Appena pronunciato il nome temuto di Filippo, la Regina della acque s’inchina con rispetto, ed offre al Pescatore tutte le ricchezze del suo impero.
In questa accorre la Regina delle acque, la quale vuol punire l’audace Pescatore precipitandolo negli abissi; le preghiere delle Perle non riescono a disarmare l’ira sua.
Appena pronunciato il nome temuto di Filippo, la Regina della acque s’inchina con rispetto, ed offre al Pescatore tutte le ricchezze del suo impero.
In questa accorre la Regina delle acque, la quale vuol punire l’audace Pescatore precipitandolo negli abissi; le preghiere delle Perle non riescono a disarmare l’ira sua.
Sul dilicato corpo, capolavoro distrutto, giù nell’abisso ove in fogna si sfoga la grande città, incombono solo le tre sinistre notti, la notte senza stelle del cielo, – la notte senza riflessi delle acque morte, – la notte senza lacrime della insensibilità della natura.
Il villaggio, dietro quella grigia macchia di alti, pallidi bambou, eleva ancora indecisi nella penombra i suoi bizzarri tetti; e il ruscello che lo divide dalla piccola casa di Iris mormora la sua cadenza senza scopo, mesta o gaia secondo che la luce, che scende e vi pènetra, effonde nelle sue acque il riso o la lagrima del cielo.
Acque limpide, cespugli folti, fiori e fronde. La luna immobile allo Zenith spande sulla scena una luce incantevole. – Un tempio con due Sfingi a sinistra. Nel fondo Elena e Pantalis in una cimba di madreperla d’argento; un gruppo di Sirene intorno alla barca. Faust giacerà assopito sulle fiorite.
Acque limpide, cespugli folti, grotte fiorite da dove emanano echi armoniosi. La luna immobile al Zenith spande sulla scena una luce incantevole. Tre Sfingi a sinistra.
Qui la pena è un vorticare di acque. Qui l'allegria è un vento tiepido, lieve.
Il sole indora le acque, il cielo non ha confini. Stupori dei commensali per ogni portata.
Di la dal villaggio, salendo, boschi con acque e sentieri, con dirupi e radure. In alto, pinnacoli, torrioni, dorsi d'animali immensi. Creste, crinali, forcelle. Il volo del falco sopra i canaloni. E i ghiacciai che splendono contro il grigio del cielo. E la bellezza dell'inaccessibile: pietra e luce, pietra fatta luce. La lontananza si mostra come maestà: disegno e respiro della forma. Un velo, inatteso, mentre salgo, copre il paesaggio: sembra un pulviscolo che nuoti nell'aria. Un'astrazione. Un'estraneità appena suggerita che attenua e allontana la bellezza. Di qua dal velo un altro luogo, un'altra ora. Il frastuono delle cicale nel vespro, il mare che manda scintille in fondo al mantello degli ulivi. Il secchio appeso all'arco di ferro, sopra la cisterna. E il mondo, intero, in quella luce che divora gli alberi.