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Risultati per: aristotele

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già  ARISTOTELE  prese come base della sua costruzione la Geometria e la
a queste difficoltà, da  Aristotele  in poi, si è discusso, e si potrebbe ancora discutere
organica con Platone (428-348 a.C) e soprattutto con  Aristotele  (384-321 a.C.). Il loro pensiero è troppo complesso per
le idee cosmologiche correnti nel Trecento, improntate a un  Aristotele  di riporto.
vogliono alcuni autori, si possa addirittura ammettere che  Aristotele  sia stato un evoluzionista molto avanti lettera. È più
di connessione necessaria che la causa appare teorizzata da  Aristotele  nella Metafisica 1, dove riprendeva dalla Fisica la
ontico a schema del pensiero logico, pur rimanendo in  Aristotele  stesso l’esigenza della causa unica e prima, come
 Aristotele  adottò questo modello e lo complicò aggiungendo 22 sfere.
 Aristotele  così definisce i sessi: « maschio diciamo l’animale che
esposta nel primo libro della Genesi, e con la teoria di  Aristotele  della generazione spontanea, e altre.
della scienza, che  Aristotele  diceva impossibile, ma che pure domina da molti secoli in
espressivi, della tecnica. “Ars est celare artem”, dice  Aristotele  che tanto meglio si riesce a persuadere quanto meno si
non vuole abbandonare le orbite perfettamente circolari di  Aristotele  e Tolomeo neanche davanti all’evidenza che non funzionano.
lui eredita i principi, meglio, i pregiudizi, di  Aristotele  sulla circolarità e uniformità dei moti celesti. Da Ipparco
forze piuttosto che quest' altre? A tutte queste domande  Aristotele  necessariamente ammutolisce; non gli resta che a dire: « E`
appunto le leggi e le condizioni di questi agenti quali  Aristotele  li descrive; ma dopo di ciò domanda, perchè sono tali? E la
perchè sono tali? E la ragione la trova in Dio; laddove  Aristotele  a questo ammutolisce. Aristotele, a ragion d' esempio, vi
del mondo e le cose che in esso avvengono. Oltre di ciò,  Aristotele  è ingiusto con Platone quando pretende di confutare la sua
prime cause delle cose », sofisticamente interpretandola.  Aristotele  si stende a provarvi una cosa che Platone non avrebbe mai
che si muta anche la materia , è un errore contraddetto da  Aristotele  stesso, e quest' errore nasce dalla confusione che fa
e quest' errore nasce dalla confusione che fa sempre  Aristotele  tra la materia prima , che è una pura astrazione e che è
un ente, dopo ultimato il cangiamento, è quello che è. Ora  Aristotele  stesso concede che questa prima causa è la forma: è dunque
e diventa un altro. Platone insiste sul primo perchè,  Aristotele  sul secondo: le due questioni sono diversissime. Platone
al fisico, e non la reputò argomento proprio del filosofo.  Aristotele  s' impossessò di quest' ultima questione, e la volle
in potenza. Or bene a malgrado di questi principŒ veduti da  Aristotele  e dimostrati, che fa egli ponendo il mondo eterno e in
assurde. Ma è degno che, di più, s' osservi come lo stesso  Aristotele  che riconosce assurda una catena di cause infinita, da una
i quattro generi di cause debbono essere eterni, secondo  Aristotele  (1); deve, di conseguenza, essere eterna una causa
ripetere da una prima causa immateriale. Non dimostrando  Aristotele  punto che questo sia impossibile, le trasmutazioni della
prima; e però il sistema è incoerente. Abbiamo detto, che  Aristotele  lascia il mondo e la quantità, la qualità, la disposizione
in un' ultima condizione. [...OMISSIS...] Dopo aver dunque  Aristotele  confessato, che ci sono eventi accidentali, che questi
da questo stesso libro dei « Metafisici ». In realtà  Aristotele  riconosce una grande analogia o somiglianza tra la prima,
è un' osservazione acuta, che avrebbe potuto condurre  Aristotele  alla scoperta del vero. Poichè riconoscendo egli che il
esce in questa sentenza: [...OMISSIS...] . Sebbene dunque  Aristotele  non si sollevasse a ricercare la causa della natura e della
cangiamento continuo, senza una causa. Poichè, quantunque  Aristotele  si contenti di lasciare senza ragione sufficiente l'
in questo certamente Platone: [...OMISSIS...] . Ora  Aristotele  distingue il bello apparente [...OMISSIS...] , ed è ciò che
, sono l' assoluto bello [...OMISSIS...] . Ora qui  Aristotele  ottimamente dimostra come questo primo intelligibile formi
parole: [...OMISSIS...] . Il puro atto adunque è riposto da  Aristotele  nell' intellezione che è ad un tempo e mente in atto ed
in sè, conoscendo solo sè stesso. Ma avendo dato  Aristotele  un' esistenza eterna alle cose mondiali indipendente, in
solo come da causa finale e bene appetibile, concependo  Aristotele  Iddio sotto l' unico concetto di primo motore immobile, non
dunque di quelle due proposizioni nel sistema d'  Aristotele  diveniva impossibile, e quindi egli fu spinto a rigettarne
ecco come egli ragionò: [...OMISSIS...] (1). Vedendo dunque  Aristotele  che l' inteso doveva immedesimarsi coll' intelligente e
di sè stessa: e dall' ottima sostanza così formata venne da  Aristotele  escluso il conoscimento delle cose inferiori, perche,
nè pure governate: la gran differenza dunque tra  Aristotele  e Platone si riduce a questo, che l' uno concepisce la
di ciascuno di essi. E` oltracciò da considerare che  Aristotele  parla dell' intellezione in sè stessa considerata, come d'
riferiti. Il seguente ne fa la conferma. Dopo dunque che  Aristotele  ebbe mostrato necessità, che l' intellezione per sè abbia
sistema aristotelico, quale risulta dai libri che abbiamo.  Aristotele  dunque, considerando astrattamente la natura della
atto dell' intellezione di sè stessa, onde al Dio d'  Aristotele  vien meno l' onniscienza, l' onnipotenza, e la provvidenza,
è, dunque anche questa ». Un secondo argomento poi con cui  Aristotele  dimostra la sussistenza di Dio, è quello da noi esposto,
de' quattro movimenti da lui distinti. Ma nella mente d'  Aristotele  manca, come già abbiamo osservato, la precisa e costante
senza le universali, che contengono il loro essere: benchè  Aristotele  dica il contrario, cioè che le universali non sarebbero
senza che ci fossero prima le singolari. Fatto sta che  Aristotele  parla sempre de' singolari, attribuendo loro i predicati
ci pervengono, e alcuni più, alcuni meno vi s' avvicinano?  Aristotele  risponde, perchè vi hanno diverse materie e potenzialità
è nella materia avente una data forma (2). E così scioglie  Aristotele  il sofisma di quelli che dicevano niente potersi generare,
nè dal non ente, perchè il non ente nulla può fare ».  Aristotele  risponde che si genera dalla materia la quale in quanto ha
in parte è già, e in parte non è »(3) ». Sebbene dunque  Aristotele  chiami Iddio il primo motore di tutte le cose, tuttavia in
forze di muoversi sono già insite nella natura; e il Dio d'  Aristotele  non è che l' ultimo termine di questo movimento, chè da se
in potenza la vita, come a suo luogo meglio dichiareremo.  Aristotele  dunque descrive il divino, il buono, l' appetibile così
al sistema di Platone da cui è tolta, ma in quello d'  Aristotele  è un fuor d' opera. Poichè la distinzione s' intende quando
è la verità e qua l' apparenza. Ma come può aver diritto  Aristotele  d' ammettere questa distinzione, se vuole, in que' luoghi
è relativa alla serie a cui il primo si riferisce, quindi  Aristotele  distingue « « l' ottimo che è sempre tale, e l' ottimo che
comune ? Se parla dell' ottimo sotto una concezione comune,  Aristotele  torna al comune, e così manca di nuovo al suo stesso
si renderà più chiara da ciò che diremo. Distingue dunque  Aristotele  l' intellezione , che non ha per oggetto altro che sè
sempre la stessa difficoltà, e contraddizione. Che dunque  Aristotele  abbia veduto la necessità d' un primo essere e che questo
la ragione per la quale debba essere una di numero. Laonde  Aristotele  stesso vedesi obbligato di dedurre la prova della unicità
luogo alla pluralità d' altri primi motori. E veramente  Aristotele  stesso non trova assurdo, anzi necessario d' ammettere
senza saper liberarsi dalle più antiche superstizioni,  Aristotele  s' ingegna di comporre filosoficamente un politeismo e si
sui pregiudizi volgari. [...OMISSIS...] Pareva dunque ad  Aristotele  d' essersi molto innalzato sui volgari pregiudizŒ coll'
Dall' esserci dunque più movimenti ne' cieli, argomenta  Aristotele  che ci devono essere più Iddii, o prime sostanze, immobili
essere in una eterna e continua attuazione. Se dunque  Aristotele  ripone la natura del primo Motore in un atto intellettivo
sostanze prime, od enti primi, quando l' ente primo, come  Aristotele  stesso, e in questo eccellentemente, insegna, deve essere
tale, senza mescolanza d' altro elemento. Non giunse dunque  Aristotele  a un sufficiente concetto della Divinità (3). D' altra
verso la suprema tra queste prime sostanze. Egli è vero che  Aristotele  dà a queste sostanze l' ordine stesso che hanno i movimenti
» » [...OMISSIS...] . Dalle quali parole si intende come  Aristotele  non divida già il Bene e l' ottimo dall' universo, ma
. Nelle quali parole ben chiaramente si vede come  Aristotele  da' suoi principŒ non avea potuto cavare se non un concetto
non è certamente una sostanza individua , la quale è per  Aristotele  la prima di tutte le cose. Di più, riconosce nell' universo
»(1) ». Prendendo queste parole isolatamente, parrebbe che  Aristotele  parlasse del solo primo motore, e che volesse dire che da
volesse dire che da esso dipende l' universo. Ma non così.  Aristotele  parla del motore immoto, e tutto ciò che dice, conviene
queste questioni parmi sufficiente a dimostrare che  Aristotele  fece una mostruosa mescolanza di due o tre ordini d' idee
aristotelica è l' atto : principio solido e luminoso.  Aristotele  disse, o volle dire: « Avanti a tutte l' altre cose è l'
distruzione di ciò che s' era trovato precedentemente. Ma  Aristotele  vide dopo di ciò, che in tutti gli enti naturali c' era del
natura (1). Ora l' atto compiuto di ciascuna cosa fu da  Aristotele  chiamato specie (2), e la potenzialità della cosa materia .
