In linea con quanto stabilito dalla Corte di giustizia nel precedente Wilson, il rifiuto di accogliere la domanda di un cittadino italiano appartenente al Colegio de abogados de Barcelona perché privo di una sufficiente esperienza professionale in Spagna è incompatibile con le disposizioni della direttiva 98/5/CE. Dopo avere delineato le peculiarità della cosiddetta "via spagnola", l'A. esamina il principio del divieto di abuso del diritto nella giurisprudenza comunitaria e verifica la possibilità di condizionare l'iscrizione ad un colloquio con il richiedente. Infine, viene valutata la compatibilità delle prassi seguite da alcuni consigli provinciali nei confronti degli abogados con le norme europee di concorrenza alla luce dell'istruttoria recentemente avviata dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sulla base dell'art. 101, n. 1, TFUE.
Il caso degli "abogados" dinanzi alla Corte di giustizia
Nel corso dell'ultimo decennio migliaia di laureati in giurisprudenza si sono recati in Spagna per ottenere il riconoscimento del titolo e, successivamente, esercitare la professione in Italia come "abogados". Le preoccupazioni del Consiglio Nazionale Forense e dei Consigli dell'Ordine locali dinanzi alla magnitudo del fenomeno si sono tradotte in una serie di misure restrittive ritenute incompatibili con il Diritto dell'Unione europea. Investito di un ricorso avverso un provvedimento del CoA di Macerata, il CNF ha presentato alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali concernenti l'interpretazione e la validità dell'art. 3 della Direttiva n. 98/5/Ce sulla libertà di stabilimento degli avvocati. Il presente contributo analizza la c.d. "via spagnola" e la sentenza resa dalla Grande Sezione il 17 luglio 2014. In particolare, verranno prese in considerazione: la giurisprudenza relativa alla nozione di giudice nazionale ai sensi dell'art. 267 TFUE, determinante per l'ammissibilità del rinvio; il principio di divieto di abuso del diritto, invocato per giustificare le pratiche restrittive poste in essere da diversi CoA; l'obbligo di rispettare le identità nazionali sancito dall'art. 4, par. 2, TUE, fatto valere per contestare la validità dell'art. 3 della direttiva.