Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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per un suo eclettico e pratico spirito contaminatorio,  si  ritrovano nella parte superstite del De lingua latina di M.
studî etimologici fioriti a Roma nel secolo diVarrone, cui  si  dedicarono, tra altri, Aurelio Opilio ed Elio Stilone,
un influsso del greco sul latino, nella tradizione romana  si  sviluppa particolarmente il problema dei grecismi, sia che
il problema dei grecismi, sia che aprioristicamente  si  derivasse dal greco tutto quanto il latino, sia che, come
quanto il latino, sia che, come in Varrone o in Gellio,  si  temperasse la teoria con una salda coscienza del sistema
aveva staccata dalla grammatica, con essa tanto pienamente  si  confonda che etimologia prende d'ora innanzi anche il
importano gli errori particolari: la giustezza del metodo  si  intuì subito là dove i ragguagli fonetici furono
lat. duco, duo); il suo scopritore notò subito che così  si  apriva la via a identificare altre parole che si trovassero
che così si apriva la via a identificare altre parole che  si  trovassero a presentare questa corrispondenza, donde la
storica viene a prescindere da esso e anzi ad esso  si  oppone.
cioè degli elementi significativi originarî sotto cui  si  può raggruppare ciascuna delle famiglie di parole,
p. es., di thugàter e del sanscr. duhitár "figlia", ma  si  discute se la base di questa voce sia da identificarsi con
nella casa paterna, o condotta nella casa maritale" ed anzi  si  tenta ancora un'ulteriore scomposizione di questa radice.
Nel qual lavorio, ridotte le parole all'aspetto primitivo,  si  procede a identificarle in base a somiglianze di suono e di
con cui, attraverso una rigorosa identificazione fonetica,  si  cerca di ritrovare nella trafila delle determinazioni di
della parola con verosimiglianza tanto maggiore, quanto più  si  cerca di postulare nella preistoria trapassi analoghi a
di semasiologia. Infine, a cominciare dal Pott e dal Grimm,  si  ripigliavano i campi più rischiosi dell'indagine, quelli
che il concetto di unità indoeuropea non doveva far sì che  si  dimenticasse l'individualità e la storia particolare di
il materiale lessicale romanzo alla comune origine latina  si  distingue più accuratamente ciò che è proprio di gruppi
e se, per reazione alle fantasticherie precedenti,  si  cerca a ogni costo di arrivare ad etimi latini, è tenuta
partire dal sec. XVI l'etimologia  si  applica con più netta coscienza storica al problema delle
quanto più ristretto e noto era il campo storico al quale  si  applicava, come accadde per le origini dell'italiano o del
per le quali lingue, accanto alla derivazione dal latino,  si  ammetteva una più o meno larga mistione di lingue
E. Pasquier, G. G. Scaligero, G. Ménage), quando non  si  cercasse di far capo risolutamente all'origine ebraica (C.
e sulla somiglianza, più o meno evidente, di vocaboli,  si  postulano parentele di lingue e di popoli. Questo
ricercando quale sia la forma più antica di ciascuna parola  si  pone un problema fondamentalmente insolubile, in quanto per
una parola che storicamente non esiste e invece di un etimo  si  trova dinnanzi ad infiniti etimi. Ma dal sovrapporsi delle
anello di essa, in un dato momento e in un dato luogo,  si  è sostituito per una sorta di corrispondenza o di
(theoi) furono denominati da theo ("corro") perché dapprima  si  adorarono gli astri; si dice aér ("aria") perché aèi rei
da theo ("corro") perché dapprima si adorarono gli astri;  si  dice aér ("aria") perché aèi rei ("scorre sempre"). Le
aèi rei ("scorre sempre"). Le parole donde altre derivano  si  spiegano alla loro volta perché contengono elementi fonici
i rapporti fra le parole non siano formali, ma sostanziali,  si  concreta l'illusione che le parole aiutino a conoscere la
dalla limpidezza primitiva della parola, in cui  si  cela un barlume di concezione del linguaggio come storia;
elaborata particolarmente dalla filosofia stoica: a questa  si  deve, p. es., una classificazione dei varî modi con cui la
è l'intento filologico, in quanto con l'etimologia  si  spiegassero voci rare di poeti, o voci dialettali, o più