(1). Come dunque l' atto è anteriore alla potenza, così  Aristotele  stabilì che nell' universo prima delle entità e anteriore
. L' ente che ha la forma ultimata per sè, dicesi da  Aristotele  entelechia , ed è più eccellente di quello nel quale la
considerare la singolare contraddizione che si riscontra in  Aristotele  tra' suoi principŒ ontologici , e il metodo col quale va
che il Bene in genere . Nè gli argomenti che adduce  Aristotele  nel XII de' « Metafisici », c. 7, per provare che ci deve
molte di quelle intellezioni pure: anzi ammettendone molte  Aristotele  stesso nel c. ., benchè le consideri come inferiori alla
sorta dalla loro stessa natura. Comechessia, sottomettendo  Aristotele  i corpi e gli spiriti ad una stessa legge, per quel suo
e non realmente individua, il che non sempre riconosce  Aristotele  (1). Ma poichè non si dà materia separata da ogni forma,
ed altri non vi arrivino, questo è attribuito da  Aristotele  alle diverse nature della materia ossia della potenzialità:
inferiore. Su questo dunque conviene che ci tratteniamo.  Aristotele  suppone che ci sia passaggio da una sostanza all' altra. La
mettono in essere l' anima ossia la vita. Di conseguente  Aristotele  definisce la vita l' atto di un tal corpo che ha in potenza
corpo che ha in potenza la vita: [...OMISSIS...] (2). Così  Aristotele  definisce l' anima generica, secondo il suo metodo (1), per
generica dell' anima, onde in una tale definizione  Aristotele  chiama l' anima in genere entelechia prima , cioè prossima
materia, e però come puro atto (2). Ora avendo stabilito  Aristotele  che il puro atto è sempre per sè conoscibile (3), anche la
del conoscere, e l' atto conoscitivo non è ancora altro per  Aristotele  che un' attualità ulteriore del medesimo subietto. Nella
difficoltà deve ripetersi, a nostro avviso, dall' avere  Aristotele  concepita la natura divina, come una natura impersonale,
definizione. Quindi altri subietti reali non compaiono in  Aristotele  se non la materia (2), che confessa pur egli essere un
uno o nell' altro modo » ». (La qual domanda già mostra che  Aristotele  suppone come fuori di questione, che l' universo abbia il
quest' unità torneremo tra poco. Tenedo dunque presente che  Aristotele  s' era formato un concetto impersonale della divina natura
che può essere più o meno copiosa, ancora distingue  Aristotele  in quest' atto della scienza due gradi d' attuazione, l'
possiamo convenire col nominato erudito nella sentenza che  Aristotele  dia la denominazione di mente di cui si fa tutto ,
può dire che diventi tutto. Noi reputiamo dunque, che come  Aristotele  tolse assaissime cose da Platone, ma le vestì a suo modo e
ripugna che esse si dicano la mente in potenza, giacchè  Aristotele  chiama abito questa mente, [...OMISSIS...] , espressione,
se si dovesse applicare alle sensitive potenze. Secondo  Aristotele  dunque quando un corpo naturale organizzato, mediante il
facoltà sensitive, che da queste espressamente la distingue  Aristotele  là appunto dove paragona questa mente e il suo sviluppo a
e ideale, d' altra parte, si può dire quello che dice  Aristotele  della sua mente in potenza che, « « non è attualmente niuno
che intenda » », [...OMISSIS...] . Nè farà difficoltà, che  Aristotele  attribuisca l' intendere a questa mente, che secondo noi è
sia d' ostacolo a intendere in questo modo il pensiero d'  Aristotele  l' osservare ch' egli sembra accordare a questa mente in
è un medesimo ente, e ciò che è in potenza, la materia, per  Aristotele  è sempre il subietto dell' atto. Quivi stesso però egli
al solo essere indeterminato conviene il carattere che dà  Aristotele  alla sua mente in potenza, d' essere « « le specie in
l' intelligibile, il proprio oggetto del pensiero? Secondo  Aristotele  è lo stesso essere della cosa, l' essere determinato ch'
non può esser altro che lo stesso essere in potenza. Il che  Aristotele  sembra dire in espresse parole, là dove dice che la «
matematiche, alcuni le sole entità matematiche »(1) ». Ma  Aristotele  non ripone le entità matematiche tra le cose divine, che
quella che tratta delle pure forme . Ma nasce il dubbio se  Aristotele  riponga tutte le forme pure ed astratte dalla materia tra
i sensibili, nè le cose miste di materia corporea sono da  Aristotele  collocate nella classe delle entità divine. E nel vero, le
divine. E nel vero, le essenze non sono date dal senso;  Aristotele  stesso ne conviene in tutti quei luoghi, dove distingue le
che è sempre nella mente e non nel senso, come lo stesso  Aristotele  insegna (1). Oltracciò il carattere della verità è quello
apparente, cioè relativa ad un altro. Nè suffraga punto ad  Aristotele  il cercare, ch' egli fa nel sensibile, un punto fermo nella
un' imagine, una realizzazione delle intelligibili; laddove  Aristotele  trova esser questo un sequestrare soverchiante le idee
(1), poichè i contrari sono predicabili. Distingue dunque  Aristotele  e qui e altrove (2) la specie come specie pura, e la specie
come predicabile d' un subietto. Altra dunque è secondo  Aristotele  la stessa forma in sè, [...OMISSIS...] , e altra è la forma
all' essenza, [...OMISSIS...] : la prima è detta da  Aristotele  semplicemente la specie , la seconda la cosa avente la
chiaramente che ciò che si predica de' singolari non è per  Aristotele  la specie pura e presa in sè, ma la specie nella materia.
pura e presa in sè, ma la specie nella materia. Nega bensì  Aristotele  di molte specie che sieno fuori de' singolari,
essa; nel qual caso sarebbe una terza cosa. Aggiunge poi  Aristotele  un' altra questione: « « se ogni specie considerata in sè,
in sè, ma solo nella casa (1): dove si vede che per  Aristotele  altro è esistere la specie in sè scevra da materia, e altro
al qual dubbio dice: [...OMISSIS...] . Non vuole dunque  Aristotele  che sussistano per sè come enti separati e indipendenti nè
appunto ha luogo il doppio aspetto, sotto cui dicevamo che  Aristotele  considera l' idea o specie, cioè in sè stessa come sostanza
che non è puramente ente. Questo si vede considerando come  Aristotele  distingue gli oggetti delle scienze in cui divide la
oggetto un' essenza, o quiddità [...OMISSIS...] ; ma che  Aristotele  distingue l' essenza dalla ragione dell' essenza ,
e come ad una stessa scienza, cioè alla filosofia prima,  Aristotele  attribuisca per oggetto Iddio, e l' essere comunissimo e
universalissimo, come fosse un oggetto medesimo, supponendo  Aristotele  che l' Essere come separato e da sè sussistente sia Dio, e
e di alcuni anche l' uno. Quello dunque che ripugna ad  Aristotele  non è già che l' essere , a cui si riduce l' uno, sia una
dunque, che Platone disse di tutte le specie o essenze,  Aristotele  restrinse al solo essere , e non si può a meno di ravvisare
partecipassero, e così spiegò l' esistenza di queste.  Aristotele  osservò, con molta sagacità certamente, che gli universali
dell' essere , ma l' essere stesso . L' argomento dunque d'  Aristotele  contro le idee platoniche qui si frangeva: ed egli stesso
è il subietto stesso, di cui si predicano l' altre cose, ed  Aristotele  dice appunto, che la prima scienza ha per oggetto gli enti
della prima sostanza, come pur deve (4). Ma per l' opposto  Aristotele  stesso insegna espressamente che la prima scienza tratta
o relative, sarà egli l' ente un predicato , quando  Aristotele  nega assolutamente, che ciò che è predicato, sia sostanza
scienza? Ritorna qui quello che dicevamo a principio, che  Aristotele  considerando l' ente dialetticamente, ne fa due, cioè
interamente diversa da tutti gli altri predicati; e benchè  Aristotele  non esponga chiaramente questa differenza, egli è mosso a
di contatto cogl' intelligibili, [...OMISSIS...] (4).  Aristotele  dunque trova, che nell' università delle cose, ci sono e ci
ed anzi di genere da tutto ciò che non sente, e lo stesso  Aristotele  confessa, senz' accorgersi che così atterra sè stesso, che
che abbiamo trattata precedentemente: se ci sia per  Aristotele  qualche intelligibile, che sussista da se solo. Su cui ci
e il più controverso. E già abbiam veduto, che  Aristotele  distingue le specie in quelle che sono in natura, e in
opere dell' arte. Sulla quale distinzione osserviamo come  Aristotele  non concepisca la specie unicamente come un' idea, che fa
e in qualche parte anche quello di Platone, a cui  Aristotele  riferisce la distinzione tra la specie negli enti naturali,
universali incompiuti, non avendo l' ultimo atto, sono da  Aristotele  dichiarati materia (4). In terzo luogo, non possono essere
concetto, ma anche realmente, non solo dal corpo (se pure  Aristotele  rimane a questa altezza), ma anche dal resto dell' anima: e
stesse per la solita o almen frequente confusione che fa  Aristotele  tra la specie e l' atto . Secondo la prima considerazione,
essendo ancora in potenza, non sussistono da sè, e  Aristotele  riprende Platone, quasi abbia voluto ammettere le idee come
eterne tali specie che in sè contenessero del potenziale,  Aristotele  pose questo principio, che « « in quelle cose che sono
». Donde si conferma quanto abbiamo di sopra toccato, che  Aristotele  non vede atto puro se non nell' ordine intelligibile, e
ma dee averli tutti in potenza. Conviene qui dunque che  Aristotele  retroceda alla potenza, non a una potenza corporea, ma pure
e considerati come idee fondamentali » », si compiace  Aristotele  di ribassarli sotto le specie. Ma ben presto n' ha bisogno
ben presto n' ha bisogno egli stesso e li rialza. Infatti,  Aristotele  s' accorge che tutta la scienza viene da certi principŒ, e
più universale ancora de' generi, l' essere. Alla mente d'  Aristotele  si presentano dunque, come abbiamo veduto, i generi e gli
dell' anima appartiene a quell' efficienza naturale, che  Aristotele  chiama generazione , e che riguarda la produzione d' una
categoria della sostanza, ma alcuna delle altre nove. Ora  Aristotele  pone questa differenza tra le produzioni sostanziali , e le
altre potenze, produce un' opera esterna, è detto da  Aristotele  fattivo : quel pensiero poi la cui azione non esce dal
attività dell' anima intellettiva, che è l' altra causa da  Aristotele  spesso compresa sotto la denominazione di arte, è del pari
sono acquisite, come l' anima sarà un principio operante?  Aristotele  risponde che la stessa anima intellettiva è una specie (2).
d' azione. Dalle cose vedute fin qui sembra che in  Aristotele  compariscano su questo argomento due dottrine opposte. Noi
si avranno le due dottrine che dicevamo. Ora egli pare che  Aristotele  or pieghi all' una ed ora all' altra. La prima intanto
altra. La prima intanto sembra cozzare con certe verità da  Aristotele  stesso insegnate. Questo filosofo accorda veramente ai
non essendogli necessario l' avere una certa grandezza.  Aristotele  ricorre alla sua diletta espressione: « « gli è essenziale
essere che passioni del senziente, come le chiama lo stesso  Aristotele  (2): le forme sensibili son dunque nel senziente e non nel
su queste specie, supposte ne' corpi esterni, sembra che  Aristotele  fabbrichi una teoria, considerandole come il bene a cui
questa dottrina s' appoggia sopra un falso supposto. E  Aristotele  stesso pare in qualche luogo ammetterla, in altri pari
luogo a dubitarne. E` dunque del pari falso, che quelle che  Aristotele  chiama specie sensibili sieno in potenza intelligibili .
potenza e l' atto conviene che siano della stessa specie.  Aristotele  confessa ad un tempo e che l' intelligibile è l' essere
, che noi abbiamo posti come costitutivi dell' anima umana.  Aristotele  dunque qui è nel vero. Continua poi mostrando come
essa due significati, poichè per forma ora s' intende da  Aristotele  la stessa cosa ideale composta di materia e di forma, ora
pietra reale, e nella pietra anche la sua forma reale. Ma  Aristotele  stesso sembra che rimanga preso nell' equivoco della parola
quanto l' attuale, onde non può averlo al di fuori. Che se  Aristotele  consentisse a riconoscere l' infinita differenza, che passa
cotale imagine dell' idea. Questo è dunque il passo in cui  Aristotele  cade e contraddice alle verità da lui stesso vedute. « «
la specie de' sensibili » » (1). Vedesi che anche qui per  Aristotele  (nè pur l' anima intellettiva) non è il subietto , ma uno
che il divino non è sparso nel mondo materiale; e che  Aristotele  fa uso di vane metafore, quando dice che tutta la natura,
essere che nell' ordine dell' intelligenza. Anche secondo  Aristotele  questa non ci sarebbe, se ci fosse solo il sensibile,
un' esistenza separata, e sua propria (2). Suppone altresì  Aristotele  che esista qualche cosa d' eterno e d' intellettivo con
Ma quello che mi pare decisivo per riconoscere, che  Aristotele  ammette che la natura della mente è separata non solo di
essa anima abbia bisogno del corpo. Onde alle citate parole  Aristotele  si continua così: [...OMISSIS...] . Onde per l' uso che fa
e sta colla mente congiunto. Veramente egli pare che  Aristotele  non possa concepire la mente senza un qualche corporeo
già prima ci avevamo proposta, ora dobbiamo rispondere. Che  Aristotele  non desse unità al divino, il brano seguente lo fa
e tuttavia a torto, per quanto a me pare, se n' indusse che  Aristotele  volesse lasciare la mente sparsa per modo che nulla più
(2). Acciocchè dunque si veda in che modo crediamo noi che  Aristotele  trovasse l' unità nell' ordine degl' intelligibili,
in fine in una sola e verace unità. Poichè fino a tanto che  Aristotele  considera queste tre cose in separato l' una dall' altra,
tra sè, che non abbiano vincolo alcuno. Primieramente  Aristotele  distingue gl' intellegibili in due classi: 1 gli universali
due estremi, cioè tra i singolari e i supremi principŒ .  Aristotele  in luoghi diversi li considera ora in relazione ai
diverse. Considerandoli in relazione ai singolari,  Aristotele  insegna che gli universali sono indeterminati (4), e hanno
Questi tre modi dell' individuo, che è la sostanza prima d'  Aristotele  «protai usiai» (2) si permutano ne' suoi ragionamenti, il
» », [...OMISSIS...] . Ora egli è indubitato che  Aristotele  riconosce esistere degli incorruttibili, de' sempiterni e
possano esistere divisi dalle specie »(1). Ammette dunque  Aristotele  o non ammette qualche natura separata dalla materia? E
gli antichi ancora non avevano determinato. Quando dunque  Aristotele  considera l' intelligibile come una natura , senz' altra
trova impossibile. Da questi due aspetti diversi sotto cui  Aristotele  considera la cosa stessa, mi pare che derivi quella
In fatti la difficoltà, principio delle altre, che trova  Aristotele  ad ammettere le idee di Platone, si riduce a questa: « «
esistere come enti da sè » » (1). Tentò dunque  Aristotele  di sostituire alle idee di Platone un' altra maniera d'
sussiste ed è la mente prima ed essenziale d' Aristotele.  Aristotele  si propone dunque per l' esposizione di un tale sistema di
la storia del movimento del pensiero: veniamo alla teoria.  Aristotele  distingue primieramente la sensazione dall' ente a cui la
Che cosa le bisogna per poterla fare? Certamente, risponde  Aristotele  « « un abito che abbia virtù di far conoscere » »
ingenito, che ha virtù di far conoscere, e ciò che altrove  Aristotele  chiama lo scientifico dell' anima, [...OMISSIS...] , e che
in atto ricevutane l' occasione da' corpi (4). Infatti,  Aristotele  riconosce che nella stessa mente umana da una parte ci
sensazioni. Noi abbiamo già detto e in parte provato, che  Aristotele  intende, per la mente insita nell' uomo per natura, l'
ulteriore che è l' intellezione . Ora la mente innata d'  Aristotele  è composta d' intellezione e d' intelligibile: poichè
sia in potenza e qualche cosa che sia in atto. Ora secondo  Aristotele  l' intelligibile in rispetto all' intellezione è potenza, e
o l' intendente sia la mente in atto. Poichè veramente  Aristotele  non fa di queste, due menti , come inesattamente fu detto,
dottrine d' Aristotele, o colla massima parte di esse.  Aristotele  dice costantemente che l' oggetto della mente sono i
il ragionamento. Ma sotto la denominazione di principŒ  Aristotele  intende due cose: 1 le percezioni de' singolari e idee
(3). Ora tra tutti i principŒ comuni è dichiarato da  Aristotele  comunissimo e supremo il principio di contraddizione «to
he apophanai» (4). Si confronti dunque che cosa dica  Aristotele  di questo principio, e che cosa dica della mente, e si
intuizione di quel principio o de' suoi termini. Infatti  Aristotele  chiama la mente: « « principio della scienza » », e ancora
alla stessa maniera chiama il principio di contraddizione.  Aristotele  pone la mente anteriore ad ogni altra cognizione e
induzione, e per ciò stesso la cognizione de' generi che  Aristotele  suol chiamare assolutamente gli universali . Acciocchè
che l' essere non costituisce alcun genere, ma è in tutti,  Aristotele  si convinse che oltre la natura , divisa in enti
. C' è dunque indubitatamente qualche cosa per  Aristotele  di separato da ogni materia corporea e di superiore a tutta
ma è sempre insieme col composto » » (2). Distingue dunque  Aristotele  manifestamente due specie d' intelligibili , gli uni che si
classi è tolta da Platone stesso, come abbiamo veduto. Ma  Aristotele  quantunque riconosca che quelli della prima classe uniti
che esistano per sè ab aeterno. Ma riguardo ai secondi  Aristotele  ammette che esistano precedentemente e per sè, non però
. Ma tutti questi si riducono all' essere (riconosciuto da  Aristotele  pel primo universale) (2) e però dice che « « a quel modo
nella sua massima estensione. E` ben da considerarsi che  Aristotele  pone sempre i sensibili e gl' intelligibili come due nature
perchè fino a che è in potenza, non opera e non è ancora, e  Aristotele  insegna che solo ciò che è in atto trae in atto quello che
in potenza. E questo appunto risulta dai vari luoghi d'  Aristotele  che abbiamo allegati, e da quelli che allegheremo. E
, e perciò se non avesse qualche atto. Ora dice appunto  Aristotele  che « « in essa è l' intelligibile » », [...OMISSIS...] .
