Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

VODIM

Risultati per: sua

Numero di risultati: 49 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1
piú la mente umana, ma una mente, presa la mente nella  sua  essenza (onde poi la questione va infine alla mente divina)
educatore dell'Umanità, rivela nello spazio e nel tempo la  sua  legge all'Umanità. Interrogate la tradizione dell'Umanità,
una parte della Logica; e quando ella si prende in tutta la  sua  generalità, si può dire che sia la Logica stessa;
che da quel principio derivano, e può trarle fuora a  sua  voglia e ordinarsele come meglio le viene e ricercarne il
Egli è l' atto col quale il nostro spirito fissa la  sua  attenzione intellettiva sopra qualche cosa, p. e., sopra un
cosa all' altra, per esempio, la trasporta dal fiore alla  sua  specie o classe, pensando che quella è una rosa
metodo. Il fanciullo sarebbe costretto di saltare colla  sua  mente or da una classe più stretta ad una più larga, ora da
fare la mente del nostro fanciullo per tener dietro colla  sua  intelligenza alle lezioni, che noi gli diamo; di poi per
di idee la mente del giovanetto è obbligata di porre la  sua  attenzione prima alle dissomiglianze delle cose e poi alle
inverso, la mente del giovanetto è obbligata a porre la  sua  attenzione prima nelle somiglianze che nelle
attribuì da prima a quella voce, di cassare l' atto della  sua  mente, col quale egli prese quel nome per segno dell' unico
di venire a un altro passo, un terzo errore preso dalla  sua  mente. Perocchè prima, che io gli mostrassi la Saffo egli
questo mio discorso, egli deve fare nell' interno della  sua  mente alcune operazioni, ed ecco quali: Primieramente egli
la quarta volta il significato, che aveva attribuito nella  sua  mente alle due parole l' Adelaide e la Saffo . Perocchè
comune, che io gl' insegno di rose7bengalesi, richiama la  sua  attenzione a riflettere, che i vocaboli Adelaide e Saffo
le damaschine , sono egualmente rose , sollevando così la  sua  mente a concepire una classe più ampia che abbraccia la
e delle rose7damaschine; denominazioni, che da prima nella  sua  mente valgono a significare quelle due specie, come al
e così correggerà per la decima volta gli sbagli della  sua  mente; ma ignora ancora il vero significato della parola
come fece prima, quattro volte l' errore che prende la  sua  mente intorno al significato della parola. Poi devo far lo
sicchè sommando tutti gli errori pei quali egli passa colla  sua  mente, se vuol giungere al conoscimento delle tre famiglie
condizione che egli emendi ancora le significazioni, che in  sua  mente egli dava alle due parole piante7fiori e fruttari ,
essendo il vocabolo quel segno al quale egli lega colla  sua  mente certe note comuni, che sono il fondamento delle sue
a' particolari è appunto quello che sottomette alla  sua  attenzione le somiglianze prima più ampie, e poi le
attenzione alle differenze particolari e a cui basta che in  sua  mente egli si disegni un cotale abbozzo all' ingrosso d' un
comuni. Fatto questo disegno a pochi e grandi tratti nella  sua  mente, gli resta solo da contornarlo meglio e finirlo in
è un lavoro fatto che non deve più rifare nè mutare nella  sua  mente, che gli serve in avvenire e che è graduato e tutto
della distribuzione locale viene spontaneo a mettersi nella  sua  mente, e per ciò facilissimamente lo intende, tosto che gli
datagli dall' esperienza. Poteva Felice giungervi colla  sua  mente prima di questo tempo? Certo che non sarebbe assurdo
sempre vero che l' ordine de' pensieri venuti nella  sua  mente doveva essere ed era il seguente: 1 La riflessione,
pensieri. I quali miglioramenti, chi non vede che nella  sua  mente si rappresentano a grado a grado, e che quelle
le madri? Vero è che il maestro già ricco dell' esperienza  sua  propria potrà comunicare al fanciullo quant' egli già sa;
alcuni, legarli in un mazzetto e recarli in dono a  sua  madre. Da quell' ora ogni mattina per tempo le faceva il
molti e non un solo; 3 non poteva riflettere che alla madre  sua  sarebbero stati grati se non avesse riflettuto prima e alla
Avviene il più spesso che l' uomo già vecchio trovi nella  sua  memoria accumulate senz' ordine molte proposizioni che
a caso queste memorie che già coesistono nella  sua  mente, egli comincia a vedere che le une spiegano le altre,
caratterizzandosi ciascuno dal prendere che egli fa la  sua  materia da pensieri dell' ordine immediatamente precedente.
della mente è tale ch' ella non può moversi ad alcuna  sua  intellezione se non gliene sia precedentemente stata data
di second' ordine senz' essersi prima assicurati che la  sua  mente fece le intellezioni, a quella rispettive, del primo
ha rivelato, rimanendosi nondimeno loro nascosto nella  sua  universalità (1). Io recherò a provarlo qualche esempio
che non può esser fatto dall' uomo se non prendendo la  sua  materia da altri pensieri più elementari, cioè da quelli
dell' uomo. Quando l' uomo si muove ad applicare la  sua  virtù intellettiva a ciò che sente, allora è il momento nel
l' indole di questa prima applicazione che l' uomo fa della  sua  virtù intellettiva alle sensazioni, affine di poter bene
di cui è vago, e di cui abbisogna. Egli non pone adunque la  sua  attività intellettuale nella sensazione in quanto ella è
nella sensazione in quanto ella è una passività  sua  propria, ma in quanto ella è un' attività degli oggetti
e che sia ad essa mosso dalle leggi del suo istinto e della  sua  spontaneità. Come adunque tutte le altre potenze dell' uomo
tuttavia questo non dirige pienamente ad esse la  sua  attenzione per mancanza di stimolo a ciò fare, e perciò non
intellettivo ha degli stimoli, che l' obbligano a porre la  sua  attenzione a ciò, che v' ha di più determinato negli
che succede nella mente del bambino da' primi momenti della  sua  esistenza fino alla riflessione più libera. Cominciamo
dà a quell' ente, nella relazione di esso coll' attuale  sua  sensazione, nella quale ella tiene il modo di agente . Ente
di una cognizione quasi del tutto negativa; perocchè la  sua  cognizione fin qui appena è nulla più che ideale7negativa;
difficoltà disparisce. Perocchè colui, che giunge colla  sua  mente a vedere questa identità, vede ancora incontanente
Quello adunque, che l' intendimento percepisce nella prima  sua  e più imperfetta percezione di un oggetto, si è l' azione,
rimane pur fuori della cognizione dell' oggetto ogni  sua  qualità o proprietà speciale. Il soggetto sa solamente, che
che il soggetto stimolato da' suoi bisogni vien ponendo la  sua  attenzione non pur sull' ente agente, ma sul modo ancora
quale agisce; ed è allora che egli perfeziona la percezione  sua  dell' ente, la quale diventa gradatamente più positiva. In
noi veniamo rilevando le sue proprietà e qualità e tutta la  sua  condizione. Or questo appunto è il travaglio successivo
osservare, se non ciò che il senso le porge. Ecco un' altra  sua  limitazione: ecco la seconda maniera di progresso, che è
che le presentano la materia, ossia il termine della  sua  operazione. E l' oggetto percepito dal bambino la prima
azioni diverse su lui promanano, e così perfezionerà la  sua  percezione di quel corpo. Successivamente egli farà anche
è la medesima, quando all' opposto ogni percezione ha la  sua  memoria distinta. Ancora, se il fanciullo riceve percezioni
del fanciullo (1). Con questa ineffabile espressione della  sua  gioia, egli pare, che il bambino saluti l' alba del giorno,
saluti l' alba del giorno, che a lui traluce. L' anima  sua  ragionevole rallegrasi della verità, che ritrova, e a se
bisogno di sentire che accompagna poi l' uomo per tutta la  sua  vita, e che divien sì vario, potente e ben anco capriccioso
pei loro nati, è un istinto, che troverebbe facilmente la  sua  spiegazione nella supposizione, che ho avanzata. Una certa
facile e chiara la data spiegazione: l' un' anima sente la  sua  compagna in un dato stato, a ragion d' esempio in quello di
in tal caso è la operazione passiva, l' imitazione la  sua  attiva corrispondente. Fra i piaceri, che prova l' animale,
breve descrizione di ciò, che avviene nell' uomo in questa  sua  seconda età. Nell' età prima le prime sensazioni furono di
amore della creatura senziente e ragionevole suppone per la  sua  essenza un oggetto pure senziente e ragionevole, sia questo
il suo intelletto apprezza le cose in sè, e la  sua  volontà dietro a un tale apprezzamento fa delle volizioni
crede, che il fanciullo abbia una volontà debole, come la  sua  natura fisica, e che coll' età si fortifichi l' uso della
natura fisica, e che coll' età si fortifichi l' uso della  sua  propria volontà. Questa opinione nasce, perchè si considera
di forza si butta in essi. Già ho osservato, che di natura  sua  la volontà è infinitamente suscettiva e mobile: or di più
e tranquillo, in cui solo il fanciullo può raccogliere la  sua  attenzione. Il qual documento è tanto più rilevante, quanto
lume a chi dirige l' educazione del bambino. L' importanza  sua  si vedrà, ove si voglia considerare qual sia l' istruzione
sia l' istruzione che solo si può dare al fanciullo nella  sua  seconda età, e che corrisponde al primo ordine delle sue
: dirigere soavemente, costantemente, sagacemente la  sua  attenzione senza però mai forzarla o contrariarla. E` la
in questo gravissimo e continuo studio dell' innocente  sua  età; ed aiutarlo in esso regolandolo. Non è mio
meglio. Ora a ciò si scelgano quelli che più attraggono la  sua  attenzione, cioè gli oggetti che possono soddisfare i suoi
dargli piacere: perciocchè son questi gli stimoli della  sua  attenzione. Ancora gioverà di presentare al fanciullo degli
d' una età nuova che gli spunta insieme col secondo anno di  sua  esistenza. Gli comincia dunque la terza età col linguaggio:
pronuncia il fanciullo, è un' epoca importante di tutta la  sua  vita: di questa età sono proprie le intellezioni di second'
lui conosciuti, che non siano gli stimoli che rivolgano la  sua  attenzione sopra se stesso e i suoi atti. Ora non può
sopra se stesso e i suoi atti. Ora non può toccare la  sua  perfezione il metodo pedagogico, finattantochè non si avrà
manca allo spirito lo stimolo , ond' egli non volge la  sua  attenzione alla materia, che pur avrebbe, e però non le
che ebbe il bambino durante il breve tempo della  sua  seconda età. Sono stati i bisogni fisici, che trassero all'
a lui di sensazioni. L' uomo adunque volgendo l' attenzione  sua  intellettiva a tutte le cose sensibili, che lo circondano,
aver non poteva, perchè mancava lo stimolo necessario alla  sua  attenzione, acciocchè questa si volgesse a formarsele.
tanto alla presenza de' suoi sensi quanto fuori della  sua  presenza, in luogo nel quale non cade sotto i suoi sensi:
una percezione, al ricever della quale il bambino volge la  sua  attenzione intellettiva a quell' idea, e con tanta celerità
che non si assicuri, che il bambino abbia notata colla  sua  mente qualche differenza tra cavalli successivamente da lui
fa il bambino del vocabolo si è quello di richiamare nella  sua  mente le idee imaginali, allora parlammo d' un uso proprio
orecchi, perchè dovesse avere un nome nuovo il suo tipo, la  sua  idea piena. E` dunque impossibile che i vocaboli
adunque che parlano al bambino, provocano del continuo la  sua  attenzione a collocarsi non pure in un universale , ma in
e placidi o rabbuffati; allora viene un tempo nel quale la  sua  mente in tanta varietà di oggetti fissa quell' unica cosa,
Non è già che egli sappia rendersi conto di questa  sua  operazione, o ch' egli si sia formato un concetto giusto
l' elemento da lui astratto non esista, e sia finto dalla  sua  imaginazione, o non sia quello che costituisce la natura
in più oggetti v' ha un elemento comune, e che prende nella  sua  mente questo elemento, qualunque esso sia, come segno a
come al cane o a un uccello, è ugualmente certo che la  sua  mente già pervenne all' astrarre, non essendo possibile ch'
Medesimamente, i nomi plurali delle cose mostrano che la  sua  mente giunse all' operazione di astrarre (1). In questa
del tutto di badare alle differenze, e concentra la  sua  attenzione nella somiglianza, in ciò che tutte quelle idee
di quello delle astrazioni medesime, che danno la base alla  sua  classificazione; tuttavia non può negarsi che nell' opera
mente (1); ma ella non è men vera: ogni popolo e in ogni  sua  età riconobbe la necessaria esistenza di un Dio, cioè di un
tal vero come un vero evidente, non ne cerca la ragione, la  sua  persuasione è immediata; e chi gli domandasse conto di una
è immediata; e chi gli domandasse conto di una tale  sua  credenza sarebbe a lui occasione di maraviglia, e fors'
- La terza età dunque è altresì quella, nella quale ha la  sua  nascita il desiderio. 3 Ma un' attività maggiore si suscita
astrazioni. Come l' intendimento applica esclusivamente la  sua  attenzione ad un elemento comune a più oggetti, così se
a farsi una tale intellezione pel fanciullo; perocchè alla  sua  attenzione manca lo stimolo, che la diriga sul proprio
la diriga sul proprio sentimento e su questo la fermi. La  sua  attenzione è come un figliuolo che scappa sempre di casa;
è una gioia: per ogni adito, che gli s' apra davanti, la  sua  intelligenza irruisce precipitosa. Come il primo atto di
le intellezioni, che da essa si richieggono, sarebbero alla  sua  levatura, ma non può farle, perchè la sua attenzione
sarebbero alla sua levatura, ma non può farle, perchè la  sua  attenzione intellettiva non ha lo stimolo, che ad esse la
vi producono un effetto unico, che tiene dell' ordine della  sua  causa. Sebbene adunque il fanciullo non conosca ancora l'
e intellezioni, tuttavia egli per una legge della  sua  costituzione ne ricava vantaggio. Or le materie d'
terza età del fanciullo si deducono dallo stato della  sua  intelligenza, che noi abbiamo investigato e descritto.
intellezioni di primo e second' ordine, ma non più. Di  sua  natura la lingua esprime le intellezioni di tutti gli
più che si usa sarebbe a lui inintelligibile, graverebbe la  sua  memoria lasciando vuoto e sterile il suo ingegno; il che
le cose assenti, le invisibili e i concetti venutigli dalla  sua  facoltà d' integrare. Egli è certo che fino da quest' età
intellettuale, ma ben anco si porrebbero i fondamenti della  sua  buona riuscita morale. In Italia, noi dobbiamo perdere un
cosa che non dica rettamente, dovrebbe consistere in questa  sua  età unicamente a fargli apprendere quanto più estesamente
scala in varŒ generi di cose, le idee si trovano nella  sua  mente ordinate; egli ha ricevuta una materia acconcissima
materia acconcissima alle susseguenti sue riflessioni: la  sua  mente riesce giusta e logica. Ma conviene osservare le
tutte concepite: questa dovrebbe essere il fondamento della  sua  logica: ne porremo qui uno schema: [...OMISSIS...] All'
anche in sè lo stimolo , che possa scuotere e tirare la  sua  attenzione; che è la seconda condizione richiesta, come
e appariscenti: caratteri stampati nel suo senso, nella  sua  imaginazione, nella sua memoria. I quali caratteri
stampati nel suo senso, nella sua imaginazione, nella  sua  memoria. I quali caratteri consistenti in qualità sensibili
sovente è corto l' intendimento dell' educatore; e colla  sua  azione positiva ottiene il contrario, cioè agitazione,
nel suo stato. 2 Per evitare, che sia sturbato nella  sua  serenità, farlo conversare più colle cose, che colle
lo consegna a' suoi simili, acciocchè essi lo aiutino nella  sua  debolezza, dirigano nella ignoranza, correggano nelle sue
Non vi ha dunque dubbio, che l' educazione deve avere la  sua  parte positiva; ma qual è questa parte, quanto ella si
che cosa possiamo pretendere, che il fanciullo ci dia colla  sua  volontà, e non esigere da lui di più, ciò che sarebbe
s' indurrebbe da questo a torto l' assenza di regole nella  sua  mente: è nostro il torto che non le conosciamo, che non le
egli non le ha certo in forma astratta; ma ben presto la  sua  mente gli porge tali regole, la formazione delle quali è
bello è da lui ammirato. Egli distribuisce adunque la  sua  benevolenza e la sua ammirazione dietro a' primi lumi del
ammirato. Egli distribuisce adunque la sua benevolenza e la  sua  ammirazione dietro a' primi lumi del suo intendimento: l'
l' ama: l' ammirazione è quella prima stima, nella quale ha  sua  culla l' amore. Accordo bene che egli trova una reale
bene che egli trova una reale differenza tra il volto di  sua  madre, e un bottone che luce; ma questa differenza non è
un qualche tipo di bontà e di bellezza si è formato nella  sua  mente, egli vagheggia quest' astrazione, egli per essa
e il contrario si dica dei cattivi. Vero è, che questa  sua  regola astratta, questo primo tipo del bene è ancor
Il bello e il buono si presentò in novella forma alla  sua  cognizione: ma la volontà ebbe sempre a suo scopo l'
ma devesi investigare in pari tempo qual sia in ciascuna  sua  età la forma e la natura della sua moralità: e questo è
qual sia in ciascuna sua età la forma e la natura della  sua  moralità: e questo è quel segreto, che non si rapisce alla
abbiamo anco indicato qual possa essere la forma della  sua  moralità. Egli ha un' idea del bene già divisa dagli
ideati l' elemento buono e il cattivo, guidò sempre la  sua  attenzione agli oggetti sensibili, perocchè fu di questi,
alla volta, secondo i bisogni che il movono, egli posa la  sua  attenzione anche sulle determinazioni sensibili dell' ente.