voci rare di poeti, o voci dialettali, o più tardi  si  applicasse l'etimologia a questioni ortoepiche,
pure una ricerca autonoma, in quanto sempre più intimamente  si  univa alla lessicografia. L'indagine si fa sempre più cauta
più intimamente si univa alla lessicografia. L'indagine  si  fa sempre più cauta e frammentaria, l'aspetto dei dizionarî
Heidelberg 1911, 3ª ed. 1930 segg.), il fine ricostruttivo  si  accompagna in essi a un interesse puramente lessicale,
1921 segg.). Questa tendenza verso la semantica  si  concretò partitamente nel ripiego metodico, comune a
iecur "fegato", calcato su sucotòn épar); a poco a poco  si  venne rinunziando a classificare i trapassi di significato
in categorie a imitazione delle leggi fonetiche, e li  si  considerarono, sia pure semplicisticamente, come la
corregge le "etimologie da tavolino", quanto più  si  esercita su ambienti culturalmente remoti; donde tutto un
una voce esteriormente muta per influsso di un'altra e  si  trova così ad avere come due etimi (fragellum da flagellum
etimi (fragellum da flagellum incrociato con frangere), e  si  venne pertanto a valutare storicamente l'etimologia
che la storia di una parola è qualche cosa di unico che non  si  può delimitare a priori; quindi per lo Schuchardt la
a priori; quindi per lo Schuchardt la ricerca etimologica  si  ridusse soprattutto ad ammassare tutte le voci analoghe per
tutte le voci analoghe per senso o per significato che  si  aggruppino intorno ad un concetto, cercando di eliminare le
mostrò come all'infuori di ogni possibilità aprioristica  si  possano cogliere i legami di una parola con quelle che essa
Per lui l'etimologia è essenzialmente l'esempio su cui  si  costruisce la corrispondenza, ma questa a sua volta è
prevale dal Curtius in poi la massima che una parola  si  deve identificare con un'altra nella pienezza della sua
la ricchezza di immagini e di atteggiamenti psicologici che  si  venivano scoprendo nel materiale lessicale di una lingua
base alla corrispondenza: lat. ager, gr. agròs, got. akrs,  si  postula l'esistenza di un agros donde queste voci
alla forma di discussione succede una forma apodittica che  si  trasmetterà a tutti i vocabolarî etimologici. Se
l'indirizzo ricostruttivo dei singoli elementi delle parole  si  dimostrò poi caduco e i suoi risultati si ridussero a poco
delle parole si dimostrò poi caduco e i suoi risultati  si  ridussero a poco più di una formula, in quanto tendeva alla
(DANTE, Par. XXIV, l30.) Di questa licenza, che la Natura  si  è graziosamente degnata di concederci, nessuna nazione usa
per cotale rispetto, la nostra è l'unità più varia che ci  si  possa figurare; per poco che s'andasse più in là, l'unità
sono chiare a tutti. Spezzata l'unità latina, l'Italia  si  ridusse a vivere di cento vite diverse. Dell'unità conservò
i principali a cui serve un linguaggio; per ogni parola che  si  scrive, se ne pronunziano, e più se pronunziavano nei tempi
opera esclusiva di popolani. Questa non aveva ambizioni, nè  si  vergognava di mostrarsi nei suoi cenci d'ogni giorno. O
servirsi delle forme ritmiche della sua signora; ma sempre  si  tenne fedele al dialetto, ch'era per lei ciò che per Orrilo
del Grossi. Della letteratura in cui il linguaggio parlato  si  riflette tal quale, non possiamo dunque avere i monumenti
antichi. Fra quelli che possediamo, il primo a me noto, se  si  lascian da parte certe parodie forestiere, è il sonetto di
per la fuga di Lodovico il Moro, pubblicato dal Cantù.  Si  tratta di un sentimento popolare, e lo si è espresso nel
dal Cantù. Si tratta di un sentimento popolare, e lo  si  è espresso nel linguaggio del popolo. Colle parodie sono da
seconda metà la poesia milanese trova la sua vera strada, e  si  mette a camminare per quella, con Bernardo Rainoldi,
Non nomino con loro il Lomazzo, troppo povero, se gli  si  tolgono certe poesie, attribuitegli per sbaglio. Durante un
ebbe rivali, prima la poesia di quello strano sodalizio che  si  chiamò l'Accademia della Val di Bregno, poi quella della
l'una e l'altra lingua e qualche altra per soprappiù,  si  sentiva gran poliglotta: So ben vari lenguagg. So quel de
hanno troppa parentela col linguaggio della città, perchè  si  possa negar loro un posto al medesimo focolare domestico.