[...OMISSIS...] . Si conferma tutto questo da ciò che dice  Aristotele  sull' impossibilità, che gli elementi e le cause sieno una
non è come le idee di Platone, puri oggetti (secondo che ad  Aristotele  piace di rappresentarle), ma è un atto, una prima
(1), il che conferma quello che dicevamo, che  Aristotele  usa mente in un senso oggettivo. Ma consideriamo bene come
e che ci richiamiamo il principio della filosofia d'  Aristotele  in quanto ella si divide, o pretende dividersi da quella di
ella si divide, o pretende dividersi da quella di Platone.  Aristotele  dunque parte da questo principio: « « Le sole sostanze
più, ora meno (2). 7 Il settimo carattere che assegna  Aristotele  alla sostanza, e che dice ad essa spettare soprammodo, si è
(4). Come potenza l' essere è in potenza tutte le cose.  Aristotele  dice, che gli universali, in quanto sono universali, sono
potenza tutti gl' intelligibili: ma la mente in potenza d'  Aristotele  è appunto quella che non è nessuno degl' intelligibili, ma
ma diventa tutti: la mente potenziale dunque d'  Aristotele  è l' essere ideale indeterminato, come la potenza in atto è
la mente in potenza; l' essere è il possibile e la mente d'  Aristotele  non è altro che il possibile [...OMISSIS...] ; la mente non
nella sua potenzialità universale è la mente in potenza d'  Aristotele  e non può essere altro, perchè altro non sono le cose in
con altre dottrine aristoteliche intorno all' uno.  Aristotele  considera l' uno sotto due aspetti, in quant' è nelle cose
uno per accidente, considerazione puramente dialettica (e  Aristotele  suol sempre mescolare le considerazioni dialettiche colle
qui è la materia ideale, giacchè il genere è appunto per  Aristotele  la materia delle specie, [...OMISSIS...] (5). Il subietto
che misura e con cui si conoscono i generi stessi?  Aristotele  lo ammette e lo chiama « « uno d' analogia » ».
e l' uno, che è il medesimo. L' unità analogica dunque d'  Aristotele  è l' essere che raccoglie in sè i generi, ed è il
l' uno è il principio [...OMISSIS...] (1). Riconosce dunque  Aristotele  quell' uno che è nell' universale, e che chiama «tohen
infatti il conoscere, come pure il sentire, è descritto da  Aristotele  come un misurare. [...OMISSIS...] . Il che mirabilmente
e pongono in lui un quanto di sapere determinato. Onde dice  Aristotele  che nell' acquisto del sapere, « « ci accade come se un'
ci è stato applicato il cubito » » (7). Nel qual luogo  Aristotele  confonde il noi coll' essere : poichè dagli oggetti esterni
può dire che questa ci misuri (1). Ma più esattamente parla  Aristotele  poco appresso: [...OMISSIS...] . Dice in qualche modo ,
tutte le cose quasi con una misura. E infatti la mente d'  Aristotele  con cui si conosce, è detta da lui uno e principio; quest'
con cui sa più cose, e questo è l' essere. Poichè  Aristotele  ragiona sempre dell' intendimento in un modo analogo a
l' un e l' altro [...OMISSIS...] . C' è dunque secondo  Aristotele  un sensitivo nell' anima che è uno ed indivisibile, e
radicale cessi [...OMISSIS...] . Ora a questo modo stesso  Aristotele  concepisce la mente. Essa è una e indivisibile, e quest' è
laddove in questo non c' è che il singolare. E perciò  Aristotele  stesso è obbligato di ricorrere all' universale natura,
la scienza si compone di ragioni (1). Ma si osservi che per  Aristotele  il dire: « « separata di ragione » », e il dire: « «
questi intelligibili incomposti: con questo, che  Aristotele  dice tocco , e noi chiamiamo intuizione, l' anima non s'
. Il che spiega S. Tommaso così: [...OMISSIS...] . Onde  Aristotele  conchiude che il vero relativamente ai semplici
e subiettivamente per l' unità di sè stessa. Poichè, dice  Aristotele  « « non l' indivisibile secondo il quanto ella intende, ma
nasce dall' intuizione che ha dell' essere. Colloca dunque  Aristotele  nell' anima qualche cosa di uno , tanto nell' ordine
di numero, tuttavia è moltiplice di ragione, ossia, come  Aristotele  s' esprime, d' essere, [...OMISSIS...] . Il centro dunque,
uno per analogia, che non è altro che l' essere, è posto da  Aristotele  nell' anima come mente, sotto un aspetto in atto, sotto un
pure potenzialmente (essere indeterminato). Così ricapitola  Aristotele  stesso la sua teoria: [...OMISSIS...] . Che cosa dunque è
». Questo dunque costituisce la mente in potenza d'  Aristotele  in senso obiettivo (4). Per ciò stesso questa mente è dal
potenza (1). Questa mente dunque è quel principio (2), che  Aristotele  riconosce necessario in ogni serie di cause, anche nelle
principio di tutte l' altre. Quest' è dunque l' unità che  Aristotele  attribuisce al divino. Ma questo non toglie nè la
questo mistero della generazione della mente, in niun luogo  Aristotele  lo spiega, nè di spiegarlo si propone. Dice bensì, come
la mente s' aggiungesse dal di fuori. Abbiamo veduto che  Aristotele  prende la mente in un senso ora subiettivo , ed ora
tutti gli uomini, i generanti ed i generati. E infatti  Aristotele  stesso distingue queste due questioni, trattando nel primo
cause moventi e finali: [...OMISSIS...] . Spiega dunque  Aristotele  la generazione come un effetto di quella tendenza al Bene,
a cagione della materia o potenzialità diversa, che secondo  Aristotele  costituisce il subietto e il fondo di tutta la natura, e
[...OMISSIS...] . La mente dunque non è computata da  Aristotele  tra le potenze soggettive dell' anima; è dunque l' oggetto
verso il Bene, quella tendenza d' uscire all' atto, che  Aristotele  pone in tutti, con questa differenza però, che mentre negli
la teoria d' Aristotele. Ma perciò appunto, se  Aristotele  avesse posto ben mente alle conseguenze, si sarebbe accorto
e anche delle cose reali, se non equivocamente (3), dovendo  Aristotele  stesso ritornare per un' altra via e senz' accorgersi a
in Aristotele. Sembra nondimeno indubitato che secondo  Aristotele  esista una Mente eterna, sussistente e di numero veramente
uomo in atto, perchè l' atto precede sempre la potenza, ma  Aristotele  ammette un circolo eterno e infinito di generazioni: questa
che è la sua causa motrice. Ma, come abbiamo detto,  Aristotele  s' accorge che questo stesso non basta, e riconosce il
assoluto. Ma è difficile dire se, e quanto, il concetto d'  Aristotele  si avvicini al vero. Dice dunque, che « « le sostanze sono
formano le altre menti, che perciò sono divine. Tutto ciò  Aristotele  dichiara così: dopo aver detto che dall' essere necessario
in virtù della mente, questo s' intende. Ma sostituendo  Aristotele  l' atto contemplativo subiettivo e sostanziale all' idea ,
la difficoltà, e che noi qui riferiremo, perchè, sia d'  Aristotele  stesso o d' un suo discepolo, dimostra uno sforzo di
lacuna immensa che lascia la dottrina aristotelica. Avendo  Aristotele  tolto a Dio ogni azione sul mondo e lasciatogli solo l'
l' appetito universale della natura non basta a spiegarli.  Aristotele  ricorse dunque al caso e alla fortuna, cioè, come egli
di Platone come ad un puntello straniero. Infatti: 1  Aristotele  aveva dichiarata divinissima la mente, e in questa
coll' altre dottrine aristoteliche. Di che risulta, che  Aristotele  pone Iddio nell' universo [...OMISSIS...] , e lo pone pure
conferma quello che abbiamo provato più sopra, essere  Aristotele  lontanissimo dal sistema di que' superficiali de' nostri
la natura divina e l' origine della mente umana da questa,  Aristotele  parla oscuramente, e da sè stesso s' ingombra il cammino
a tutte, il che cozza con tutti que' principŒ, coi quali  Aristotele  prese a combattere le idee platoniche. Ma ciò che non
combattere le idee platoniche. Ma ciò che non abbandona mai  Aristotele  in tutti questi diversi sistemi, a cui, secondo il bisogno
Come abbiamo già osservato, fortissimo è il raziocinio d'  Aristotele  quant' è alla forma, ma la sua dottrina rimane imperfetta
come una semplice ripetizione di volgari credenze, e così  Aristotele  lo presenta quando ce lo dichiara relativo alla fede umana,
materiale ed esteso, e così par che lo prenda lo stesso  Aristotele  quando ci fa sopra una teoria filosofica; e così lo spiega
miscuglio di materialismo e di spiritualismo rimane in  Aristotele  come rottami di fabbriche diverse di cui si serve per
tende di pervenire all' atto come a suo fine (7). Così  Aristotele  facendo che anche gli animali e le stesse cose insensibili
d' appetito (1), che sono le cause del moto locale secondo  Aristotele  (2). Ma come poi il cielo, contemplando il motore immobile
movimento perpetuo circolare e uniforme dell' ultimo cielo,  Aristotele  da questo deriva come da prima causa la conservazione delle
muove in circolo. Nell' origine dunque del primo movimento  Aristotele  pone l' efficacia di movere in un' idea, e non introduce un
e per continuazione di parti. Ad ogni modo al pensiero d'  Aristotele  sembra questo, che le tre cause riunite originariamente in
s' adunerebbe in una massa inerte e morta. Nell' uomo,  Aristotele  attingendo al concetto che se n' erano formato i filosofi
un' imitazione del « Timeo » di Platone, per quanto  Aristotele  voglia farci credere il contrario) un Movente immobile, e
volontà e al suo appetito. E inoltre è necessario secondo  Aristotele  per ispiegare le generazioni spontanee e casuali, alle
sparso nelle diverse sue opere, possiamo conchiudere, che  Aristotele  non giunse a dare al suo sistema una perfetta unità e a
dipende tutto ciò che è contingente, onde è chiamato da  Aristotele  il principio dell' esistere di tutte le cose
o potenza: è dunque da sè puro e separato. E infatti  Aristotele  prova la necessità che ci sia un tale principio, di cui l'
considerato l' essere come genere e come universale, nega  Aristotele  che possa avere un' esistenza separata, chè niun
all' essere di tutte le cose? Convien osservare che  Aristotele  non chiama genere l' ente, se non o come una denominazione
stesso, perchè del nulla non si può predicare. Ora insegna  Aristotele  che la prima essenza (l' essenza singolare) non si predica
«usia» da «einai»), dico l' essenza sostanziale, è presa da  Aristotele  come l' ente, «to on», al modo di Platone, Nel settimo dei
sono idealmente congiunti. Tutto questo è nel mondo ideale.  Aristotele  non fa espressamente tutte queste distinzioni, e sopra
intendere l' essere in potenza) sia sempre attribuito da  Aristotele  alle specie che si riducono in generi, e che fuori di
questo vale dell' essere considerato come predicabile.  Aristotele  lo considera anche come atto in se stesso determinato,
[...OMISSIS...] , perchè non potranno sussistere?  Aristotele  insegna che la materia ha bisogno della forma per essere
e niente vieta che da sè sussista, e così sussiste secondo  Aristotele  la mente e Dio. [...OMISSIS...] . E che cos' è quest'
ma intelligente, trasformandola così in una mente,  Aristotele  non si curò più di sapere, se l' oggetto di questa mente
la mente d' Aristotele. Per la stessa ragione poi per cui  Aristotele  disse che la prima filosofia trattava dell' ente come ente,
(5). Ma gioverà indicare altresì da che fosse indotto  Aristotele  a considerare l' ente puro come l' oggetto degnissimo della
tutte le specie sono in lui, ond' anco la mente è detta da  Aristotele  « il luogo delle specie ». Ma come l' ente contiene le
gode che momentaneamente. Poichè la perfezione è riposta da  Aristotele  in due cose: 1 che subiettivamente altro non ci sia che
anima (2), e viene dal di fuori (3); onde non pare che  Aristotele  conservasse all' anima dopo la morte dell' uomo la sua
che fuori dell' essere non c' è nulla (6). Poichè sebbene  Aristotele  trovi necessario, che la natura divina esista anche allo
sommo è l' appetito di tutta l' università delle cose (2).  Aristotele  dunque non solo vuole, che la natura divina «to agathon kai
