.), escludendo che si sia verificato il fenomeno della c.d. abrogatio sine abolitione, con contestuale riespansione del delitto di appropriazione indebita. Una conclusione che lascia perplessi, alla luce degli stessi argomenti impiegati dalle Sezioni Unite, che pur ribadendo la centralità del criterio del confronto strutturale tra fattispecie astratte hanno riconosciuto ampi spazi all'utilizzo, in chiave integrativa, di apporti valutativi tipicamente riconducibili allo schema della continuità del tipo di illecito.
Altrettanto correttamente, le Sezioni Unite ritengono tuttavia prospettabile un'ipotesi di abrogatio sine abolitio, in quanto dall'abrogazione della bancarotta impropria potrebbe derivare la riespansione delle "fattispecie minori" (di false comunicazioni sociali e di appropriazione indebita), originariamente assorbite; assai opinabile (ed incerto negli esiti) l'abbandono dei criteri strutturali a favore di considerazioni valoriali per decidere se tale ipotesi in concreto si realizzi. In conclusione, sono comunque i limiti cognitivi del giudizio di esecuzione che non consentono di riqualificare il fatto ed impongono il definitivo riconoscimento degli effetti abolitivi.
La decisione in commento, che si sofferma sulla delicata questione della distinzione tra abolitio criminis e abrogatio sine abolitione, non appare completamente convincente. La soluzione accolta secondo la quale l'eliminazione di ogni riferimento all'amministrazione controllata ad opera del D.lg. 9 gennaio 2005, n. 5, avrebbe comportato una vera a propria abolitio criminis del delitto di bancarotta impropria in amministrazione controllata, si basa su una premessa che non sembra cogliere nel segno, quale è quella che ravvisa diversità di presupposto e finalità tra l'istituto di cui all'abrogato Titolo IV della legge fallimentare e il nuovo concordato preventivo. La riformulazione della procedura delineata dall'art. 187 l. fall. porta invece a ritenere che il nuovo concordato ricomprenda e assorba ipotesi riconducibili alla vecchia amministrazione controllata, circostanza da cui deriverebbe il riconoscimento di continuità tra la fattispecie di bancarotta in amministrazione controllata, oramai espunta dall'ordinamento e la attuale fattispecie di bancarotta c.d. concordataria.
Le Sezioni unite hanno escluso che nel caso di specie si sia verificato il fenomeno della c.d. abrogatio sine abolitione: la soppressione del reato di cui allart. 236, cpv., n. 1 l. fall. non ha fatto riespandere larea applicativa del coesistente delitto di appropriazione indebita (art. 646 c.p.). Ad avviso della Corte, il canone strutturale, che in questa ipotesi deve essere confermato da quello valutativo (lomogeneità dei beni giuridici protetti), evidenzia una relazione di eterogeneità strutturale tra le due fattispecie astratte, tale da escludere la loro continuità normativa.
Evidenziata la differenza che, sul piano degli effetti, sussiste tra il fenomeno dell'"abrogatio legis" e quello dell'illegittimità costituzionale, le Sezioni unite hanno stabilito che, nonostante la sentenza sia divenuta irrevocabile, è doveroso rimuovere la pena illegale, affidando il relativo compito al giudice dell'esecuzione. Il principio, già in precedenza statuito, viene esteso ai casi in cui la Consulta abbia invalidato una qualsiasi norma penale suscettibile di rendere più severo il trattamento sanzionatorio. Se gli approdi decisori meritano piena adesione, non sembrano immuni da rilievi critici alcuni passaggi argomentativi basati su un'idea relativistica del giudicato, alla cui forza vincolante viene opposta l"'attualità" del rapporto giuridico sotteso all'esecuzione della pena.