l' odore ecc. negli oggetti da lui affermati colla prima  sua  percezione, affermati con questa percezione in conseguenza
motivi oggettivi, assai prima che il suo intelletto e la  sua  volontà conosca ed ami ciò che è soggettivo, ciò che si
morale del bambino, diciamo che questa consiste tutta nella  sua  benevolenza, perchè questa benevolenza è oggettiva e però
ciò l' ama con effusione di cuore imparzialmente. Ecco la  sua  regola morale: non è certamente la nostra, ma ella è vera
egli è giusto ne' suoi atti benchè non lo sappia: la  sua  moralità già esiste, quantunque non se ne sia formato
alle intellezioni di second' ordine potrebbe guastare la  sua  moralità in due modi: 1 Formandosi delle regole false del
dell' ordine che gli è indispensabile per avanzarsi nella  sua  via. Quando poi si deliberi verso l' una delle due opposte
si forma con ciò delle regole false od imperfette della  sua  morale. Tuttavia non si potrebbe riconoscere immoralità nel
tutto ciò che lo circonda profonderà il suo amore e la  sua  gratitudine. Ed è poi difficile per non dire impossibile
d' un timor cieco atto a conturbare e non a raddrizzare la  sua  riflessione. Quanto poi al sentimento della propria
non v' ha dubbio, che ove qualche cosa possa nuocere alla  sua  salute corporale, questo non gli si dee concedere: glielo
che noi non procurassimo tutte le vie per eluderle senza  sua  pena. Ma oltre di questo disordine fisico possono benissimo
è già un gran bene: egli comincia con ciò ad ordinare la  sua  benevolenza. Il senso di natura sua è impaziente (1): l'
con ciò ad ordinare la sua benevolenza. Il senso di natura  sua  è impaziente (1): l' aspettare pazientemente è sempre un
del nostro giudizio. Noi possiamo far ciò giovandoci della  sua  facoltà di credere, come abbiam detto. L' impazienza e l'
con essa insieme l' altro cane che ad essa congiunge nella  sua  fantasia. La quale operazione animale somigliantemente
è un fatto proprio dell' umanità) si è come essendo egli di  sua  natura benevolo, tuttavia un po' alla volta venga limitando
ad un oggetto solo. E quando lo spirito raccoglie così la  sua  attenzione in un solo oggetto, egli non è più per gli
secondo luogo di godersi in calma il proprio benessere; la  sua  natura è piena di piacere perchè piena di vita e di
tra cui si trova, ha tracciato in ciò stesso la sfera della  sua  felicità. Quivi ritrova tutti i suoi beni, nè pensa che ve
piangeva se alcuno toccava al passeggio il panierino della  sua  bona . [...OMISSIS...] Finalmente, una quarta ragione e più
il nostro amore ha per oggetto l' ente nella e per la  sua  forma ideale. Se poi noi amiamo un oggetto per se stesso, e
sue qualità, il nostro amore ha per oggetto l' ente nella  sua  forma reale. L' idea essendo principio d' universalità,
descritto, dicemmo aver per oggetto l' ente nella e per la  sua  forma ideale. L' idea dunque, cioè il bene veduto nell'
stessi. L' amore che ha per oggetto il reale di natura  sua  esaurisce tutte le proprie forze nel suo oggetto. In terzo
cagioni che ristringano il cuore del bambino e limitino la  sua  benevolenza. Una importantissima regola di educazione sarà
fin dall' infanzia il corso del suo cuore verso la prima  sua  origine, il Creatore. Iddio comprendente in sè tutto l'
sofista ginevrino del secolo scorso trovò di questo, nella  sua  stessa patria, pienissima confutazione (1). Già vedemmo che
le altre? Chi non vede che da essa sola può prendere la  sua  unità, il suo principio, ogni sua luce l' educazione umana,
essa sola può prendere la sua unità, il suo principio, ogni  sua  luce l' educazione umana, e non men quella de' fanciulli
del fanciullo adunque le operazioni, alle quali la mente  sua  si fa idonea, sono i giudizi sintetici (1). E veramente
la sola idea della cosa senza attendere al giudizio sulla  sua  sussistenza. Questa scomposizione dell' idea dal giudizio
che si dividono da sè: lo spirito non fa che limitare la  sua  attenzione piuttosto all' una che all' altra di quelle due
è naturale che il bambino da principio non può mettere la  sua  attenzione che in quel che sente, giacchè ciò che non sente
ecc., egli con ciò un po' alla volta giunge a porre la  sua  attenzione anche sulle azioni degli enti e ad astrarre
buono il cibo che vede prepararglisi, egli concepisce nella  sua  menticina un discorso, che, se potesse essere espresso in
dove ravvisa l' ente; e che solamente da poi colloca la  sua  attenzione sulle qualità sensibili dell' ente, le quali per
sente a nominare (ed è ancor qui il linguaggio che aiuta la  sua  mente) un oggetto, due oggetti, ecc., egli arriva dopo
che la qualità comune de' due oggetti l' abbia nella  sua  mente legata a quel nome, e perciò stesso astratta dagl'
il fanciullo da una parte ha la qualità comune nella mente  sua  legata al nome, poniamo di pera , e dall' altra sente
assegnare un senso alle parole uno e due , e a fermare la  sua  attenzione sull' unità e sulla qualità delle pere. Laonde
un' idea distinta di ogni numero che egli pronuncia colla  sua  bocca. E chi è mai che abbia una idea distinta di un
l' uno dall' altro, sarà la seguente. La percezione  sua  del drappello da principio è unica. Ma egli è già atto a
vede, oltre il soldato da lui distintamente osservato nella  sua  percezione, esister ancora qualche cos' altro ch' egli
del trentadue tutto espresso col solo numero due, la qual  sua  formola sarebbe 2 .per . 2 .per . 2 .per . 2 .per . 2
questa età sono i primi principŒ definiti che acquista la  sua  mente, de' quali si serve per giudicare. Conviene conoscere
adunque dai primi atti intellettivi l' uomo ha nella mente  sua  un principio secondo cui giudica; perchè ogni giudizio
si applica egualmente a tutte le realtà sensibili; e questa  sua  indefinitezza è quella che la distingue da' principŒ
una limitazione, non abbracciano l' essere in tutta la  sua  estensione, ma diviso, e da certi confini più o meno estesi
abbia idea del merito; ma sente la necessità, uscente dalla  sua  natura intelligente e morale, di ammirare e di amare quella
linguaggio sempre nuovo, conveniente al nuovo stato della  sua  mente: l' uomo crede di far guadagno di sempre novelle
Queste regole morali che segue il bambino nella  sua  quarta età differiscono non poco dalle regole primissime
influire assaissimo sullo sviluppare e sul dirigere la  sua  ammirazione e la sua benevolenza; con questa influenza da
sullo sviluppare e sul dirigere la sua ammirazione e la  sua  benevolenza; con questa influenza da loro esercitata con
è ancor poca, ed il bambino giunge all' oggetto della  sua  attività immediatamente. Nella terza età l' attività del
di ragione, che in lui non si trova, ma ciascuno ha la  sua  ragione e determinazione nelle leggi dell' animalità. A
da sè del poco accordo che passa fra i suoi trastulli e la  sua  dignità di essere ragionevole: e giovandosi di questa
del solo uomo, il quale vi trova il diletto di appagare la  sua  curiosità, la voglia di percepire e di sapere le cose sotto
percepito degli esseri intelligenti e belli oggetti della  sua  affezione e della sua ammirazione, co' quali comunicava per
intelligenti e belli oggetti della sua affezione e della  sua  ammirazione, co' quali comunicava per mezzo della simpatia
le cose belle, e gliene duole se vengono sottratte alla  sua  contemplazione; in quarto luogo finalmente (e certo molto
egli acquista un nuovo mezzo di comunicazione della  sua  colle anime da lui stimate e care. Gli si comunica una
giudica con integrità « secundum allegata et probata »: la  sua  tendenza ad esser rispettoso e benevole è universale.
che n' abbia percepito un altro, cedendo alla legge della  sua  natura abbia ammesso in sè i sentimenti della stima e dell'
a cui il fanciullo cede, perchè niente si oppone alla  sua  spontaneità. Veniamo ora all' istruzione e all' educazione
nella dottrina appartenente all' ordine nel quale la  sua  mente ha già posto il piede. La distinzione importante di
d' una lingua possono essere usati col fanciulletto ad ogni  sua  età; ma anzi quelle che non si possono classificare nelle
ordine prossimo a cui può salire col primo passo della  sua  mente, o tra quelle di questo medesimo ordine a cui è già
l' intelligenza di quei vocaboli, che pur sono alla  sua  portata. Noi abbiamo veduto che al second' ordine d'
mente del fanciullo. Conviene che il fanciullo in ogni  sua  età operi . L' attività del fanciullo, abbiamo veduto, che
che sia sufficiente a dimostrare che il bambino ha la  sua  propria moralità. Che nel bambino poi appariscano per tempo
che lo determina, mediante la preponderanza de' gradi di  sua  benevolenza, determinati questi pure da ragioni esteriori
percepisca intellettivamente se stesso, egli non può colla  sua  volontà riferire al SE conosciuto il bene ed il male;
il soggetto non esiste ancora pel suo intelletto e per la  sua  volontà. Ma onde dunque avviene che moltissimi altri atti
»noi non possiamo esigere se non che egli abbia la moralità  sua  propria e non altra; e solo quando egli se ne dispensa, noi
si dee per tempo fargli conoscere Iddio7umanato e Maria  sua  madre, e fargliene invocare i nomi spessissimo e, per
Nell' astrazione la mente non fa se non fermare la  sua  attenzione sopra una parte della sua concezione e
fa se non fermare la sua attenzione sopra una parte della  sua  concezione e trascurare tutto il rimanente. Così avendo io
elementare all' incontro la mente prende colla  sua  attenzione tutto intiero l' oggetto da lei concepito, e lo
noi descritto fin qui, e l' analisi delle operazioni della  sua  mente e de' prodotti di questa, si sarà convinto ancor più
altra. Egli diviene anco questo incremento grandissimo alla  sua  attività, la quale non solo istintivamente come faceva
che l' uomo percepisca se stesso fino da' primi istanti di  sua  esistenza, e che non potrebbe percepir le cose senza aver
che il primo è legato al secondo, e il secondo esercita la  sua  forza e il suo imperio sopra il primo, di maniera che tutti
sè un atto nuovo, non datogli dalla natura, ma mosso dalla  sua  spontaneità suscitata da qualche bisogno o stimolo: ecco la
L' uomo adunque non può essere richiamato a ritorcere la  sua  attenzione a se stesso che dal linguaggio. Ma il linguaggio
insolite, egli se ne maraviglia come di cosa straniera alla  sua  credenza ed alla sua aspettazione. Prima che il fanciullo
maraviglia come di cosa straniera alla sua credenza ed alla  sua  aspettazione. Prima che il fanciullo unisca a certe cose
Prima che il fanciullo unisca a certe cose certe azioni, la  sua  credulità è senza limiti: niente a lui sembra impossibile.
a lui sembra impossibile. Quando il fanciullo vede che  sua  madre parla, come fosse informata di ciò che egli ha fatto
ciò che egli ha fatto lontano dagli occhi suoi, o quando la  sua  bona gli dice che il dito mignolo la ebbe informata di
gli dice che il dito mignolo la ebbe informata di qualche  sua  scappatella, perchè non se ne maraviglia egli? Perchè non
egli non li pone loro da sè, ma crede tutto possibile, la  sua  credulità è illimitata. Nell' aderire alle parole altrui,
questi principŒ, egli ha ristretto con ciò la sfera della  sua  credulità; perocchè ove altri gli raccontasse cosa che
generale che quanto un uomo cresce in età, tanto più quella  sua  opinione si rinforza, e dura più fatica a risolversi di
quello che l' esperienza dimostra che « l' uomo comincia la  sua  vita con una universale credulità, la quale va grado grado
chi a lui parla; onde non gli rimane che di crederle sulla  sua  parola. 2 Che l' incredulità, che spontaneamente nasce
intelletto del bambino; così non potrebbe l' uomo dalla  sua  malevolenza e durezza di cuore esser reso a credere e ad
e ad assentire al vero più tardo del giusto; se questa  sua  tardezza a credere non trovasse un cotal fondamento vero o
secondo gli impulsi della natura, egli è determinato dalla  sua  spontaneità; nè può nascere alcun combattimento morale nel
crede di dover niente alla natura se non in ragione della  sua  bontà o bellezza: e la bontà o bellezza della natura è
la bontà o bellezza della natura è infatti la misura della  sua  benevolenza ed ammirazione: come la sua benevolenza e la
la misura della sua benevolenza ed ammirazione: come la  sua  benevolenza e la sua ammirazione sono la misura e la regola
benevolenza ed ammirazione: come la sua benevolenza e la  sua  ammirazione sono la misura e la regola delle sue azioni. Ma
conoscendo che quell' essere intelligente è degno della  sua  benevolenza e lo merita più, quanto più gli presta egli il
basso, quali ne' posti intermedŒ. Egli esercitava con se la  sua  moralità: distribuiva la sua benevolenza e la sua
Egli esercitava con se la sua moralità: distribuiva la  sua  benevolenza e la sua ammirazione secondo il merito delle
con se la sua moralità: distribuiva la sua benevolenza e la  sua  ammirazione secondo il merito delle cose. Questa
le false opinioni da lui concepite che dirigevano la  sua  stima, non gli potevano cagionar un rimorso; perocchè egli
volontà esige ora più ora meno, ora vuole una cosa, ora la  sua  contraria, ora si volge a cosa facile e piacevole, ora a
lotta morale? lotta cioè di due doveri che si disputano la  sua  volontà. Primieramente se la sua attività animale lo
doveri che si disputano la sua volontà. Primieramente se la  sua  attività animale lo determina ad operare irresistibilmente
cima a' suoi doveri, e che la considera come la principale  sua  legge. Questa pena o incipiente rimorso è la culla della
legge. Questa pena o incipiente rimorso è la culla della  sua  coscienza morale; nasce la coscienza in quell' ora appunto,
nobile sentimento onde s' accorge, che in un accordo della  sua  coll' altrui volontà deve stare il sommo bene, a cui gli
quinta età del fanciullo, o sia al quart' ordine della  sua  intelligenza a cui siamo pervenuti. Appena il bambino
il bambino, onde la percezione non può completare la  sua  cognizione di Dio, nè dare a lui materia di farvi sopra
all' orecchio lo rende già accorto non solo dell' esistenza  sua  distinta da quella della natura, ma in Dio stesso pone l'
egli trasporta la volontà della madre in Dio, e come la  sua  benevolenza lo inclina ad accordare e piegare la volontà
a poter dichiarare un bambino pervenuto all' uso della  sua  libertà . Io ho già mostrato, che se l' appreziazione e la
tra il bene e il male morale, entra in possesso della  sua  libertà. Vedesi poi da questa prima apparizione del suo
o di cui egli non potesse mai intendere una ragione, la  sua  virtù nascente rimarrebbesi facilmente soffocata nella
e la lusinga dell' oggetto vietato distacca interamente la  sua  attenzione dalla volontà, che gli è legge, e quasi gliela
erudizione accurata e certa. Prendasi la cosa in tutta la  sua  estensione, e sarà facile vedere che noi punto non
tal modo il fanciullo! Quanta facilità di pensare pari alla  sua  perizia nell' uso del linguaggio, mezzo universale dello
di tutte le sue facoltà, principalissimamente della  sua  intelligenza; e che sia di più una scuola morale. Furono
è dove si ferma e posa l' attenzione, dove questa porta la  sua  luce lasciando nelle tenebre il resto, a quella guisa che
le cognizioni del fanciullo deve cominciare tostochè la  sua  mente sia capace di ricevere l' ordinamento delle proprie
que' soli principŒ che il fanciullo ha già ricevuti nella  sua  mente, perocchè l' usarne degli altri sarebbe un volere da
procurare tre vantaggi al discepolo, cioè: 1 Di aiutare la  sua  memoria, il che si ottiene promovendo l' associazione delle
L' intelligenza poi nell' uomo riceve da tali atti la  sua  materia, ond' avviene che l' atto d' una facoltà sola basta
si rappresenta all' anima il campanile della chiesa della  sua  parrocchia: qui vi ha un' associazione d' immagini, che
di passare, mediante queste connessioni che diventano nella  sua  mente altrettanti principŒ generali di pensare e di
a cagione dell' estensione virtuale d' esso, di spaziare a  sua  voglia pel campo delle conseguenze. Sicchè può dirsi a
del soggetto che le produce. La terza, all' incontro, ha la  sua  ragione nell' oggetto stesso, il che è quanto dire nella
è necessario che i nessi delle cose si dispongano nella  sua  mente non già a caso, ma essi stessi ordinati; cioè prima i
si distingue in Dio stesso l' ottima volontà dalla  sua  natura7intellettiva. La conformazione de' proprŒ voleri,
derivar si dee alle cognizioni del fanciullo in ciascuna  sua  età dalle categorie dell' essere, come queste sono tre,
che la credulità del fanciullo è un effetto della  sua  benevolenza. L' abusarne adunque dalla parte degli adulti è
mani senza ch' egli possa difendersi, nè tampoco perorar la  sua  causa, sembrano loro de' titoli sufficienti a poter
dispregia l' elemento morale e divino che dona la maggior  sua  dignità all' anima intelligente. Vedemmo che la benevolenza
ordine bellissimo de' pensieri non è che la VERITA` nella  sua  pienezza e luce maggiore, perocchè la verità è da se stessa
Abbiamo pur veduto che il fanciullo accresce il grado della  sua  credulità e docilità, quando l' esperienza gli dimostra che
gli dimostra che quello che ha creduto serve alla  sua  mente di punto d' appoggio ad altri ragionamenti. Ove possa
sia fallace; in luogo di aver cagione di accrescere la  sua  credulità, dee anzi diminuirla. Niente ancora di più
credulità del fanciullo, v' ha del pari d' abusare della  sua  ubbidienza e docilità. L' educazione dee avere per somma
ordinata della benevolenza, e la vita riceve e conserva la  sua  rettitudine con delle azioni sempre ordinate e ragionevoli,
primo atto d' intelligenza, che è un atto ad un tempo di  sua  benevolenza. Questa benevolenza, abbiam noi osservato esser
nasce il pericolo che il fanciullo esaurisca tosto la  sua  benevolenza in pochi oggetti; e però dee provvedersi, come
sia buona, perchè è buono l' ente di cui ella è. Perciò la  sua  spontanea obbedienza è maggiore, quant' è maggiore la sua
sua spontanea obbedienza è maggiore, quant' è maggiore la  sua  benevolenza e la stima verso l' ente intellettivo a cui
e la stima verso l' ente intellettivo a cui ubbidisce, e la  sua  benevolenza e stima è maggiore, quanto maggiore è la bontà
Egli non può fondare il suo giudizio se non sui dati che la  sua  età gli somministra; e se quello corrisponde a questi dati,
nell' ente che il tratta, e giustamente egli risponde colla  sua  benevolenza ed ubbidienza. Questo spiega primieramente il
quando ad altri; e perchè la volontà della madre diventi la  sua  regola costante, e non così quella di altri. Questo fatto
rilevato appunto da una madre molto stimabile colla solita  sua  finezza. [...OMISSIS...] Di qui si giustificano, per dirlo
l' apprezzò e conobbe ch' ella dovea essere oggimai la  sua  regola, anteponendola a' suoi stessi piaceri fisici. Ma
stessa egli non può giudicare se sia bona per l' intrinseca  sua  ragionevolezza, ma la giudica buona per l' opinione
relativamente a lui; perocchè dovendo la lor volontà esser  sua  regola, egli avrà in essa una regola bona se sarà bona, e
stesso, ond' egli possa proporsela da se stesso a regola di  sua  condotta. Abbiam già detto che il fanciullo, quando da
positiva degna di tutto il suo rispetto e di tutta la  sua  affezione, egli non è in caso di giudicare della sua bontà
la sua affezione, egli non è in caso di giudicare della  sua  bontà da ragioni intrinseche, cioè dalla natura ragionevole
educatori, se le cose comandate vanno d' accordo colla  sua  spontaneità naturale; 2 Se le cose comandate sono
naturale; 2 Se le cose comandate sono indifferenti alla  sua  spontaneità naturale, cioè nè seconde, nè contrarie, egli
cose fossero a lui gravemente moleste e continue e la  sua  stima e benevolenza verso l' ente che gliele comanda non
bontà dell' ente: sebbene alla piena distruzione di questa  sua  cara opinione non verrebbe mai che difficilmente. Se poi il
il terribile combattimento che dicevamo, nel quale o la  sua  virtù rovina, ovvero uscendone vincitrice vie più si
all' amore. Ma sarà mai permesso di cimentare la  sua  tenera virtù? Sì certamente, come abbiamo detto anco prima,
non superi le sue forze; quanto sarà più grande la  sua  stima e la sua benevolenza effettiva, tanto avrà egli più
le sue forze; quanto sarà più grande la sua stima e la  sua  benevolenza effettiva, tanto avrà egli più di forze da
tanto, del quale quella vince questa, è la misura della  sua  forza morale di cui si può disporre. Qual sagacità non si
trionfar da se stesso. Egli è divenuto con ciò migliore: la  sua  virtù così si consolida, la sua forza pratica salutarmente
con ciò migliore: la sua virtù così si consolida, la  sua  forza pratica salutarmente si spiega. Ma il mezzo più
senza il quale non si arriverà giammai a mantenere la  sua  coscienza del tutto pura, verace, perfetta, consiste nel
ella spontaneamente fa, e mossa dalle intime leggi della  sua  natura produce a sè, tuttochè non ci rifletta poi sopra, nè
importa, acciocchè la coscienza non sia falsata nella  sua  formazione: ecco il desiderio, il grande studio de'
ad osservarsi: costituiscono la forma specifica della  sua  attività, e in questa forma l' attività termina e quasi
posero, è necessità fisica. Che il fanciullo per una data  sua  azione debba trarre o premio o castigo è necessità
il premio e gli minacciò la pena. Il fanciullo porta nella  sua  mente la cognizione della necessità metafisica, sicchè egli
o relativo. Al quart' ordine egli cominciò a notare colla  sua  mente le differenze delle cose. Veramente da principio non
nel nostro bambino come stella che mostrava il cammino alla  sua  attività individuale, si fu « il rispetto dovuto alla
di dover sottomettere ad essa tutti gl' istinti della  sua  propria sensualità; e se egli rimane vinto da questi, già
esseri è l' obbligazione morale che si manifesta colla  sua  virtù immediatamente all' anima intelligente prima ancora
al suo rimorso; il quale diventa con ciò anco figlio della  sua  coscienza morale. Il rimorso dunque coll' atto dell'
lo scorge a ciò il sentire il mal essere e la doglia della  sua  natura morale: del che cercando la ragione trovala nel
un nuovo principio morale, una nuova formola contenente la  sua  obbligazione. Prima di vedere come egli debba risolversi un
è condizione e principio della bontà, è bona d' una  sua  specie di bontà nobile sommamente, vi si comprende la
se ne forma una cotale idea illimitata, ed infinita della  sua  stimabilità ed amabilità. Ma poi quest' amabilità gli si va
vere, e se son vere non tolgono mai all' intelligenza la  sua  amabilità essenziale. Gli effetti benefici di quell'
del fanciullo a questa età: quale la parte immutabile della  sua  morale, quale la parte mutabile. Il principio, e la parte
di qui una modificazione successiva nelle forme della  sua  morale. Quell' epoca, nella quale il fanciullo comincia ad
preferir possa la più degna; è ragguardevolissima nella  sua  vita morale, e ben merita che noi vi ci fermiamo a farvi
è qualche cosa di reale7ideale, che fa sentire in lui la  sua  forza: la natura delle intelligenze che si comunicano è un
bisogno di tenersi da questa sotto pena di contrariare la  sua  natura morale. Io non saprei determinare certamente, quanto
e le loro azioni su di lui, hanno cessato di essere la  sua  suprema norma morale: perocchè egli si è formato già una
l' ente stesso intellettivo, che comunicava sè stesso e la  sua  esigenza morale al fanciullo; la seconda è un' idea
raccolte come una rosa, che tiene ancor piegata alcuna  sua  foglia entro il calice. Il passaggio delle norme concrete
all' uomo l' esser buono in questo secondo stadio della  sua  vita morale, di quanto è maggiore quella bontà, che a lui
egli era diretto dalla natura, maestra sicura e soave: la  sua  spontaneità lo conduceva, e questa sapeva sempre dove
vuol fare servir loro l' intendimento, e così piega la  sua  ragione a pronunciare, prima d' aver esaminato, prima d'
oscura nella mente infantile o almeno perde di forza nella  sua  volontà, quando un' affezione simpatica, una sensione
quella forse, generale e ideale come sarebbe nella  sua  mente, cederebbe a questa minore, ma concreta ed istante.