Cerchiamo dunque di nuovo qual sia la relazione che pone  Aristotele  tra l' essere assoluto e separato, e gli altri enti
all' ideale; poichè sta qui tutta la spiegazione che dà  Aristotele  dell' esistenza e della natura del mondo, e della sua
nella forma. Questa maniera di parlare ritorna spesso in  Aristotele  e sempre senza distinzione di ciò che è reale o ideale, di
finiti è forse data loro dall' ultima specie cioè da Dio?  Aristotele  insegna espressamente di no, ma distinguendo la causa
E qui c' è una prova decisiva di quello che dicevamo, che  Aristotele  fa la specie nella mente identica di natura alla specie che
delle loro differenze (2)? In questo senso dunque il Dio d'  Aristotele  contiene le cose tutte, e però le colloca al di là dell'
essere «periechein ta onta panta» (4). E per questo appunto  Aristotele  fa una scienza unica e prima di tutti gli enti, trattando
è manifesto che questo divino, questo Bene, si considera da  Aristotele  come scevro da ogni specie finita , e nel primo modo
, da ogni materia. Infatti in questo secondo aspetto  Aristotele  non dà a Dio altro, che il concetto di fine , di estremo,
o sia l' ente composto di materia e di forma. Onde siccome  Aristotele  dichiarò che Iddio come fine ultimo, a cui ogni natura
perisce senza quello di durata (4). Per questo dice  Aristotele  che l' essere e il vivere degli enti naturali pende da tali
[...OMISSIS...] (1). Egli è dunque manifesto, che il Dio d'  Aristotele  differisce da quello di Platone in questo, che il platonico
facilmente si raccoglie che cosa sia questo Dio. Poichè  Aristotele  stesso continuamente insegna che, rimosse le specie, quello
carattere dell' ente [...OMISSIS...] (2). E però  Aristotele  non riprende Platone per aver detto che l' ente e l' uno
stesso, cioè è la purissima attualità (2). E veramente per  Aristotele  ciò a cui conviene, prima che ad ogni altra cosa, la parola
ella è Dio; e in questo senso si può dire che l' essere per  Aristotele  sia Dio. Posciachè dunque l' essenza o l' essere
e la connessione, [...OMISSIS...] , dell' universo: perciò  Aristotele  ad una scienza sola commise di trattare dell' essere come
altro, cioè la casa reale, composta. Laonde tosto appresso  Aristotele  si fa la questione « se dunque le essenze specifiche de'
chè taluno, dice, porrà la solesto si raccoglie come  Aristotele  faccia derivare le essenze specifiche limitate , cioè le
Così dalla tendenza della natura all' essere attualissimo  Aristotele  deriva ugualmente: 1 Le forme naturali e reali; 2 Le forme
Onde in generale l' atto, o specie de' corruttibili, per  Aristotele  è ciò che si predica d' una materia (1) e il predicato non
entrambi in atto, [...OMISSIS...] (2). E già vedemmo come  Aristotele  anche nella mente pratica pose il reale che la rende
coll' idea. Onde quest' è una delle principali censure che  Aristotele  fa a quelli che posero le idee come essenze eterne, che
essere dunque attualissimo, e però separato e da sè, è per  Aristotele  mente contemplatrice, contemplatrice di sè stessa, e di
è piuttosto una specie che un' altra (2), [...OMISSIS...] .  Aristotele  dunque pone una vera identità tra la specie nella cosa e la
della sua forma, è una prima maniera di atto detto da  Aristotele  « atto dell' imperfetto » [...OMISSIS...] (2). Quando poi
atto: atto perfetto «he haplos energeia», ed è chiamato da  Aristotele  «entelecheia» (3) che vale perfezione (da «enteleches») e
e anche questi si chiamano «entelecheia» da Aristotele.  Aristotele  assegna espressamente questi due sensi alla parola
diverse opinioni (5). [...OMISSIS...] Di che si vede che  Aristotele  distingue l' entelechía prima, [...OMISSIS...] dall'
atto, perchè la sua natura è di essere atto puro, e però  Aristotele  la fa venire all' uomo dal di fuori, benchè non ne spieghi
di contemplazione. Secondo che intese questa dottrina d'  Aristotele  l' arabo commentatore, ci sarebbe una mente sola di numero
senso subiettivo è impossibile. Laonde parmi probabile che  Aristotele  ammettesse appunto una mente sola di numero in senso
mente fu anche cagione a Platone delle sue idee, di cui  Aristotele  ritenne il principio modificandolo. Ma ora dobbiamo vedere
vedere come in ciascun uomo nasca la mente subiettiva.  Aristotele  concepisce lo spirito umano secondo il principio di Platone
propria, indipendente dallo spirito umano. Distinse dunque  Aristotele  nello spirito umano la virtù sensitiva che risponde al
dalla natura se non quella «dynamin kritiken» (5), che  Aristotele  dà a tutti gli animali, sebbene varia ne' diversi animali,
lettore ha già udite le ragioni. Piuttosto è da dirsi che  Aristotele  ammetta due specie d' induzione: l' una è quella che
materia, è assolutamente universale, chiamata dallo stesso  Aristotele  «proton en te psyche katholu» (3). Oltre di che è costante
psyche katholu» (3). Oltre di che è costante principio d'  Aristotele  che l' atto sia anteriore alla potenza (4), onde lo spirito
sono intelligibili in potenza e non in atto. Onde  Aristotele  stesso pone questo principio assoluto, che la ragione deve
Ma quello che toglie ogni dubbio è l' avere lo stesso  Aristotele  applicato questo principio ontologico della necessità d' un
nello stesso tempo, rendono possibile l' induzione stessa.  Aristotele  inoltre pone nell' uomo la mente come un' essenza eterna
intuizione del Primo motore (3) appartiene a quella che  Aristotele  chiama mente contemplativa. Ma il pensiero contemplativo d'
chiama mente contemplativa. Ma il pensiero contemplativo d'  Aristotele  «dianoia theoretike» si estende troppo più, perchè
anima intuente la forma dell' Essere. Così si spiega come  Aristotele  chiami or divina, ora anche Dio la mente nell' uomo, la
da ciò che è primo ed eccellentissimo in ogni genere  Aristotele  fa venir quello che è meno eccellente in quel genere,
universo (3), e non fa maraviglia d' incontrare presso  Aristotele  una pluralità di Dei, essendovi una pluralità di forme e
, e le forme sieno veramente divine. Questo fu cagione che  Aristotele  fosse sempre accusato dagli antichi o di politeismo o di
dagli antichi o di politeismo o di contraddizione (2).  Aristotele  censura appunto Platone di questo, che avendo sostituito la
le accidentali loro mutazioni (5). - Come dunque pretende  Aristotele  d' aver completata questa dottrina della causa finale? -
è che distrutto che sia, non rimane più nulla del resto?  Aristotele  dice, che quest' è l' Ente, e l' Uno (4), e lo stesso
delle idee , e le idee cause dei sensibili (5), salvochè  Aristotele  non vuole che esistano idee de' sensibili separate ed
per se intelligibili. Su di che già vedemmo che lo stesso  Aristotele  vacilla, e talora chiama la forma reale « « lo schema dell'
suo sistema, affine di rendere le forme operative, vedemmo  Aristotele  esitante, e talora ritrarne il piede, ora dare alla specie
delle forme , cioè ritornati al sistema di Platone. Di più  Aristotele  riconosce che molte cose reali diverse di numero sono
che ne partecipano, ed essendo in ciascuno di essi? Poichè  Aristotele  dice: [...OMISSIS...] . Se dunque riconosce che nel
del medico sia la sanità nell' ammalato (2), tanto più che  Aristotele  stesso è obbligato a confessare che la specie nella mente
degli universali. Il che tanto più sarebbe stato facile ad  Aristotele  di vedere, in quanto ch' egli ama considerare gli
(3). Ma il nodo più duro a sciogliere nella dottrina d'  Aristotele  è quello della mente stessa che contiene gli universali.
Agli argomenti che abbiamo addotti per provare che  Aristotele  ammette una sola natura mentale, aggiungiamo i seguenti: 1
ammette una sola natura mentale, aggiungiamo i seguenti: 1  Aristotele  dice, che senza ammettere una moltiplicità di materie, non
aventi varie potenze e capacità di giungere all' atto. 2  Aristotele  ammette tre sole sostanze: due sensibili, delle quali l'
come la terza sostanza. Questo ben dimostra per lo meno che  Aristotele  era lontano dall' intendere quanto la natura divina si
anteriore alle menti, secondo il principio dello stesso  Aristotele  che [...OMISSIS...] ? (1). Aristotele dirà forse, se non
dello stesso Aristotele che [...OMISSIS...] ? (1).  Aristotele  dirà forse, se non nell' ipotesi che il comune sia
ma esistenti tutte nella mente del sommo Artefice. Ora  Aristotele  non ci può ritornare senza rinunzia al proprio sistema,
Questa sentenza deve esser ricevuta entro certi confini.  Aristotele  riduce gl' intelligibili ossia le specie alle dieci
sostanza e però hanno un' esistenza accidentale che talora  Aristotele  paragona al non ente (4). Laonde le sole specie sostanziali
ond' è chiamata «aion syneches» e «taxis» (6), pensiero che  Aristotele  prese da Anassagora (7). Ma pretende Aristotele che
che Aristotele prese da Anassagora (7). Ma pretende  Aristotele  che Anassagora non conoscesse la mente se non come causa
la mente obiettiva. Questo mi sembra essere dichiarato da  Aristotele  stesso nel libro XII, 9 de' « Metafisici ». Lo scopo di
naturali (3) e anche il male. Dalle quali cose conchiude  Aristotele  che la Mente suprema e perfettissima deve: 1 esser sempre
di sè, [...OMISSIS...] abitualmente, e però si chiama da  Aristotele  abito, [...OMISSIS...] (5), e quindi ha bisogno d' uscire
in potenza ad esser fatta, [...OMISSIS...] , di cui parla  Aristotele  nel III, 5 dell' « Anima », e finalmente la mente passiva,
perchè sono la stessa mente innata. E veramente, che quando  Aristotele  nomina come peritura [...OMISSIS...] , intenda le specie
potenza. Questo poi si prova dalla qualità che attribuisce  Aristotele  d' impassibile , e però priva di memoria, [...OMISSIS...] ,
che sono unite colla materia negli enti naturali (1).  Aristotele  si fa delle obbiezioni, che servono non poco a render
semplificarsi prima d' essere intelligibile (3). Risponde  Aristotele  a queste difficoltà, che l' intelligibile è nella mente
(1). Dal qual luogo vedesi la connessione che pone  Aristotele  tra la mente umana, e le specie che sono negli enti
altre, è contemplatrice o teoretica. Ma che cosa contempla?  Aristotele  risponde: il principio, senza il quale non si può conoscere
anche sopra se stesso, sta in quest' ultima, e però  Aristotele  s' applica a dichiarare la formazione della mente passiva,
e non per difetto d' evidenza nelle cose (4). Quando poi  Aristotele  parla della mente data all' anima come strumento col quale
è in atto come tavoletta, e tale è la mente in atto, che  Aristotele  dice essere data all' uomo da Dio stesso, come uno
molti principŒ in atto, e non solo i primi, ma per principŒ  Aristotele  intende anche tutte le essenze specifiche prive di materia,
che le serve di strumento agli altri suoi atti. Così  Aristotele  dice, che Iddio ci dà la mente (2). Infatti conoscendo l'
niente si può conoscere, perchè tutto è essere. Laonde  Aristotele  fa dipendere le verità dalla prima, come gli esseri dal
e che gli enti della natura ne partecipano e così sono (6).  Aristotele  si oppone a questo, e dice che l' essere comunissimo non
come singolare e primo, e come comunissimo. Osserva dunque  Aristotele  che la parola ente ha un primo significato, dal quale tutti
a un solo principio (3). L' essere dunque si considera da  Aristotele  come una sola natura, [...OMISSIS...] . Qual è dunque il
che l' essere sia universale? (2). Conviene osservare come  Aristotele  concepisca l' universale; il concetto, che s' è formato
si predicherà in un modo anteriore e posteriore? Secondo  Aristotele  l' essere si predica in un modo anteriore della essenza
o singolari? (4). Tale in sostanza è la difficoltà che  Aristotele  chiama « « difficilissima di tutte e insieme necessarissima
aspetto una sola forma veste più materie, ed essa è da  Aristotele  rassomigliata al maschio che feconda più femine (3).
