Patrocinio dei non abbienti
Quando il ricorso concerne gli interessi civili, il presidente se la parte ne fa richiesta, nomina un difensore secondo le norme sul patrocinio dei non abbienti.
Le parti private, nei casi e alle condizioni previste dalla legge sul patrocinio statale dei non abbienti, hanno diritto di farsi assistere da un consulente tecnico a spese dello Stato.
Le spese dei procedimenti penali sono anticipate dallo Stato a eccezione di quelle relative agli atti chiesti dalle parti private non ammesse al patrocinio statale dei non abbienti.
L'imputato, la persona offesa dal reato, il danneggiato che intende costituirsi parte civile e il responsabile civile possono chiedere di essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, secondo le norme della legge sul patrocinio dei non abbienti.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
Presso il Ministero del tesoro è istituito un fondo sociale per l'integrazione dei canoni di locazione per i conduttori meno abbienti.
Le somme così ripartite devono servire a concorrere al pagamento degli aumenti del canone di locazione per i conduttori meno abbienti.
L'avvocato ha obbligo, se chiamato, di prestare la difesa d'ufficio, in quanto iscritto nell'apposito elenco, e di assicurare il patrocinio in favore dei non abbienti.
Salvo quanto stabilito per le difese d'ufficio ed il patrocinio dei meno abbienti, l'avvocato ha piena libertà di accettare o meno ogni incarico. Il mandato professionale si perfeziona con l'accettazione. L'avvocato ha inoltre sempre la facoltà di recedere dal mandato, con le cautele necessarie per evitare pregiudizi al cliente.
Sui tempi di risposta all'istanza di ammissione al patrocinio per i non abbienti la legislazione continua ad essere inquieta.
Il commento ha ad oggetto la questione di legittimità costituzionale concernente i tempi di risposta all'istanza di ammissione al patrocinio per i non abbienti. Premesso che - poiché successivamente all'ordinanza di rimessione le disposizioni censurate (art. 6 commi 1 e 1 bis l. n. 134 del 2001) sono state trasfuse, con alcune modificazioni, nel d.lg. 30 maggio 2002, n. 113 - la Corte costituzionale ha disposto la restituzione degli atti al giudice a quo, perché valuti se la questione possa ritenersi tuttora rilevante, il commento analizza in primo luogo la "sanzione" processuale della nullità assoluta comminata quale conseguenza dell'inosservanza del giudice dei termini stabiliti per la decisione sull'istanza di ammissione: in particolare, pur ritenendosi probabilmente esente da censure di incostituzionalità, sul piano del canone della ragionevolezza, la previsione di una nullità assoluta, in quanto rispondente all'esigenza di assicurare la garanzia di cui all'art. 24 comma 3 Cost., si evidenziano le conseguenze processuali eccessive cui può dar luogo la norma, riprodotta nell'art. 96 d.lg. n. 113 del 2002 e si suggerisce una rimeditazione della "sanzione" da parte del legislatore che, attraverso la previsione di una nullità di tipo "intermedio", consentirebbe una risposta più aderente ad esigenze di carattere sistematico. Si reputa inoltre insussistente la pretesa ingiustificata disparità di trattamento tra le ipotesi previste dal nuovo art. 6 commi 1 e 1 bis l. n. 217 del 1990 e quella contemplata dall'art. 5 comma 5 l. n. 217 del 1990, in quanto tale norma, nonché attualmente l'art. 79 comma 3 t.u., non prevedono una deroga alla perentorietà dei termini prescritti per l'ammissione al patrocinio. Né sembra ravvisabile, infine, un contrasto delle norme censurate con l'art. 111 comma 6 Cost., posto che il giudice deve comunque dar conto nella decisione delle condizioni richieste dalla legge, potendo respingere l'istanza di ammissione al beneficio sulla base degli atti del procedimento in relazione al quale il beneficio è stato richiesto ove risultino motivi per ritenere che l'interessato non versi nelle condizioni previste dalla normativa.
Il commento ha ad oggetto la problematica relativa alla legittimità costituzionale dei limiti imposti dalla normativa sul patrocinio per i non abbienti alla scelta del difensore, con specifico riferimento all'art. 17 bis l. n. 217 del 1990 nella parte in cui prevede che l'imputato, istante per l'ammissione al patrocinio statale, possa nominare il proprio difensore di fiducia solo nell'ambito dello speciale elenco contemplato dalla suddetta norma. Al proposito, nonostante la Corte abbia dichiarato la manifesta infondatezza della questione, si evidenzia la dubbia compatibilità della restrizione in esame con i principi costituzionali, ed in particolare con l'art. 24 comma 2 Cost., poiché la prima delle facoltà che il diritto di difesa racchiude in sé è la facoltà di scelta del difensore. Se è vero, infatti, che la libertà di scelta del difensore può subire limitazioni dettate sia da esigenze di funzionalità dell'organizzazione giudiziaria, sia dal contemperamento con altri interessi processuali ritenuti meritevoli di protezione, non sembra che la circoscrizione della scelta del legale all'interno dell'apposito elenco sia funzionale ad alcuno dei suddetti criteri. Viene sollevato, inoltre, il dubbio che la restrizione della scelta del legale esclusivamente all'interno degli appositi elenchi rappresenti il meccanismo ideale per garantire la difesa tecnica, soprattutto se si collega il sistema in esame con quello previsto dalla l. 6 marzo 2001, n. 60 che disciplina la difesa d'ufficio, stante la non coincidenza dei requisiti per l'iscrizione nell'elenco ex art. 17 bis l. n. 217 del 1990 e, correlativamente, in quello dei difensori d'ufficio. Infine, dopo aver segnalato come l'opzione interpretativa avallata dalla Corte sia stata recepita nel testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia contenuto nel d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115, si auspica un ripensamento della norma che permetta al non abbiente di designare il difensore senza aprioristiche limitazioni assicurando al contempo al soggetto in situazione di particolare debolezza economica l'opportunità, tramite lo speciale elenco previsto dalla normativa, di operare una scelta garantita da specifici requisiti di professionalità prescritti dal legislatore.
