La recente legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici abroga la normativa esistente e distribuisce le funzioni tra Stato, Regioni ed Enti locali, accentrando in capo all'Esecutivo un insieme di decisioni relative, tra l'altro, a limiti di esposizione, valori di attenzioni, obiettivi di qualità. Assegna alle Regioni competenze essenzialmente amministrative di carattere urbanistico ed ai Comuni un potere regolamentare volto ad assicurare il corretto insediamento urbanistico degli impianti e a minimizzare l'esposizione della popolazione a campi elettromagnetici; le Province e i Comuni, poi, sono attributarie di una funzione di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale sull'attuazione della legge. Il testo normativo non indica, però, con sufficiente chiarezza le modalità con cui gli Enti locali esercitano i loro poteri di governo sul territorio. Permangono, tuttavia, incertezze legate al quadro organizzativo e funzionale disegnato dalla nuova legge, ai recenti orientamenti della giurisprudenza e alla probabile entrata in vigore della legge costituzionale recante "Modifiche al titolo V della seconda parte della Costituzione", la quale rischia di produrre una nuova frammentazione delle regole.
Infine, si abroga l'ordinanza del 2 marzo 2000 e si concede un periodo transitorio, sino al 30 giugno 2003, affinché tutti gli operatori in sede propria o su strada si adeguino alla nuova normativa.
Viene introdotto un nuovo obbligo dichiarativo da assolversi in sede di dichiarazione dei redditi, si prevede l'esecuzione di controlli ex art. 36-bis del d.p.r. n. 600/1973 a cura dell'Agenzia delle Entrate, si stabilisce che la determinazione delle aliquote d'imposta compete al consiglio comunale e non più alla giunta, si abroga il riferimento normativo relativo alla determinazione della base imponibile per i fabbricati privi di rendita catastale, si modifica la disciplina relativa agli immobili attratti nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa, si precisa il concetto di abitazione principale, si sostituiscono le norme relative all'esecuzione degli accertamenti e dei rimborsi, alla misura degli interessi di mora ed al computo degli stessi, si cambiano le modalità di esecuzione dei versamenti. Non tutte le novità sembrano però in grado di migliorare il quadro normativo di riferimento, posto che alcune si risolvono in appesantimenti e non in semplificazioni per i contribuenti e per i Comuni.
Il regolamento finanziario del 2006, a differenza di quello del 2002, non abroga la precedente disciplina di bilancio, ma si limita ad apportare alcune modifiche. Il legislatore comunitario, infatti, ha riconosciuto la validità della riforma già in atto ed è intervenuto per chiarire il contenuto di alcuni principi fondamentali; inoltre ha cercato di omogeneizzare i criteri di controllo della spesa nei casi di coamministrazione a quelli utilizzati dalla Commissione per le spese in gestione diretta. Ne consegue un quadro più chiaro ed omogeneo all'interno del quale inserire i diversi procedimenti di spesa disciplinati nei regolamenti settoriali.
Il regolamento emanato con d.p.r. 28 gennaio 2008, concernente l'organizzazione e il funzionamento della Scuola superiore della Pubblica Amministrazione locale, abroga e sostituisce il precedente regolamento organizzativo di cui al d.p.r. 20 ottobre 1998, n. 396. Il provvedimento è dettato da una duplice esigenza: adeguare la disciplina al nuovo assetto istituzionale; razionalizzare ed ammodernare la struttura, anche con l'obiettivo di ridurre i costi dell'apparato amministrativo.
Il regolamento abroga il precedente regolamento del 2000 e segna un importante passo avanti nella costruzione di una Comunità di diritto, dove le sentenze rese in uno Stato membro trovano automatica applicazione negli altri Stati membri.
La direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2006 "relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE del Consiglio e abroga la direttiva 84/253/CEE del Consiglio", ha dettato delle norme generali in tema di abilitazione di persone fisiche ed imprese all'esercizio dell'attività di revisione controllo pubblico sull'esercizio dell'attività di revisione cooperazione tra Stati membri dell'U.E. e con paesi terzi, in materia di esercizio dell'attività di revisione. Il Consiglio dei Ministri del 28 ottobre ha approvato, in prima lettura, lo schema di Decreto legislativo oggetto di commento. L'attuazione della direttiva rappresenta l'occasione per il legislatore per effettuare una complessiva rivisitazione della disciplina nazionale relativa all'esercizio dell'attività di revisione contabile, accorpando in un testo unico tutte le disposizioni sulla revisione legale, abrogando e/o coordinando le disposizioni attualmente frammentate in numerosi testi di legge. Scopo del lavoro è una preliminare analisi del contenuto dello schema di decreto legislativo segnalando le principali novità - anche radicali - rispetto all'attuale disciplina contenuta nel codice civile e nelle leggi speciali per fornire una prima panoramica di come a breve cambierà l'attività di controllo legale dei conti.
