In effetti, la presenza di minerali argillosi e feldspati in più alta concentrazione nelle mescole per ceramiche con conseguente maggior presenza di ioni A1 e soprattutto gli ioni ferro provenienti dalle cloriti, che sono componenti solo delle argille per laterizi possono spiegare la situazione descritta, con l'attenuare i primi e l'esaltare i secondi, la tossicità delle polveri, a danno del ciclo di produzione dei laterizi. Questa conclusione, naturalmente, deve ancora essere verificata attraverso nuovi studi sperimentali.
A1) Occorre riempire di contenuto la nozione di crisi evitando l'appiattimento rispetto a quella di insolvenza (si propone di interpretare la "crisi" come la difficoltà economica che può essere superata anche senza il ricorso a nuova finanza, agendo esclusivamente sul fronte delle passività); A2) è opportuno che la giurisprudenza attui un controllo quanto più leggero possibile in sede di ammissione, lasciando che siano i creditori a sollecitare il suo intervento, se necessario. B) Vengono rielaborate con la teoria dei giochi le ragioni che frenano l'accesso alla procedura e si propone di risolvere le inefficienze del modello adottato attingendo alle soluzioni che l'esperienza comparatisica (specialmente americana, tedesca e spagnola) offre. L'articolo si chiude con una serie di proposte di riforma. a) Rimuovere l'asimmetria tra creditori e debitore nella possibilità di proporre il concordato, consentendo anche ai creditori di rilevare la crisi sin da quando questa si manifesta in una forma curabile; b) ammettere al contempo il debitore a provare che la crisi non sussiste, offrendo garanzie sul regolare adempimento delle obbligazioni assunte; c) aperta la procedura, fissare un termine breve per la formazione del passivo (secondo regole più snelle se il concordato è proposto dal debitore) e prevedere che il piano - se non è già preconfezionato - possa essere presentato entro un termine dilatorio che vincoli le parti a negoziare sotto l'ombrello protettivo della procedura; d) legittimare anche i creditori a formulare una proposta concordataria una volta decorso il termine dilatorio, come nel concordato fallimentare; e) introdurre altresì il meccanismo decisionale del concordato fallimentare, considerando dunque favorevoli tutti i voti non espressi, onde facilitare la formazione dell'accordo ed evitare l'opportunismo dettato dal disinteresse di alcuni; f) prevedere che l'insuccesso delle negoziazioni concordatarie entro un determinato lasso di tempo determini, senza necessità di ulteriore impulso, la liquidazione del patrimonio necessaria per il pagamento dei debiti; g) prevedere che tale liquidazione avvenga su base volontaria ad opera del debitore quando la crisi non ha i connotati dell'insolvenza, mentre si svolga secondo le regole del fallimento quando è accertata l'insolvenza, ad istanza di chi abbia interesse a farla rilevare, senza soluzione di continuità; h) eliminare la duplicazione di disciplina accorpando a quelle del concordato preventivo le disposizioni sul concordato fallimentare, con le opportune distinzioni.
Il TRISE, il nuovo tributo comunale sui servizi destinato a sostituire la TARES, non fa altro che introdurre un ulteriore nuovo tributo, la TASI, orientato a compensare le perdite di gettito derivanti dall'esclusione dall'IMU delle abitazioni principali non di lusso (diverse da quelle accatastate nelle categorie A1, A8 e A9). Nella sostanza, la TASI, tranne che per l'individuazione dei soggetti debitori quando il titolare del diritto reale sull'immobile è diverso dal conduttore, si comporta come una vera e propria addizionale IMU dell'1 per mille di aliquota base. La potestà impositiva dei Comuni è limitata; tuttavia, le aliquote massime d'imposizione delle diverse categorie d'immobili (IMU + TASI) vedono comunque un incremento dell'1 per mille. La TASI, inoltre, non prevede alcuna forma di detrazione minima; pertanto, i proprietari di abitazioni principali con valore catastale basso, adesso esclusi - nei fatti - dall'IMU, dovranno pagare la TASI.
Nella disciplina a regime sono confermate l'esclusione dell'abitazione principale e delle fattispecie ad essa assimilate, con la sola eccezione delle unità immobiliari classificate nelle categorie catastali A1, A8 e A9, e la previsione del versamento in tre rate per i soli enti non commerciali. Prevista a regime anche la deducibilità del 20% (30% solo per il 2013) dell'imposta pagata dal reddito d'impresa o dal reddito di lavoro autonomo, finanziata però con il ripristino parziale dell'IRPEF [imposta sul reddito delle persone fisiche] sui fabbricati non locati, ad uso abitativo, ubicati nello stesso Comune in cui è sito l'immobile adibito ad abitazione principale.
Dal 1º gennaio 2014 si considerano di lusso, ai fini dell'inapplicabilità delle agevolazioni previste per l'imposta di registro con riferimento alla prima casa, gli immobili accatastati A1, A8 e A9. Ai fini IVA continuano invece ad applicarsi i criteri attualmente in vigore previsti dal D.M. 2 agosto 1969. Il condivisibile chiarimento è stato fornito dalla circolare dell'Agenzia delle entrate n. 2/E del 2014. Una soluzione diversa avrebbe significato la modifica "tacita" del D.P.R. n. 633/1972; tale modifica normativa (non espressa) non è sostenibile se si considera l'origine comunitaria dell'IVA, dovendo ogni intervento del legislatore essere conforme alle previsioni contenute nelle direttive comunitarie.