ma del pari è innegabile, che ciò ha poca efficacia sulla  sua  volontà. Di che la ragione si è che la verità è un essere
grandemente il muova; nè il può a lungo contemplare colla  sua  mente sempre naturalmente occupata di cose reali. Alla
degli esseri intelligenti reali, la volontà buona, e la  sua  espressione sarebbe questa: « uniformati alla buona volontà
salvato, destinato alla beatitudine: chi disubbidisce alla  sua  volontà, è punito in un modo terribile, chi l' ubbidisce, è
come già conosciuta e a lei famigliare: la luce della  sua  verità è tale, che esclude qualsiasi possibile opposizione
la quale dopo qualche tempo perde nuovamente di  sua  attività, dee essere da noi spiegato: e le ragioni di esso
organi esteriori è certo sommamente pronta e vivace. Ma la  sua  prontezza e vivacità non si stende che a lui, nè mostra
ancor poche ed uniformi. Queste si risuscitano bensì nella  sua  imaginativa, in questo senso interiore, date alcune
avute. Ma il fanciullo non gode ancora di alcun uso della  sua  libertà, nè ha imparato a maneggiare quella potenza che ha
adunque al tutto passivo; e quelle sensazioni, che nella  sua  fantasia si suscitano e rinnovellano, si suscitano e
tal fenomeno si consideri: 1 Che l' uomo non potrebbe colla  sua  imaginazione crearsi degli avvenimenti, comporsi delle
che, da principio, il fanciullo non ha altra regola nella  sua  mente per misurare l' impossibile in natura, se non l'
è immensa, non ha confini; e questo è il teatro della  sua  fantasia. Ma questa potenza intrinseca non può giocolare
e due le condizioni necessarie alla massima attività della  sua  imaginazione, perocchè d' una parte: 1 egli sa fingere
che ancor non conosce; e però spazia larghissimamente colla  sua  imaginazione, senza trovare ostacolo, per i campi di un
senza confini. Ma questo stato felice, in cui la  sua  fantasia e sa muoversi e nel muoversi non trova alcun
quale via meglio il determina, fa perdere immensamente alla  sua  imaginativa, svela per chimeriche innumerevoli sue
puerili, assurde infinite invenzioni, che prima nella  sua  semplice ingenuità a lui parevano le cose più vere, le più
che una parte di quella: la verità abbraccia di più: ha la  sua  storia e la sua poesia; e son vere ugualmente. Ben avviene
quella: la verità abbraccia di più: ha la sua storia e la  sua  poesia; e son vere ugualmente. Ben avviene che i popoli,
fenomeni dell' animo del fanciullo al tempo, in cui la  sua  imaginazione prende quel rigoglio di cui abbiamo parlato.
perocchè il sapere tutto a questo si riduce nella formale  sua  parte; nè il sapere più o meno delle cose reali e positive
e infiggersi nella natura delle cose, oggetto della  sua  intellettuale contemplazione: è per questo ch' egli, lungi
legge dell' intendimento riceve una modificazione nella  sua  applicazione secondo lo stato dello spirito fornito più o
in contraddizione colle cognizioni avute. Tuttavia la  sua  supposizione è sempre al maggior vantaggio possibile degli
Queste derivano dal prendere per segreto conduttore della  sua  memoria e della sua imaginazione il piacere ed il dolore.
prendere per segreto conduttore della sua memoria e della  sua  imaginazione il piacere ed il dolore. Mosso da questo
è un sentimento sostanziale, che opera colle leggi della  sua  spontaneità: queste leggi sono inerenti alla sua natura, si
della sua spontaneità: queste leggi sono inerenti alla  sua  natura, si consideri essa nello stato d' integrità o pure
la spontaneità dell' operar soggettivo ci conducesse colla  sua  violenza ad operare contro l' esigenza degli oggetti. Ora
la coscienza di se stesso l' uomo possa introdurre nella  sua  perversione l' elemento il più funesto di tutti, l'
un legame; e non può sostenerlo, se non a forza della  sua  benevolenza e del suo morale sentimento. Ora, intervengono
s' intesta, e trova un diletto proprio ad usare tutta la  sua  attività fisica: gli sembra di sentirsi più grande
grande ribellandosi alla legge, usando senza freno della  sua  naturale libertà. A tutti quelli che hanno trattato a lungo
stesso; per la ragione che abbiamo detto, che l' attenzione  sua  prima se ne va al di fuori, e poi si ripiega sopra se
stabile, ma soltanto al momento, che opera, giudica della  sua  azione. Questo dimostra manifestamente quel periodo di
». Che cos' è la giustizia di Dio? che altro se non la  sua  misericordia, cioè quella giustizia che egli dona all' uomo
quella giustizia che egli dona all' uomo unicamente per  sua  misericordia, quella giustizia che S. Paolo chiama anco
ci crediamo giusti in Cristo , cioè nella speranza della  sua  benignità, nel valor dei suoi meriti, nella fede de' suoi
Considerate quest' ultime parole: risvegliate la fede nella  sua  BONTA`, ed è impossibile che chi conosce la bontà di Dio si
bontà di Dio si lasci opprimere dal pensiero di essere in  sua  disgrazia; perocchè il passare dalla sua disgrazia alla sua
di essere in sua disgrazia; perocchè il passare dalla  sua  disgrazia alla sua grazia è l' opera della sua bontà, che
sua disgrazia; perocchè il passare dalla sua disgrazia alla  sua  grazia è l' opera della sua bontà, che non manca mai a
dalla sua disgrazia alla sua grazia è l' opera della  sua  bontà, che non manca mai a quelli che sperano. « Tutte
a Lei per poter vincere d' un colpo tutti i nemici della  sua  quiete, ch' Ella ben si persuada di questo principio: «
il Signore sempre più la santifichi e consumi nella  sua  carità. Ora io ben devo pregarla, come la prego
Signore, e il Signore nostro più si glorifica colla  sua  liberalità verso i malvagi. Onde io mi propongo per questa
avendone un titolo tanto maggiore. So bene che l' umiltà  sua  non vorrà accordarmi questa preferenza di titolo, sebbene
possa mai vincere. Del resto ciò che mi dice nella venerata  sua  lettera delle tentazioni che patisce contro la Fede, non ci
Fede, non ci stia a credere, non sono vere tentazioni: la  sua  fede sta immobile e sicura nel fondo dell' anima sua. Vi fu
e La prego di benedirmi. [...OMISSIS...] 1.43 La venerata  sua  lettera del 21 luglio mi ha colmato ad un tempo di
Diocesi per de' gran fini, perchè vi faccia grandi opere di  sua  gloria. Già Ella tocca tutti i punti principali, che un
spirito di carità, nel quale Ella colla veneratissima  sua  mi richiese di esprimerle i miei sentimenti sopra i toccati
opera ch' Ella si propone di far vieppiù fiorire nella  sua  Diocesi, la pietà, la carità, la dottrina. Credo che a Lei
l' Ascrizione a quegli scopi determinati ch' egli nella  sua  saviezza crede più necessari. Alla formazione di un
da tutto ciò, Monsignore, che cosa si potrà fare in cotesta  sua  Diocesi. Cominciandosi dal poco, si potrà con piccoli passi
ma sicuri giungere al molto. Io me Le offerisco tutto alla  sua  ubbidienza, e mi troverà sempre pronto a' suoi ordini.
che insegnano i maestri di spirito giugnerà a purgare la  sua  vita dall' immondezza, essa otterrà ben anco da Dio la
mandato: « Mitte, Domine, quem missurus es »; ma nella  sua  profonda umiltà non pensava a se stesso; anzi quando Iddio
opera la propria condanna, perchè rimane convinto che la  sua  missione non è simile a quella di Cristo, il quale non
di essere da Dio inviato, s' incoraggia nella fede della  sua  parola, e opera animosamente, benchè sempre con timore di
Ogni nazione entra nella Chiesa solo quando è venuta questa  sua  maturanza che l' infinita sapienza di Dio conosce, ma che è
mostruosissima non sarebbe quella di un uomo che, nella  sua  totale ignoranza pretendendo scrutare i decreti di Dio,
ecc.. Ma per adempiere la seconda l' uomo non trova nella  sua  natura alcun mezzo, perchè non è opera umana ma divina; non
dell' uomo col dono ineffabile ed al tutto gratuito della  sua  grazia: la quale egli non suole aggiungere alle imprese di
che egli vi ama più che voi amiate voi stesso, e che la  sua  soavissima Provvidenza dispone ogni avvenimento piccolo e
se ho tardato qualche giorno a rispondere alla gratissima  sua  degli 11 corrente, colpa la mia assenza da Stresa.
da fare loro conoscere prima di tutto la Religione nella  sua  pienezza, e a questa occasione si sventino le calunnie che
semplicemente il fatto, se la Chiesa cattolica e la  sua  dottrina sia quella che dicono gli eretici e gli empi, e su
di vite di virtuosi militari. Ella mi dimanda in fine della  sua  pregiatissima qualche cenno sul modo di educare la numerosa
suo sposo, la venerava, a non dubitarne, come la  sua  Signora, e non vedeva certo in essa la sua soggetta. A chi
come la sua Signora, e non vedeva certo in essa la  sua  soggetta. A chi dunque fu soggetta veramente Maria, se non
dello Sposo celeste, a cui aveva ben di cuore la  sua  sposa ceduta e tutta sacrata. Tant' è lungi adunque che
pur osare di fare un passo innanzi ed offerir l' opera  sua  alla sua dolce regina, la quale da sua parte non cede a
osare di fare un passo innanzi ed offerir l' opera sua alla  sua  dolce regina, la quale da sua parte non cede a nessuno de'
ed offerir l' opera sua alla sua dolce regina, la quale da  sua  parte non cede a nessuno de' mortali, non divide con
che egli descrive e quasi dipinge con sì bei colori di  sua  eloquenza e di sua divozione. D' altra parte il non essere
e quasi dipinge con sì bei colori di sua eloquenza e di  sua  divozione. D' altra parte il non essere egli ecclesiastico
chiamata, altro non può essere stato che un gioco della  sua  fantasia. Spero che ella abbraccierà questo mio ingenuo
il precetto tutto proprio di Cristo, e nuovo nella  sua  bocca divina, quello dell' amor del prossimo. A questo
che continui a scrivere quanto passa nell' anima sua, per  sua  propria edificazione, e per informazione di quelli che la
fino a tanto che Iddio non desse delle prove palmari della  sua  volontà, per esempio, che il Papa gliel' ordinasse; il che
l' olocausto. « « Chi vuol venire dietro di me prenda la  sua  Croce » », e la croce è il supplicio dove Cristo è morto, e
Le ha mandato, privandola della più intima persona di  sua  famiglia che sola Le rimaneva. Il Signore è certo
bisogno, possiamo contemplarla colla speranza nostra nella  sua  altissima felicità e gloria, e compiacercene, ed esultarne
offerta a vantaggio della Signora Contessa, acciocchè sulla  sua  afflizione sparga la grazia, e, buona com' è, vie più la
vece qualche parola almeno in generale, che risponda alla  sua  generale dimanda. La base immobile dell' educazione
si costuma ne' Seminari a' dì nostri; ed io credo che la  sua  penetrazione volesse forse alludere a questo difetto,
della santità sono altrettanti doni del Signore, di cui la  sua  lettera contiene una non dubbia espressione. Voglia Ella
tutto intero il sentimento, che provò in leggendo quella  sua  lettera. Soprattutto il consolò l' intendere ch' Ella
la potestà delle chiavi lasciata da GESU` Cristo alla  sua  Chiesa, e non potè a meno di dire seco stesso: « Sì, il
legati; il che appunto fece colui, nel quale V. R. nella  sua  lettera riconosce che operò lo spirito di verità. Questo
condotto nell' errore colui, di cui Ella parla nella  sua  lettera, ed altri, in cui Ella stessa riconosce l'
del pericoloso stato dell' ottima Signora Marchesa,  sua  madre, e preparato a sentire d' un giorno all' altro il
Gustavo, di cui troppo conosco il tenero cuore. Ed ecco la  sua  lettera, che m' annunzia compiuta la trista aspettazione.
tributo di lagrime alla natura che si risente della grave  sua  perdita; e poi diciamo col più famoso esemplare di
carissimo marchese Gustavo, di cui ho prova nella stessa  sua  lettera: e quanta soavità di conforto non avrà già gustato!
considerando con che pietà la Signora Marchesa compì la  sua  carriera mortale, avendomi il P. Molinari raccontato con
sia della luce men puro: il Signor nostro Gesù Cristo nella  sua  immensa bontà ci ha lasciati anche i mezzi efficaci per
fatta l' egregio Signor Marchese suo Padre, e l' ottima  sua  ava. La prego di presentar loro, come pure al Conte
che vedrò il sig. Newman, che Ella menziona nella venerata  sua  lettera, al ritorno di lui da Roma. Manzoni mi recò la
i loro soggetti alla santità; ma ebbe in pari tempo per  sua  regola e massima fondamentale di considerarsi come
riti orientali, che è il principale oggetto della venerata  sua  lettera, niente affatto dubito di confidare alla sua
sua lettera, niente affatto dubito di confidare alla  sua  prudenza ed amicizia la mia maniera di sentire; ed ecco
della Carità basta il nome che porta a far risposta alla  sua  dimanda, basta il motto che lo caratterizza omnibus omnia .
ch' egli esercita. Onde sarebbe cosa tutta conforme alla  sua  istituzione e al suo spirito che v' avesse, poniamo, un
il movimento italiano sia ordinato da Dio a trionfo della  sua  Chiesa: ma anch' egli è un conflitto de' più opposti
più splendidi trionfi e delle più magnifiche glorie della  sua  Chiesa. Noi, e come cristiani e come italiani e come
[...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.47 Rilevo dalla cara  sua  lettera che il Signore sapientissimo ed ottimo lavora
ad una società, che si prefigge appunto la carità nella  sua  immensa universalità, il precetto di Cristo senza limite
charitas est . » Se a noi fossero palesi i misteri della  sua  misericordia che si nascondono talora fra i più giusti
che fu sempre raccomandato al Signore anche prima della  sua  fine: celebrerò la S. Messa per l' anima sua, e
quelli che portò il calore ed il peso della giornata; e la  sua  dolcissima serenità in sul letto di morte, di cui voi mi
conforto e stimolo acutissimo per imitare i suoi esempi, la  sua  instancabile assiduità nel confessionale e in ogni altro
altro penoso ufficio riguardante la salute delle anime, la  sua  pazienza conosciuta da pochi, ma ben nota a Dio, la
delle sue intenzioni, il fervore del suo zelo, la  sua  carità che il faceva tutto a tutti, la sua profonda umiltà
del suo zelo, la sua carità che il faceva tutto a tutti, la  sua  profonda umiltà e pieno distacco da ogni applauso degli
aiuto che ci prestava quell' operaio, che avendo finita la  sua  giornata entrò nel riposo e nel gaudio del Signore? Sono
volendo Gesù Cristo stesso in via ordinaria, per la  sua  infinita bontà e sapienza, che i Santi apostolici, unendo i
e che così partecipino anch' essi di ogni maniera di  sua  gloria, fatti quasi con esso lui corredentori del mondo.
1.4. Non Le dirò quanto il tenore della venerata  sua  mi abbia fatto arrossire di me medesimo, ma ubbidirò senza
adempia il suo ufficio e corrisponda all' altezza della  sua  missione divina, se, astenendosi dal prender parte in
la Chiesa Romana. Venendo ora all' argomento della prima  sua  lettera, non parmi che Ella bene interpreti le parole di
[...OMISSIS...] 1.49 Ier sera mi fu recata la veneratissima  sua  scrittami per ordine di N. S. il Santo Padre, colla quale
il Santo Padre, colla quale mi dichiarava, che la Santità  Sua  lascia a me la libertà di scegliere il luogo dove dovessi
avendo io mai cercato altro colle mie povere fatiche che la  sua  gloria, il bene della Chiesa e la salute delle anime; e
e questo stesso sentimento me l' ha infuso Egli per pura  sua  bontà. Qualunque decisione poi fosse per emanare dalla
che V. E. Rev.ma mi fa in iscritto e la benedizione che  Sua  Santità mi comparte espressa nella sua lettera mi avvisano
e la benedizione che Sua Santità mi comparte espressa nella  sua  lettera mi avvisano di trattenermi dal venire in persona
che, essendosi radunata in Napoli per espresso comando di  Sua  Santità la Sacra Congregazione dell' Indice, di cui è
viva fede in Dio, il quale dispone ogni cosa pel bene della  sua  Chiesa, e se sarà di sua volontà e di utilità alla Chiesa,
dispone ogni cosa pel bene della sua Chiesa, e se sarà di  sua  volontà e di utilità alla Chiesa, farà indubitatamente
nè immaginare questo orribile caos. Iddio adunque per la  sua  singolare misericordia mi salva ora dal perdermi in un
grazie de' benignissimi conforti che mi dà colla gentile  sua  del 20 pur ora ricevuta. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...]
