di così cupamente velato da far di nuovo sospettare che venissero dati con timorosa cautela. Picchiai tre volte anch'io e accostai l'orecchio alla
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letto, allungata, bianca, con le manine incrociate sul seno, pareva dormisse. Nessuno badava a me. Mi accostai, le toccai un braccio. Era rigido, inerte
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grande impazienza e mi guardavi quasi smarrita. Pareva avessi paura non ci lasciassero soli. Io mi feci coraggio. Accostai un po' piú la seggiola, fingendo
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e con un sorriso. Nel tempo stesso m'impadronii di una sua mano e l'accostai alle labbra. C'era qualcosa di nuovo, di sorprendente in lei, come
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don Ottavio approvava, serio serio. - Perché smisero di parlare, appena mi accostai? - Ma egli non era uomo da lasciarsi canzonare da quei due. Si
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ristrette e dalle rosee narici, e aperse le braccia, ripetendo: "Ferite!" "Sí, è vero - dissi -. Se vi amassi in modo estremo ... " Mi accostai, scartai
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di un letto colossale, il mefistofelico viso del mio povero amico Chieco. Me gli accostai in punta di piedi. Aveva gli occhi chiusi ma la fisonomia
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successo più volte. Mi alzai tranquillamente e mi accostai ad una finestra. Era uno spettacolo fantastico, una magnifica festa notturna che il vento del
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deporre il bicchiere. Io, rimasta sola, mi sentii un po' mortificata d'essermi isolata in quel colloquio di amore in faccia a tutti, e m'accostai alle
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allo scuro, sarebbe stato lo stesso che morire. Balzai dal letto, accesi il lume, lo accostai a Gina e la fissai ... chi sa come, in faccia. Ella aveva
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di ritornare selvaggi. Accostai anch' io l' orecchio al tronco, ma non colsi che un mormorio indistinto, benché forse un po' più sonoro di quello che
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rivoltai nel mio sgabuzzino e accostai l'orecchio alla tela del ritratto per godermi un po' la scena. Sentii aprire l'uscio della sala, richiuderlo col
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