. - pure il diritto di difesa dei non abbienti di cui all'art. 24 co. 3 Cost. Nel saggio in questione, pur concordando sulla soluzione sostanzialmente raggiunta dalla S.C., si sottopongono a revisione critica queste ultime argomentazioni, nel rilevare tanto l'inesistenza del suddetto criterio, quanto che il testo della Costituzione italiana garantisce agli stranieri solo le ss.gg.ss. qualificate espressamente "inviolabili" in sue specifiche disposizioni, le quali si prestano così all'interpretazione sistematica con il cit. art. 2 (e fra tali disposizioni, comunque, è dato riscontrare l'art. 24 Cost.).
IV pen. 22 febbraio 2005 in tema di patrocinio per i non abbienti a spese dello Stato; Cass. sez. I pen. 8 febbraio 2005 in tema di armi.
Commento alla legge n. 25 del 24 febbraio 2005, recante modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia e alla normativa in materia di patrocinio dei non abbienti a spese dello Stato. Ratio della nuova normativa e principali novità con essa introdotte; modifica dei vincoli territoriali nella scelta del difensore (art. 1); modifica delle condizioni e dei requisiti necessari per l'iscrizione negli appositi elenchi (art. 2); modifica della disciplina della liquidazione delle spese e degli onorari (art. 3); chiarimenti in tema di sostituti del difensore, investigatori privati e consulenti tecnici (artt. 4 e 5).
Le società cooperative vengono incise dal d.l. 112/2008, con la partecipazione per quelle di grandi dimensioni, a mutualità prevalente, alla formazione del fondo di solidarietà per i cittadini meno abbienti, l'aumento per tutte le cooperative della ritenuta d'imposta sugli interessi corrisposti sul prestito sociale e la maggiore imposizione per le cooperative di consumo a mutualità prevalente.
La norma, a parere dell'Agenzia, si riferirebbe alle sole domande presentate dai soggetti non abbienti le cui condizioni economiche non sarebbero sufficienti al soddisfacimento delle primarie ed attuali necessità di vita. L'interpretazione non sembra corretta, e ciò in quanto l'esenzione in parola ha natura meramente oggettiva e non precisa affatto la tipologia dei sussidi meritevoli dell'esenzione.
Dopo una lunga latenza nell'evoluzione legislativa, l'istituto del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti ha vissuto un decennio di intense riforme. Attraverso una descrizione dei diversi ed ancora recenti interventi normativi, viene proposta un'ampia esposizione dei meccanismi e dei principi che disciplinano l'istituto nei giudizi penali. In ultimo è tratteggiata una disamina degli aspetti giurisprudenziali più rilevanti.
Il costo di tali interventi doveva essere finanziato da parte dei soggetti più abbienti mediante l'applicazione di una sovrimposta e l'aumento delle aliquote d'imposta sui rendimenti finanziari. Non si comprende, ad esempio, come il bonus familiare - che è a carico dello Stato ed è stimato in circa 2 miliardi di euro - possa risultare efficace al rilancio della domanda a causa dell'irrisorio importo. Ci so chiede la ragione per la quale la spesa non sia finanziata dai soggetti maggiormente abbienti come un oculato legislatore avrebbe dovuto prevedere in un periodo in cui il deficit statale è fortemente aumentato.
.; e, soprattutto, il principio costituzionale di uguaglianza, dovendosi evitare che soltanto i condannati abbienti possano ottenere il beneficio della sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, a dispetto degli altri.
