria o fallimentare, ed è determinato con il principio OIC 5, redatto con criteri di liquidazione e accantonando spese e perdite future di liquidazione, che il curatore facilmente può riscontrare in base agli eventi successivamente verificatisi. Data l'intima correlazione esistente fra le operazioni di gestione, che non consente, salvo casi particolari, la loro enucleazione, col criterio suddetto si rispetta il principio di causalità fra evento e danno, anche ai fini dell'accertamento dell'aggravamento del dissesto penalmente sanzionato.