al maschio che feconda più femine (3). Stabilisce dunque  Aristotele  l' unità dell' essenza sostanziale , giacchè essendo essa
universale. [...OMISSIS...] Ma s' osservi attentamente, che  Aristotele  usa, senz' accorgersi, in due significati diversi «to
conclusione. Del rimanente, la conclusione si è che  Aristotele  tiene costantemente divise le specie , sparse nella natura,
E poichè la mente in senso obiettivo è l' essere, perciò  Aristotele  or dice della mente suprema che forma la continuità e l'
mente nell' uomo (3). E quest' è la ragione, per la quale  Aristotele  ora parla d' un principio solo, e or tosto appresso
. Se dunque considera l' essere come contenente,  Aristotele  parla d' un principio solo, se considera l' essere come
parola a un numero infinito d' individui. Quindi a ragione  Aristotele  ne cerca il fondamento nell' Essere supremo.
nell' ente come ente » », [...OMISSIS...] (3). Secondo  Aristotele  adunque l' universale si riduce all' essere come essere, e
natura, e come cosa divina. E qui di novo si alterna in  Aristotele  il discorso in singolare e il discorso in plurale per la
Dio e l' universale sono unico oggetto? Ecco quello che  Aristotele  non dice che oscuramente, e dove sta pure il nodo della
l' uno, ond' ha per oggetto, «ta malista katholu», e questi  Aristotele  li dice i più rimoti da' sensi, [...OMISSIS...] . Ora
Ma in quest' universalissimo la cui scienza è chiamata da  Aristotele  «theia ton epistemon» e «ton theion», e «theiotate kai
è l' universale anzi l' universalissimo; convien dire, che  Aristotele  prenda indubitatamente in altro senso l' universale, quando
aristotelica. E` dunque da osservare attentamente, che  Aristotele  prende qui l' universale in senso di qualità comune agli
e ciò che è posteriore non c' è il comune, secondo  Aristotele  (3). Conchiude dunque « « esser cosa evidente che niuno
separata dalla natura, dell' uomo e del cavallo (4).  Aristotele  si dà tutta la cura di distinguere interamente le specie
universale accomunato a tutte le categorie. Quando dunque  Aristotele  combatte que' filosofi, che usano dell' ente e dell' uno
filosofia. [...OMISSIS...] La ragione poi, per la quale  Aristotele  dice, che il pensiero umano concepisce che esista fuori de'
generi come di conseguenza, [...OMISSIS...] (1). Poichè  Aristotele  distingue l' essere per sè, e il sussistere dell' essere, e
principŒ sieno singolari, come a dire che sieno universali.  Aristotele  scioglie questo nodo al modo che vedemmo: riconosce tutto
l' essere è incorruttibile, e intransmutabile), è detto da  Aristotele  «pan,» e questo è il divino del mondo, [...OMISSIS...] (1).
dunque, uno di specie (3) perchè specie, è considerato da  Aristotele  sotto due riguardi o come atto purissimo o come potenza.
» aristotelici. Comincia da quelli che al modo d'  Aristotele  chiama «ta prota». Dice che, secondo la sentenza d' alcuni,
intorno ai primi , alle quali si riduce quella che  Aristotele  chiama prima filosofia. Ripassiamole brevemente. Comincia
si volse la greca filosofia: noi abbiamo veduto quanto  Aristotele  vi si travagliò. Da diversi luoghi dello Stagirita si
le idee delle cose naturali, come essenze da sè esistenti.  Aristotele  concesse a Platone che ci sia una specie separata, la
deve esistere avanti tutto in un primo . Così pure  Aristotele  che pone il divino negli enti naturali, e in certe essenze
Teofrasto: [...OMISSIS...] . Ancora due altre sentenze di  Aristotele  si possono confermare con questo prezioso frammento del suo
 Aristotele  dedicò diverse opere alla biologia: La storia degli
dove non dovrebbe esserci nulla in quanto l’universo di  Aristotele  è chiuso, ha un bordo dove tutto finisce. Dante alza lo
- non lontane, dunque dalla osservazione già fatta da  Aristotele  - furono espresse anche dal Robinet (1735- 1820) di Rennes,
divario corrisponde a quello che  Aristotele  pone tra tragedia e commedia: le persone della tragedia
all’ambiente non sembravano spiegabili altrimenti, da  Aristotele  in poi, che con l’ipotesi di una forza superiore ed esterna
o di professionisti, sapienza messa insieme studiando  Aristotele  o il Maestro delle sentenze o i naturalisti contemporanei;
relativamente mature, come tutti i sistemi filosofici da  Aristotele  a s. Tommaso, agli scrittori di etica e diritto sociale
lavoro (1) intorno alla filosofia d'  Aristotele  nacque tra le mani dell' Autore senza un disegno
che prese forma dall' opera presente, che intitolammo: «  Aristotele  esposto ed esaminato ». Colla qual narrazione dell' origine
come posto hanno trovato, per esempio, nella « Filosofia d'  Aristotele  » di Francesco Biese (2). Io restrinsi dunque il mio lavoro
esporre la serie delle aporie o dubitazioni, colle quali  Aristotele  spesso delinea l' ambito delle sue ricerche metafisiche
che noi procurammo tener dietro passo passo all' ordine d'  Aristotele  stesso; non all' ordine materiale de' libri, e nè pure al
greca nacque presso di noi: e che il testo greco d'  Aristotele  comparve la prima volta in pubblico a Venezia per le
fosse grande l' ignoranza nel culto superstizioso reso ad  Aristotele  dal medio evo, e quanta più ce n' era nelle contumelie, di
non meno che la loro difficoltà, restituirà sempre ad  Aristotele  un gran peso d' autorità ogni qualvolta il mondo
che le questioni principali della « Metafisica » d'  Aristotele  fossero del tutto sconosciute prima del secolo XIII; chè
dello Stagirita (3). Ma l' epoca, nella quale lo studio d'  Aristotele  crebbe d' importanza e cominciò ad attrarre l' attenzione
m. 526), che credeva di ripetere con ciò quanto aveva detto  Aristotele  (1). Come dunque quello, che è singolare nei reali, è poi
dall' individuo , e real causa del medesimo come appunto  Aristotele  fa della forma una causa reale della materia (2); nè questo
, quanto l' essenza realizzata , equivoco che c' è in  Aristotele  di frequente. Confessando che gli individui si
? rovinasse in un baratro d' errori: vi era precipitato  Aristotele  ammettendo le specie eternamente congiunte colla materia.
ammettendo le specie eternamente congiunte colla materia.  Aristotele  di più diceva che niente esiste separato se non il
questo poteva sembrar coerente in un sistema come quello d'  Aristotele  che ammetteva il mondo eterno, era inammissibile in un
idee si riducono all' essere che si chiama spesso anche da  Aristotele  il genere generalissimo: l' essere ancora secondo
il genere generalissimo: l' essere ancora secondo  Aristotele  è tutte le categorie e le categorie abbracciano tutte le
Ma quando s' aggiunsero dottrine più elevate che non avesse  Aristotele  intorno a Dio, le idee reali ridotte all' essere reale
Ora la natura d' esemplare , «paradeigma» (1), che  Aristotele  schernisce come una vana metafora poetica (2) è pure la
nell' animo suo. A questo primo sistema di realismo in  Aristotele  se ne congiunge un altro. Poichè le specie mondiali
insieme colla materia quella causa efficiente che  Aristotele  chiama appunto natura , e nel pensiero costituiscono quella
, e nel pensiero costituiscono quella causa efficiente che  Aristotele  chiama arte . Le idee dunque per Aristotele sono principŒ
efficiente che Aristotele chiama arte . Le idee dunque per  Aristotele  sono principŒ attivi e non già puri oggetti intelligibili;
apparvero intorno alle idee e dominarono nelle scuole da  Aristotele  fino a noi) quali ora riassumeremo ed enumereremo così: 1
la sua purità il sistema di Platone dell' esemplarismo :  Aristotele  stesso, io credo, non l' aveva bene inteso: dopo di lui,
fine del secondo secolo, pretendeva di fondere Platone ed  Aristotele  insieme, come i suoi predecessori: la serie dei filosofi
cose : e con ragione fu osservato che questa prevalenza d'  Aristotele  spiega l' origine della dottrina, tutta aristotelica, degli
la stessa filosofia; e Averroé che tirò dal realismo d'  Aristotele  le ultime conseguenze di razionalismo e di naturalismo
e tirato a sè dalle due parti. Di qua la dottrina d'  Aristotele  insegnata e proclamata altamente come un aiuto naturale e
Lo stesso studio incessante d' interpretare benignamente  Aristotele  ed Averroè, e di confutarne gli errori, contribuì non poco
gli altri a noi pervenuti; 2 nella maniera colla quale  Aristotele  stesso scrisse quasi a brandelli molte sue cose, senza
contare che alcuni dei libri che ci rimangono col nome d'  Aristotele  non sono autentici, altri non autentici in tutte le loro
da distribuirsi per tutte e tre. Si crede tuttavia che  Aristotele  abbia lasciato a Teofrasto i suoi libri ordinati e distinti
in una cotale incertezza i contorni della dottrina. Come  Aristotele  insegna che la virtù consiste nel mezzo, così pare che egli
delle ragioni per le quali i seguaci di Platone e quelli d'  Aristotele  si dividessero in tante sette, e così disparate, senza però
vi proponete in questo vostro libro che intitolate: « «  Aristotele  esposto ed esaminato » »? Domanda ragionevolissima a cui
a cui brevemente dobbiamo rispondere. Dicevamo che in  Aristotele  si trova un sistema, ma indeterminato e incerto in molte
che giace sparsa nelle opere che si attribuiscono ad  Aristotele  di tre peccati: il primo d' esser formulata in un modo
toccò tra i gentili il suo apice per opera di Platone.  Aristotele  fu il più celebre dei suoi discepoli, ingegno di gran lunga
che Platone stesso si lamentava di lui dicendo: « «  Aristotele  ricalcitrò contro di noi, come i poledri generati, contro
questa conciliazione impossibile, tuttavia egli pare che  Aristotele  affetti talora di mostrarsi discorde da Platone anche
copie «ektypa», di quegli esemplari. Il concedere, come  Aristotele  fa costantemente, che « « senza gli universali non ci può
le essenze singolari ad un tempo e universali. Sembra che  Aristotele  cerchi di nascondere questa contraddizione sua propria, che
linguaggio e della maniera di concepire. Ora, essendo in  Aristotele  la maniera di concepire universalissima e del tutto formale
specie del genere ». Infatti la parola specie s' applica da  Aristotele  al genere stesso e a tutte le idee. Quando dunque
al genere stesso e a tutte le idee. Quando dunque  Aristotele  dice, che la quiddità è la specie, deve intendersi
che significa la specie e che significa il genere? Per  Aristotele  non c' è universale che non sia genere o specie. Ma convien
il linguaggio. Ma noi crediamo che la maniera, con cui  Aristotele  tenta di conciliarsi con se stesso, non si limiti ai due
più in appresso. Nel libro E (VI) dei metafisici, nel quale  Aristotele  dà i vari significati delle parole filosofiche, in vano si
dunque che noi lo raccogliamo dai vari luoghi, nei quali  Aristotele  ne fa uso, e dall' intrinseca natura del medesimo. Tra i
di idea è usato da Platone, ed evitato, quanto mai può, da  Aristotele  che le sostituisce i vocaboli di specie e di genere . Il
nome di individuo vago non si trova nè in Platone nè in  Aristotele  ed appartiene agli scolastici, ma è opportunissimo a
nella possibilità della non universalità. In questa maniera  Aristotele  si persuase d' aver escluso l' universale nel senso
essenza i due significati d' ideale e di realizzata, e  Aristotele  si attiene a questo secondo, di maniera che parla di quell'
Appartiene dunque all' individuo vago: questo spiega perchè  Aristotele  desse il nome d' «usia» non solo alla prima (l' individuo)
è singolare e reale. Di qui si scorge ragione del perchè  Aristotele  non parli mai in un modo diretto e assoluto dell' essere ,
o essenze accidentali si predicavano. Crede dunque  Aristotele  di conciliare l' universalità e la singolarità dell'
individui non è punto: [...OMISSIS...] . In questa maniera  Aristotele  credeva di uscire da quell' ambiguità, da quella specie d'
più elementi reali possano essere un elemento uguale ».  Aristotele  crede di sfuggire alla difficoltà con una parola nova che
Che cosa è la ragione della realità? Ecco quello che  Aristotele  non dice, e dove rimane sana e salva, sebbene appiattata,
di molti individui. Ma qui appunto s' affaccia ad  Aristotele  una nuova difficoltà: se cioè la forma reale e la specie
specie fuori degl' individui reali; e però spesse volte  Aristotele  usa promiscuamente dell' una e dell' altra parola. Ma non
nel qual modo cessano le difficoltà. Un altro impaccio. -  Aristotele  dice, che [...OMISSIS...] . Come poi, essendo uno e
enti? Il contenuto potrebbe essere prima del contenente?  Aristotele  medesimo dice di no; insegna anzi, che i contenenti si
Aristotele, questione che ha una ripugnanza intrinseca.  Aristotele  fa dunque gli universali ora posteriori, ora simultanei,
è, a dir vero, bisogno di dirlo: poichè il senso, secondo  Aristotele  stesso, è dei soli singolari, e non raggiunge punto nè poco
per un certo parlare improprio e traslato. Laonde, quando  Aristotele  gli attribuisce gli universali per accidente (2), altro non
ha per oggetto l' essere o la ragione della cosa (prendendo  Aristotele  questi due vocaboli come equivalenti): l' ordine dunque
de' singolari è una certa copia o imagine della specie; e  Aristotele  non avrebbe fatto altro, che estendere la denominazione di