il Signore mi dona una pace perfetta, e spero nella  sua  misericordia che me ne continuerà il dono, com' io ne lo
non me ne avesse protetto misericordiosamente colla  sua  grazia, e in me sostituito al mio disordine umano il suo
qui: vorrei prima conoscere più esplicitamente la mente di  Sua  Santità. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.49 Consideriamo,
bontà e sapienza il tutto dispone per nostro bene e per la  sua  gloria. Quindi ho benedetto il Signore nella proibizione
mi dimostra in questa occasione, di che mi è testimonio la  sua  letterina. Ho sentito con molto dispiacere, che cotesto
cotesti miei buoni fratelli di S. Zeno: li raccomando alla  sua  amicizia. Quest' anno non potrò vederli, come oltremodo
in Dio, stiamo fermi, come scoglio, nella fiducia della  sua  infinita bontà e provvidenza: sotto le sue ali poniamo noi
allegramente, e senza avvilirci od abbatterci, per la  sua  gloria e pel bene de' nostri fratelli: e questa confidenza
in Dio, che caverà anche da questo, come da ogni cosa la  sua  gloria. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.49 Vi sono
sicuro e consolante. Quando poi il Papa sarà tornato alla  sua  capitale non so quello che sarà di me. Perocchè quantunque
mi rincresca. 1.49 Non ho risposto prima alla dolcissima  sua  lettera piena de' sensi della più vera cristiana amicizia,
sa quando il Santo Padre potrà rientrare con fiducia nella  sua  capitale. Del pari mi danno gran dolore le cose pubbliche
soggiorno che feci presso di lui. Mille ossequi a tutta la  sua  famiglia. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.49 Avrete
dunque il Signore della messe che mandi operai nella messe  sua  » ». Sì certamente sono scarsi ed anzi scarsissimi gli
e gli orecchi del cuore aperti a non perdere sillaba della  sua  istruzione. Perocchè la dottrina celeste è così fatta, che
se Iddio non aprisse loro l' intendimento alla  sua  luce, o la fraintenderebbero, se Iddio non dirigesse al
domani celebrerò la santa Messa in suffragio dell' anima di  sua  madre e la farò suffragare colle orazioni de' miei
letizia possa venire all' uomo dalla condizione della  sua  natura, ma certo da quel Cristo Signore, nel quale siccome
suo regno, riconoscano il valore e la preziosità di tale  sua  grazia, e non la prendano a festa, ma le corrispondano
di pietà. E lo troverà se vince se stesso, se vince la  sua  carnalità superba, colla mortificazione e colla umiltà
insegne del suo invincibile capitano Gesù Cristo, che colla  sua  preziosissima morte ha debellato il diavolo e tutti i suoi
conoscere ed amare questo Signore, e trovar piacere nella  sua  dolcissima conversazione: perocchè in questa maniera non vi
stringetevi al suo patrocinio, ed abbiate viva fede nella  sua  pietosissima intercessione. Spero che dopo qualche tempo mi
al nostro Creatore e Redentore Iddio, è impossibile (colla  sua  grazia) che non sentiamo fiducia e allegrezza infinita, e
Ed ecco che ora lo ricevo, doppiamente caro, dalla  sua  gentilezza, accompagnato da una cortese lettera. E` appunto
mia gratitudine e la stima grande che ho sempre avuta della  sua  persona: un segno più certo Le sia dunque il pensiero che
condizione, che egli, come a termine fisso, volga tutta la  sua  attività a' suoi eterni destini. Non trovo un altro punto
del Salvatore: « « Cercate prima il regno di Dio e la  sua  giustizia, e tutte queste cose vi saranno aggiunte » ». E
quel più alto ordine di cose, ch' Ella m' accenna nella  sua  lettera « aver procurato d' insinuare negli animi senza che
una ragione di più per insistervi. Ecco quanto affido alla  sua  saviezza ed alla sua benevolenza. Il grave argomento che
insistervi. Ecco quanto affido alla sua saviezza ed alla  sua  benevolenza. Il grave argomento che Ella tratta sotto il
segno la testa fredda, e dichiarare in un modo esplicito la  sua  volontà senza parole inutili che dicano di più di quello
pensiamo che abbiamo vicino Iddio che aiuta sempre colla  sua  onnipotenza quelli che confidano in lui, e che operano per
la debita discrezione. Dolcezza , non potendo egli per la  sua  età far uso di molta autorità e rigore, e dovendo pure
che esercitano. [...OMISSIS...] 1.50 Con una veneratissima  sua  lettera del 20 maggio p. p. Vostra Eminenza mi manifestava,
di scrivermi su questo proposito per manifestarmi questa  sua  disposizione, ed insieme farmi conoscere che manderebbe con
p. p. io esprimevo la profonda mia riconoscenza verso  Sua  Santità, e poi, rammentando i diversi atti co' quali avevo
co' quali avevo procurato di soddisfare al volere della  Sua  Santità medesima per quanto aveva potuto conoscerlo,
e in risposta a questa ieri ho ricevuta la veneratissima  sua  del 2. agosto, nella quale, senza far più menzione delle
invece Ella mi dice che: « il desiderio esternatole da  Sua  Santità sarebbe, che io scrivessi un' operetta in
che: « questo passo dovrebbe, a senso dei discorsi di  Sua  Santità, appianarmi la via all' esecuzione di quei disegni,
che « questo passo dovrebbe, a senso dei discorsi di  Sua  Santità, appianarmi la via all' esecuzione di quei disegni,
e al Sommo Pastore della Chiesa. Vostra Em.za in fine alla  sua  lettera mi domanda un esemplare di quello che ho scritto
vi regna libero e potente in ogni parte di essa, in ogni  sua  facoltà, in ogni sua azione, o patisca, od agisca. Voi
potente in ogni parte di essa, in ogni sua facoltà, in ogni  sua  azione, o patisca, od agisca. Voi felice, mia cara
via più spedita di conoscerlo che quella di esercitare la  sua  carità: « Dio è carità, e chi rimane nella carità, in Dio
circospezione, mettendovi il buon garbo, trovandovi la  sua  contentezza, certissima di piacere a Dio. Questa seconda
la sfera del suo ufficio in quanto è lasciato libero alla  sua  discrezione. Prendete anco a considerare un ufficio di
perchè sacrifica il suo amor proprio e sottomette la stessa  sua  ragione ad una ragione superiore, che è quella di Dio onde
Cristo, in una unione la più attuata possibile. Ed Egli per  sua  misericordia ne ha già preparati i mezzi nella sua Chiesa,
Egli per sua misericordia ne ha già preparati i mezzi nella  sua  Chiesa, prima ancora che noi nascessimo o lo sapessimo
contemplando le azioni da lui fatte nel corso della  sua  vita mortale e nella sua preziosissima morte (cose tutte
da lui fatte nel corso della sua vita mortale e nella  sua  preziosissima morte (cose tutte che devono essere familiari
che più gli piace, ed ascoltando con riverenza ed amore la  sua  voce, quando egli parla dentro di noi. Il quarto mezzo è di
ci diriga, e poi che domandiamo a Gesù Cristo il lume della  sua  prudenza, il quale moltiplica i frutti della carità. Un'
le azioni esterne, senza impedire alla potenza suprema la  sua  quiete e il suo riposo in Dio. Onde si legge di certe
e di più soggetto ad ogni peccato, tuttavia Gesù Cristo per  sua  gratuita misericordia lo ha redento, lo salva, e lo riveste
amore, così egli, gli partecipa ancora una parte della  sua  gloria. Ora di nuovo l' uomo deve considerare questa gloria
attribuita, come gloria non sua, ma di Gesù Cristo, che per  sua  misericordia l' ha voluta diffondere anche ai suoi
[...OMISSIS...] 1.50 Ho ricevuto la gratissima  sua  del 20 settembre, ed oggi anche la seconda del 23 detto. Da
data di Caserta 3 luglio 1.49, colla quale rispondevo alla  sua  11 giugno, che mi partecipava la risoluzione da Lei presa
Interpretate bene, riputate all' affetto che ha per voi la  sua  sollecitudine. Badate che qui non ci sia nascosto dell'
quant' è illimitato l' amor di Dio per gli uomini e la  sua  Provvidenza, e l' indifferenza perfetta a tutto ciò, a cui
in tutto, legittimo superiore dei religiosi che sono nella  sua  Diocesi e che hanno il privilegio dell' esenzione,
della natura dell' Istituto, fossero solleciti della  sua  conservazione, come ne sono gli stessi superiori, e non
di un minore. E quindi un Vescovo che non deve amare la  sua  Diocesi particolare più della Chiesa universale, non potrà
vedere di mal occhio che qualche religioso abbandoni la  sua  Diocesi per arrecare un bene maggiore al regno di Dio sopra
di carità, come lo si propose Gesù Cristo nel governo della  sua  Chiesa: « ut fructum plurimum afferatis »; così si
egli si conservi nello spirito della perfezione e nella  sua  propria naturale organizzazione, è un' altra base su cui
bramano da lui, dentro i limiti delle sue forze e della  sua  possibilità; ed anche qui non si potebbe ragionevolmente
[...OMISSIS...] 1.51 Ho letto io stesso con tenerezza la  sua  lettera. Ella si conforti pure nella misericordia di Dio,
e a salvare quell' anima e a santificare Lei e tutta la  sua  famiglia. Le vie del Signore sono ammirabili e superiori al
e non dimenticarci ad un tempo degl' infiniti tesori della  sua  bontà. A questo riflesso costante aggiungiamo le preghiere
gli si può dare più bella gloria, che quella di esaltare la  sua  bontà. Gusta ancora che noi ci accostiamo a lui coll'
cosa di più di speranza. Gesù Cristo ci ha portato la  sua  pace, riposiamo in lui. La ringrazio di tutto ciò che mi
in lui. La ringrazio di tutto ciò che mi scrive nella  sua  lettera, e prego Gesù Cristo stesso a ricompensarla. Colla
lettera, e prego Gesù Cristo stesso a ricompensarla. Colla  sua  saviezza, colla rettitudine delle sue intenzioni potrà
si sente. Ad ogni modo però confido che il Signore nella  sua  misericordia riguarderà piuttosto al mio desiderio di
per ubbidienza o per carità; ed allora egli cava la  sua  gloria anche dalla nostra debolezza, da' nostri errori,
non possono dimettere alcuno se non allorquando la  sua  condotta lo rendesse dannoso al corpo de' suoi fratelli;
colui che viene dimesso, e con essa non si migliora già la  sua  condizione davanti a Dio, qualunque cosa appaia davanti
pensiero di abbandonare l' Istituto, nel quale Iddio, per  sua  misericordia, v' ha fatto la grazia d' entrare; ma di più
che Iddio gli si rivela, e gli fa conoscere e sentire la  sua  potenza e misericordia. Lungi dunque da noi tanta bassezza,
che io differissi finora a riscontrare la pregiatissima  sua  lettera, e mi obbliga al presente di usare della mano di
avesse altro nutrimento, che questo ideale oggetto della  sua  mente. Perchè s' abbia dunque una azione reale sopra di
la casa che sta imaginando e fabbricando solo nella  sua  mente l' architetto, quanto la casa che adorna la piazza
può avere questa percezione compita dell' essere per la  sua  unità moltiplice, cioè perchè egli è uno, e tuttavia
propriamente consiste nella idealità della cosa, non nella  sua  realità . Tuttavia quando ancora si avesse la idea o
di questo che si avesse ancora la percezione della  sua  realità: e questa percezione della cosa sarebbe pur diversa
delle piastrelle di metallo, che ognuna ne coprirebbe la  sua  parte e una porzione della superficie, determinata dalla
quivi apparisce come a ogni nome proprio stia unita una  sua  significazione sempre comune, o sia generale, come, per
questo limita per quell' atto volontariamente l' attenzione  sua  e il significato del vocabolo Bernardo , che per sè dice
sè dice uomo forte . Di che si vede che la lingua, nella  sua  formazione, suppone i seguenti veri che debbono aver
essa quella parte reale che manca nella parola, colla  sua  interiore operazione. Questo secondo vero è di una
è tutto ciò che nella cosa si osserva, fuori che la stessa  sua  realità . Questa realità adunque, essenzialmente fuori
una cosa esiste«, e aver quindi la persuasione della  sua  reale sussistenza, io devo pensare in qualche modo questa
indizio non mi rivelasse nulla della cosa fuor solo la  sua  esistenza. A ragion di esempio, chi mi mostrasse il pugno
di quella causa operante, e che ci fa partecipare di quella  sua  attività stessa colla quale sussiste. Ora questo terzo
l' essere divino e ci convincono insieme la necessità della  sua  sussistenza, non sono già lo stesso essere divino, esse non
di percezione, di soggetto nel giudizio che pronunzia la  sua  esistenza) non può comporsi che dell' essere , e di null'
delle azioni (della pratica). Anche la pratica dunque ha la  sua  teoria, ma non è essa medesima una teoria o sia una
scienza ideale7negativa, com' è il concetto naturale di Dio  sua  base. Ora veniamo a quella che si dice Teologia rivelata .
, perchè s' abbia una Teologia rivelata che per la  sua  materia sia distinta dalla Teologia naturale . E qui
che sulla torre stanno delle campane appese, e sulla  sua  sommità una palla e una croce«. - Il cieco intende
circa la teologia rivelata, relativamente alla parte  sua  materiale . La rivelazione ci narra cose nuove di Dio, cioè
miseramente il tutto a sè stesso, chiudendosi nella  sua  piccola sfera, quando ha una natura creata per non avere
L' Infinito poi volle in quest' atto di fede prestato alla  sua  parola, a questa sua parola misteriosa e inesplicabile,
in quest' atto di fede prestato alla sua parola, a questa  sua  parola misteriosa e inesplicabile, ricevere dall' uomo il
medesime. Or anche questo può esser fatto dalla naturale  sua  facoltà di giudicare e potenza di volere: giacchè la
Non è ancora indicata quella nota che tocca la  sua  essenza, cioè che indica che cosa sia questo essere di
- Quella operazione che l' uomo fa colle forze della  sua  natura, o spontaneamente, o stimolato e mosso da degli
superiore al medesimo, se Dio in una parola entra colla  sua  azione in quest' ordine, con una azione dico di tal fatta
su cui il Cristianesimo stesso si erige come sopra  sua  base, è quel dogma col quale la religione soprannaturale
infinita, posseditrice dell' uomo, la qual signora di  sua  natura v' insinui luce e calore, e non sappiano più credere
da quel sacrosanto segreto dove ha la religione stessa  sua  sede e regio abitacolo: e parlano e pensano i riti del
Dio nell' uomo, colla quale, se l' uomo non resiste colla  sua  mala volontà, viene conferita la grazia della
indelebile , che rende tanto più colpevole e riprovata la  sua  incredulità. Oltracciò, s' egli è stato messo alla grazia,
di questi doni soprannaturali, le quali aggravano la  sua  condanna: traccie che si possono in qualche maniera
egli è evidente che non facciamo consistere la  sua  base in nulla di esteriore all' uomo: ma che poniamo il
le azioni interiori di culto, e perciò queste sono la  sua  base e, se si vuole così, la sua essenza: ma esse azioni
e perciò queste sono la sua base e, se si vuole così, la  sua  essenza: ma esse azioni sono legate necessariamente : 1. ai
l' uomo per natura; e perciò perfeziona l' uomo nella parte  sua  più elevata, sollevandolo via più su. Ma or da questa
ogni ragionamento non è altro, ridotto all' espressione  sua  semplicissima, se non un' applicazione, un uso che fa il
non si dà in lui discorso da una cosa a un' altra; ma la  sua  indole è quella di avere il guardo fisso e immobile sempre
consistendo esso stesso in questa immobilità, per legge di  sua  natura (2). L' azione adunque della grazia nell' anima è
adunque della grazia nell' anima è un' azione nella parte  sua  intellettiva, è l' intelletto che nell' uomo viene
del principio intellettivo fino dai primi istanti della  sua  esistenza. La Religione cristiana suppone che fino da quei
i nostri sentimenti, lascia nei medesimi le reliquie della  sua  reale azione; e da questo residuo di azione reale si deriva
inebria con tutte le sue delizie, li rapisce con tutta la  sua  vaghezza, li incanta, li distrae, li assorbe con tutta la
vaghezza, li incanta, li distrae, li assorbe con tutta la  sua  infinita varietà e fecondità. Tanti beni, tutti sensibili,
della cosa, ma non dà nè pure una vera cognizione della  sua  natura? Come insomma questi due amori, delle creature e del
mozza di quel rispetto che riguarda Iddio, è troncata della  sua  parte capitale, è morta, è nulla per se stessa. Perocchè
fiacco, impossente, reo e nulla trova che il rialzi dalla  sua  fiacchezza e dalla sua reità. Questa autorità e questa
e nulla trova che il rialzi dalla sua fiacchezza e dalla  sua  reità. Questa autorità e questa impotenza delle idee della
deteriora sequor » di Ovidio è un detto reso comune per la  sua  notoria verità; e esprime benissimo [la differenza] fra il
quella causa. Non volle: ma preferì di unire all' uomo la  sua  virtù, come una causa formale ; cioè dispose dare alla
di tutta intera la potenza di sentire, ma ben anco di una  sua  parte: e certo quella parte che cessa, in cessando, non si
il sommo Essere, anche nell' affetto e nelle azioni della  sua  vita, a tutti gli esseri lusinghevoli della terra. Sebbene
infinita, col quale atto se l' uomo non ricalcitra colla  sua  mala volontà (1), conseguitano l' amore, e le operazioni
seguita all' amore. L' uomo non comincia a operare colla  sua  volontà se non al quinto passo, col dare l' assentimento
poi si dice: [...OMISSIS...] S. Giovanni, in un luogo della  sua  prima lettera, riassume questi tre generi di atti, cioè la
sostenuto e avvalorato nelle sue operazioni e nella  sua  aspettazione. Talora questo lume interiore della grazia si
sensitiva non percepiamo punto l' essere , ma una  sua  appartenza, una sua accidentalità, una certa sua azione. Il
non percepiamo punto l' essere , ma una sua appartenza, una  sua  accidentalità, una certa sua azione. Il contrario avviene
, ma una sua appartenza, una sua accidentalità, una certa  sua  azione. Il contrario avviene rispetto a Dio, perchè è
in ischiena ; nell' altra vita poi si percepisce la stessa  sua  faccia , il che forma il lume della gloria. Questa figura è
fare fuori di lui; e non è neppure che Iddio, anche colla  sua  essenza, non si trovi realmente in tutte le creature e
venga proposto. Ora il bene vien proposto all' uomo dalla  sua  cognizione; un bene che conosce, già lo appetisce per
della fede noi percepiamo e sentiamo Dio stesso, e non la  sua  similitudine. Ragione di ciò si è che il vocabolo Dio è
e conchiude che Dio deve agire realmente e colla stessa  sua  sostanza nelle anime loro, e non puramente mediante idee o
aggiunte, è la cosa stessa, il quale origina nella cosa la  sua  propria naturale attività: come sarebbe in un corpo, la sua
sua propria naturale attività: come sarebbe in un corpo, la  sua  forma sostanziale è quella energia onde esso sussiste; come
operante sopra il nostro spirito termina realmente colla  sua  azione nel nostro spirito; sicchè il termine della nostra
spirito; sicchè il termine della nostra passione e della  sua  azione è uno e il medesimo. Indi quella unione , fra il
produce non appartengono a lui, non sono il termine della  sua  attività, come tali. Il termine comune adunque, fra il
oggetto reale, cioè da lui percepito, ha per termine della  sua  operazione l' oggetto stesso e non una qualche sua
della sua operazione l' oggetto stesso e non una qualche  sua  similitudine o idea. Quando io dico: - date anche a me di
ella, sebbene si unisca con uno spirito sensitivo, siccome  sua  forma , tuttavia ella non si mescola punto nè si confonde
cosa stessa. Il celebre cieco di Alessandria, Didimo, nella  sua  grande opera sullo Spirito Santo, esprime questa condizione
ha alcuna mistione o confusione, perchè l' oggetto ha per  sua  propria natura una cotale opposizione al soggetto , che non
fino al contatto; e tuttavia riman sempre distinto, per  sua  natura, dalla materia che suggella. S. Paolo usa di questa
l' oggetto operante (Dio) e noi soggetto che riceviamo la  sua  operazione. E perchè si veda essere mente dei Padri, che
non agisce in altra parte dell' uomo, ma nella essenza  sua  e propriamente nell' intelletto che è l' elemento più
il grado di quella vista dell' essere che ha per  sua  natura, cioè col venirgli mostrato l' essere non più solo
(idealmente), ma terminatamente , col termine della  sua  reale sussistenza (realmente): il che è Dio. Di qui è che
della grazia divina, non è che quella che formava la  sua  natura, ma completata, elevata, mutata nella sostanza
Sicchè Iddio non può informare la nostra mente colla  sua  idea, senza che la informi con sè stesso: a differenza
dà idea pura (positiva), ma si dà solo la percezione della  sua  sostanza. O convien dunque negare all' uomo della grazia
altre cose, ma si bene con sè stesso immediatamente, colla  sua  propria sostanza. S' intenderà chiaramente la ragione di
idea pura positiva, ma che si può dar solo la« immediata  sua  percezione intellettiva«; e che senza di questa l' uomo non
, che hanno la percezione di Dio , che Dio stesso colla  sua  propria sostanza si rende forma oggettiva di esse. Ai Padri
Trinità: perocchè conviene che l' effetto sia simile alla  sua  cagione. E questa è appunto la ragione, che dà S. Tommaso
costituiva il sentimento , e che i corpi non erano che la  sua  materia (2): vidi che l' essere ideale (le idee) costituiva
in ogni essere, induce la conseguenza che ogni essere, di  sua  natura, è buono. « Questi tre [elementi], dice egli, ove
di cose dicono una specie , usando questa parola, che nella  sua  forza etimologica non altro significa se non una vista
fino che noi concepiamo una cosa, concepiamo insieme la  sua  pensabilità, o cognoscibilità (2). Il che dimostra che la
persona, la quale si regge dalla sostanza, sebbene abbia la  sua  base e la sua qualità dalla forma intellettuale7morale, di
si regge dalla sostanza, sebbene abbia la sua base e la  sua  qualità dalla forma intellettuale7morale, di cui è
conoscere il mistero della santissima Trinità di Dio,  sua  causa. Prevedo ciò che [si] risponderà: - Se dall' effetto,
colori per ispiegare qualsiasi fatto della natura giunto a  sua  notizia, sebbene la sola esistenza de' colori fosse la
cavare dal nulla tutto, la sostanza stessa della cosa, la  sua  specie, il suo ordine. Quindi si vede manifesto che se l'
la natura di questo essere è limitata in modo, che per la  sua  limitazione non può ricevere delle relazioni personali a
leggitore (1). Nome proprio di Dio è quello di vita , la  sua  essenza è vita. Non è vera vita ove non è sentimento. Il
Iddio; converrà che anche questo sentimento sia uno nella  sua  essenza, ma trino ne' suoi modi. Tentiamo adunque l'
in noi una luce che trae a sè irresistibilmente colla  sua  bellezza ineffabile la volontà e l' amor nostro, e ci
legge che se l' uomo dovesse dare tutta la sostanza di casa  sua  per l' amore, dispregerebbe quella sostanza per l' amore:
parole di Cristo: « Lo Spirito spira ove vuole: e tu odi la  sua  voce, e non sai onde venga o dove vada« (1) »: il che parmi
persone dalla natura, che avviene nella nostra mente per la  sua  limitazione e perchè imperfettamente conosce quella natura,
nell' opera dell' innalzare l' uomo di grado in grado alla  sua  perfezione e congiungerlo con Dio, tiene un modo tutto
dell' essenza divina consistente nell' essere, della  sua  eternità, infinità, incomprensibilità e inenarrabil
Giudaismo è propriamente l' unità di Dio, la dottrina della  sua  natura e de' suoi attributi (3). Nè per questo egli è men
con ciò a dire che Iddio fece la luce e le cose tutte colla  sua  parola : ma chi può salire tant' alto fino a pensare che
deitriniforme . In quell' antico tempo, per quella grazia  sua  propria, si manifestava nell' uomo una potenza divina che
occultato dietro una parete, fece sentire agli uomini la  sua  voce e comunicò loro le verità della salute. Ciò che dico
si conteneva tutto ciò che spettava al Messia e fino la  sua  divinità era patentemente stata indicata (4). Tuttavia
di quella che descrive Cristo stesso, quando prima della  sua  passione pregò pe' suoi Apostoli e per quelli che avrebbero
formale. Paragona in queste parole Cristo, l' inabitazione  sua  negli eletti all' inabitazione sua nel celeste suo Padre:
Cristo, l' inabitazione sua negli eletti all' inabitazione  sua  nel celeste suo Padre: del che non si può dar maniera più
non nota, non manifesta; ma bensì far loro sentire la  sua  possente e salutifera operazione in essi. Cristo creava in
e nessuna cosa anteponevano a Dio, nessuna posponevano alla  sua  offesa. Ma se tutto questo era Dio che sentivano in esso,
grandezza divina, per esempio, e della perfezione della  sua  giustizia, diviene madre di un sentimento, perchè afforzata
gloria di Cristo non pare dover poter essere se non la  sua  stessa divinità (2). Così pure Cristo del Patriarca Abramo:
Spirito Santo, non già come un' appropriazione, ma come  sua  proprietà, la forza santificatrice (vis santificatrix, «e
la carità, tutto ciò che vi ha di morale insomma, ha la  sua  sede nella volontà (4). Ora lo Spirito Santo è la santità
stesso, perchè privo, come l' abbiamo noi ingenito, di  sua  propria sussistenza. L' Essere reale all' incontro
volontà: allora egli è entrato in NOI, allora mette la  sua  sede nella nostra personalità . Questo è quello che
entrato nell' uomo, sono fuori della porta«: l' uomo è la  sua  volontà, l' uomo è la persona dell' uomo. - Cristo adunque
col prestare orecchio, coll' udire volontariamente la  sua  voce. Quell' udire è già un principio del giudizio pratico,
indicare appunto il buono accoglimento che fa l' uomo colla  sua  volontà al Verbo, quando il Verbo vuole entrare in lui. «
è nella volontà appunto che il divino Spirito esercita la  sua  azione (3), movendola al riconoscimento del Verbo; egli è
egli è manifesto che il Verbo non entra nell' uomo nè vi fa  sua  sede se non per un' azione che convenevolmente allo Spirito
ma per un' operazione reale, per una vera percezione della  sua  sostanza. Usa anco della similitudine dell' unguento che
ed ecco come risponde: « La sapienza, che è dono, ha la  sua  causa, cioè la carità, nella volontà, ma l' essenza l' ha
riflessione, che è bensì intellettiva, ma che dalla volontà  sua  bene inclinata è cagionata e mossa. Abbiamo detto che la
essa degli effetti suoi, dei doni, i quali però non sono la  sua  stessa persona. Dico ancora che, in tal caso, la
ma solo dei7forme ; nè si possono riputare al Verbo come a  sua  propria causa, ma solo a lui attribuire per appropriazione
dietro i quali egli opera e si dirige nel corso della  sua  vita? E anche l' uomo educato alle scienze e dato al
Spirito Santo e a lui si riduce come via a suo termine, a  sua  perfezione: sicchè quel sentimento non ha che a rendersi
non fosse comunicata spiritualmente agli uomini innanzi la  sua  venuta in carne, pare reso manifesto dalle cose dette fin
del Verbo alle anime de' suoi, fatta ancor prima della  sua  morte, veniva comunicata dalla virtù delle sue divine
appunto all' effetto delle sue parole la cognizione  sua  soprannaturale co' discepoli suoi. Dice ancora che la
umanità di Cristo, ma sì bene alla vista interiore della  sua  divinità, perchè non è nel corpo di Cristo visibile
dal Padre, poteva intendersi che non avesse comunicata la  sua  stessa persona, ma solo alcuni lumi e cognizioni. Ma
ricevute dal Padre«, se non tutto il suo essere, tutta la  sua  persona? Or tutte queste parole le ha comunicate a' suoi
le ha comunicate a' suoi discepoli: ha comunicato loro la  sua  persona. Ma a qual fine ha comunicato a' suoi discepoli le
tutte le cose date a lui dal Padre essere dal Padre?«. La  sua  generazione, l' essere generato. Che cosa è« l' essere
uomini, e in sè il Padre: ecco il peculiare ufficio della  sua  grande missione. Viene confermata simigliante
una vita che noi riceviamo da Cristo, come Cristo riceve la  sua  vita dal Padre. Quest' alta e ineffabile comparazione non
nostre forze naturali, ma dalla forza di Cristo che colla  sua  sostanziale presenza opera ineffabilmente in noi e vi
poi sarebbe con essi in altro modo, cioè invisibile o colla  sua  divinità: ma che per questo non sarebbe loro mancata ogni
in essi anche sottratta ai loro occhi corporei la divina  sua  umanità; perchè egli è vivente ed essi pure vivono, cioè
dal Verbo, e solo il termine di questo gaudio, la pienezza  sua  è ciò che costituisce il sentimento dello Spirito nelle
nelle anime. La luce del Verbo fino che non è arrivata alla  sua  pienezza, non costituisce un modo di percepire nuovo nelle
che anche il Figliuolo era chiarificato, giacchè è la  sua  chiarezza [che] fa vedere il Padre. Tuttavia il Figliuolo
essere chiarificato ancora, dimanda che sia completata la  sua  chiarezza appunto perchè sia più e più chiarificato il
te« ». Non dimanda certo questa chiarezza per ragion  sua  o del Padre, dove non ebbe mai adombramento veruno; ma la
altre parole dette da Cristo: « Voi nè avete mai udita la  sua  voce, nè veduta la sua specie« (2) »; quasi dica: non avete
Cristo: « Voi nè avete mai udita la sua voce, nè veduta la  sua  specie« (2) »; quasi dica: non avete udita la sua voce
veduta la sua specie« (2) »; quasi dica: non avete udita la  sua  voce manifestatavi da Mosè e da' Profeti, e molto meno
io. Indi mette fra le male disposizioni a ricevere la  sua  parola il non prestar fede a Mosè, non potendo capire il
di me« (3) ». Fra le buone disposizioni poi a udire la  sua  legge, si è la prima la volontà del bene in generale, l'
. E` forse difficile il conoscere e accertarsi che la  sua  dottrina sia da Dio? No certamente: basta avere una buona
compartito egli a' suoi Apostoli mentre viveva, o dopo la  sua  risurrezione. Egli dice: [...OMISSIS...] . - Questa è la
ci sazia perfettamente, non può essere che sostanziale la  sua  forma. E ora, che ci sazii interamente, è insegnato nel
co' suoi discepoli, neppure nel tempo in cui si operava la  sua  passione e la sua morte; tuttavia descriva quel tempo, come
neppure nel tempo in cui si operava la sua passione e la  sua  morte; tuttavia descriva quel tempo, come tempo di grave
per la diminuzione de' doni e grazie che, togliendosi la  sua  presenza divina, sebbene solo esteriormente, ne proveniva
è di far loro conoscere Iddio Padre; sicchè sul fine della  sua  vita Cristo disse all' eterno Genitore: [...OMISSIS...] .
