Lo studio riporta le comparazioni tra il fenomeno abortivo, la natalità, la mortalità infantile, le condizioni socio-economiche. Una correlazione inversa viene alla luce tra i tassi di abortività indotta e l' "indice di sviluppo umano", specialmente a confronto del livello culturale e del prodotto interno lordo pro capite. L' A. suppone che nelle regioni più sviluppate la diminuzione della abortività registrata sia associata anche al largo uso di metodi contraccettivi. Nelle regioni meno sviluppate dell'ex Unione Sovietica la diminuzione degli aborti indotti può essere correlata con l'attenuazione del potere dello Stato sul controllo coercitivo delle nascite. L' A. ipotizza che l'ampia diffusione degli aborti indotti, specialmente se ripetuti, è anche un importante fattore di depressione morale, sociale ed economica. Nel mondo che cambia l'aborto volontario è ancora una persistente forma di miseria. Anche la scuola, quale fondamentale agenzia educativa, è stata chiamata a fornire il suo contributo per favorire una cultura bioetica o una educazione alla bioetica, attraverso un Protocollo d'intesa siglato nell'ottobre 1999 tra il Ministro della Pubblica Istruzione e il Comitato Nazionale per la Bioetica riguardante l'inserimento stabile della bioetica nelle scuole italiane.
Dopo aver descritto i vari prodotti e protocolli in uso a tale scopo, alla luce dei dati riscontrati nella letteratura internazionale, le AA. hanno messo in evidenza come, nonostante sia possibile un effetto inibente l'ovulazione, in realtà in larga parte - nel 70-100% dei casi - il meccanismo di azione di questi prodotti è abortivo e non contraccettivo. Essi impediscono, infatti, la continuazione della gravidanza, attraverso l'azione sul corpo luteo, sulla tuba e, in particolare, sull'endometrio: tre effetti che interferiscono con la fase post-fertilizzazione, quindi con lo sviluppo dell'embrione, già presente se il rapporto è stato fecondo. Le AA. evidenziano la manipolazione semantica operata sia in ambiti scientifici, sia in ambiti istituzionali per migliorare l'accettabilità, da cui sorge la necessità di dare informazioni chiare e obiettive sul reale meccanismo d'azione di questi prodotti rispetto all'eventuale instaurarsi di una gravidanza.
Il contributo porta sinteticamente a conoscenza i risultati di alcune ricerche, condotte in diversi Paesi, sul disagio post-abortivo. Sensi di colpa, idee autolesioniste, depressione, abuso di alcool o stupefacenti, disturbi del comportamento, ipervigilanza, "sindrome dell'anniversario" sono solo alcuni tra i sintomi osservati. I dati emergono da studi conformi alla metodologia dell'indagine psicologica e non appaiono pertanto condizionati dall'approccio alla problematica dell'aborto. Se ne traggono conclusioni circa le strategie preventive del ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza e circa il ruolo assegnato al pericolo per la salute psichica della donna dalla legislazione in materia di aborto. Tale pericolo risulta, invero, fondatamente riscontrabile, alla luce dei dati raccolti, proprio laddove un'interruzione volontaria della gravidanza venga effettuata. Ciò conduce ad esprimere il convincimento che gli interessi del concepito e della madre rispetto alla gravidanza "non siano in contrapposizione, ma in stretta, reciproca correlazione".
Per dare una risposta a questinterrogativo, è stato necessario studiare, innanzitutto, il meccanismo di azione del levonorgestrel: solo qualora si fosse riscontrata la possibilità di un effetto abortivo, sarebbe stato possibile appellarsi alla suddetta legge. Poiché si è giunti alla conclusione che, accanto all'unico effetto contraccettivo (inibizione/ritardo dell'ovulazione) dimostrato, sono presenti anche e soprattutto effetti in fase post-fertilizzazione, è stata presa in esame la riflessione giuridica in materia. Alla luce dell'ordinamento italiano, il rifiuto di prescrivere/somministrare il "Norlevo" rientra nelle previsioni dell'art. 9 della l. 194/1978, ma anche qualora questo non venisse riconosciuto, si rende sempre configurabile - a fronte del bene "vita umana" - anche una sorta di "clausola di coscienza" in base alla quale il medico ha diritto ad agire secondo i propri convincimenti interiori.
