una localizzazione alquanto disomogenea. Per comprendere meglio questo fenomeno, ne abbiamo discusso con il Prof. Attilio Celant, Preside della
. Un’altra mostra che era sorta con analogo intento eversivo e rivoluzionario fu quella dell’arte povera allestita da Celant ad Amalfi. Anche qui non
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Dobbiamo allora accettare il termine di «arte povera» proposto molto accortamente da Germano Celant? ma con il pericolo del facile pun: arte povera
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Celant, presso l’editore Mazzotta di Milano) dal titolo di Arte povera o l’attitudine al precario. Infatti, credo che l’attitudine al precario, ossia ad
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«giovane critica» ad Amalfi (organizzata da Marcello Rumma con una mostra ordinata da Germano Celant) è stata tra le più esemplificative di questa
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’«arte povera» secondo la felice formula di Celant) ha costituito uno dei più singolari apporti italiani nel panorama dell’arte odierna. Gli italiani - si
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dell’«arte povera» [Celant]) miravano di solito a combattere l’eccessiva mercificazione artistica sostituendola con delle operazioni prevalentemente
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Millet, da quello di Celant a quello di Trini, di Lea Vergine, ecc...) ci accorgeremo che ben raramente in questi testi si tratta o si ragiona di
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da Germano Celant) che, in un certo senso si possono riallacciare a certe operazioni portate alla loro massima purezza dal buddismo Zen e di cui molte
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seguite attentamente dalla nuova generazione di critici (Germano Celant, Paolo Fossati, Daniela Palazzoli, Lea Vergine, A. Boatto, Tommaso Trini, A
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possiamo battezzare come «poveri». (Non nel senso individuato a suo tempo da G. Celant per quella particolare corrente artistica da lui definita come
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da concepire e da condividere. Nel 1976 Germano Celant organizzò una sezione della Biennale di Venezia in cui vennero ricostruite le opere più
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, tenutasi ad Amalfi nel settembre del 1968, grazie al collezionista Marcello Rumma e a cura di Germano Celant, Michelangelo Pistoletto fece rotolare per le
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Quaranta, di Pierre Restany come iniziatore del Nouveau Réalisme attorno al 1959, di Germano Celant che propose l’Arte Povera nel 1967.
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fatto — e anche in modo egregio — come un Kultermann, un Celant, una Catherine Millet, un Solomon, ecc., l’hanno fatto con una troppo spiccata
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proposta di Germano Celant) di “arte povera” (cui facevano capo artisti come Merz, Zorio, Boetti, Anseimo, Paolini e, in seguito, Prini a Genova, Calzolari a
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Arte povera: termine creato da Germano Celant per designare le opere d’un gruppo di artisti prevalentemente torinesi (Merz, Zorio, Anseimo, Boetti) i
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