Il secondo aspetto, non adeguatamente esplicitato nella motivazione, consiste invece nella soluzione meramente ablativa dell'intera norma, adottata dai giudici, che determina un vuoto di tutela esteso a tutte le religioni per l'offesa ad un bene costituzionalmente protetto: la libertà religiosa. Un simile esito, presentato dalla corte come effetto dell'applicazione del principio di legalità in materia di reati e pene (art. 25 Cost.), viene criticamente esaminato dall'autore sulla base dei precedenti della giurisprudenza costituzionale, del dibattito dottrinale e del principio di laicità dello Stato, alla cui stregua di evidenzia come la corte avrebbe potuto più opportunamente optare per una soluzione che, salvando formalmente la norma, ne estendesse la portata soggettiva a tutela di tutte le fedi religiose.
La nuova misura dell'amministrazione di sostegno ha inciso significativamente sul regime di assistenza offerto alle persone deboli, rispetto alle tradizionali misure dell'interdizione e dell'inabilitazione che, nella rigida funzione ablativa della capacità di agire, da tempo apparivano inadeguate e, talvolta, addirittura dannose. La permanenza delle diverse misure di tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla legge n. 6/2004 attraverso la novellazione degli artt. 414 e 417 del codice civile, induce ad una sovrapponibilità delle aree di applicazione dei diversi istituti di tutela degli incapaci e, anche, ad alcune discrepanze applicative in riferimento ai criteri distintivi per la loro operatività. La nuova concezione dei diritti delle fasce deboli, espressa dalla riforma del 2004, sollecita peraltro un impegno articolato e complesso da parte delle istituzioni e dei servizi coinvolti nella cura della persona non autonoma, al fine di superare le vecchie categorie della incapacitazione e della sostituzione, apprestando strumenti adeguati a promuovere l'esigenza della tutela del beneficiario ed, insieme, le migliori condizioni esistenziali concretamente a lui possibili. La definizione e la formulazione delle direttive che, nelle specifiche circostanze del caso concreto, appaiono le più adeguate per curare gli interessi personali e patrimoniali dell'amministrato rappresentano i nodi cruciali di questo nuovo strumento. Emerge pertanto la necessità di una valutazione articolata e complessa, anche sulla base di eventuali e specifici contributi clinici, dei presupposti che sollecitano la nomina dell'amministratore di sostegno e degli eventuali provvedimenti a carattere riabilitativo che possono fornire supporto al beneficiario, in una visione integrata e corale. Significativo è quindi l'impulso che l'attività consulenziale in ambito clinico o psicosociale potrà fornire nell'esplorare e progettare i percorsi di aiuto al beneficiario, anche mediante la verifica dell'adeguatezza della misura in concreto applicata e la sua persistente idoneità a realizzare a pieno la funzione di tutela.
Ai diritti dei terzi coinvolti nella pretesa ablativa va dunque posta la dovuta attenzione.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, dopo aver risolto una pregiudiziale ed interessante questione sulla rilevanza processuale della querela di falso, affronta spetti salienti sul regime dell'acquisizione sanante ex art. 43 D.P.R. n. 327/2001, dall'attribuzione e competenza ad adottare il provvedimento acquisitivo all'ambito applicativo dell'azione ablativa estesa anche ai beni culturali.
Le Sezioni unite hanno riconosciuto natura di sanzione penale accessoria alla confisca del veicolo prevista per le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza e di rifiuto dell'accertamento del tasso alcolemico, ma con la recente riforma del codice della strada il legislatore ha per l'ennesima volta modificato il profilo delle norme incriminatrici e ha scelto di qualificare la misura ablativa come sanzione amministrativa accessoria.
Diversamente da quanto asserito in passato, la suprema Corte afferma che la misura ablativa non viene irrogata autonomamente dal giudice, ma deve essere prevista nell'accordo tra imputato e pubblico ministero: ne consegue che, qualora la domanda congiunta non si estenda anche a questa statuizione, l'organo giudicante dovrà rigettare la richiesta di applicazione della pena. Dopo aver brevemente ripercorso la giurisprudenza della Corte in ordine all'interazione tra patteggiamento e confisca, con particolare riguardo al tema della motivazione, l'A. si sofferma, da una parte, sulla legittimità e opportunità dell'allargamento della logica negoziale e, dall'altra, sui rapporti tra negozialità e matrice giurisdizionale.
Wittgenstein): la giurisprudenza di legittimità inverte il testo del Saltz 7, l'enunciato più famoso della filosofia occidentale contemporanea (Wovon man nicht sprechen kann, darüber muß man schweigen), e l'ignoranza di un idioma (la lingua italiana) non colmabile con la traduzione del testo nella lingua nota al soggetto passivo della sanzione ablativa della espulsione (presupposto negativo) non si conclude con il dovere di "tacere" (che escluderebbe la traduzione del testo in altra lingua), ma "si parla" al cd. espellendo in lingua "veicolare" (epilogo positivo). La problematica affrontata risulta intrinsecamente inserita nel più generale contesto della contrapposizione conoscenza-conoscibilità (i cui addendi, però, divengono ambigenere, attestandosi il noto paradosso socratico del "sapere di non sapere") degli atti rilevanti, che, per quanto riguarda la lingua e lo straniero, apre la forbice fra "traduzione effettuata e traduzione effettiva".
., ablativa della capacità matrimoniale in capo all'interdetto giudiziale.
La Suprema Corte si pronuncia, ancora una volta, sulla "vexata quaestio" del rapporto tra patteggiamento e confisca nei reati tributari, soffermandosi sul potere-dovere del giudice di disporre tale misura ablativa anche nell'ipotesi in cui non costituisca oggetto di accordo delle parti. Attraverso un "iter" argomentativo in linea con la giurisprudenza prevalente vengono sopiti alcuni dubbi circa l'applicazione, se integrale o parziale, dell'art. 322 ter c.p. nel caso di reati tributari, anche mediante il richiamo ai principi internazionali ed europei in tema di confisca. Infine, chiarita la natura giuridica di tale misura, la Corte di Cassazione individua i vincoli ai quali soggiace la sentenza di patteggiamento, risolvendo, sebbene solo in parte, molte delle problematiche concernenti la materia "de qua".
La confisca tributaria (anticipata dal sequestro preventivo) si presenta come una misura ablativa di carattere definitivo in grado di incidere sulla stessa ricchezza oggetto del potere impositivo dell'Amministrazione finanziaria. Ciò determina l'esigenza di individuare un coordinamento tra i diversi momenti procedimentali e processuali, tributario e penale, sia per evitare ingiustificate spoliazioni a carico del singolo sia per condurre a risultati interpretativi coerenti sul piano sistematico. In questa prospettiva, è necessario considerare la nuova disciplina della confisca tributaria, recata dal D.Lgs. n. 158/2015, oltre che le più recenti evoluzioni della giurisprudenza di legittimità.