Il presente contributo si propone di ricostruire l'annosa questione dei minimi tariffari obbligatori per i servizi legali: vicenda sulla quale si registra da anni un dibattito assai controverso tra coloro che ritengono le tariffe minime una misura corporativa utile ai soli professionisti e coloro che ritengono invece che essa possa contribuire a mantenere determinati standards qualitativi ed a proteggere taluni professionisti dallo strapotere contrattuale dei clienti particolarmente abbienti. La vicenda si innesta su un quadro regolamentare, quello della professione forense, risalente al ventennio e ormai obsoleto, specie a fronte dei grandi cambiamenti politici, economici e sociali che hanno caratterizzato l'Italia negli ultimi ottant'anni, della globalizzazione economica e delle pressanti prescrizioni delle istituzioni comunitarie, specie in punto di tutela della concorrenza e di libera circolazione dei professionisti. Per questi ed altri motivi, la reintroduzione dei minimi tariffari obbligatori, soppressi nel 2006 e oggi nuovamente riproposti in taluni disegni di legge, non convince e potrebbe rivelarsi deleteria, sempre a fronte di un mercato caratterizzato da pesanti asimmetrie informative e di un sistema tariffario complessivo che fa dipendere i compensi da fattori indipendenti dalla capacità dall'impegno e dai risultati concretamente ottenuti dal professionista.
Tale articolo istituisce un Fondo speciale destinato alle esigenze alimentari, energetiche e sanitarie dei meno abbienti e una carta acquisti con oneri a carico di tale Fondo (la social card). In tale sentenza, la Corte si discosta dalle precedenti pronunce in materia di fondi statali vincolati, secondo le quali non è di norma consentito allo Stato prevedere finanziamenti a destinazione vincolata in ambiti di competenza regionale residuale ovvero concorrente, per affermare, attraverso l'analisi della finalità e del contesto delle norme, la competenza trasversale dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dellarticolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione.
Pur apprezzando l'imponente sforzo compiuto dal Governo non possiamo non rimarcare che le norme relative alle entrate tributarie ed al contenimento delle spese sembrano penalizzare i contribuenti meno abbienti. Alcune disposizioni non sembrano inoltre esenti da eccezioni di legittimità costituzionale.
Mentre la Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 95 del 2012, differisce ancora la pronuncia sulla legittimità dell'esclusione dal patrocinio a spese delle Stato dei "non abbienti" indagati, imputati o condannati per reati tributari, si moltiplicano i dubbi sulla razionalità ed opportunità della scelta del legislatore ordinario, che diventa indifendibile alla luce dei problemi giuridici e pratici che determina. Appare invece preferibile rimuovere il divieto, riconoscere il patrocinio a chi lo richiede, prevedere controlli immediati e seri sulla veridicità della "non abbienza", sanzionare senza ritardo le false dichiarazioni (che si risolvono in una truffa ai danni delle Stato), mettere in chiaro l'obbligo di restituire le "spese di difesa" anticipate dallo Stato ove sopravvenga lo stato di "abbienza".
La terza parte è dedicata a quattro temi di particolare interesse europeo: gli ordini di pagamento, il contributo statale per i non abbienti, la mediazione e, infine, la tutela collettiva. In particolare, per quanto riguarda quest'ultimo tema, il sistema tedesco mantiene un atteggiamento molto conservatore e consente una sorta di "class action", o meglio un processo modello, solo nelle controversie relative agli investimenti finanziari.
Alcune recenti norme, inserite in provvedimenti legislativi molto più estesi, hanno aumentato il costo della Giustizia per i meno abbienti (cittadini e non, sempre più numerosi, questi ultimi, e più bisognosi di tutela giudiziaria). Qualunque ne sia la "ratio", tali "innovazioni", oltre che inopportune e di dubbia utilità, anche fiscale, contrastano con i principi costituzionali di uguaglianza (artt. 2 e 3 Cost.) e diritto alla difesa (art. 24 Cost.).
Da un lato, queste hanno perseguito il miglioramento delle condizioni di vita delle fasce di popolazione meno abbienti, insieme con obiettivi di mobilità sociale. Dall'altro, hanno marginalizzato e burocratizzato la condizione di povertà la quale produce inevitabilmente anche insicurezza (affrontata in una logica di ordine pubblico) e inevitabilmente richiede prestazioni di sostegno (erogate in via amministrativa, al di fuori di un contesto di relazione). I tradizionali strumenti del "welfare", resi rigidi da un consunto impianto regolatorio e amministrativo e indeboliti dalla riduzione delle risorse finanziarie disponibili, non sembrano oggi più capaci di assicurare un efficace contrasto alla povertà né di conseguire mobilità sociale. Anzi, i pubblici poteri sembrano talvolta agire con durezza, ambiguità o inettitudine, perseguendo politiche che - nel momento della loro formulazione - non considerano adeguatamente i propri possibili effetti.
Esse, però, al contempo, svantaggiano i meno abbienti, perché approntano un sistema di assistenza indiretta e precisano che gli amministrati possono ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nei limiti dei costi che la prestazione avrebbe avuto se fosse stata eseguita nel territorio di provenienza. Inoltre, quando introducono la eccezionale necessità di una previa autorizzazione, attribuiscono alla pubblica amministrazione un potere fortemente discrezionale. Infine, non chiariscono alcuni aspetti relativi ai procedimenti amministrativi da attivare per ottenere il rimborso e non regolano in modo adeguato i rapporti con il regolamento CE n. 883/2004. Esiste davvero un diritto alle cure oltre lo Stato?