Nello scritto l'A. cerca di dare risposta a tale interrogativo, attraverso la ricostruzione del ruolo del giudice istruttore dopo le sopra citate modifiche del codice di rito, nonché di individuare le occasioni e i momenti processuali maggiormente favorevoli all'utilizzo di una delle due forme di a.d.r. rispetto all'altra. In questa prospettiva nel contributo viene anche indicato un possibile, seppur limitato, ambito di applicazione dell'istituto della mediazione delegata dal giudice, previsto dall'art. 5 comma 2 d.lg. n. 28 del 2010. Ancora vengono esaminate alcune modifiche alla disciplina del d.lg. n. 28 del 2010, introdotte dal d.l. 22 dicembre 2011, n. 212 e poi abrogate in sede di conversione, che erano dirette ad incentivare ulteriormente il ricorso alla media-conciliazione a scapito della funzione conciliativa del giudice istruttore.
L'arbitrato non rientra fra le a.d.r. perché è un processo e proprio perciò la domanda di arbitrato ha il valore di una domanda di "giustizia". Ed, anzi, rispetto alla domanda di giustizia rivolta al giudice togato, l'arbitrato presenta alcuni specifici vantaggi. Il d.l. n. 132 del 2014 (convertito in l. n. 162 del 2014) cade nell'equivoco di considerare l'arbitrato come un'a.d.r. e, più in generale, mostra di credere, secondo la recente visione panmercantilistica della politica, che l'unico modo di far funzionare la giustizia sia di allontanare da essa i cittadini e di coltivare l'illusione che una riforma della stessa possa realizzarsi a costo zero.
Il presente scritto, lungi dall'attuare una più dettagliata analisi del meccanismo di funzionamento e della struttura dell'Arbitrato Bancario Finanziario, per la quale si rimanda ad una futura trattazione, intende quindi fornire al lettore alcuni spunti di riflessione in merito a questo "nuovo" strumento a.d.r. [Alternative Dispute Resolution - risoluzione alternativa delle controversie], utili ad inquadrarne, "in primis", "ratio legis" e natura legale.