Rispetto all'introduzione di un contratto acausale, seppur unico ed insuscettibile di proroga, nel tessuto della riforma, l'A. ritiene che vi sia innegabilmente uno strappo ed un arretramento rispetto alla previgente disciplina. L'A. evidenzia, altresì, la sfiducia nel sistema delle relazioni industriali del legislatore che, nel riconoscere al datore di lavoro la possibilità di procedere alla stipulazione di più contratti a termine acausali senza limite di durata, qualora ciò sia previsto dalla contrattazione collettiva, ridimensiona fortemente il margine di intervento lasciato all'autonomia collettiva, prevedendo che l'acausalità possa riguardare soltanto i contratti a termine avviati nell'ambito di specifici processi organizzativi determinati da "ragioni" individuate "ex lege". Tale previsione appare controproducente allorché illogica in quanto le ragioni indicate essendo oggettive e controllabili, quindi tali da soddisfare la clausola generale di cui all'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 368/2001, non avrebbero bisogno di "imprimatur" da parte della contrattazione collettiva. L'A. conclude con l'analisi delle modifiche che la legge di riforma ha apportato all'art. 32, l. n. 183/2010, con riguardo alla disciplina della decadenza e dell'indennità onnicomprensiva in caso di conversione del rapporto di lavoro a termine.
Secondo l'A. il legislatore ha mostrato, quindi, di accogliere in certa misura l'equiparazione tra contratto a termine e contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato allorché ha esteso ad entrambi la possibilità di un primo contratto acausale, stabilendo poi che entrambi concorrono al compimento del tetto dei 36 mesi per l'acquisizione del diritto del lavoratore ad essere assunto a tempo indeterminato. Tuttavia, l'A. evidenzia che, dalla disamina del contesto comunitario e nazionale, non mancano elementi per una loro differenziazione. L'analisi prosegue con l'esame della giurisprudenza in tema di somministrazione di lavoro, mettendo in luce la questione concernente le tecniche e le modalità del controllo giudiziale sulla sussistenza delle ragioni legittimanti il ricorso alla somministrazione. L'A. conclude mettendo in evidenza, altresì, che la legge introduce delle ipotesi in cui è consentito concludere un contratto di somministrazione a termine o a tempo indeterminato senza specificare le ragioni che ne sono alla base o al di fuori delle ipotesi, per la somministrazione a tempo indeterminato, previste dall'art. 20 del d.lgs. n. 276/2003. In alcune ipotesi una siffatta possibilità è ancorata al possesso da parte del lavoratore di alcuni requisiti soggettivi, come essere iscritto alle liste di mobilità o essere considerato lavoratore svantaggiato. Se nei casi che si sono sopra esaminati la somministrazione è ammessa in ragione delle caratteristiche soggettive del lavoratore, nella recentissima ipotesi prevista dall'art. 1 della l. n. 92/2012 la possibilità di concludere una somministrazione a termine acausale dipende dalla condizione sia del lavoratore sia dell'impresa utilizzatrice, che non debbono mai avere avuto rapporti di lavoro. Accanto alle ipotesi in cui è consentita la conclusione di un contratto di somministrazione lavoro acausale in ragione delle condizioni soggettive del lavoratore o di quest'ultimo e l'utilizzatore, la legge prevede anche delle ipotesi in cui la acausalità sia slegata da requisiti soggettivi e sia collegata solo ad esigenze previste dalla contrattazione collettiva.
L'A. si sofferma in particolare sul contratto a termine, rinnovato con la previsione di un primo contratto acausale, sui contratti di lavoro autonomo, resi sempre più difficili quando si muovono su una linea di confine con il lavoro dipendente, e sui rapporti di stampo associativo, anch'essi profondamente revisionati in una prospettiva restrittiva. Dopo avere esaminato i punti più problematici di ciascun istituto, l'A. si sofferma sulle tecniche attraverso cui il legislatore è orientato a rendere "dominante" il contratto di lavoro a tempo indeterminato e parallelamente a restringere l'ambito soggettivo del lavoro autonomo. Nell'esame complessivo emergono scelte di politica del diritto, in parte alquanto condivise, che pure faranno emergere notevoli dubbi di illegittimità costituzionale.
In particolare, vengono analizzati il contratto a termine "acausale" di cui all'art. 1-bis d.lgs. n. 368 del 2001, la disciplina della prosecuzione del rapporto oltre il termine originariamente pattuito, il nuovo regime degli intervalli per il caso della successione fra contratti.
Il contratto a termine "acausale" prima del D.L. 34/2014
La pronuncia in commento, pur intervenendo su un tessuto normativo ormai da tempo superato (L. n. 230/1962 e L. n. 56/1987), apre, mediante un "obiter dictum", ad alcune riflessioni sul ruolo del contratto a tempo determinato quale eccezione rispetto all'assunzione "sine die" e sugli spazi per l'assunzione a termine "acausale", almeno sino alla recente "liberalizzazione" dell'istituto ad opera del D.L. 34/2014 (convertito in L. 78/2014). Ne emerge un quadro non privo di interrogativi e contraddizioni, frutto di una disciplina oggetto di continui interventi del legislatore nel tempo, non sempre coerenti con il principio cardine, di recente riaffermato, per cui il contratto a tempo indeterminato costituisce la "forma comune di rapporto di lavoro" (art. 1, comma 1, D.Lgs. 368/2001, nella sua attuale formulazione).
Quanto al lavoro somministrato, risente delle modifiche introdotte al tempo determinato: ampliamento "acausale" e contrazione o flessibilizzazione negoziata degli stacchi.
Il saggio analizza i più recenti interventi legislativi che si propongono di rispondere alle istanze di flessibilità delle imprese attraverso un riordino delle forme contrattuali, affiancando al rapporto a termine acausale un contratto di inserimento a tutele crescenti, senza tralasciare il ruolo rivestito dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria nell'interpretazione delle norme previste dalla direttiva n. 1999/70, con particolare riferimento alla successione di contratti a tempo determinato e alle sanzioni previste a tutela dei lavoratori temporanei.
Ne esamina poi i rapporti con la nuova disciplina del contratto a termine acausale e con le proposte di introduzione del c.d. contratto unico. Da ultimo, formula proposte "de iure condendo" incentrate sulle possibilità di adattamento della fattispecie tipica del lavoro subordinato.
Infine, la finalizzazione del gettito dell'imposta alla realizzazione di un obiettivo specifico appare ontologicamente in contrasto con la nozione e la funzione stessa dell'imposta che, in virtù del suo carattere acausale, esclude ogni relazione specifica con le attività di un ente pubblico realizzate in favore del soggetto passivo.