., abbracciando quell'orientamento giurisprudenziale per il quale è legittimo l'operato del giudice che, pur essendo la notifica viziata, disponga la rinnovazione della stessa con la concessione di un nuovo termine che vada anche oltre quello in precedenza fissato ai sensi dell'art. 305 c.p.c. medesimo.
., di cui fa rinvio l'art. 10, comma 1 bis L. n. 109 del 1994: mentre la sesta sezione del Consiglio di Stato si limita a richiamare la propria consolidata giurisprudenza, ribadendo che tra i casi di esclusione rivelano anche le ipotesi non codificate di collegamento sostanziale che testimonino della riconducibilità dei soggetti partecipanti alla procedura ad unico centro decisionale, il TAR Lazio, pur abbracciando per un verso, la tesi restrittiva che vuole le situazioni di controllo inestensibili e non analogicamente assimilabili a situazioni diverse da quelle codificate dall'art. 2359 c.c., ammette tuttavia, l'esclusione dell'impresa dalla partecipazione alla gara laddove, a seguito di accertamento della p.a., emerga la riconducibilità delle offerte ad un unico centro decisionale; solo così può essere assicurata la repressione di tutte le situazioni che manifestino evidenti profili di illecito collegamento tra imprese.
Abbracciando l'orientamento consolidatosi in sede comunitaria, il TAR di Milano riconosce impugnativa autonoma a ciascuna delle imprese formanti il RTI, non inibita dall'intervenuta formazione del raggruppamento temporaneo, sul raffronto dispositivo tra le direttive "ricorsi" (in materia di appalti) e le direttive "appalti", al cui esito la Corte di Giustizia ha inteso assegnare preminenza ai valori dalla prima tutelati.
La Corte di cassazione, pur non abbracciando totalmente la giurisprudenza della Corte di Strasburgo che impone sempre il restauro dei diritti fondamentali dell'imputato quando le carenze difensive siano manifeste, ha compiuto un importante passo in avanti verso la piena garanzia dell'effettività del diritto di difesa.
In un contesto in cui la dottrina italiana stava abbracciando con decisione la nuova scuola tecnico-giuridica, Rava si è fatto promotore di un indirizzo moderno e interdisciplinare, favorevole alla contaminazione tra le scienze giuridiche e altre scienze sociali.
Da un lato, il "tipo criminoso" selezionato dal riformato art. 318 c.p. non è omogeneo, abbracciando comportamenti dal contenuto di disvalore e anche dai connotati criminologici profondamente eterogenei come la corruzione impropria per atto conforme ai doveri d'ufficio e la corruzione per "asservimento della funzione". Dall'altro lato, il requisito dell'esercizio delle funzioni o dei poteri non riesce a perimetrare con sufficiente precisione i confini della prestazione del pubblico agente e conseguentemente la latitudine applicativa della nuova disposizione incriminatrice. In particolare, non è agevole stabilire: se rientri nel raggio d'azione della nuova fattispecie incriminatrice l'ipotesi in cui il patto corruttivo abbia ad oggetto un'''attività'' del pubblico agente che al momento del patto risulti "illegittima" ancorché non sia determinato lo specifico atto in cui essa si concretizzerà; se la sostituzione del riferimento alla retribuzione con la locuzione "denaro o altra utilità" emancipi la prestazione del corruttore dal necessario carattere retributivo; se nella sfera di operatività della fattispecie sia riconducibile anche la forma susseguente.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso dell'investitore contro la decisione di secondo grado ed abbracciando, quindi, la tesi della nullità del contratto, concluso tra la banca ed il cliente, privo dell'informativa sulla facoltà di recesso, non solo si pronuncia nuovamente sulla tematica dell'applicazione dello "ius poenitendi" in relazione ai contratti d'investimento, ma propone altresì la propria lettura della nuova formulazione del 6 comma dell'art. 30 t.u.f., come modificato dall'art. 56 quater del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito in L. 9 agosto 2013, n. 98).
La suprema Corte, abbracciando l'orientamento affermatosi negli ultimi anni, ribadisce che anche le opere realizzate nel sottosuolo di zone vincolate senza la prescritta autorizzazione, se attuate con un invasivo intervento strutturale, possono integrare il reato di cui all'art. 181, comma 1-bis, d.lg. n. 42 del 2004, confermando così la sussistenza del "fumus boni iuris" e del "periculum in mora" per l'emissione del decreto di sequestro preventivo e la natura di reato di pericolo astratto di tale delitto.