sempre una grande elasticità, a seconda dei criteri che  si  vogliono adoperare. Però, invece di stabilire dei confini
fino a Landriano e Bereguardo, e varcando quivi il Ticino,  si  estende in tutta la Lomellina e nel territorio novarese
saputo conservare. Se ha sciupato, era ne' suoi diritti;  si  capisce bene che non era possibile di vivere in città colla
città, cercheremo, beninteso, il nostro linguaggio dove lo  si  ha più costantemente in uso e dove sono minori le occasioni
che mi sostengono come qualmente il miglior milanese non  si  parli al Verziere, non a Porta Ticinese, non al Teatro del
non è proprio un privilegio degli avvocati. Io so che lo  si  sente anche al Consiglio Comunale, nei meeting nelle
per fiorentini, » può essere uno strumento utile per chi  si  propone di rilevare le peculiarità del dialetto, e
pronunzia. Sul fondo italiano quelle peculiarità spiccano e  si  rendono evidenti, presso a poco come appaiono in una
anche la scempia, ridotte a rasentare il suono della s.  Si  faccia pronunziare a un buon ambrosiano bellezza, mazza,
luogo nel suo animo allo scoraggiamento. Miran per esempio,  si  poteva già dire un posto abbandonato fin dai primi del
n in fine di parola e preceduta da vocale accentata. L' n  si  fonde allora colle vocali antecedenti, e costituisce con
con un' n sola, nè con due, sebbene in mancanza di meglio,  si  sia pur costretti ad adottare o l'uno o l'altro partito. Il
di un o lungo latino, o addirittura di un u. Stretto  si  mantiene nondimeno l'o di insomma, bott botte e non so che
occor, descors Un o aperto notevole per la sua peculiarità  si  ha in giò, giù. Viceversa, sono da avvertire, sebbene non
lunghe anche le medie, che in sostanza le appartengono,  si  può dire che, di norma, sono brevi le vocali seguite da una
seguite da una consonante semplice o da certi altri gruppi.  Si  noti, per esempio, la lunga di sporg, incorg, confort
per nulla generale nemmeno nell'età antecedente; altro è,  si  badi, la letteratura milanese, altro quella, tutta
l'ö, che in grazia di un falso concetto della sua natura,  si  scriveva ancora nel secolo scorso con ou. Ma anche qui fu
accentato, che sia preceduto da consonante o da consonanti.  Si  perde la vocale che c'era in origine all'uscita, e le
fanno finezz, scoeur, port, mamm, donn, balarinn. Come  si  vede, l'n mantiene la vibratezza che ha al singolare; anzi,
nomi maschili, e unicamente per questi in origine. Parecchi  si  trovano avere adesso il singolare in in; per esempio,
ciò che accade a quelle dei codici; e anche coloro che le  si  conservarono docili fino a tempi vicini, hanno cominciato
e pochi anche usij, registrato come vivo dal Cherubini.  Si  conserva paricc, plurale di un singolare che il dialetto
Se po no, se po no! ... Sulle differenze tra questo no che  si  pospone, e il minga che si prepone, potrei dir molte cose,
differenze tra questo no che si pospone, e il minga che  si  prepone, potrei dir molte cose, conchiudendone poche; caso
hanno e le hanno avute. Un' idea l'aveva anche Dante, che  si  permette di strappare, come erba cattiva, insieme col
Ziò fu del mes d' ociover .... E allo stesso modo non  si  vergognò di pensare Luigi Pulci, che il 22 di settembre del
e posso così darne la lezione genuina.), di cui non  si  laverebbe la colpa con tutta l'acqua del Seveso, del
dell'Olona. Nell'uno sono gli abitanti che più specialmente  si  prendon di mira; e solo una terzina deride il parlare: E'
Pizzello ? El non manza ravizze : mò zervello, Ch' el  si  butta per zerto un gran poltron. Non li san le ravizze mica
El dise chello Zanzator che Fiorenza è mò più bello, Che  si  vorrava darli un mostazzon! El passa ! Ha, fiorentin, va