specie dell' artefice, o dell' opera futura dell' artefice?  Aristotele  qui si trova in un impiccio tanto maggiore, quant' è
per Aristotele. Di più, se la specie, per confessione d'  Aristotele  « « è ciò in cui tende il moto com' a suo fine » », questo,
alla sua realizzazione, secondo i principŒ riconosciuti da  Aristotele  medesimo: ma quest' elemento anteriore al reale finito
ma parmi che inteso così riesca più chiaro.  Aristotele  vuol persuadere, che tutto ciò che c' è, si riduca alle sue
; il che ammette e riconosce costantemente per vero  Aristotele  per tutto, ov' insegna, che le seconde sostanze,
ma la questione non si lascia vincere (4). Vediamolo.  Aristotele  suppone, che l' intendere « sia un patire, simile in
stessi l' abilità di significare ? Questo è quello, che  Aristotele  non s' accorge punto di dovere investigare (6). Se avesse
idea, avente un' esistenza obiettiva (1). L' idea dunque da  Aristotele  è supposta, non ispiegata, e in vano negata. Se si suppone
faceva anteriore alle cose finite, e da queste partecipata,  Aristotele  la vuole posteriore, e da queste partecipata all'
(e se non vi fosse l' intelletto non potrebbe separarlo),  Aristotele  è obbligato, per sostenere il suo sistema, d' adoperare
pensato, o favorisce Platone, e non Aristotele, o riconduce  Aristotele  a Platone. Se dunque noi prendiamo da Aristotele quello che
riconduce Aristotele a Platone. Se dunque noi prendiamo da  Aristotele  quello che ci concede, che « le cose non si potrebbero
reali quali sono fuori di questo ». Ma pure conviene, che  Aristotele  ci dica chiaro, se la forma reale , che ha ciascuno degli
impossibile secondo i suoi stessi principŒ: e vediamolo. 1  Aristotele  riconosce, che la forma degli enti è singolare; e che la
deriva intrinsecamente dalla natura della specie stessa; 2  Aristotele  dice, che [...OMISSIS...] ; dunque la specie nell'
ma ha bisogno, che l' intelletto stesso la renda in atto; 3  Aristotele  dice, che la forma, che è l' essere stesso delle cose, è
quella stessa che è ne' reali (4). A malgrado di tutto ciò  Aristotele  è obbligato dal suo sistema d' ammettere, che la specie
egli confonde spesso in uno queste due cose. Aggiunge  Aristotele  che [...OMISSIS...] . Che se è ben detto, che l' anima
ciò che s' intende sono le specie. Non si ritrae  Aristotele  da questa conseguenza, anzi chiama l' anima [...OMISSIS...]
strettamente, che costituiscono un solo essere chiamato da  Aristotele  « « quella che da prima è sostanza » » [...OMISSIS...] .
della ragione. Da questo luogo sembra potersi inferire, che  Aristotele  deduca l' intelligenza dal senso, e che il sensibile
col fermarsi nell' anima. Questi suoi modi, ripetuti da  Aristotele  altrove, hanno fatto credere ad alcuni, come tra gl'
cinquecento a Pietro Pomponazio (4), che colla filosofia d'  Aristotele  (e non si credeva ce n' avesse un' altra migliore), l'
uomo, e unico per tutta la specie umana (1). Ma avendo  Aristotele  espressamente insegnato la sopravvivenza d' una parte
ci atteniamo a quella che meglio e più facilmente concilia  Aristotele  con se stesso. Aristotele adunque dopo il luogo arrecato
meglio e più facilmente concilia Aristotele con se stesso.  Aristotele  adunque dopo il luogo arrecato degli Analitici posteriori
da parte. Posta questa spiritualità e purità della mente,  Aristotele  propone due dubbi: 1 se la mente ha nulla di comune coll'
è unico di specie [...OMISSIS...] . Quant' è chiaro e lungo  Aristotele  nel proporre le obbiezioni, altrettanto è oscuro e breve
quale tanto abusarono i sensisti moderni senz' intenderlo.  Aristotele  paragona la mente, in quant' è potenza, alla tavola rasa,
in quant' è potenza, alla tavola rasa, ma questa tavola per  Aristotele  è una potenza viva, che quando vuole (1) si scrive da sè
cosa si rende evidente, dove si consideri la differenza che  Aristotele  pone tra il senso e la mente, dove chiaramente apparisce,
il dirle tali, onde ritornano in campo le difficoltà che  Aristotele  oppose a Platone, circa l' attitudine delle idee a far
e la cosa intesa sono il medesimo ». Ma tanto è lungi che  Aristotele  spieghi come ciò sia o possa essere, che dalla sua stessa
dimostrato (10 7 11). Laonde si ricorse dagli espositori d'  Aristotele  ad un altro ripiego, cioè a dire, che la stessa forma aveva
e l' intelligibile »(1) ». E quest' è il passo dove  Aristotele  consumma la confusione e la identificazione del subietto
dunque ad esporre l' intricato ed oscuro sistema d'  Aristotele  circa l' intendimento umano, dicevamo, ch' egli nel capo
«hina krate», come aveva detto Anassagora, espressione che  Aristotele  ammette, e spiega così [...OMISSIS...] ; il quale luogo
quale luogo conferma quello che dicevamo avanti, cioè che  Aristotele  per la Mente possibile di cui parla nel citato capitolo
si vede manifesto, che come abbiamo già prima osservato,  Aristotele  confuse l' esistenza puramente obiettiva di questa materia
» » [...OMISSIS...] . Principio affatto gratuito, di cui  Aristotele  non reca in alcun luogo la minima prova, e contrario al
dall' anima che l' intuisce. Le cagioni, che indussero  Aristotele  a dare alla materia prima dello scibile un' esistenza
anima : [...OMISSIS...] . Dove chiaramente apparisce, che  Aristotele  prende come equivalenti i vocaboli di forma, di specie, di
« la vita animale e sensibile ». E probabilmente fu tratto  Aristotele  a considerare l' anima come un istrumento con cui noi
noi stessi, subietto personale. Come dunque poteva dire  Aristotele  che noi raziociniamo coll' anima? Aristotele considera l'
poteva dire Aristotele che noi raziociniamo coll' anima?  Aristotele  considera l' uomo composto di corpo e d' anima, come di
semplicissimo ed incorporeo (1). In secondo luogo  Aristotele  cade in un manifesto assurdo, poichè ponendo il corpo come
composto. Un' inesattezza così grande di parlare condusse  Aristotele  ad altre strane confusioni: [...OMISSIS...] : e questo che
il puro corpo sarebbe il subietto della specie . Vedesi che  Aristotele  non colse punto nè poco la distinzione tra la forma
corpo, ma di tutto il composto uomo (1). A torto dunque  Aristotele  considerò il corpo come il subietto dell' umana natura, il
e da essa è contenuto nella sua unità. I quali errori d'  Aristotele  nacquero in gran parte dall' aver considerata l' anima con
. Ma tornando ora noi alla confusione che fa  Aristotele  tra quello che per sè è atto , e non forma , e quello che è
stessa due cose si devono distinguere, quelle appunto che  Aristotele  prende per una sola, cioè l' atto della mente che
e propriamente le forme. Da questa confusione avviene che  Aristotele  parli dell' anima intellettiva come fosse ad un tempo un
alla cognizione ricevuta. E veramente quello che nega  Aristotele  all' uomo per natura sono, come vedemmo, degli « abiti di
Ma altre volte e interpolatamente, come gli accomoda,  Aristotele  parla dell' anima intellettiva come fosse una forma
organo corporale. Costretto di confessar tutto questo,  Aristotele  si trova impacciato più che mai, nel rispondere alla
, se non in un senso relativo e dialettico. E ancora  Aristotele  descrive l' anima come subietto, ogni qualvolta la descrive
divenire oggetto d' attuale contemplazione) è quello che  Aristotele  chiama mente, «nus», e che gli Scolastici tradussero
che è quello d' intuire le specie e gli astratti, che  Aristotele  unisce sotto gli stessi nomi d' indivisibili ,
e specialmente da tutti gli altri nell' uomo. In questo  Aristotele  riconosce un senso de' singolari, e una sensione degli
l' universale. Quest' universale è quello che  Aristotele  chiama talora essere della cosa, talora essenza, specie,
modo detto l' universale » » [...OMISSIS...] : distinguendo  Aristotele  la sensione dall' attuale sentire , che prende la sensione
di restare, di rimanere nell' anima, sia stata suggerita ad  Aristotele  dalla stessa lingua greca, di cui la sua filosofia è una
il che suppone questi conosciuti avanti gli universali;  Aristotele  non fa menzione di paragone alcuno, anzi dice, che i
percezione ed universalizzazione . A una tale induzione  Aristotele  non accorda tuttavia la dimostrazione scientifica dell'
cognizione universale al particolare. Ed è per questo che  Aristotele  rappresenta la mente come un senso, e la chiama sensione
sensione intellettiva » l' intuizione dell' essere; il che  Aristotele  in quella vece dice della percezione, nella quale l'
un cotal senso anch' essa dell' universale, come lo chiama  Aristotele  [...OMISSIS...] , facoltà che altrove chiama mente, «nus»,
che altrove chiama mente, «nus», di novo dimanderemo come  Aristotele  la concepisca. E vedemmo, che secondo lui prima è potenza,
della mente, come può esser quello che la move a formarlo?  Aristotele  dunque accorda alla mente ancora in potenza un' attività
un primo in se stessa? Se si considera che alcune volte  Aristotele  riduce tutti gli universali alle dieci categorie, e si
indeterminato , che rimane dagli universali categorici d'  Aristotele  e dagli altri, ch' egli a questi subordina, squarciato e
e limitato, crediamo, che dalla stessa dottrina d'  Aristotele  consegua, che la mente in potenza di questo filosofo, presa
formare le categorie, e le altre idee inferiori, alle quali  Aristotele  riserbò il nome d' universali, e presa come obietto, sia
Le ragioni, che a ciò mi movono sono le seguenti: 1)  Aristotele  dice, che ci deve essere nell' anima intellettiva, « « una
un oggetto veduto, col quale si vedono l' altre cose. Onde  Aristotele  soggiunge: [...OMISSIS...] . Questo è il lume della
a tutti, e in una simile indifferenza fa consistere  Aristotele  l' universale (1); esso è puro, immisto, non ha nulla di
, altro la cosa avuta . La mente dunque di cui qui parla  Aristotele  non è il principio subiettivo, che ha, ma un diverso da
intellettiva ha l' idea, ma non è l' idea. E poichè altrove  Aristotele  nega, che sieno innati nell' anima « abiti determinati di
non è alcuna specie determinata. 3) Abbiamo veduto che  Aristotele  confonde in una l' esistenza subiettiva coll' obiettiva, e
oggetto e lo intuisce e per esso conosce l' altre cose » ».  Aristotele  all' incontro, prendendo la mente ora come subiettiva, ora
da noi accennata di sopra, circa la materia. Per  Aristotele  la materia è un puro relativo, e però non può sussistere
umana, prima che acquisti le specie determinate, è detta da  Aristotele  materia . Ora, se la semplice materia non può sussistere da
sono ciò che c' è in più specie di comune, sono detti da  Aristotele  materia rispetto alle specie , benchè ne siano allo stesso
ne siano allo stesso tempo la forma. Ed è coerente, che  Aristotele  non solo chiami la mente materia delle specie, ma ben anco
e di non sensi. Quelli che hanno voluto far comparire  Aristotele  un puro sensista, come i moderni, e anche un materialista,
un oggetto, col quale operi quasi con istrumento » ».  Aristotele  risponde, a nostro parere, di sì, solamente che chiama
novo quello che dicevamo, cioè che questa mente non è per  Aristotele  una facoltà subiettiva d' intendere, ma il mezzo , con cui
ma il mezzo , con cui l' uomo intende. Così appunto chiama  Aristotele  la mente e anche l' anima intellettiva « principio con cui
principium quo , mezzo di conoscere l' altre cose. Ma  Aristotele  l' ammise solo come mezzo , e non lo riconobbe come oggetto
con cui conosce, conferma ad evidenza, che per mente agente  Aristotele  non intese il subietto o la facoltà subiettiva che è il
perchè non si può conoscere con ciò che non si conosce.  Aristotele  stesso l' insegna con queste parole: [...OMISSIS...] . E
scienza, [...OMISSIS...] (3). Dal che già si vede, quanto  Aristotele  fosse lontano dal fare dell' anima umana una qualche statua
anzi specie delle specie [...OMISSIS...] ? (7). Continua  Aristotele  proponendosi questa questione: [...OMISSIS...] . Ora niuna
cose. Tornano le difficoltà più sopra notate. Poichè quando  Aristotele  dice « « che la mente è tutte le cose, perchè è le specie
al che non pare esser giunto Aristotele. Di poi, qui  Aristotele  non ha in vista altro, che di spiegare la cognizione che l'
non si può ammettere cognizione innata. In terzo luogo  Aristotele  trova la necessità del fantasma per contemplare,
non riguarda l' abito della cognizione, ammesso anche da  Aristotele  senza fantasma, ma l' atto della mente, che pensa l'
questo è fuori di questione. In quarto luogo dice bensì  Aristotele  che la specie intelligibile è veduta dal contemplante nella
nell' essenza, di che s' era per un momento accorto  Aristotele  stesso quando scrisse che «en hois eidesin hai protos usiai
nelle sostanze reali » ». O bisogna dunque convenire che  Aristotele  fu incoerente, o intendere che la mente vede gl'
E porre ne li deve indubitatamente, se si considera, che  Aristotele  stesso insegna che la mente opera senza organo corporale
non si può avere senza organo corporale. Finalmente quell'  Aristotele  che avea preteso contro Platone che tutte le specie
esistere. Questi primi intelligibili sono chiamati da  Aristotele  principŒ, «archai» o principŒ della dimostrazione, «archai
questa stessa mente acquista d' improvviso nelle mani d'  Aristotele  un' esistenza subiettiva, da per tutto dove la fa operante.