che egli parlava le cose che udiva dal Padre (.); che la  sua  dottrina non era sua ma di chi l' aveva mandato (9); che il
cose che udiva dal Padre (.); che la sua dottrina non era  sua  ma di chi l' aveva mandato (9); che il vero pane celeste,
essere essenzialmente conoscibile, il Verbo, se non nella  sua  relazione col principio , da cui procede; perocchè la
percepissimo l' essere in quanto è conoscibile , senza la  sua  relazione necessaria coll' essere quale conoscente , noi
incarnasse. E quindi è che Cristo ha potuto applicare alla  sua  incarnazione quelle parole: « Io sono uscito dal Padre e
egli ha potuto esprimere colle stesse espressioni l' eterna  sua  generazione e la sua generazione nel tempo , perchè egli
colle stesse espressioni l' eterna sua generazione e la  sua  generazione nel tempo , perchè egli apparì nel tempo come
perchè viene nell' umanità, opera e si dà a conoscere nella  sua  qualità di eternamente mandato , che equivale al dirsi
fatto via più conoscere lui stesso; venendo, la divina  sua  persona sarebbe stata dallo Spirito chiarificata: cioè le
sublime orazione che fece Cristo nel cenacolo prima della  sua  passione, con quelle parole: « Padre, viene l' ora,
in noi di ministro le veci; ma perchè egli porta nella  sua  propria natura la natura propria degli altri due (1).
per esperienza, immediatamente, per una comunicazione della  sua  propria sostanza fatta a noi. Or questa rivelazione
a giudicare due criteri diversi e opposti, e ognuno ha la  sua  propria sapienza, e l' una non intende l' altra; e per così
è il Verbo di Dio, che si dà loro a percepire mediante una  sua  reale azione che fa in essi. Una parola esprime una sola
di parole; perocchè ella crede di conoscere, per una cotal  sua  presunzione, ma veramente non ha mai conosciuto, non ha mai
siccome cotali piaghe d' Egitto (3). E nel carme della  sua  vita egli dipinge i filosofi e le loro disputazioni, nella
e molto meno a farla intendere. Se il Verbo stesso colla  sua  azione reale non operasse nelle anime, le sole parole
le dispute, le scuole e le biblioteche della terra. La  sua  scienza pertanto di Dio consiste nel fatto , è una
fermo crede di essere savio e di parlare pur anch' egli una  sua  sapienza; e soggiunge alle surriferite parole:
perchè quelle divine cose l' uomo conosca: il perchè la  sua  dottrina chiamala altresì« dottrina di spirito«. Dall'
quale nella mente egli l' ha concepita. Insomma nella mente  sua  egli ha posto una norma precedente, colla quale ha
legge che l' uomo si è formata da sè stesso nella mente  sua  e al rigore di quella emendata. La qual norma è questa:«
e congegnato dal Creatore, perchè ogni essere ha questa  sua  estrinseca limitazione di aver bisogno per esistere e per
questi toglie e rovescia la vera natura dell' uomo e la  sua  dignità«. Vedesi qui il perpetuo vezzo de' protestanti, il
scòrto, acciocchè non faccia mal uso del lume della  sua  ragione. I cattolici non vogliono dir altro, quando
nostro professore? Chi vincerà in questa lotta secondo la  sua  sentenza? Se egli seduto pro tribunali pronunziasse questa
di filosofia razionale? Vuole che il mondo creda alla  sua  parola? Sostituisce adunque l' autorità sua a quella della
creda alla sua parola? Sostituisce adunque l' autorità  sua  a quella della chiesa? In tale alternativa io mi attengo
all' essere affatto gratuita e ignuda di ogni prova la  sua  asserzione, che il sistema de' soprannaturalisti consista
riconoscere in ciascuno un diritto eguale di far uso della  sua  ragione, procederò equamente, ove io stabilirò questo
dice egli medesimo. Or ciò non prova altro, se non che la  sua  opinione è per lui ragione: ma agli altri uomini può esser
il professore razionalista dirà di tenere così, perchè la  sua  ragione gli dà per validi certi particolari suoi argomenti.
retta ragione, si sono conosciute intorno a Dio e alla  sua  volontà, e di conformarle a una tal norma, senza alcuna
sì villanamente li tratta, non dover esser per avventura la  sua  religione razionale molto amica della buona morale nel
cogli uomini, non deferisci al maggiore di te sulla  sua  autorità, senza che possa tu ben vederne ragione? E non
lui conveniente, quanto ella risponda ai nobili voti della  sua  intelligente natura; e se si vuole, questo è un giudicare
riconosce quelle bellezze dipinte e scolpite e quindi è la  sua  intelligenza che gli fa nascere quel diletto. Ma per far
religione, alla quale applicandosi quella regola, come a  sua  materia, quella trova in essa il proprio soddisfacimento,
dalla ragione, i cui decreti si appalesano all' uomo nella  sua  propria coscienza. E quanto più la religione sarà piantata
dell' umana mente, tanto più sperimenterà l' uomo la  sua  benefica virtù nelle varie vicissitudini della vita.« Il
certa, come quella della ragione. Che prove reca di ciò? La  sua  parola? Basterebbe a noi di negare gratuitamente ciò che
gratuitamente ciò che gratuitamente afferma. Certo che la  sua  proposizione non è consentita universalmente dagli uomini:
di sè, diede tali segni e sì palmare dimostrazione della  sua  possanza sulla persuasione dell' uomo? O non anzi si è
nella natura e nell' umana vita: e quindi egli dirà che la  sua  sana ragione condanna a priori tutti i secoli e tutte le
l' inefficacità di una tale ragione, o piuttosto la  sua  funesta efficacia nelle cose dell' umana vita. Una sola
per tutta la terra della religione della Croce, la  sua  conservazione, i suoi mirabili effetti, tutte le
dell' umana facoltà della loquela, e quindi intervenendo la  sua  natura umana, quasi direi, fra gli uomini e il Verbo.
percepisce, questo termine limitato, qualunque sia, della  sua  percezione, non è Dio che sente, perocchè Dio è illimitato
lui e Dio; e sebbene Dio operasse, tuttavia dicesi che la  sua  operazione è mediata, perchè la cosa prossimamente sentita
a quando, siccome una inferma, con frequenti miracoli? - La  sua  sana ragione par che assai poco l' aiuti non solo a
di domandargli argomenti e prodigi in confermazione della  sua  parola: [...OMISSIS...] . Riassumendo in breve e
gli fosse dato di veder l' essere , che diventa in tal modo  sua  forma , ciò che lo adduce al suo più nobile atto. Un Io
che anche nell' essere ideale si trova tutto, e dalla sola  sua  nozione potrebbe dedurre la cognizione di tutte le cose chi
e chiama per necessaria illazione, cioè per intrinseca  sua  esigenza e necessità, l' intero a cui ella si appartiene, e
quella cosa contingente io non faccio che ravvisare nella  sua  azione sopra di me un atto dell' essere che io già conosco;
una cosa qualsiasi, egli è necessario che noi riceviamo la  sua  azione e impressione nel nostro sentimento, ed è questa
per questo solo un' altra potenza, nascendo da questo la  sua  definizione, che essa è la potenza che presiede alla
e viviamo in Dio (1); e che Dio porta tutte le cose colla  sua  parola (2); e che le cose tutte fuori di Dio sono vanità,
ferma negli esseri secondi e in essi talora finisce colla  sua  mente: il che è un dar loro quello che solo a Dio è
le creature. Quindi ebbe sicuramente la profonda  sua  origine l' idolatria della natura e di tutte le cose
giammai la congiunzione reale di quel sommo bene a cui la  sua  volontà è indeclinabilmente volta e nel quale solo può
di quella felicità e tutta quella dignità morale, di cui la  sua  natura è capace, e che però sarebbe stato imperfetto. Indi
sue esigenze e riempita l' immensa capacità della stessa  sua  intelligenza. La grazia perfeziona nell' uomo e compisce l'
di Dio? Qual cosa potrà somigliar a Dio in quanto alla  sua  stessa specie o sostanza? Chi potrà avere qualche cosa di
bisogno di rimettere quasi di bel nuovo la mano all' opera  sua  per t“rne via l' imperfezione. Quindi nel seme è racchiusa
Dio si propose di formar l' uomo a imagine e similitudine  sua  e narrato come lo formasse, soggiunse: « E Iddio creò l'
già contenuta nella parola imagine: e questo che il fece a  sua  imagine il replica due volte, quasi per mostrare che in
la qual solo coll' unirsi col suo Creatore ottiene la  sua  ultima cima e perfezione, e coronata, quasi da Dio,
modo sapiente ed ottimo, perciò non poteva tener l' opera  sua  dentro i termini di un finito e limitato bene; ma doveva
un infinito, sarebbe stata causa dissonante dall' infinita  sua  potenza, sapienza e bontà; e con questo fine, ogni universo
fare altramente, non sarebbe stato il farlo condecente alla  sua  somma bontà, e perciò immensamente diffusiva. Se però era
che fa il Genesi del Creatore che conversa colla  sua  creatura, mostra cosa somigliante a un padre che vive
a un padre che vive dimesticamente in mezzo della  sua  famiglia e tratta con soavità e dignità insieme co' suoi
col mondo e consociato coll' uomo e temperata la maestà  sua  da corporali sembianze, velato l' abisso della sua gloria
maestà sua da corporali sembianze, velato l' abisso della  sua  gloria dentro umili forme; si dava a contemplare dall' uomo
che faceva il Creatore di sè per avvicinarsi alla  sua  creatura e che il rendeva, quasi direbbesi, una parte della
voleva od occultamente od in manifesto modo operava. Questa  sua  sensibile e quasi direi corporal presenza nella natura
dell' Altissimo, una e sempre del medesimo tenore la  sua  sapienza e provvidenza pel bene del genere umano, una
propriamente nell' uomo, se l' uomo, con un assenso della  sua  volontà, non la riceve in sè medesima. Quindi per
venivano perfezionandosi continuamente gli atti della  sua  volontà. Allo sviluppo dell' ordine naturale dell'
bene per tal modo, che questa non potesse ricevere nella  sua  mente maggior lume e evidenza, e farsi continuamente più
Eden, come il Re dell' universo, come quello che colla  sua  maestà rappresentava Iddio, del quale portava l' imagine in
quindi doveva cominciare, e da questo primo fine della  sua  creazione, assai angusto, a dir vero, verso all' immensa
angusto, a dir vero, verso all' immensa capacità della  sua  anima, doveva poi per suo merito sollevarsi di mano in mano
che la meditazione avesse rivelata a se stessa l' immensa  sua  capacità e l' infinito oggetto pel quale solo veramente era
l' uomo vecchio, questo si deve abbandonare alla  sua  distruzione: tutta la speranza sta in un nuovo nascimento,
L' uomo cristiano sa che la terra è maledetta e non è più  sua  abitazione permanente, e deve andar cercandone una futura
da una natura prevaricata: sospira perciò il termine della  sua  peregrinazione, il rompimento de' suoi ceppi per essere con
quelle nelle quali ritrova anche la salute stessa della  sua  porzione corporea, la salvazione di tutto l' uomo. Di
in Adamo fosse fornito di grazia e nell' essenza della  sua  anima Iddio realmente esercitasse una segreta azione,
dell' uomo, non diffondeva però a prima giunta tanto la  sua  virtù per le potenze, in modo da investirne anche il corpo,
morte. L' umanità dunque riassunta e ricostruita dalla  sua  distruzione è simile all' umanità prima rispetto all'
trionfa senza fine nell' uomo nuovo, spiegando tutta la  sua  forza rinnovellatrice: nell' uomo antico Iddio colla grazia
grazia. Quella grazia antica insomma assorbiva bensì colla  sua  vitale virtù ciò che vi aveva di mortale nell' uomo,
la favella, colla qual solo vien tratta all' azione la  sua  potenza di riflettere e di astrarre, e quindi esce in atto
di riflettere e di astrarre, e quindi esce in atto la  sua  libertà, ligata senza di ciò e nulla operante; la qual
natura non guasta sarebbesi mai scontrato a tal bivio nella  sua  vita dove, se avesse voluto seguitare la regola del bene
fosse il migliore, e il maggiore, e il più perfettivo della  sua  natura, così in ordine allo sviluppamento di sue potenze, e
uomo a scegliere il complesso maggiore di beni e la morale  sua  coscienza; perocchè questa gli precetteva di scegliere il
l' appetito sensitivo e la ragione. Perocchè l' appetito di  sua  natura è cieco, e senza previdenza; e la ragione sola mette
pertanto non poteva l' uomo vincere, sempre, colla  sua  volontà ragionevole il torto suggerimento dell' appetito?