La direttiva 2009/ CE abroga la preesistente direttiva, 1994/45 CE, concernente l'istituzione di un Comitato Aziendale Europeo o di una procedura per l'informazione e consultazione dei lavoratori nell'ambito delle imprese o gruppi di imprese di dimensioni comunitarie. Il presente contributo chiarisce la natura, il contesto e gli obiettivi della procedura di rifusione, evidenziandone le principali innovazioni, che riguardano la riduzione delle competenze del CAR, circoscritte alle "questioni transnazionali", la definizione delle funzioni attribuite ai Comitati Aziendali Europei e l'articolazione tra i livelli di informazione e consultazione. Il contributo esamina poi le relazioni tra i CAE e i sindacati europei; si occupa delle lacune della disciplina contrattuale, e da ultimo, non per importanza, chiarisce la portata, ratione temporis, della direttiva di rifusione.
La legge di stabilità per il 2012 abroga quest'ultima forma di agevolazione, mentre continuano ad essere fruibili i crediti d'imposta a favore, sia delle imprese del settore cinematografico ("tax credit" per produttori, distributori ed esercenti), sia di quelle operanti in altri settori produttivi, a seguito degli apporti in denaro eseguiti per finanziare la produzione di opere filmiche di nazionalità italiana, riconosciute di interesse culturale, fino all'importo massimo di un milione di euro ("tax credit" esterno). In sostanza si tratta di un'articolata disciplina, che offre un'opportunità agevolativa di cui anche le imprese estranee al settore cinematografico possono fruire.
La riforma introduce alcune non rilevanti modifiche all'art. 34 del d.lgs. n. 276/2003, relativo ai casi di ricorso al lavoro intermittente, mantenendo anche la possibilità che esso sia concluso per predeterminati periodi della settimana del mese o dell'anno; abroga peraltro l'art. 37 che tali periodi definiva lasciando così all'interprete di individuare a chi ne spetti ora la predeterminazione. Con il nuovo comma 3 bis dell'art. 35 è invece introdotta una rilevante novità dato che si fa obbligo al datore di lavoro di comunicare preventivamente, alla Direzione territoriale, la durata di ogni prestazione lavorativa. La previsione sembra corrispondere alle finalità dell'intervento legislativo dichiaratamente volto ad evitare l'uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità introdotti nell'ordinamento con riguardo alle tipologie contrattuali. Il controllo sulla durata delle prestazioni può contrastare evasioni contributive e fiscali ma può essere anche utile a verificare che vi sia effettiva "intermittenza" delle prestazioni tale da giustificare la stipulazione del contratto a chiamata evitando il ricorso ad altre, meno flessibili tipologie contrattuali.
Il Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea hanno approvato la Direttiva 26 giugno 2013, n. 2013/34/Ue che abroga le precedenti Direttive contabili comunitarie (Direttiva 78/660/Cee e 83/349/Cee). Nella nuova Direttiva le disposizioni relative alla redazione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato, in precedenza contenute nelle due Direttive oggetto di abrogazione, sono state unificate. Si tratta di un ampio intervento di riforma del diritto contabili europeo che dovrà essere recepito dai singoli Stati membri entro il 20 luglio 2015. Elemento di particolare novità è rappresentato dall'individuazione di soglie quantitative dimensionali (rapportate al totale dello Stato patrimoniale, al totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni e al numero medio dei dipendenti) che vengono a definire le nozioni di microimprese, piccole imprese, medie imprese e grandi imprese nonché di piccolo gruppo, medio gruppo e di grande gruppo. Tali soglie quantitative determinano semplificazioni nei nuovi schemi di Stato patrimoniale e di Conto economico previsti nella Direttiva e, in particolare, una maggiore o minore numerosità di informazioni che devono essere fornite nella Nota integrativa da parte del redattore del bilancio. Ulteriormente, tali soglie dimensionali definiscono un articolato regime di esenzioni e di semplificazioni disciplinato, in particolare, dagli articoli 31 e 36 della Direttiva. La Direttiva individua numerose opzioni, anche con riferimento ai criteri di valutazione, che potranno essere adottate o non adottate dai singoli Stati membri o adottate limitatamente alla redazione del bilancio di esercizio o alla redazione del bilancio consolidato di gruppo o, ancora, adottate limitatamente a determinate categorie di imprese.
Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea hanno approvato la Dir. 26 giugno 2013, n. 2013/34/UE che abroga le precedenti Direttive contabili comunitarie (Dir. 78/660/CEE e 83/349/CEE). Nella nuova Direttiva le disposizioni relative alla redazione del bilancio di esercizio e alla redazione del bilancio consolidato, in precedenza contenute nelle due Direttive oggetto di abrogazione, sono unificate. Si tratta di un ampio intervento di riforma del diritto contabili europeo che dovrà essere recepito dai singoli Stati membri entro il 20 luglio 2015. Elemento di particolare novità è rappresentato dall'individuazione di soglie quantitative dimensionali (rapportate al totale dello Stato patrimoniale, del totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni e dal numero medio dei dipendenti) che vengono a definire le nozioni di microimprese, piccole imprese, medie imprese e grandi imprese nonché di piccolo gruppo, medio gruppo e di grande gruppo. Tali soglie quantitative determinano semplificazioni nei nuovi schemi di Stato patrimoniale e di Conto economico previsti nella Direttiva e, in particolare, una maggiore o minore numerosità di informazioni che devono essere fornite nella Nota integrativa da parte del redattore del bilancio. La Direttiva individua numerose opzioni, anche con riferimento ai criteri di valutazione, che potranno essere adottate o non adottate dai singoli Stati membri o adottate limitatamente alla redazione del bilancio di esercizio o alla redazione del bilancio consolidato di gruppo oppure adottate limitatamente a determinate categorie di imprese.
Nel campo del lavoro autonomo, abroga la normativa sul lavoro a progetto e sull'associazione in partecipazione, sostituendola con nuove disposizioni sul lavoro "etero-organizzato", cui dichiara applicabile la normativa sul lavoro subordinato. L'A. discute le principali opzioni che pone all'interprete la nuova formula, sia sul piano interpretativo, sia sul piano sistematico, per poi interrogarsi circa la possibile apertura di una nuova fase del "Jobs Act", caratterizzata da una maggiore attenzione alle diverse tipologie di lavoro, in particolare di quelle autonome.
Abroga il "vecchio" codice n. 163/2006. Consta di 220 articoli e XXV allegati, e dovrà essere completato con le linee guida, ministeriali e dell'ANAC [Autorità nazionale anticorruzione], oltre che con svariati altri decreti ministeriali, destinati a sostituire il precedente regolamento (d.P.R. n. 207/2010) con circa 50 atti attuativi di svariate tipologie. Abbandona, infatti, il modello del regolamento unico di attuazione, che sarà sostituito da svariate tipologie di linee guida (dalla "dura lex sed lex" alla "soft law but law"). Si presenta di dimensioni di poco inferiori al codice del 2006, come implementato nell'arco di 10 anni, e meno "magro" di quanto lo fosse il codice del 2006 alla sua data di nascita. Dovrà da subito districarsi tra il partito di chi voleva meno "gold plating" e quello di chi ne voleva di più. Opera scelte di sistema che impattano anche sull'assetto delle fonti del diritto, della "governance" del settore, degli equilibri tra organi costituzionali. Dovrà affrontare prevedibili questioni di costituzionalità e di compatibilità comunitaria, oltre che il banco di prova, non sempre morbido, della giurisdizione. Soprattutto, dovrà riuscire a mantenere la promessa di semplificazione e snellezza nonostante i numerosi atti attuativi numerosi atti attuativi ("soft law" o feudalismo normativo?) In conclusione, legge delega e codice fanno una diagnosi corretta dei mali italiani nel settore degli appalti pubblici e prescrivono una cura appropriata: l'importante, ora, è prendere le medicine, senza ripensamenti.