offende .... » (Parte I, nov. 9). Misericordia! E nessuno  si  leverà a difesa ? — Milano tutta, come un sol uomo. Lasciam
sol uomo. Lasciam parlare il Prissian : « Par la proùma (1.  Si  legga proeuma V. quel che s' è detto a pag. 40.) al besogna
del parlà Milanes, ch' alè el più bel che sia al mond ; e  si  avess temp, e' vel farev vedè ; salv la lengua fiorentena,
inscì on pochin, com' es fa ona sposa. » Qui, per verità,  si  fa una restrizione alquanto pericolosa, che darebbe forse
che l'avevano suscitata non vennero meno negli animi, e  si  perpetuarono anche nei posteri. E così più di mezzo secolo
anche nei posteri. E così più di mezzo secolo dopo  si  riaccendeva, se non la guerra, un duello, quando un
aveva ragione in coceste lotte? - La ragione e il torto non  si  dividono mai in maniera così netta, che tutto il torto sia
a chicchessia. Se dai caratteri per così dire fisici,  si  volge l'attenzione ai morali, oh, come ha ragione il Tanzi
un buon senso alla mano. Un linguaggio fine il milanese non  si  potrebbe dire : efficace, è di sicuro. Il popolo che lo
dire : efficace, è di sicuro. Il popolo che lo parla ci  si  riflette dentro tutto quanto, colle sue virtù e colle sue
colle sue debolezze: di gran lunga più numerose le prime -  si  permetta di dirlo ad uno non nato all'ombra del Duomo - che
del Duomo - che le seconde. Questi caratteri interni  si  mantengono inalterati, nonostante la variazione delle
Giacchè, come s' è accennato in più casi, il dialetto  si  trasforma, e sempre s'è venuto trasformando in tutto quanto
trasformando in tutto quanto il corso della sua vita. Ben  si  sa: la trasformazione è condizione essenziale
le ciglia al più ambrosiano tra gli ambrosiani. Non  si  riguardi questa sparizione come un sintomo pericoloso per
Piuttosto danno da pensare i mutamenti non pochi che  si  producono nei suoni. Per esempio la z, che aveva preso
almeno confinate tra la gente bassa; dicc, scricc, facc non  si  sentono più; non frequentemente lecc, succ e c'è chi spinge
significherebbero nulla; ma invece destano l'allarme, se  si  considerano uniti insieme e si riferiscono alla loro causa
invece destano l'allarme, se si considerano uniti insieme e  si  riferiscono alla loro causa unica ed universale, che è un
infinita, là dove s'incontrano, al dire dei matematici, e  si  danno con un bacio il « ben arrivato, » anche due
arrivato, » anche due parallele. E la lingua letteraria non  si  contenta di pervertire la fonetica del dialetto; ne
di tutti dinanzi alla legge è proprio un' irrisione?  Si  parli italiano o milanese secondo che pare e piace: ma
che parlan più corretto. Ed ecco che, cercando piombo, ci  si  troverebbe aver rinvenuto dell'oro; giacche, incamminatici
per provvedere all'incolumità del dialetto, ci  si  vedrebbe arrivati inaspettatamente alla soluzione della
parlano scorretto, e relativamente corretto i non abbienti,  si  riuscirebbe ad un capovolgimento nella distribuzione delle
come p. es. i nomi proprî, la curiosità etimologica che  si  esercita, p. es., nel Pentateuco sui nomi di luogo e di
sentita come cosa nostra, animata dal nostro pensiero. Essa  si  fonda cioè su quello che fu definito il "bisogno
attraverso cui il significato della parola esteticamente  si  crea (p. es. Ennio: cava caeli), o viene comunque
empirica, quella di essere cosa viva, sia in quanto  si  riferisca direttamente alla coscienza dei parlanti, come p.
che fa capo più direttamente alle lingue classiche  si  allarga impensatamente con la maggior conoscenza

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