de' quali, cioè quello delle cose assenti, potesse colla  sua  virtù equilibrare di continuo la violenza dell' altro, cioè
egli ha positiva cognizione ed esperienza, non poteva la  sua  virtù essere cimentata per modo da tentazione alcuna che
tale stato, nel quale, per la lucidezza e prontezza della  sua  mente, non poteva mai errare il calcolo di ciò che più gli
avrebbe senza dubbio, quasi per un cotal peso di tutta la  sua  natura, cercato di Dio nascosto; egli avrebbe tentato, per
dilettoso e di più solenne poteva desiderare e agognare la  sua  eccellente natura. Nè pur qui adunque, cioè nella sua
la sua eccellente natura. Nè pur qui adunque, cioè nella  sua  relazione col Dio, naturalmente a lui noto, avrebbe l' uomo
gli si ingiunga un sacrifizio di cosa appetita dalla  sua  natura: e non gli sia tuttavia comunicata alcuna grazia
arbitrio a mantenere questo precetto? Certo varrebbe la  sua  ragione a conoscerne l' obbligazione, varrebbe la sua
la sua ragione a conoscerne l' obbligazione, varrebbe la  sua  volontà a volerlo speculativamente: ma avrà eziandio tanta
l' uomo possa vincere colla libera volontà assistita dalla  sua  imaginativa virtù, egli potrà farlo: ma se l' imaginazione
esperimento e quindi inetto a essere rappresentato nella  sua  imaginativa. Un tal bene perfettamente incognito, da lui
o cessazione del bene che sperimenta; tuttavia la  sua  volontà non può punto nè poco far giocare in favore della
l' armi alla difesa. Il che non toglie però punto la  sua  autorità e augusta dignità alla legge divina: nel mentre
e incondizionato, egli è evidente che il prezzo della  sua  esistenza o quello della sua felicità è sempre inferiore al
è evidente che il prezzo della sua esistenza o quello della  sua  felicità è sempre inferiore al prezzo della legge morale il
tuttavia ella si lascia concepire; e la semplice concezione  sua  è sufficiente a poter trarre di ciò la seguente
che era creato in grazia, poteva attingere forze alla  sua  libera volontà per essere compiutamente giusto. In Cristo
a cotal tentazione, alla qual vincer non basti il grado di  sua  libertà naturale: tentazione che, come detto è,
poi questa grazia di Adamo, considerata relativamente alla  sua  efficacità? S. Agostino dice che questa grazia fu un cotal
arbitrio fosse abbandonato a sè solo? No, giacchè aveva in  sua  compagnia la grazia: ma sì bene, secondo la mente del santo
questo uscire della grazia da quello stato di potenza alla  sua  attuale operazione, non era forse mestieri di un nuovo
a Dio occasione di far risplendere tutta la gloria della  sua  possanza e della sua misericordia, facendo sì che nell'
far risplendere tutta la gloria della sua possanza e della  sua  misericordia, facendo sì che nell' uomo infermo e nullo, si
e costanza di virtù che nell' uomo intero e per ogni  sua  parte perfetto. [...OMISSIS...] E non è già che l' impulso
le buone azioni e l' attual volere si attribuisce, è di  sua  natura onnipotente , e non di forze limitate, come la
non sarebbe più retta, perocchè è proprietà necessaria alla  sua  rettitudine che ella non si lasci volgere da alcun altro
un pregio personale del primo uomo, cioè che nobilitava la  sua  persona. E perchè quando alla persona come a causa si può
si fregiava il primo uomo non era solamente un bene della  sua  persona, ella era anche un bene della sua natura. E
un bene della sua persona, ella era anche un bene della  sua  natura. E veramente si consideri ciò che forma la persona e
è mai sempre in una natura intelligente, e che di natura  sua  deve dominare gli altri principii tutti della natura
di corpo, egli ha o acquista un bene di natura: ma la  sua  personalità è ella per questo, necessariamente per questo,
del corpo egli si fosse reso vizioso nello spirito, la  sua  persona avrebbe anzi perduto che guadagnato di perfezione,
egli avrebbe, assolutamente parlando, perfezionata la  sua  persona nel tempo stesso che la sua natura avrebbe
perfezionata la sua persona nel tempo stesso che la  sua  natura avrebbe sofferto. Sebbene adunque non ogni bene
uomo costituita da Dio perfettamente e decorava non meno la  sua  persona che la sua natura. Di che si vedrà ragione per la
Dio perfettamente e decorava non meno la sua persona che la  sua  natura. Di che si vedrà ragione per la quale la morale
uomo era perfettiva, come abbiamo veduto, non pure della  sua  persona, ma ben anco della sua natura (1). Perocchè quella
veduto, non pure della sua persona, ma ben anco della  sua  natura (1). Perocchè quella dignità morale che risiedeva
neppur comunicandosi per la propagazione, scadesse dalla  sua  perfezione in cui il Creatore tenerla voleva, ma che tutta
grazia non è che l' essere stesso mostrato all' uomo nella  sua  reale sussistenza , cioè con un grado di luce nuova e
natura umana è intelligente e animale ad un tempo; e che la  sua  intelligenza è la inferiore di tutte nella gerarchia delle
dirò così, delle sue cognizioni e all' acutezza della  sua  vista spirituale per discernere dentro a esse il divino che
che gli si rivela; ma splendore però che non aggiunge alla  sua  mente percezioni interamente nuove di nature nuove. In
non aveva un mezzo così limitato di perfezionare la  sua  cognizione dell' essere come sono i sensi animali di cui l'
ultimo termine della malizia. Perocchè essendo graduata la  sua  cognizione e rimanendosi ella sempre imperfetta, rimansi
il quale non è mai sommo se non allora che somma sia la  sua  cognizione. Di che avviene che l' uomo stesso, il quale
della natura. Se dunque l' Angelo, col primo uso della  sua  volontà, poteva dare intero compimento alla sua cognizione
uso della sua volontà, poteva dare intero compimento alla  sua  cognizione di Dio, movendo l' intelletto a riguardarne la
guasta: e questo guasto nella natura generata di natura  sua  è morale; e si richiede che Dio per un' azione esterna e
è morale; e si richiede che Dio per un' azione esterna e  sua  propria vi porti riparo, non potendosi più comunicare la
accresciuto il numero de' principii attivi costituenti la  sua  natura; ma solo avrebbero sviluppati e perfezionati questi
manifesta mediante un' osservazione che fa colla solita  sua  acutezza S. Tomaso, cioè: che fra le virtù ve ne hanno di
il credere e lo sperare le cose da Dio rivelateci sulla  sua  parola, sono altrettanti atti morali e meritorii, i quali
il perfezionamento della persona dell' uomo e quello della  sua  natura, egli è però un fatto innegabile e nessun filosofo
dire assolutamente corrotto e disordinato perocchè la  sua  personalità sarebbe sana, e l' IO (1) non ubbidirebbe già,
sana, e l' IO (1) non ubbidirebbe già, ma riterrebbe la  sua  dignità di comandare o almeno di non servire ad altre
che è quanto dire tutto l' uomo, ma sola una parte della  sua  natura. E che s' illudono quindi se si persuadono di
prendere a sviluppare e perfezionare le altre parti di  sua  natura; e solo in fine, accorgendosi e quasi scoprendo in
sviluppamento e perfezionamento delle altre parti della  sua  natura. Imperciocchè in quanto a quello che ci dice circa
porre in esercizio tutti i suoi sensi. Sicchè l' attenzione  sua  è tratta primieramente fuori di sè e volta all' universo
pensare a se stesso, ai suoi atti interni, all' anima  sua  che non cade punto sotto i suoi sensi, se non in un secondo
lasciato all' uomo stesso, nel quale aveva rinserrato la  sua  imagine e similitudine e fornitolo di tutte le facoltà più
all' obbedienza, la quale perfezionare doveva appunto la  sua  persona con un merito morale. Ed è degno di osservazione
della persona, sarebbe stata perchè l' attenzione  sua  e con questa la sua volontà e le sue forze rimanevansi
sarebbe stata perchè l' attenzione sua e con questa la  sua  volontà e le sue forze rimanevansi occupate degli oggetti
occupate degli oggetti esterni sottoposti per natura alla  sua  sensibilità e alla sua contemplazione, a cui la cognizione
esterni sottoposti per natura alla sua sensibilità e alla  sua  contemplazione, a cui la cognizione di sè stesso sarebbe
per merito di fede, a quell' altro che viene sostenendo la  sua  credenza con degli argomenti tratti dalla ragione umana, ed
rimunera o certo che si compiace dell' opera buona della  sua  creatura. In ragione d' esempio: a colui che contempla la
accrescimento pare che sia un cotal effetto naturale della  sua  contemplazione medesima; pare che il conoscere gli cresca
a quest' uomo è diretta più a crescere la perfezione della  sua  volontà che le notizie del suo intelletto. Di che si può
nell' uomo quella grazia che raccende l' amore della  sua  volontà, ella potesse pervenire a segno sì che l' uomo
cotali raggi divini, sicchè per essa si potea travedere la  sua  divina natura. Per questo egli diceva a Filippo: « Filippo,
mostrare agli uomini, se ben disposti fossero stati, la  sua  divinità. Il Creatore adunque conversante in forme
per cenno mio; sebbene tutto ciò che è colligato, di  sua  natura possa disciogliersi. Ma egli non è punto buon
quello che ci narra la cristiana verità, che la prima colla  sua  contemplazione non eccede i confini dell' essere ideale ,
li trova tutti contrariati, illusi, scherniti, e non ha in  sua  mano nè il fuggire i mali, nè il procacciarsi nè anco i
non sopravanza tempo se non per spenderlo nel sudore della  sua  fronte; senonchè questo tempo stesso viene sovente rapito
la morte è una contraddizione col voto e coll' indole della  sua  natura. Chi adunque può giustificare la natura? E se la
O chi la limita nel suo sapere, e nel suo volere, e nella  sua  possa? - Queste interrogazioni resero pensosa tutta l'
le cose che lo circondano, e che acquisti l' arbitrio della  sua  volontà? Come può esser misero colui che nacque ebete di
colui che nacque ebete di mente e non potè mai usare a  sua  voglia le proprie potenze? Come può essere misero anche
cuore gli intima di essere giusto: e una propensione della  sua  natura lo sospinge incessantemente nella ingiustizia.
i suoi pensieri, mette in tumulto i suoi affetti e la  sua  volontà: o non vede più la luce, e va barcolloni per le vie
Aggiungono che Iddio creò il mondo visibile perchè nella  sua  misericordia egli volle dare un mezzo agli spiriti caduti
padre che s' incarnò il primo per venire ad annunziare la  sua  dottrina avanti ben molti secoli. Gli uomini allora vestiti
dire, la stessa ragione dell' uomo, convincendola della  sua  limitazione e della sua impotenza a satisfare alle
dell' uomo, convincendola della sua limitazione e della  sua  impotenza a satisfare alle questioni essenziali che l' uomo
così l' uomo ebbe la materia sulla quale esercitare poi la  sua  meditazione, materia raccomandata troppo bene all'
materia raccomandata troppo bene all' attenzione di  sua  ragione dalla fede medesima che aveva persuaso l' uomo ivi
noi a fondo la natura intima dell' uomo e quella della  sua  moralità: e in nostra ignoranza a giudicare della
di tutte quelle cognizioni intorno all' uomo e alla  sua  dignità o pregio morale che somministra la ragione
poteva esistere nell' uomo fino dai primi momenti di  sua  esistenza e anteriormente al suo libero arbitrio; e che
sarebbe pure un errore a pensare che nei primi momenti di  sua  esistenza l' uomo si trovasse privo dell' intelletto. Ora
potenza di volere nell' uomo fino dai primi momenti della  sua  esistenza, forza è di ammetter pure un primo atto volitivo,
volitivo che costituisce la natura umana e che entra nella  sua  definizione (2), sotto un aspetto si può dire un atto e
ancor concepire la possibilità che la volontà soffra nella  sua  natura una cotale alterazione e disordine dalla parte del
suggestioni, egli par naturale che dovrà fare anche della  sua  volontà un uso torto e sregolato. Come ciò avvenga, io dirò
inclinazione mala nell' uomo fino da' primi istanti della  sua  esistenza, questa inclinazione non nasce da un atto
inclinazione non nasce da un atto sopraveniente della  sua  libertà, ma questa piega è nata in lui anteriormente all'
ma questa piega è nata in lui anteriormente all' uso della  sua  libertà, e all' acquisto delle cognizioni che attinge da'
un peccato che sia nell' uomo fino dai primi momenti della  sua  esistenza deve procedere da un disordine della stessa umana
non anco in quel della grazia. Quindi nel primo uomo per la  sua  stessa costituzione la volontà trovavasi edotta, non solo
ma tratto fuori del suo paesuzzo o fatto discendere dalla  sua  montagna e dai tugurii passato nei palazzi e dalla
uguali e perciò noiose sensazioni. Conciossiachè la volontà  sua  ritiene ancora le brame che in lei sviluppatesi in essa
essendosi Iddio ritirato dall' uomo, non fece più nella  sua  mente quell' azione deiforme che abbiamo di sopra
deiforme che abbiamo di sopra descritta; gli tolse la  sua  grazia, gli sottrasse il senso dell' essere sussistente:
se non se sottrarsi l' oggetto infinito, posto a lei nella  sua  prima costituzione, da dover per inclinazione spontanea
quella parte che più egli vuole. L' energia dunque della  sua  libertà viene dal soggetto immediatamente, e sceglie fra i
di queste potenze reagì sul soggetto stesso e rese la  sua  forza volitiva debole e tarda e comecchessia oltremodo
senso materiale, che ella si persuade di poter riparare la  sua  perdita e felicitarsi, nè ha verun' altra cosa in che
e altri (4), i quali sostengono il peccato originale aver  sua  sede primieramente e propriamente nella potenza della
una stortura della volontà, egli deve nella volontà come in  sua  propria e primitiva sede ritrovarsi: ragione irrefragabile
che il peccato originale tocca la persona, che ha tutta la  sua  proprietà la espressione del Grisostomo che chiama questo
cioè infettare la stessa persona e ricevere da questa la  sua  qualità di vero e formal peccato come da suo primo
colpa (4). Noi abbiamo detto, quando la persona umana colla  sua  volontà è opposta alla legge, allora vi è peccato . Se
in quell' atto; sicchè non è già un atto posteriore alla  sua  esistenza, ma è contemporaneo e congiunto con quell' atto
rivelazione risponde che anche in quel bambino, pur colla  sua  medesima generazione, entrò una infezione segreta e intima
entrò una infezione segreta e intima che pervertì la  sua  morale natura e storse la sua volontà, rendendolo per tal
e intima che pervertì la sua morale natura e storse la  sua  volontà, rendendolo per tal modo di un volere perverso, e
degli interessi parziali, prodigando in servigio di essi la  sua  autorità e potenza che dovrebbe essere riservata solo all'
animale, non abbasserebbe mai sè stesso mendicando la  sua  felicità da questo istinto e nell' interesse di questo
il soggetto, allora per mezzo del soggetto muove a  sua  voglia e turba l' intelligenza (1). Egli è per questo che
lor desiderio, allora si partono da lui e operano senza  sua  dipendenza, rifiutandosi a ogni soggezione. Sicchè o tirino
uomo, ricadono tutti in detrimento e perversione della  sua  volontà , per ciò noi ci tratterremo solo a raccogliere qui
quale era decaduto e nel quale non era in conseguenza di  sua  natura, ma solo in conseguenza di un dono sopraggiunto alla
natura, ma solo in conseguenza di un dono sopraggiunto alla  sua  natura gratuitamente da Dio (4). Nello stesso ordine di
amare che ha l' uomo, o, come è in S. Marco, con tutta la  sua  virtù, la quale risulta dalle forze del cuore, della mente
in amore, e cresce e crescerebbe tuttavia ove anco la vita  sua  fosse lunga come quella de' Patriarchi e più. Or che è ciò?
Iddio per natura, sebbene molti il possano ignorare nella  sua  sostanziale e personale sussistenza (3). Egli pare dunque
uomo si rese impotente a ciò col peccato. Ora egli è dunque  sua  colpa se gli mancano le forze a praticare la virtù
peccato; ma non resta nè meno di essere peccatore nella  sua  origine. E questa risposta credo poter soddisfare a
che qui e ora sia più bene per noi l' azione onesta, che la  sua  contraria: conciossiacchè, come abbiamo veduto, ciò che noi
collo starci aderente all' anima e operante in essa colla  sua  propria sostanza, vi suscita continuamente un sentimento
che consiste principalmente in un continuo passaggio della  sua  attenzione, ossia della sua attività dall' essere reale
in un continuo passaggio della sua attenzione, ossia della  sua  attività dall' essere reale all' ideale e dall' ideale al
abbiam detto più sopra, dalla verità e da Dio, che pur è  sua  vita: e in questo doppio senso giustamente il peccato
altri uomini. Perocchè Iddio conservò per quest' uomo la  sua  provvidenza speciale, o piuttosto specialissima, e così
fine per sè stesso e che chiamava altri in parte di questa  sua  dignità. Ma considerandoli però come peccatori, essi, come
Dio, la quale è eterna, perchè Iddio che la produce colla  sua  azione nell' anima è eterno; ed essendo vita eterna, è sola
di origine, conviene che esponiamo la dottrina della  sua  propagazione. E a tal fine ci è bisogno cominciare dal
cioè che si diede a vedere ad essa natura non solo nella  sua  forma ideale, ma ben ancora nella sua forma reale e
natura non solo nella sua forma ideale, ma ben ancora nella  sua  forma reale e sussistente (3). Ciò è quanto dire che l'
creati, i quali non solo concepiscono l' essere nella  sua  forma ideale e massime in uno stato indeterminato, ma
privo lo spirito umano della percezione dell' essere nella  sua  sussistenza e realità e solo fornito della concezione dell'
ella fu fornita di tutto ciò che appartener potesse alla  sua  natura, e altresì della grazia. E perchè questa grazia nel
come egli non trae punto le obbiezioni che fa alla  sua  sentenza dall' autorità di S. Agostino e degli altri Padri,
Dottore, che è sempre sommamente studioso di conciliare la  sua  dottrina con quella di S. Agostino e dell' antichità
intellettivo non fa uso di alcun organo corporeo alla  sua  operazione; e perciò il corpo non può agir nulla nell'
se non di dichiarare la questione insolubile; e questa  sua  sentenza fermò ogni altra investigazione e fu tenuta per
non il costituirsi un sentimento da sè, a cui è inerente di  sua  natura il principio senziente; non è più difficile il
natura a sola condizione che questa si costituisca nella  sua  parte organica: ed è data perciò a tutti i discendenti del
ma il vede, e per questo ella è così sublime, per questa  sua  congiunzione con un elemento divino, e attribuita a lei,
perfetta, difficil cosa è il pensare che ella, senza alcuna  sua  colpa precedente, sia condannata nel carcere di un corpo
di esso corpo a rendersi fino dal primo momento della  sua  esistenza peccatrice. Io so bene che si suole
ancora che solo supponendo vera la nostra sentenza, prende  sua  forza quella ragione per la quale S. Tommaso risponde alla
ricever possa per eredità il peccato originale. Perocchè la  sua  risposta è questa: [...OMISSIS...] . Ora che cosa è l'
natura (2) fossimo figliuoli d' ira, se l' anima è di  sua  natura creata pura e monda e solo rimane viziata non per la
natura creata pura e monda e solo rimane viziata non per la  sua  origine divina, ma pel corpo nel quale s' introduce o dove
principio generatore, continuamente applicando all' uomo la  sua  dottrina, conchiude con queste parole: « Rimane adunque che
da lui, come si potrà corrompere e perir l' anima che è  sua  propria, senza che egli punto nol senta? Mutar l' anima a
trovato che essa è indivisile dal corpo, che forma la  sua  materia: che la materia del sentire e il principio
il suo corpo; perocchè questo corpo animato continua nella  sua  azione medesima, se egli non si disorganizza e guasta. Egli
Dio immediatamente non solo l' intelletto, ma ben anco la  sua  facoltà di sentire, insomma il principio intelligente e
viziata dal peccato dell' origine, quando l' origine  sua  è purissima? E se vi avesse alcuno a cui piacesse di negare
cioè che gli si dia un termine, il quale sia di natura  sua  indistruttibile e eterno. Perocchè avendo egli questo
altro che un dargli a sentire l' ENTE, il quale è di natura  sua  eterno, immutabile, necessario, universale e fornito di
sè, cioè per l' oggetto a cui è aderente e cui sentendo ha  sua  vita (2). Ed egli, chi ben considera, fu da un consimile
contenuto nella natura umana che va a pervertire colla  sua  azione la volontà, converrà cercare appunto nel nascimento
la corruzione abita ne' primi stami e rudimenti stessi di  sua  natura? E Davidde deplorava di esser stato concepito dalla
E Davidde deplorava di esser stato concepito dalla madre  sua  « nelle iniquità e nei peccati« (4) ». A spiegazione e
questa infezione fa sì che l' uomo nasca guasto nella  sua  parte animale, e ricevendo così un istinto animale
spirito quando, occupandolo di sè tenta di trarlo giù dalla  sua  padronanza e assudditarlosi, egli è manifesto che la
, la quale indica che il soggetto, in luogo di applicare la  sua  forza più lungamente alle cose intellettive, si abbandona
tutto a percepire la materia sensibile e da essa trae la  sua  esistenza: secondo ciò che detto abbiamo più sopra, che il
che Iddio potesse aver permesso al demonio di prendere  sua  sede in quel frutto vietato appunto, e che insieme colle
l' adito nel corpo dell' uomo peccatore e tenerlo come  sua  conquista e passare egli stesso per il mezzo della
dell' uomo, e l' abbiamo fatto ascendere e comunicare la  sua  infezione alle altre potenze più nobili, deturpando
ente: e per ciò all' operazione generativa, che di natura  sua  non avrebbe virtù se non di produrre un animale, tiene
quanto che egli produce nell' uomo uno stimolo che tenta la  sua  volontà, e come priva di aiuto e di forze, qual' è la
di quello cui manca la grazia, la trae agevolmente dalla  sua  e la fa quietarsi nella vita animale e nella carnale
Sebbene adunque il disordine cominci nell' uomo prima della  sua  personalità, tuttavia solo in questa e con questa comincia
col Creatore; e per la stessa ragione questo fatto fu di  sua  natura proprietà della cristiana teologia. Quindi
nelle sue qualità universali e comuni date dalla  sua  natura: laddove la rivelazione e religione cristiana lo
vinse e riparò il peccato originale; avviene che rivolga la  sua  morale predicazione principalmente a indurre e consigliare
a lei appo loro buona raccomandazione e prova efficace di  sua  verità. All' opposto persuasa colla virtù delle sue prove
per molto tempo, acquistandola poi mediante l' uso della  sua  riffessione. 2. Che l' uomo fino dal primo istante del suo
posto, una immoralità si trova nell' uomo fino dalla prima  sua  esistenza, la quale ha ragione di peccato , sebbene non
dimostrare due cose: 1 Come il gran Vescovo di Meaux colla  sua  solida mente giunse a vedere il rapporto strettissimo della
III, 17) ». L' anno di Cristo 9., come pare, dell' età  sua  95, dell' ascensione del S. N. 65, il 1 di Trajano, in
di Paolo e quello stesso, forse, a cui egli invia la terza  sua  lettera «(Athan. in Synops. ; Doroth. et Cod. Ms. sold.) ».