Nasce un vivace dibattito, tutt'ora aperto, che vede la formazione di due opinioni differenti: da una parte coloro che, considerando la salpingostomia e il Mtx come attacchi diretti alla vita fetale, negano la possibilità terapeutica mediante l'approccio conservativo in quanto costituirebbe aborto diretto; dall'altra coloro che, considerando in modo diverso l'oggetto dell'atto medico di salpingostomia e della somministrazione del Mtx, vedono lecito l'approccio conservativo in quanto indirettamente abortivo. L'A. offre un bilancio critico e una sua proposta terapeutica tenendo in conto sia il valore della vita e della salute materna che quello della vita dell'embrione ectopico nel rifiuto di quelle opinioni che, con vena proporzionalistica, considerano la soppressione fetale come male minore giustificandola con il fatto che, tanto, l'embrione ectopico, è naturalmente destinato alla morte.
Un aspetto importante da considerare nella valutazione etica di un farmaco usato per la contraccezione d'emergenza è il suo meccanismo d'azione, in quanto tale valutazione sarà molto diversa se il farmaco agisce inibendo o ritardando l'ovulazione o impedendo l'impianto della blastocisti nell'utero materno, dal momento che in quest'ultimo caso eserciterebbe la sua azione portando a termine la vita di un embrione in vita, secondo dunque un meccanismo abortivo. In relazione al meccanismo d'azione dell'Ellaone, quando la pillola è assunta cinque giorni prima dell'ovulazione la sua azione sarà fondamentalmente anticoncezionale, e lo stesso se è assunta quattro giorni prima. Se assunta tre giorni prima dell'ovulazione, può essere anticoncezionale o anti-impiantatorio, ma da allora in poi, il meccanismo attraverso cui l'Ellaone è in grado di prevenire le gravidanze indesiderate sarà anti-impiantatorio o, in altre parole, abortivo. In sintesi, tra il 50 e il 70 per cento del tempo, Ellaone agirà secondo un meccanismo abortivo. Ci sembra che questa sia la realtà oggettiva circa il meccanismo d'azione dell'acetato ulipristal (Ellaone), e quindi il suo effetto anti-impiantatorio dovrà essere preso in considerazione per l'elaborazione di un giudizio etico sul suo uso.
Di seguito concentrano l'attenzione sul significato e l'estensione del concetto di intervento medico-chirugico in generale e abortivo in particolare, osservando che nella misura in cui un'attività, sebbene non rientrante nel "nucleo" dell'intervento, è programmata dall'inizio come fase conclusiva (tanto che se non vi fosse la certezza di effettuarla, non potrebbe neanche iniziarsi l'intervento) tale attività è parte integrante dell'intervento stesso e dunque, trattandosi di aborto, coperta da obiezione di coscienza. Rilevante ai fini di questa valutazione è l'evidente nesso di causalità che tiene in un tutto unitario i vari momenti che si susseguono cronologicamente. La questione squisitamente giuridica della revoca immediata dell'obiezione viene risolta alla luce della differenza tra l'eventuale accettazione preventiva e l'esecuzione dell'ordine imprevisto. L'aspetto comunque più significativo è legato all'interrogativo che fa da cornice a tutto il contributo: perché tanta avversione contro l'obiezione di coscienza sanitaria con riferimento all'aborto? La risposta si trova nella negazione esplicita o implicita, ma anche nella semplice dimenticanza, che il figlio è figlio sin dal momento del concepimento. "Il diritto" di aborto - si legge nella sentenza della Cassazione - "è stato riconosciuto come ricompreso nella sfera di autodeterminazione della donna". Questo pensiero, sottolineano gli AA., è espressione di una deriva che, avviatasi con la sentenza costituzionale del 1975, avanzata con la legge 194/1978 e gravemente consolidatasi con la pretesa del "diritto" di aborto, nasce dal rifiuto di porre lo sguardo sul figlio concepito e, di conseguenza, avversa l'obiezione di coscienza. Per questo c'è ancor più bisogno di ripetere, concludono gli AA., che il fondamento e la tutela dell'obiezione di coscienza dipendono dal riconoscimento che il concepito è uno di noi. Interessanti anche gli spunti giuridici di livello internazionale.
La decisione ripropone, in termini inusuali, il tema del diritto alla programmazione della genitorialità e della sua lesione da parte del sanitario, cui si imputa non già la scorretta esecuzione di un intervento abortivo o il fallimento di un intervento di sterilizzazione, bensì l'errata prescrizione di un farmaco contraccettivo.