Sotto il profilo soggettivo, infatti, l'odierna pronuncia rappresenta la prima decisione su un conflitto di attribuzione in materia referendaria che non sia stato sollevato dai promotori di una richiesta abrogativa: come la Consulta, in realtà, non si pronuncia, sostanzialmente, sul punto, preferendo dichiarare inammissibile il conflitto de quo per carenza dei requisiti oggettivi, l'autore richiede che risulti (quanto meno) dubbio che si possa riconoscere la possibilità di sollevare conflitto tra poteri al "delegato effettivo" di un Comune che chiede l'indizione di un referendum ai sensi dell'art. 132 comma 2 Cost. Sotto il profilo oggettivo, inoltre, l'ordinanza si inserisce nel copioso filone giurisprudenziale delle decisioni su conflitti da atto legislativo, risultando, tuttavia, più restrittiva - nell'opinione dell'A. - nell'indicazione dei requisiti necessari per l'ammissibilità del ricorso, rispetto a quanto poteva desumersi dalla lettura di alcuni passaggi-chiave della (pur richiamata) sent. n. 457 del 1999. Secondo: per la prima volta la Corte riconosce, in maniera esplicita, la natura sia soggettivamente che oggettivamente giurisdizionale dell'Ufficio centrale per il referendum. Terzo: la Consulta, in un obiter dictum, sembra sposare la tesi dell'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni contenute nella l. n. 352 del 1970, a seguito delle modifiche apportate, con la riforma del Titolo V della seconda Parte della Costituzione, all'art. 132 comma 2 Cost. Tale opinione è condivisa dall'A. alla luce di alcune considerazioni di vario genere e spessore.
Alcun supporto al riguardo è rinvenibile nelle linee guida, le quali non avendo forza abrogativa della legge n. 40 del 2004, sono in parte qua, giuridicamente inutili.
La netta presa di posizione della Corte costituzionale chiude, con una pronuncia abrogativa e con il conseguente vuoto disciplinare, la travagliata vicenda della denunziata assenza, nei testi legislativi ultimamente approvati in materia di riscossione dei tributi, di termini decadenziali effettivamente in grado di circoscrivere ragionevolmente nel tempo la sottoposizione del contribuente all'azione esecutiva fiscale. Si aprono delicate questioni sull'incidenza della pronuncia della Corte nella normativa collaterale e sulle pendenze in atto.
.), disattendendo la reale portata della recente pronuncia di illegittimità costituzionale (Corte cost. n. 280/2005), non meramente "abrogativa" ma "additiva di principio".
Dopo la ratifica della Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, intervenuta con legge 16 marzo 2001, n. 108, e, soprattutto, con la nuova direttiva 2003/34/CE, abrogativa della precedente direttiva 90/313/CEE, il diritto d'accesso alle informazioni ambientali, la cui disciplina generale è rinvenibile nella legge 816/1985, legge 142/1990 e legge 241/19990, è destinato ad evolversi nei suoi contenuti, limiti e garanzie. Il contributo mira a fornire un quadro generale sulla normativa vigente nel nostro ordinamento, anche attraverso richiami alla più recente e significativa giurisprudenza in materia, in correlazione alla disciplina generale del diritto di accesso alla documentazione amministrativa di cui alla legge 241/1990.
Il contributo riportato esamina la nuova procedura introdotta dall'art. 36, comma 1 bis, primo periodo, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. dalla l. 6 agosto 2008, n. 133, per il deposito e la successiva iscrizione nel registro delle imprese del documento informatico nel quale è rappresentato il negozio di trasferimento delle quote di partecipazione di società a responsabilità limitata, evidenziando come alcune decisioni ed alcuni autori abbiano effettuato una ingiustificata interpretazione abrogativa della predetta disposizione, frustrando, in tale modo, le finalità di semplificazione che il legislatore ha inteso realizzare mediante l'emanazione della medesima normativa.
.; la natura anche soltanto "demolitiva" o "abrogativa" della volontà testamentaria; la rilevanza dell'"animus revocandi" e la configurabilità della c.d. revoca soggettiva o intenzionale; il problema della posteriorità della revoca; l'applicabilità dell'art. 686 c.c. - che configura la revoca tramite alienazione o trasformazione della cosa legata - alla c.d. "heredis institutio ex certa re" (art. 588, comma 2, c.c.). La riflessione si prefigge, tra l'altro, di affrontare il complesso tema della disciplina applicabile agli atti di autonomia negoziale non già tramite astratte e acritiche trasposizioni normative tratte dal diritto contrattuale, né attraverso la creazione di sistemi e sottosistemi (disciplina del contratto e disciplina del testamento) non comunicanti, bensì mediante un attento esame delle specifiche peculiarità delle singole fattispecie. Tale prospettiva impone all'interprete di rifuggire dalla distinzione tra atti "inter vivos" e "mortis causa", bilaterali e unilaterali, e, al contrario, di individuare la normativa del caso concreto attraverso il ricorso ai criteri di compatibilità, adeguatezza e congruenza, nonché ad una prospettiva funzionale, sensibile agli interessi di volta in volta coinvolti nella fattispecie concreta.
La pronuncia in esame del Tribunale di Roma si segnala, tra le prime decisioni edite in tema di disciplina intertemporale dei nuovi parametri per la liquidazione dei compensi professionali contenuti nel D.M. 140/2012 per un'accurata analisi del fenomeno della successione delle fonti normative nel tempo, sia con riferimento alla natura, sostanziale o processuale, della disposizione normativa sia con riguardo al rapporto tra lo norma di rango primario abrogativa della disciplina pregressa e quella regolamentare di attuazione.
(Organizzazioni Sindacali) deve essere conforme ai generali canoni di buona fede e correttezza e, alla stregua di tale principio, ha cassato la sentenza di merito ritenendo che la prolungata inerzia del sindacato nel reagire alla violazione di una norma collettiva pur non avendo efficacia abrogativa della norma non consenta al medesimo di agire ex art. 28 stat. lav. per far valere la persistente vigenza ed applicazione della norma.
A chi spetta verificare la legittimità costituzionale, sotto il profilo della competenza, della legge statale abrogativa (e correlativamente l'illegittimità costituzionale di quella regionale, conseguentemente abrogata): alla Corte costituzionale o al giudice comune? E vale la reciproca, nel senso che un'identica forza abrogativa può o deve riconoscersi anche alla legge regionale successiva competente rispetto a leggi statali precedenti incostituzionali?
Non convince la sentenza n. 6 del 2015 della Corte costituzionale, che ha dichiarato inammissibile il referendum abrogativo della "legge Fomero", di riforma del sistema pensionistico, ritenuta produttiva di effetti collegati alla legge di bilancio e, come tale, sottratta a consultazione referendaria abrogativa ex art. 75 Cost. Siffatta legge, infatti, venne emanata da un Parlamento "dei nominati", il che mette in discussione, secondo la stessa Corte, il "pactum societatis", che è alla base del divieto previsto dall'art. 75 Cost.
Dottrina e giurisprudenza sull'efficacia abrogativa della delega di depenalizzazione, tuttavia, hanno il merito di avere evidenziato un inedito profilo di criticità della già problematica relazione tra riserva di legge in materia penale e decretazione legislativa.