stato spiegato prima da Cristo stesso. Previde Cristo nella  sua  sapienza che la carnalità degli uomini avrebbe, molto tempo
sta, dalla bocca di Cristo; deve però essere uscito dalla  sua  bocca tutto il succo di esso, senza che le nuove fogge ond'
sono permesse da Dio, il quale vi ha posto un limite colla  sua  provvidenza: e quando di due lezioni non si può discernere
« « Nel principio era il Verbo » ». Iddio creatore (la  sua  conoscenza, il suo culto) è il principio della Legge
è il principio della Legge antica; il Verbo incarnato (la  sua  cognizione, imitazione e culto) è il principio della Legge
l' effetto, il mondo, si considera nel primo istante della  sua  esistenza, dicesi creato; se poi si considera negli altri
si considera in relazione col mondo nel primo istante della  sua  sussistenza, dicesi creante; se si considera in relazione
che il Verbo « « porta tutte le cose colla parola della  sua  virtù »(Hebr. I, 3) », cioè con se stesso, e quindi pure il
con esso lui, componendo tutte le cose, sollazzandomi alla  sua  presenza in ogni tempo; sollazzandomi nel globo della
che ha condizione di Verbo e nient' altro, che è Verbo per  sua  essenza, ossia la cui essenza è di esser Verbo ». Una
che l' essere gli conviene in proprio, ossia che la  sua  essenza è l' atto dell' essere; quindi che egli è Dio,
tuttavia la Verità assoluta è una, la quale è Verità per  sua  essenza, cioè è lo stesso Essere divino; per la quale
« parola di Dio », comincia a distinguere nell' uomo la  sua  parola esteriore dalla sua parola interiore significata da
a distinguere nell' uomo la sua parola esteriore dalla  sua  parola interiore significata da quella prima. Poi mostra
non la crea. L' idea è lo stesso essere contemplato nella  sua  essenza, la quale è eterna e quindi sovrumana. Il verbo
Iddio dunque è l' essere per essenza. Ciò che è per  sua  propria essenza, non può non essere intelligibile, perchè
cose. Ora, se quell' essere è per sè intelligibile nella  sua  propria sussistenza, se quell' essere deve apprendersi
affermazione stessa. L' essere adunque sussistente per  sua  essenza, cioè Iddio, non si apprende neppure per un'
divina comprende totalmente se stessa, è di continuo e per  sua  essenza compresa da se stessa. Questa comprensione dell'
ha limitazione di sorta, e quindi è Verbo semplicemente per  sua  essenza, e questo Verbo non può essere che uno (1). Or l'
divina è per sè intesa totalmente; dunque anche la  sua  potenza creatrice è per sè intesa. Ma convien formarsi un
concetto di questa potenza divina, e non confondere la  sua  indole coll' indole della potenza umana che si trasmuta
adunque non poteva avere per fine dell' ultimazione  sua  altro che Dio, cioè la manifestazione della gloria di Dio,
la manifestazione della gloria di Dio, la qual gloria è la  sua  santità e la sua beatitudine, in una parola il suo perfetto
della gloria di Dio, la qual gloria è la sua santità e la  sua  beatitudine, in una parola il suo perfetto ed assoluto
produrre il maggior essere finito possibile colla menoma  sua  azione; di che procede che quest' essere dovesse essere
gli antichi espressero dicendo che « « il bene è di natura  sua  diffusivo »(1) ». Essendo dunque Iddio mosso a creare dall'
unità nel suo fine; 2 che avesse ordine ed unità nella  sua  costituzione e congiunzione fra sè; 3 che vi avesse
quelle leggi sapientissime, secondo le quali opera per  sua  natura l' infinito Creatore. Ora si può dire che egli abbia
creazione tutto ciò che era possibile, salve le leggi della  sua  sapienza e santità. Ancora si obietterà che in tal caso
Rispondesi che la libertà di Dio è perfettissima, perchè la  sua  essenziale santità e sapienza non limitano la sua potenza,
perchè la sua essenziale santità e sapienza non limitano la  sua  potenza, ma la dirigono, e questa è la perfezione
sussistenza, convien che sia determinato dalla sussistenza  sua  propria; la quale sussistenza ha luogo unicamente coll'
un fenomeno. Vero è che talora si trova questo perchè nella  sua  causa sussistente, onde S. Girolamo dice che «logos» indica
avere emesso alcun verbo, come sta nel primo istante della  sua  esistenza. Il Verbo divino è essenziale alla natura divina
il Verbo, giacchè l' essere assoluto, cioè Dio, ha per  sua  propria essenza di dover esistere in tre forme che si
una sintesi per costituire Iddio come oggetto, dico, fra la  sua  essenza e la sua sussistenza, perocchè questa è già per sè
Iddio come oggetto, dico, fra la sua essenza e la  sua  sussistenza, perocchè questa è già per sè oggetto. Onde per
che egli unisce alla sussistenza sta bensì davanti alla  sua  mente, ma non è la sua mente che ha bisogno ella stessa di
sussistenza sta bensì davanti alla sua mente, ma non è la  sua  mente che ha bisogno ella stessa di venire illuminata;
non toglie altronde l' essenza, la quale è identica alla  sua  propria sussistenza, onde egli pronuncia se stesso con se
verbi, perchè egli è un essere limitato escludente dalla  sua  sussistenza tutti gli altri esseri limitati, i quali sono
la possibilità fisica dell' essere finito, e l' atto della  sua  volontà che lo fa sussistere, e quindi la possibilità
e ad un tempo la sussistenza dell' essere finito nella  sua  unità, nel suo ordine che lo renda un tutto solo
la possibilità dell' ente finito che diviene il lume di  sua  ragione; 2 riceve le sussistenze finite ch' egli afferma
e quindi se non amasse l' ente finito che la imita, essendo  sua  proprietà quella d' essere imitabile; onde segue che
da lei amato, e pronunziandolo pone ad un tempo la  sua  essenza determinata e la sua sussistenza. L' essere
pone ad un tempo la sua essenza determinata e la  sua  sussistenza. L' essere intelligente finito è la più nobil
Dio grande e glorioso, ne godessero, e partecipassero della  sua  perfezione e felicità. Ma la manifestazione delle cose
per sè manifesto. Il qual essere, essendo per natura  sua  manifesto, non si dà in altro modo che col manifestarsi.
non conosce per natura il Verbo, non lo percepisce per  sua  natura; e quindi le speculazioni della ragion naturale non
uomo, perchè gli fa sentire e conoscere la deficienza della  sua  natura incapace per sè sola di elevarsi all' unione con
sola di elevarsi all' unione con Dio, e la impotenza della  sua  ragion naturale di raggiungere positivamente l' essere
ideale egli forma per via di diverse operazioni la naturale  sua  scienza. Di poi, che il Padre rivelò a S. Pietro la
avesse vedute e toccate forse le cicatrici gloriose della  sua  passione. Dalle quali cose tutte vogliamo concludere: 1 Che
che è lo stesso spirito di Cristo, essendo l' essere nella  sua  forma morale; importa, quand' è da noi consentito o quando
del Verbo, e quindi a riconoscere, amare ed imitare la  sua  esinanizione, la sua passione, e la gloria veniente da
a riconoscere, amare ed imitare la sua esinanizione, la  sua  passione, e la gloria veniente da questa ultima perfezione
scritture, che contengono la scienza soprannaturale nella  sua  esterna espressione, c' insegnano appunto qual sia il
chiaramente S. Paolo agli Ebrei nelle prime parole della  sua  meravigliosa lettera a loro diretta, che ancor si conserva:
A ciascuna delle quali cose, che ha natura esclusiva e  sua  propria, applicandosi tuttavia l' essere ideale, se n'
mezzi che adoperasse Iddio per condurlo a sè, dove giace la  sua  perfezione e la sua beatitudine; che la rivelazione di Dio
Iddio per condurlo a sè, dove giace la sua perfezione e la  sua  beatitudine; che la rivelazione di Dio si frangesse, per
perhibent de me (1) ». E fu soltanto dopo la gloriosa  sua  risurrezione che a' suoi discepoli diede il conoscimento
creduto a pieno in Cristo glorificato, compiendosi colla  sua  risurrezione le profezie. Passando ora dall' ordine
a Dio tutte le sue azioni, allora tutta la virtù  sua  diviene amore di Dio: questo è il formale della virtù; la
i quattro stemmi di Cristo (1), l' aquila è simbolo della  sua  divinità, e però s' applica all' Evangelista che lo
oggetto divino rivelato, od anche come persona, muove colla  sua  efficacia noi stessi, se non gli contrariamo, ad arrenderci
fontale dell' altre due persone, a cui comunica la stessa  sua  propria natura divina numericamente identica. Perocchè il
e dalla natura del Creatore. Dunque ciò che di natura  sua  è appo Dio deve avere la natura divina, dee esser Dio;
Colui che lo pronuncia. Oltracciò la parola appresso nella  sua  prima istituzione significa vicinanza di luogo, dalla quale
dignità infinita che acquistò la sacratissima umanità dalla  sua  congiunzione personale collo stesso Verbo. Rimane dunque a
suol significare la congiunzione di un accidente colla  sua  sostanza, onde si dice che « il colore è nel corpo », e non
agli uomini. Onde, salendo l' Evangelista colla  sua  mente al di là di tutte le opere esteriori del Verbo, prima
la persona del Verbo, ma dichiara solamente che cosa sia la  sua  natura. Ora che cosa sia la persona del Verbo è dichiarato
continuarsi a ragionare come esce alle opere sue ed alla  sua  manifestazione. Questo epilogo è da lui fatto dicendo: « «
dell' esser del Figliuolo, dovendo passare ad insinuare la  sua  virtù, raccoglie sommariamente epilogando nella quarta
supposito nelle cose corporee è necessario che abbia la  sua  forma, quindi si considera questo come un mezzo alla
Quindi si dice egualmente questa statua sussiste per la  sua  forma, ovvero sussiste per la sua materia. Ora in questi
statua sussiste per la sua forma, ovvero sussiste per la  sua  materia. Ora in questi due ultimi significati la parola per
l' uomo pensa », ovvero che « per la mente o per la scienza  sua  l' uomo compone un libro ». Ma in Dio non v' ha distinzione
essenza, la quale opera. Il dire poi che Iddio opera per la  sua  propria essenza non è un parlare molto proprio, sembrando
che Iddio operante sia qualche cosa di diverso dalla  sua  essenza, ma non contiene errore quando si intenda dire con
per se stesso ». E quando si dice che Dio opera per la  sua  sapienza o per la sua virtù, devesi intendere egualmente
E quando si dice che Dio opera per la sua sapienza o per la  sua  virtù, devesi intendere egualmente che Dio opera per la sua
sua virtù, devesi intendere egualmente che Dio opera per la  sua  essenza, ossia per se stesso, perchè la sapienza e la virtù
se stesso, perchè la sapienza e la virtù di Dio è la stessa  sua  essenza, senza alcuna reale distinzione. Tuttavia se si
perchè queste sono finite, non possono aver esaurita la  sua  sapienza e la sua virtù. Quindi l' uomo argomenta col suo
sono finite, non possono aver esaurita la sua sapienza e la  sua  virtù. Quindi l' uomo argomenta col suo pensare imperfetto
produrre dal nulla il mondo abbia adoperato una parte della  sua  sapienza e della sua virtù, e distingue questa parte della
mondo abbia adoperato una parte della sua sapienza e della  sua  virtù, e distingue questa parte della sapienza e della
parlare esattamente dicendo che Iddio creò il mondo per la  sua  sapienza e per la sua virtù, distinguendo questa sapienza e
che Iddio creò il mondo per la sua sapienza e per la  sua  virtù, distinguendo questa sapienza e virtù parziale e
dalla totale ed infinita sapienza e virtù di Dio che è la  sua  essenza. Ma questo è un pensare imperfetto, come dicevo, è
che il Creatore adoperò nella fabbrica mondiale dalla  sua  essenziale sapienza e virtù, non ha luogo se non
si deve dire che Iddio creando il mondo adoperò tutta la  sua  sapienza e virtù, ma non totalmente, appunto perchè le
pel suo Verbo », s' intende dire che creò il mondo per la  sua  sapienza essenziale, allora non si parla in senso proprio,
oggetto che è ad un tempo soggetto ossia persona nella  sua  stessa oggettività in quanto si sente e vive come oggetto e
fa qualche cosa, egli è uopo che prima la concepisca nella  sua  sapienza, che è la forma e la ragione della cosa da farsi,
ideale di tutte le cose, «to eautu logo», cioè, definitione  sua  omnia complecti, come fra gli altri si esprime Vittorino
l' esemplare del mondo, perchè questo è già contenuto nella  sua  proprietà primordiale di essere la sussistenza divina in
ma contingente, cioè egli non ha la ragione della  sua  realizzazione nel proprio concetto, ossia nella propria
la statua, ma il mezzo col quale la fa è il concetto della  sua  mente, che dirige le sue mani nel martellare il sasso e
di questo fatto della creazione, l' uomo lo ha nella  sua  immaginazione intellettiva. Quando immagina un oggetto
dee sussistere a se stesso e agli altri enti a cui ha per  sua  natura rapporto. Ma in Dio non può esservi imperfezione, e
non sussistesse a se stesso e agli altri enti a' quali per  sua  essenza è legato. Dunque Iddio conviene che abbia questa
creare. Creare dunque è far sì che un oggetto veduto nella  sua  essenza ed immaginato (l' immaginazione intellettiva è
è quella potenza che si sforza di vedere un' essenza nella  sua  realizzazione) esista come soggetto (o come esistente nei
tre persone divine, ma poichè l' essenza, e in questa la  sua  realizzazione, giace nel Verbo, si dice che il Verbo è la
è una partecipazione limitata di essere relativo, che colla  sua  azione non può uscire dai limiti e dalla relatività dell'
l' essere per se stesso, assoluto, infinito, onde l' azione  sua  termina sempre all' essere, non è limitato all' essere
quest' ordine appartiene all' essenza dell' essere nella  sua  forma ideale (1); il bene morale dell' essere è anch' esso
morale dell' essere è anch' esso essere appartenente alla  sua  essenza nella forma morale. Dato dunque che Iddio ami e
voglia l' essere finito, consegue che egli lo voglia nella  sua  maggior quantità. Ma questa esige che si calcoli anche l'
che corrisponde nell' uomo alla volontà. Crea insomma colla  sua  parola, col suo Verbo. Ma una delle differenze massime fra
essere loro; ed aggiunge che le porta colla parola della  sua  virtù, per indicare che anch' egli il Verbo è creatore, e
fuori del Verbo, relativamente poi a Dio ed alla  sua  azione creante nel Verbo. E poichè noi esprime una
Creazione, fa che Iddio ordini il cielo e la terra colla  sua  parola: « « Disse Iddio: sia fatta la luce, e la luce fu
chi fa qualche cosa, conviene che prima la concepisca nella  sua  sapienza che è la forma e la ragione della cosa che si fa,
quello della sussistenza, e materia; e quello della  sua  forma. Ora rispetto alla forma il Padre ed il suo Verbo con
Non già che nel Verbo vi abbia distinzione reale fra la  sua  vita e la sua persona, ma noi siamo obbligati a porre una
nel Verbo vi abbia distinzione reale fra la sua vita e la  sua  persona, ma noi siamo obbligati a porre una distinzione di
ch' egli, avendo in sè vita, potesse comunicare della  sua  vita anche a noi. Ma prima di passare a vedere come il
può dirsi che il sentimento sia la vita in atto, e la  sua  produzione la vita in potenza. Laonde abusivamente si dice
che non è lei, e che a lei manifestandosi si costituisce  sua  forma. Non è così del Verbo divino, dice S. Giovanni,
della materia e dell' idea dell' essere per vivere della  sua  doppia vita sensibile e intelligibile, essa non potrebbe nè
essere annichilata, perchè sarebbe assoluta signora della  sua  propria vita. Ora S. Giovanni ci dice, che questo appunto
Santo: e ciò perchè ciascuna persona concorre in una  sua  propria maniera a porre in atto tali maniere di vita e di
dunque vedere come ciascuna persona divina concorra per  sua  parte a costituire una delle tre vite da noi distinte nell'
anco oggetto inteso e persona, così è per sè amabile nella  sua  intelligibilità, onde è anco per sè amata. Il Padre che
nel Verbo era vita: come ciò si rannodi alla serie della  sua  narrazione. Questa sentenza si rannoda colle precedenti e
abbellito di grazia, e in fine beatificato, ha la  sua  spiegazione compiuta nella vita che è nel Verbo, dalla
la mente. E` puramente un' esistenza terminativa , cioè la  sua  essenza è di essere termine d' un soggetto sensitivo. Nella
vitale, e l' effetto meglio risponderebbe alla natura della  sua  cagione. La vita sensitiva è il sentimento semplice e
d' una luce compiuta, che santifica l' uomo e gli dà la  sua  ultima soprannatural perfezione. Quindi Gesù Cristo disse:
»; e nel Deuteronomio dice Mosè al popolo che « Iddio è la  sua  vita (5) ». Ma quando si tratta della vita7luce degli
l' imagine di Dio è l' oggetto che egli intuisce secondo la  sua  primitiva istituzione (3). Quello che è propriamente
soprannaturale, nè la grazia costituisca un elemento di  sua  natura, nè tampoco un elemento di sua natura intelligente
un elemento di sua natura, nè tampoco un elemento di  sua  natura intelligente fosse una tale congiunzione di lui col
« « Iddio creò l' uomo di terra e lo fece secondo la  sua  imagine. E ancora fece che si convertisse a quella, e
dotati di doni soprannaturali, e di quello che è per natura  sua  soprannaturale, cioè della grazia, di modo che non l' idea
del primo uomo, dalla grazia santificatrice della  sua  volontà. Perocchè il primo è significato in quelle parole:
in quelle parole: « « che fece l' uomo secondo la  sua  imagine » », la quale imagine di Dio, come vedemmo, non è
intendere altramente che della soave inclinazione della  sua  volontà ad amare e ad aderire all' imagine di Dio, secondo
la quale era fatto, cioè al Verbo divino lucente nella  sua  intelligenza, al che fare non trovava ancora alcun ostacolo
peccato nè ricevuto da Dio l' ajuto che poi gli fece della  sua  compagna. Il che è confermato dalle parole, che seguono a
di virtù appartiene ad Adamo dopo il peccato, ma alla prima  sua  istituzione. Egli sembra che per questo appunto l' Apostolo
peccato introdotto da Adamo nel mondo, e a restituire alla  sua  prima origine l' opera di Dio, benchè, in ciò facendo, l'
di una cosa nuova, ma di una vecchia ripristinata nella  sua  condizione primitiva di conoscimento. Il quale conoscimento
ed immortale, come non era impeccabile. Era di natura  sua  corruttibile perchè formato di terra, la quale poteva
annichili nell' umiltà: così in pari tempo usa di tutta la  sua  potenza, non al male, ma al bene, non alla morte, ma alla
opera; ma dandogli la propria vita immortale invece della  sua  mortale. Onde l' umiltà dell' uomo incorporato all'
con gran timor di se stesso di non istaccarsi forse dalla  sua  vita, cioè dallo stesso Signor nostro Gesù Cristo coll'
Adamo, benchè non senza la grazia. Adamo viveva d' una vita  sua  propria, naturale, benchè sublimata da doni soprannaturali.