perchè sono atti della mente. Quindi la doppia mente che  Aristotele  pone nell' uomo, in potenza, prima di fare gl'
questa mente sia un intelligibile ella stessa, e però, che  Aristotele  ammetta innato nell' uomo un primo intelligibile , che
» al quale possiamo con verità applicare quello, che  Aristotele  dice della sua mente, insegnando che sia separabile solo
materia un atto delle operazioni, che non aveva da sè. Ora  Aristotele  dice che l' anima è specie, e però pone che possa tanto
come d' istrumento ma anche come di potenza e di subietto.  Aristotele  accorda quest' esistenza dell' anima fuori della materia
il subietto e non l' anima? A questa sentenza fu tratto  Aristotele  da' suoi principŒ dialettici, come si vede dalla ragione
essenziale e specifica di quello (6). Onde si vede che  Aristotele  confuse il subietto dialettico col subietto reale . Certo
subietto dialettico, come quando si dice - e lo dice spesso  Aristotele  - che l' anima è nel corpo; ma il subietto reale è l'
il corpo, ed uscita da esso, come s' esprime lo stesso  Aristotele  (7), ma senza quelle operazioni, che essa fa pel corpo. L'
cioè dai corpi (4). E questo è il punto di divergenza d'  Aristotele  da Platone, poichè questi ammetteva tali specie o idee
come esistenti da sè fuori de' sensibili e de' reali, e  Aristotele  lo nega. Ma nello stesso tempo ammette una specie prima
questa è quella che chiama mente, «nus». Stabilito questo,  Aristotele  ascende a questioni maggiori. Poichè domanda a se stesso,
e un intelligente, ed è pura specie. Ammette dunque  Aristotele  delle specie eterne, che sono sostanze senza materia, e
possono essere prime cause. [...OMISSIS...] . Ora prosegue  Aristotele  a osservare, che non c' è nulla che possa movere restando
nel tempo stesso, poichè l' intelligibile è per  Aristotele  l' estremità dell' atto della mente. Riconosce dunque
l' estremità dell' atto della mente. Riconosce dunque  Aristotele  la necessità che preceda un intelligibile per sè a tutto,
quale l' animale si fa uomo. Pare dunque evidente che qui  Aristotele  prenda la mente sotto l' aspetto d' intelligibile , ossia
due maniere di cognizioni, fu erroneamente creduto che  Aristotele  riducesse l' origine d' ogni sapere umano, come a suo
vedemmo; [...OMISSIS...] . Sopra la scienza dunque colloca  Aristotele  un genere più splendido, e questo è il complesso degli
. Ora questi primi principŒ proprŒ della Mente,  Aristotele  li chiama immediati [...OMISSIS...] , e l' uomo non può
; questi dunque precedono nella mente umana la scienza. Ma  Aristotele  qui si trova in una somma perplessità. Da una parte egli
il Menone «( Ideol. 222 segg.) ». Distingue dunque  Aristotele  l' universale individuo dai primi principŒ del
falsità. Ora la verità appunto delle proposizioni è ciò che  Aristotele  riconosce superiore alla sensazione e immune affatto da
molto meno i fantasmi. [...OMISSIS...] . Ora l' aver posto  Aristotele  che l' oggetto della Mente in atto sia la verità , non
ma è dalla mente immediatamente conosciuta. Cercando dunque  Aristotele  qual sia il fondamento della verità de' giudizi e delle
principio d' affermazione assoluta . A questi principŒ  Aristotele  suppone questo fondamento: [...OMISSIS...] , perchè niente
che noi abbiamo chiamato di affermazione assoluta e che da  Aristotele  viene solamente indicato. Poichè dice che l' alternativa
- si concepiscano queste in atto o in potenza - non sono da  Aristotele  considerati come enti completi, chè, concepiti in tal modo,
rispondono ad altre specie: conviene certamente dire che  Aristotele  ritiene molto di ciò che ebbe appreso alla scuola del suo
sieno immuni da ogni corruttibile e sensibile elemento. Ma  Aristotele  vede un' altra verità maggiore. Poichè si presentò alla sua
che [...OMISSIS...] . E in tutto questo troviamo che  Aristotele  è con noi, o a noi sommamente s' avvicina. Poichè: 1
atterra lo scetticismo critico. L' essere dunque, secondo  Aristotele  stesso, è la verità, e rivestendo la sua dottrina del
mente, è «to thigein» (2). Nè fa meraviglia, che si dia da  Aristotele  la verità egualmente alle cose e alla mente, perchè egli
» » cioè a dire una facoltà atta a raziocinare, che da  Aristotele  è anche chiamata « « mente dell' anima », [...OMISSIS...]
ch' egli chiama [...OMISSIS...] . Solamente è da notare che  Aristotele  non intese bastevolmente l' intima connessione ed
d' applicazione e di deduzione. Non pare dunque, che  Aristotele  abbia colto la natura comune degli universali, ma solo
dobbiamo dedurre la cognizione di tutte l' altre cose, come  Aristotele  stesso segue a mostrare: poichè dice: [...OMISSIS...] .
è la mente, [...OMISSIS...] . Per mente dunque intende  Aristotele  il complesso de' primi intelligibili anteriori alla
primi intelligibili, che sono essenze incomposte, dice  Aristotele  che sempre sono in atto, e non mai in potenza da cui
d' entità a cui si applica. E questo primo principio per  Aristotele  è quello di contraddizione. Del quale dice espressamente
o imparare qualunque ente o ragione, nel linguaggio d'  Aristotele  risponde alla nostra percezione intellettiva o concezione
osservare a conferma di tutto ciò, come sia lontanissimo da  Aristotele  il confondere ciò che dà il senso, con ciò che è l' oggetto
una parola Aristotelica, l' intelligibile. E che per senso  Aristotele  intenda in genere questa potenza interna dell' anima d'
che non è niuno de' cinque. Oltre di che il sensibile per  Aristotele  non è che l' accidente degli enti (2), e anche questo si
. Dal qual luogo, come da molti altri si trae: 1 Che  Aristotele  assegna ai sensi l' apparente, [...OMISSIS...] : 2 che
(6). Ora per anima propriamente distinta dalla mente  Aristotele  intende « quel principio immateriale, che usa nelle sue
in uno nell' anima, che per la sua unione è talora da  Aristotele  chiamato sensazione benchè abbia un elemento razionale ed
termine dunque del senso corporeo è interamente diverso per  Aristotele  dall' oggetto della mente; ma questa ha due atti, il primo,
vere e false, perchè or vere, or false appariscono » » (1).  Aristotele  confuta quest' opinione dimostrando che [...OMISSIS...] .
il principio di contraddizione, la cui difesa fatta da  Aristotele  nel IV de' Metafisici obbliga il filosofo a riconoscere che
come vedemmo, la mente oggettiva e sempre in atto d'  Aristotele  sono i primi, ossia i principŒ (2), e questi si riducono
indeterminato ossia comunissimo », vedesi da ciò che dice  Aristotele  della « Filosofia prima ». Poichè come anteriormente alla
su quel modello o esemplare. All' evidenza di questo fatto  Aristotele  dovette convenire che oltre le specie che informano le cose
dunque l' esposizione della divergenza della opinione di  Aristotele  da quella di Platone suo maestro, ripassiamo i novi
Diciamo dunque che i due principali argomenti accampati da  Aristotele  contro le idee platoniche sono: 1 Che esse nulla servono a
precedentemente, si può in qualche modo raccogliere, che  Aristotele  non intendeva propriamente impugnare nè l' esistenza delle
alla morale: Platone, [...OMISSIS...] . Sinonime chiama  Aristotele  quelle cose che si chiamano collo stesso nome, e la ragione
e questo solo biasimava nel suo maestro. Quello dunque che  Aristotele  non voleva, era la scissura tra il mondo ideale e il mondo
connesso; ma è difficile assai ritrarre dalle opere d'  Aristotele  una chiara teoria di questa connessione di tutte le cose, e
almeno di contraddizione. Tuttavia tentiamo il guado.  Aristotele  divide tutto ciò che può cadere nel pensiero in sostanza e
metodo, cioè dall' analisi del discorso: poichè da questa  Aristotele  deduce quasi sempre l' Ideologia e l' Ontologia. Assegna
la natura umana, ma è egli stesso questa natura umana. Ora,  Aristotele  dice, che le « sostanze individuali e reali »sono le prime,
prime [...OMISSIS...] . E quest' è appunto la dottrina che  Aristotele  sembra voler contrapporre a quella di Platone. Poichè
(5) l' unità sostanziale, assoluta, non ipotetica (6); così  Aristotele  per lo contrario disse, che anzi prima di tutto è la
e reale. Consideriamo le ragioni più immediate che adduce  Aristotele  a sostegno d' un sistema che sembra a prima giunta
mano in mano, che si vedrà svolto, e talora racconciato da  Aristotele  stesso. La prima ragione è tratta dalla relazione logica
«che rimanga nulla di quelli »(1) ». La seconda ragione d'  Aristotele  è ontologica e la trae da questo, che le idee universali,
idea specifica piena di sostanza non ha il carattere che  Aristotele  assegna alle sue prime sostanze, cioè, che non si possano
come reali possibili. Questa prima ragione dunque d'  Aristotele  vale bensì a favore delle sostanze individuali, ma non a
egli si fermi alle idee, ai generi ed alle specie (poichè  Aristotele  a queste due classi le riduce); egli n' esce senza
unità senza pregiudicare alla loro distinzione. E quando  Aristotele  nelle Categorie distinse le cose, che si dicono del
partecipare di questa cosa per sè esistente. E non dice  Aristotele  lo stesso in altre parole? [...OMISSIS...] . Non dice che
conoscibile? (3). E non sono queste specie o idee dette da  Aristotele  ciò che è eterno, [...OMISSIS...] , fondamento d' ogni
circa la questione dell' origine dell' universale eterno. E  Aristotele  infatti non perde mai l' occasione di dire che
all' uomo. Il che ancor più si conferma se si considera che  Aristotele  distingue il contemplare dal conoscere semplicemente,
essere e che in queste noi conosciamo quella; e del pari  Aristotele  riconosce che l' essenza stessa, che è nelle idee, è quella
(3). Rimane tuttavia un' altra profonda differenza tra  Aristotele  e Platone, che abbiamo già toccata e che ci conviene ora
a quella di Platone quanto il distinguere che fa  Aristotele  tra la carne , il sensibile, e l' essere della carne , che
e riduca ogni cosa a generi, cioè a idee. Di poi,  Aristotele  pretende che l' essenza de' generi e delle specie consista
possa essere e non sia in altri subietti. Ora accordando  Aristotele  che tali idee sono universali, egli accorda che ogni
quell' idea è una e la stessa in ciascuno, onde lo stesso  Aristotele  la chiama «autoekaston» od «auto en ekaston», od «en kata
la denominazione d' «autoekaston» che gli dà lo stesso  Aristotele  «( Ideol. 1020 not.) » (2). Con questa sola osservazione
Con questa sola osservazione cade il secondo argomento d'  Aristotele  contro le idee platoniche, che abbiam detto ontologico,
sia un puro idealista, come hanno detto i moderni, giacchè  Aristotele  si guardò bene di fargli una tale censura; quando anzi pone
le loro essenze, che si intuiscono nelle idee. Confessa  Aristotele  che Platone non fa delle idee de' meri predicabili, ma dà
rimanendo una, sia ne' molti, [...OMISSIS...] . Se dunque  Aristotele  stesso riconosce che Platone non fa delle idee de' meri
ai corruttibili, [...OMISSIS...] . Ma ora di questo appunto  Aristotele  riprende Platone, di far cioè le stesse identiche nature ad
dissidŒ delle scuole filosofiche e sembrano inconciliabili.  Aristotele  dice: [...OMISSIS...] . L' argomento non ha forza, se non
perfettamente una e causa d' unità all' altre cose; il che  Aristotele  stesso confessa senz' accorgersi della contraddizione ogni
essenza. Una obbiezione più speciosa, ma non meno vana, fa  Aristotele  all' idee di Platone. Egli viene a dire così:
sostanza o essenza diversa da quella de' sensibili, che  Aristotele  rimprovera di continuo a Platone. Ora che questa duplicità
duplicità di essenza o sostanza sia un puro equivoco d'  Aristotele  (proveniente forse dalle scuole platoniche, contro cui
quale non sarebbero, perchè l' essere, per confessione d'  Aristotele  stesso, non è sensibile ma intelligibile, e non mutabile,
E questo io credo in parte una delle cause, che condussero  Aristotele  in errore: vide che i sensibili non possono separarsi dall'
e non vale a chiarirla. Consideriamo l' esempio con cui  Aristotele  stesso illustra questa distinzione (1). Un corpo si può
nome suo proprio, e che noi appunto chiamiamo categorica .  Aristotele  stesso, come ancora vedemmo, è ricacciato dalla necessità e
contrastata non dover risparmiare le citazioni) stabilisce  Aristotele  che [...OMISSIS...] che è quanto dire delle prime e più
e dice così: Da questo luogo si vede chiaramente: 1 Che  Aristotele  ammette una sostanza separata non per semplice concetto, ma
immobili e separate, [...OMISSIS...] . E` dunque obbligato  Aristotele  stesso ad ammettere le prime nozioni separate, non separate
e che separate sono posteriori? Il pensiero d'  Aristotele  parmi che riceva luce, e in qualche modo si concili seco
: i primi intelligibili. Sembra evidente che da questi  Aristotele  distingua le specie de' sensibili, perchè queste non
come uno e tutto. Di novo dunque qui si chiarisce, che  Aristotele  distingue due classi d' intelligibili: 1 quelli che
i principŒ della ragione e le prime cause formali. Ora  Aristotele  è pure costretto di convenire che la scienza che tratta
un primo ente per sè, cioè di Dio. A questo dunque ricadeva  Aristotele  stesso argomentando da quel principio ontologico, che
riuscire lo stesso Aristotele. L' argomento dunque d'  Aristotele  che le idee, essendo universali, sono enti in potenza (2),
di Platone, che le ammette in Dio. Poichè l' argomento d'  Aristotele  si deve accomodare così, acciocchè abbia valore: « Le idee
Gioberti tentò introdurre nella filosofia. Invano dunque  Aristotele  oppone a Platone, che le idee non possono stare separate
sta e si conosce nelle idee di cui partecipano. E benchè  Aristotele  sparli di questa partecipazione che i sensibili fanno delle
partecipata, rimanendo identica. Si consideri oltracciò che  Aristotele  ritiene la denominazione che Platone diede alle idee di
dalle cose reali, singolari e sensibili. Nello stesso tempo  Aristotele  insegna, che l' essere sta in queste cause delle cose, per
nelle idee s' intuiscono (1): c' è dunque identità secondo  Aristotele  tra l' essere intuito nelle idee universali, e l' essere
la loro natura o essenza speciale, che è quello che  Aristotele  dice «peri usian to poion») (2), queste qualità che noi
singolare sussistente, che sono le imputazioni che gli fa  Aristotele  con tant' evidente ingiustizia, che farebbero credere non
per sè, e i sensibili sono in esse, frase ripetuta da  Aristotele  e appropriatasi quando disse: [...OMISSIS...] in quanto
se le forma colla percezione de' sensibili, di modo che  Aristotele  imputa a Platone di formare le sue idee col prendere i
stesso concetto. La vera discrepanza dunque tra Platone ed  Aristotele  non consiste in questo che Aristotele faccia anteriori i
dunque tra Platone ed Aristotele non consiste in questo che  Aristotele  faccia anteriori i reali e posteriori le idee, e Platone
e posteriori le idee, e Platone faccia il contrario; e  Aristotele  dissimula il vero e va cavillando tanto spesso, quanto
mai del tutto. Ma è chiarissimo, e la confessione stessa d'  Aristotele  n' è la riprova, che Platone antepone assolutamente l' atto
E tuttavia rimane ancora una vera discrepanza tra  Aristotele  e Platone, e un dissidio profondo. In che dunque questo
intorno alla prima Causa e all' Universo; laddove  Aristotele  viene già provveduto d' opinioni intorno alla natura delle
l' origine del Mondo, facendolo Platone creato da Dio, e  Aristotele  volendolo eterno. Esponiamo dunque i due sistemi intorno a
è che una pura astrazione della mente (3), cosa ripetuta da  Aristotele  (4), giacchè, secondo Platone, non può sussistere niente d'
il numero ne' suoi visceri), il che diede occasione ad  Aristotele  di redarguirlo. Poichè non ammettendo Aristotele idee
ad Aristotele di redarguirlo. Poichè non ammettendo  Aristotele  idee separate dalle cose corporee (benchè poi ammettesse
il fuoco, ecc.. »(2) ». Indi molte dottrine rimangono in  Aristotele  sospese quasi in aria, senza alcuna ragion sufficiente,
riceventi lo stesso nome, ma differenti di natura, di che  Aristotele  lo riprende (3), come se con ciò facesse dell' idea e della
si sa intendere, come alla presenza d' una tale dottrina  Aristotele  potesse credere, che fosse un' obbiezione contro le idee
non diversi esemplari (1). E non è egli strano al sommo che  Aristotele  dissimuli tutto questo? Veduta dunque la via per la quale
che sembrano fatte a posta per ribattere l' obbiezione che  Aristotele  fa a Platone, quando gli rimprovera così spesso che colle
(5), e in parte corrispondono ai «ta prota noemata» d'  Aristotele  (6). Per questo mostra nel « Parmenide », che l' uno puro
e quindi di necessità intelligente, la «nus» stessa d'  Aristotele  (1); ma essendo Essere perfetto, ossia Bene, e non
il concetto della pura estensione. Abbiamo veduto che  Aristotele  aggiungeva allo spazio, o piuttosto al luogo (chè egli
origine del moto all' altre cose (1), onde è a stupire, che  Aristotele  cercasse la causa del moto nelle idee, e non trovandocela
sola, cade rispetto all' anima mondiale la censura che  Aristotele  fa ai Pitagorici e a Platone, cioè che questi credesse,
descrive Platone (5). E` dunque singolare a vedere come  Aristotele  quando si fa a combattere le idee di Platone, non riferisce
immortali opere di questo, che o gli scritti attribuiti ad  Aristotele  non fossero del discepolo di Platone, o avessero subite
il moto e il tempo, è cominciato per opera di Dio: secondo  Aristotele  è eterno, e Dio non fa che imprimergli ab aeterno di
de' medesimi sensibili, e per queste essi si conoscono.  Aristotele  nega, che gli enti reali e sensibili sieno similitudini, ma
materia, e così è, che ella conosce gli enti reali. Quindi  Aristotele  stabilisce, che tutte le cose mondiali sono composte di due
e, colla privazione, cinque cause, sono considerate da  Aristotele  come i generi più estesi possibili. Ma ciascuna di queste
cui si compone il mondo sublunare (1). Questa dottrina d'  Aristotele  intorno alla materia, non regge alla prova; poichè se le
partecipano dunque di forme specifiche e generiche.  Aristotele  dunque non giunse al concetto d' una prima materia e d' una
Esamineremo forse in appresso qual sorta di purità  Aristotele  accordi al primo genere di queste specie, e se possano
rispetto all' effetto che producono, queste si dividono da  Aristotele  primieramente in due: una causa interna alle cose che
più esteso della fortuna. La natura è dunque considerata da  Aristotele  come una causa motrice insita nelle sostanze composte di
allora dicesi avvenire l' effetto per caso o per fortuna. E  Aristotele  per assegnare un fine agli agenti naturali dice non esser
ordine e il fine, e a questo la dirigesse. Nel sistema d'  Aristotele  all' incontro la natura fa da sè, avendo la stessa forma in
stessa. Che la forma nella mente e ne' reali sia presa da  Aristotele  per la medesima, è chiaro da queste sue parole:
incapperebbe nel sofisma del terzo uomo , di cui lo stesso  Aristotele  accusa ingiustamente Platone (2). Poichè se ci sono due
il Gioberti conduce ad altri e gravissimi inconvenienti.  Aristotele  ad ogni modo prese questa via non giungendo a discernere la
; quella a cui arriva, è il fine ossia la causa finale .  Aristotele  dunque prende a spiegare l' operare della natura così.
sè tutto ciò che le bisogna per operare ad un fine, il che  Aristotele  crede di dimostrare a questo modo: [...OMISSIS...] . Avendo
materiali e sensibili e la medesima anche alla mente, trova  Aristotele  un problema importante, quello di rendere ragione perchè «
a fini migliori. [...OMISSIS...] (1). Ma l' argomento di  Aristotele  pecca di circolo. Poichè si riduce a questo: « le forze
metafore »: sono anzi sì alte cose a cui il volo d'  Aristotele  non pervenne. Ma di questo meglio in appresso. Ora veniamo
al secondo aspetto in cui dicemmo (1) considerate da  Aristotele  le sue quattro o sei cause, cioè nel loro ordine, dalla più
nell' arte dicesi caso e fortuna . Essendo dunque tutto per  Aristotele  materia e forma (subietto e predicato nell' ordine
non sono prodotte (3). Dagli argomenti che adopera  Aristotele  a provare questa proposizione si potrà rilevare meglio che
averlo osservato. Laonde la conclusione che ne vuole cavare  Aristotele  contro le idee di Platone, non coglie punto questa sublime
questa sublime dottrina: [...OMISSIS...] . Vuole insomma  Aristotele  che tanto la causa efficiente , quanto la causa della
osserveremo, di passaggio, aversi qui una nuova prova, che  Aristotele  ragiona come se la forma , che è nelle cose sensibili,
Questo è quello che si deve provare. In quella vece,  Aristotele  lo suppone. Supposto questo, è chiaro che la maniera colla
mova. Legato dunque ai sensi e all' esperienza materiale,  Aristotele  suppose gratuitamente che stesse tutto qui, e che bastasse
l' esposizione, accompagnandolo degli argomenti, dei quali  Aristotele  lo munisce e fiancheggia. Aristotele osserva, che « « tutto
argomenti, dei quali Aristotele lo munisce e fiancheggia.  Aristotele  osserva, che « « tutto ciò che si produce, si produce di
nel producente (1). In questa sfera di cose naturali  Aristotele  non riconosce che una perpetua trasmutazione d' un composto
di cui il mondo sensibile risulta (2). Stabilisce dunque  Aristotele  questa dottrina: « ciò che si trasmuta è sempre il composto
delle stelle fisse, che di conseguenza, contro il parere di  Aristotele  e della Chiesa, risultava soggetto a mutamenti come il
dal pianeta Saturno, era considerata fin dai tempi di  Aristotele  quella in cui maggiormente attecchiva la creatività
ritenute fenomeni atmosferici perché l’aveva affermato  Aristotele  duemila anni prima, passarono dalla meteorologia
si possa misurare, non è un assurdo: né era assurdo, per  Aristotele  31 di concepire Dio come una «sostanza che non può avere
sul problema dai dottori della chiesa che a partire da  Aristotele  si sono confrontati, indicando anche la linea - in qualche