naturale, benchè sublimata da doni soprannaturali. La  sua  natura era piena e perfetta, e n' aveva tutto il
con cui opera e di cui fa stima che la vita di Cristo. La  sua  vita naturale nulla la stima, e non aspetta da lei quelle
al Verbo, piuttostochè fosse impresso nell' anima  sua  e la dominasse come principio operativo. Con che si
sapienza, che l' uomo stesso divenisse l' autore della  sua  perfezione morale, e quindi lo costituì nell' infimo grado
di beatitudine; nel Cristiano all' incontro la natura umana  sua  propria non ha alcun valore, alcuna virtù, in ordine alla
per cui fu creato. Da questo principio muove S. Paolo nella  sua  meravigliosa lettera ai Romani: [...OMISSIS...] . Dice gli
dalla grazia di Cristo, cattiva l' uomo, lo spoglia della  sua  libertà al bene perfetto: e questo debilitamento o
ricorsi per ajuto, ella avrebbe loro sovvenuto nella  sua  essenziale misericordia. Ma non avendo voluto far questo,
propria natura, e la intera dipendenza di questa natura  sua  dall' Essere Supremo, onde aveva tutto ricevuto, onde tutto
Adamo riconobbe bensì i proprii limiti, ma non la compiuta  sua  dipendenza da Dio, e cercò altrove di completarsi ed
Dio, che avrebbe dovuto perfezionare coll' ubbidienza alla  sua  volontà e quindi coll' umiliarsi. Credette di arrivare alla
fisica come pure l' intellettuale era retta in lui, e la  sua  volontà era fornita di un dono di grazia col quale poteva
per mezzo della fedele ubbidienza che avesse prestato alla  sua  volontà manifestatagli in un precetto positivo. Egli
prime. Questa vita morale viene ricuperata dall' uomo colla  sua  congiunzione a Gesù Cristo, che è il pane disceso dal
dall' uomo, consiste la nuova dignità dell' uomo, la  sua  grandezza, la sua potenza, e il sentimento che noi dicevamo
consiste la nuova dignità dell' uomo, la sua grandezza, la  sua  potenza, e il sentimento che noi dicevamo della magnanimità
chiamò queste stesse a parte della regale e magnifica  sua  eredità. Il terzo sentimento della magnanimità cristiana si
a Cristo, rispetto ai beni umani ed al miglioramento di  sua  condizione, perchè sentendo di posseder Cristo è
loro stato tranquilli. Ma nè pure il cristiano esce dalla  sua  quiete per intraprendere di proprio moto e senza conoscer
e gli manifesterebbe, cogli avvenimenti diretti dalla  sua  Provvidenza e in altri modi altresì, il suo volere. In
di carità non ha limiti. Già egli mandato da Dio sente la  sua  immensa potenza in quel Cristo nel quale opera: egli
uomo nuovo Gesù Cristo, pel quale solo e col quale, siccome  sua  nuova vita, vuole operare e sa di potere. Laonde in questo
dal suo Padre celeste comunichi a noi egli stesso della  sua  gloria, senza che ce la prendiamo noi stessi, che non siamo
lasciare in sè luogo a Cristo; ma Adamo viveva della vita  sua  propria, benchè la sua mente avesse la percezione del
a Cristo; ma Adamo viveva della vita sua propria, benchè la  sua  mente avesse la percezione del Verbo, e secondo quella vita
il principio supremo dell' operare, ossia suscitando per la  sua  congiunzione coll' uomo una nuova attività nell' uomo,
e fatto anch' egli degno della vita di Cristo; ma per la  sua  congiunzione collo spirito incorporato in Cristo, e per l'
L' uomo, acciocchè abbia luogo questa seconda parte della  sua  incorporazione a Cristo, acciocchè questa incorporazione
Nell' adulto però, che è in condizione di operare colla  sua  volontà, quando viene battezzato (giacchè col battesimo,
di cui egli partecipa, e di cui solo tien conto, come  sua  propria vita. La frase poi esse in spiritu, per opposto di
viene avvivato quando è incorporato a Cristo anche colla  sua  volontà, è santo ed immortale. Ma conviene, perchè vi abbia
quando Gesù Cristo si manifesterà a lui nel punto della  sua  morte e nella fine dei secoli. E l' Apostolo aggiunge «
soggettivo, come diremo in appresso, nel quale sta la  sua  vita, e quel sentimento è una partecipazione della vita di
che era quello d' unirsi a lui e così partecipare della  sua  santità e della sua beatitudine; e, reso inutile, l' uomo
unirsi a lui e così partecipare della sua santità e della  sua  beatitudine; e, reso inutile, l' uomo doveva morire,
aveva creato l' uomo così mortale e fragile, com' egli è di  sua  natura, e aveva promesso di renderlo immortale
misericordioso disegno. Egli spiegò dunque il mistero della  sua  eterna volontà cogli avvenimenti. Preservò dal peccato
cotale appendice e finimento, e non da se stesso senza la  sua  connessione naturale del bene morale: era mestieri che
dalla persecuzione che gli sarebbe fatta a cagione della  sua  giustizia odiata dal mondo maligno, che non riconosceva
completiva. Ora questa forma morale è prima di tutto, nella  sua  assoluta ed originale perfezione, come persona, la persona
necessariamente la vita morale, la quale di natura  sua  è eterna. Con che in pari tempo dimostra, quanto il mandato
morale dell' essere), Cristo non prezzò punto la temporale  sua  vita, e si soppose a quella passione che doveva essere l'
a Patre meo (1) ». E che il sacrificio dipendesse dalla  sua  libera volontà era stato già predetto anche da Isaia che
del Padre che il Figliuolo deponga spontaneamente la  sua  vita temporale acciocchè così eserciti la perfezione della
è che amore: il bene eudemonologico qui tiene la naturale  sua  relazione col bene morale; non precede quello, è una
Egli era prima di tutto Dio, era il Verbo che costituiva la  sua  personalità; ma era ad un tempo uomo. E qual uomo era? In
agonia in cui era caduto, dando un ristoro fisico alla  sua  umanità languente acciocchè fosse riserbata al sacrificio
al sacrificio della croce. Onde Cristo morì da parte  sua  due volte: sofferendo prima il supplizio del senso interno,
l' assunzione all' immortalità ed alla gloria divina della  sua  divina umanità. E di questa parte Cristo aveva detto: « Ego
si è l' accontentamento di ogni naturale desiderio della  sua  umanità rispetto agli uomini co' quali ha comune la natura
questa fragile e mortale natura, che pure Iddio come opera  sua  voleva conservata. Aboliva anche il peccato originale, in
in cielo, e di là può render partecipi gli uomini della  sua  gloria, la purgazione dei peccati. Ma non bastava a Cristo
al genere umano, già divenuto preda della morte, la vita  sua  propria: l' affetto, di cui ardeva verso Dio e verso i suoi
Cristo, quale Sposo, celebra colà eterne nozze colla Sposa  sua  la Chiesa in istato di termine, che è la società dei
e mercè de' suoi meriti e ineffabili patimenti senza alcuna  sua  colpa sostenuti, potè dal genere umano cavarsi la Chiesa,
piace, e fra questi eleggere quelli che partecipino della  sua  gloria. « Ascendisti in altum, » avea detto il Salmista, «
glorificato, acciocchè egli potesse far partecipi della  sua  gloria i suoi discepoli. Il ritorno di cui parla Cristo,
i giusti, che in lui credono, e li ammanterà della  sua  propria gloria. Perocchè, dicendo iterum venio et accipiam
lui crede, quando accoglie a sè l' anima sua, e le dà della  sua  vita ammettendola alla visione di Dio. Un terzo ritorno di
di essere esaudito in ogni suo desiderio, pregò mosso dalla  sua  carità per noi, e il priego che manifestava il suo
fosse risorto Cristo, egli non poteva comunicarci di quella  sua  vita gloriosa, e quindi noi non saremmo risorti, ma rimasti
uomo nuovo: il che Cristo fece comunicando all' uomo della  sua  vita nuova ricevuta nella risurrezione. Perocchè l' uomo
che veniva tormentato, nella risurrezione pone ogni  sua  speranza, dicendo che: « Rex mundi defunctos nos pro suis
alcuna riflessione su di se stessa, nè alcuna coscienza, la  sua  condizione si potrebbe rassomigliare ad uno stato di
deposito di abiti rimanenti nell' anima dalla precedente  sua  unione col corpo, che dà a lei un' esistenza intellettiva
Questi credevano che l' anima non soprastesse alla  sua  separazione dal corpo, o piuttosto la negavano (3); e ciò
risorgere, se non avesse in sè una ragione o un germe della  sua  futura palingenesi, troverebbesi in una condizione e stato
deve rimanere in essi una vita eterna, una vita che di  sua  natura non può perire. Onde Cristo assolutamente dice che «
era vivo come Dio ed aveva la podestà di riassumere la  sua  vita umana come aveva avuto la podestà di deporla. Cristo
della vita naturale dell' uomo, tuttavia vivesse l' anima  sua  della vita eucaristica, della qual misteriosa vita forse
e la vita umana che consisteva nella unione dell' anima  sua  sacratissima col suo divinissimo corpo. Ora, quantunque
divinissimo corpo. Ora, quantunque Cristo nel triduo della  sua  morte si trovasse ne' discepoli suoi morto della vita
spirituale di Cristo ancor viatore, qual ebbe prima della  sua  morte, la qual consisteva in una santificazione e
vivente, cioè in una santificazione e divinizzazione della  sua  anima e del suo corpo uniti insieme individuamente, dal che
benchè volle piuttosto contenere questi effetti della  sua  divinità lasciando che il suo corpo e l' anima sua
della sua divinità lasciando che il suo corpo e l' anima  sua  potessero patire, come abbiamo detto, e dividersi per
Santo, e preda del demonio: in Cristo, perchè Cristo per la  sua  magnanimità, come abbiamo detto, volle prendere su di sè la
vita non venne mai meno in Cristo, nè pure nel tempo della  sua  morte e durante la dimora del suo corpo sacratissimo nel
che quel Figliuolo dell' uomo, che Iddio segnò come  sua  proprietà anche morto quant' è alla vita naturale, non può
» Questo pane del Cielo è Gesù Cristo stesso, ma non nella  sua  vita naturale, ma nella sua vita eucaristica. I SS. PP.,
Cristo stesso, ma non nella sua vita naturale, ma nella  sua  vita eucaristica. I SS. PP., che interpretarono questo capo
nuova; la quale rimane anche quando il mondo è morto della  sua  vita naturale, di quella vita che gli venia dalla terra e
fu impetrato da Cristo appresso il Padre e meritato colla  sua  passione e morte, di cui per questo pure è la vivente
perchè egli dura e vive anche quando Cristo è morto nella  sua  umana natura. Alla qual vita nascosta ed eucaristica, che
cum clamore valido et lacrymis offerens, exauditus est pro  sua  reverentia (3). » Ora dalla morte naturale Cristo non fu
in me, non avrà più sete, perchè io gli darò me stesso a  sua  bevanda per guisa ch' egli pure vivrà di quella vita che io
cioè separata dal corpo, che non ritiene altro se non la  sua  propria natura, la quale, abbiam detto, esisterebbe sì ed
l' intuizione dell' essere e certi abiti conservati dalla  sua  precedente unione col corpo; ma non però avrebbe vita, in
in conformità di quella fede. Giunto a questo punto la  sua  salute eterna è assicurata, promettendolo Cristo: « Amen,
comunica agli uomini in forma di cibo: che questo cibo è la  sua  carne: che questa carne sotto forma di pane e di bevanda dà
la vita in se stessi: e che il pane che egli darà è la  sua  carne per la vita del mondo, [...OMISSIS...] ovvero, come
esso loro », per indicare la partecipazione ad essi della  sua  vita eucaristica: il vino eucaristico suppone anche il
in Cristo che non può venir meno giammai, perchè di  sua  natura è eterna. [...OMISSIS...] Questo pane è sempre vivo:
Ego sum panis vitae . » Cristo può esser dunque morto della  sua  vita naturale, ma non della sua vita eucaristica. Questo
esser dunque morto della sua vita naturale, ma non della  sua  vita eucaristica. Questo pane vivo è disceso dal cielo: «
ad avere in se stessi la vita il mangiare la carne  sua  e bere il suo sangue: « Nisi manducaveritis carnem Filii
gli verrà somministrata nella futura al punto della  sua  morte, e così avrà la vita in se stesso: giacchè, come
co' santi che sono in Cielo. Laonde Innocenzo III nella  sua  opera sulla liturgia, venuto a questo passo che incomincia:
osa quasi per riverenza svelarlo; non osa per la profondità  sua  investigarlo: perocchè veramente ella è questa una delle
e si comunica non meno alle membra già partecipi della  sua  gloria che alle membra che ancor vivono di fede sperando!
uomini, e questo alimento fu il pane ed il vino divenuti  sua  carne e suo sangue. E se Cristo glorioso ne partecipa,
persona divina di Cristo reggeva come principio supremo la  sua  natura umana, e nascondeva questa natura umana vivente
cum clamore valido et lacrymis offerens, exauditus est pro  sua  reverentia »(1); » il qual clamore, le quali lagrime non
» volendo dimostrare due cose: che la vita, che sta nella  sua  carne e nel suo sangue, è vita divina; e che questa non si
che promette che non morranno quelli che mangeranno la  sua  carne e il suo sangue ma avranno in sè l' eterna vita, fa
» Ora, se ivi è l' obice del peccato, questo, che di natura  sua  avverrebbe per la forza del Sacramento, non può avvenire,
l' effetto della Santissima Eucaristia, quale essa per  sua  virtù arreca, prescindendo dall' accidentale impedimento
chi ha ricevuto il battesimo colla grazia che di natura  sua  conferisce, questi è già membro vivente del corpo di
tuttavia glie ne danno il diritto ad rem , il quale dopo la  sua  morte lo mette alla partecipazione reale del pane e del
percepisce il Verbo ma vi acconsente e vi aderisce colla  sua  volontà, ancora vivente della vita naturale; 4 la vita
naturale; 4 la vita gloriosa cominciata per Cristo dopo la  sua  risurrezione e completata dopo la sua ascensione al Cielo,
per Cristo dopo la sua risurrezione e completata dopo la  sua  ascensione al Cielo, e che comincierà pel cristiano dopo la
naturale, egli si rimarrebbe morto per sempre: l' anima  sua  cadrebbe in quello stato di tenebre e d' inazione che
uomo, che si fa Cristiano ricevendo il Vangelo, depone ogni  sua  confidenza nella sua vita naturale e corrotta, e si tiene
ricevendo il Vangelo, depone ogni sua confidenza nella  sua  vita naturale e corrotta, e si tiene rispetto a questa per
a sè, com' egli tanto bramava a cagione della generosa  sua  carità, e quindi di fare che l' uomo morto alla vita
grazia, il suo corpo e il suo sangue, e con essi insieme la  sua  anima e la sua divinità, in forma di alimento. E come l'
corpo e il suo sangue, e con essi insieme la sua anima e la  sua  divinità, in forma di alimento. E come l' alimento diviene
nutritiva, non potrebbe rendere il cibo, preso per bocca,  sua  propria carne viva, e suo proprio vivo sangue, e non si
questo pane, benchè l' abbia materialmente ricevuto nella  sua  bocca, e fatto passare pe' suoi visceri. Dice ancora, per
fedele, tosto che sarà spirato e avrà deposto il peso della  sua  carne mortale; e a quella che avverrà nella fine dei secoli
attribuisce altrove alla manducazione ed alla bibita della  sua  carne e del suo sangue; e tuttavia dice che senza di questa
dunque dire che chi ha la fede in Gesù Cristo mangi la  sua  carne e beva il suo sangue: perocchè senza di questo non
onde alla predicazione di Cristo la luce uscente dalla  sua  parola dee essere splenduta altresì a quelli che erano al
appartiene alle sostanze pure che non cadono sotto la  sua  esperienza, se non le analogiche che la propria esperienza
come ha fatto Cristo, la cui carne era innocente e solo per  sua  volontà ebbe condizione mortale e passibile, per aver
non essendo ancor venuto al mondo, non poteva operare colla  sua  umanità divina sulla nostra umanità e comunicarci, coll'
nostra soggettiva, e aggiungerle del suo vigore e della  sua  propria vitalità; perchè la vita si comunica, come si vede
di Cristo, perchè, non essendo ancora venuta al mondo la  sua  reale umanità, non poteva questa agire sull' umanità loro,
soggetto, di quel sentimento immortale ch' egli aveva nella  sua  umanità congiunta ipostaticamente al Verbo, e così
indicata la processione del Verbo dal Padre, ma ben anco la  sua  missione visibile nel mondo e la sua incarnazione, come
Padre, ma ben anco la sua missione visibile nel mondo e la  sua  incarnazione, come dichiarano le parole che vengono
(1). » E l' Apostolo de' Gentili afferma che la  sua  predicazione ha per oggetto « il mistero di Cristo »,
Il che spiega l' Apostolo più ampiamente nella  sua  prima ai Corinti, dove, dopo aver detto che la sapienza di
incarnato così per opera dello Spirito Santo, estese la  sua  unione a tutte le potenze ed alla carne stessa, onde potè
ma in altro modo occulto, per mozioni abituali della  sua  volontà e contemporaneamente alla giustificazione; di
acqua, toccando il corpo di lui che si battezza pella fede  sua  propria o in quella della Chiesa, comunichi la predetta
finalmente la superiore parte dell' uomo, imprimendo nella  sua  mente il Verbo. Ma nell' eucaristico Sacramento il pane ed
dal corpo di Cristo, ma assunto e transustanziato nella  sua  carne e nel suo sangue glorioso. Onde ricevendo questo
l' uomo è posto in comunicazione col Verbo per mezzo della  sua  intelligenza essenziale; per la grazia l' uomo è posto in
posto in comunicazione collo Spirito Santo per mezzo della  sua  volontà essenziale. Essendo aperta, mediante il battesimo,
termine del suo principio senziente, e così la avvivò della  sua  vita, a quel modo come accade nella nutrizione, che il pane
pane che si mangia e il vino che si beve, quand' è, nella  sua  parte nutritiva, assimilato alla nostra carne e al nostro
che non cessò mai in Cristo neppure nel tempo della  sua  morte avvenuta nel suo corpo naturale, come abbiamo di
perocchè Cristo esercitò il suo sacerdozio prima della  sua  morte nell' ultima cena, ed era costituito sacerdote
di Melchisedecco, che offerì pane e vino già prima della  sua  risurrezione gloriosa, e però fin d' allora era costituito
di Cristo è intimamente e individualmente congiunta colla  sua  vita intellettiva, e la persona del Verbo è congiunta con
e tutto ciò, se l' uomo ha una volontà peccatrice, non a  sua  salute, ma a sua condanna. Questo è il primo effetto della
l' uomo ha una volontà peccatrice, non a sua salute, ma a  sua  condanna. Questo è il primo effetto della SS. Eucaristia.
emette in lui lo Spirito Santo, col quale santifica la  sua  volontà, dove giace la personalità dell' uomo, e quindi
dal sentimento di Cristo a noi comunicato s' apprende la  sua  umiltà, che non possono insegnare le parole degli uomini,
una comunicazione, per la quale l' uomo, cogli atti della  sua  volontà stessa, può derivare maggiore o minor copia del
e così il primo va incontro all' anima colla divina  sua  operazione, la quale ne sentirebbe l' effetto quand' anche
nella comunione spirituale è l' anima che cogli atti della  sua  volontà deriva a sè le grazie del sacramentato Signore. E
la vita presente, non si manifesti. Cristo adunque da parte  sua  tiene tutti i fedeli che si comunicano uniti al proprio
errore, deve intendersi come la dichiarò il Sassi nella  sua  Dissertazione. Il corpo di Cristo adunque non può
enti il principio ritrae la determinazione e l' attività  sua  dal termine immanente con cui è legato per sintesi
termine, tuttavia, posto ch' egli esista, ha un' attività  sua  propria colla quale può più o meno aderire al termine. Il
di molti ringraziamenti a V. A. Rev.ma per la veneratissima  sua  dei 26 corrente scritta con quella chiarezza che io sola
non possa aver luogo in Trento, tuttavia confidato nella  sua  bontà non voglio trascurare di umiliare all' A. V. quelle
bisogni della Diocesi, che V. A. sapientemente numera nella  sua  lettera, e al provvedimento de' quali Ella bramerebbe
che l' Istituto della Carità potrebbe benissimo secondo la  sua  natura, essere applicato a provvedere a quei bisogni anche
di ciò procede dall' indole dell' Istituto, il quale nella  sua  origine è lasciato indeterminato, appunto acciocchè i
alla santa Chiesa. Consideri, Altezza, la cosa in tutta la  sua  estensione; consideri quanto sia difficile conservare a
Ma se ad un Vescovo, occupato in tante altre cure della  sua  Diocesi così differenti ed aliene ben sovente dalla vita
della Diocesi l' Istituto rimanesse sacrificato nella  sua  radice. Supponiamo tuttavia che queste mie riflessioni
peggio sarebbe che traviato dal suo cammino, alterato nella  sua  forma, disgregato e discorde ne' suoi membri, diverrebbe
Carità, incontrandosi in un Vescovo il quale avesse qualche  sua  veduta particolare, sebbene santa in sè stessa. Tutti
le abitudini dell' Istituto e fatto un profondo studio di  sua  natura, e sono esclusivamente dedicati alla direzione dell'
di quel paragrafo delle Costituzioni, che V. A. cita nella  sua  lettera: Coadiutoriae vel nullo pacto, vel quam rarissime a
essenziale V. A. mi tocca in sulla fine dell' ossequiata  sua  lettera, cioè l' universalità dell' Istituto. Ma egli
che anche su questo punto mi bisogna di conoscere la chiara  sua  volontà, cioè quello che lo Spirito Santo sarà per
amor proprio. Se consulterete la virtù dell' umiltà nella  sua  intima natura, imparerete anche un' altra cosa, cioè che è
nel bisogno queste forze medesime colla santissima  sua  grazia. Questa riflessione alquanto mi solleva, e mi fa
l' amor vostro coll' uniformarvi di pienissimo cuore alla  sua  adorabile volontà. Non v' ha certamente nulla di più
una sola e semplicissima forza, cioè la verità in tutta la  sua  estensione; intendo dire nella sua forma naturale e
la verità in tutta la sua estensione; intendo dire nella  sua  forma naturale e imperfetta, e nella sua forma
intendo dire nella sua forma naturale e imperfetta, e nella  sua  forma soprannaturale e perfetta. Quest' ultima è la grazia
egli è d' uopo, che l' istitutore non ponga troppo di  sua  confidenza ne' mezzi esterni, e dirò così meccanici, i
grazia . Or quella maniera d' educazione, che mette ogni  sua  confidenza ne' detti mezzi materiali e dispositivi, in modo
alcun vero amore della virtù per sè stessa, per la  sua  ineffabile bellezza e intrinseca giustizia; ma vi produce
e sulle labbra del maestro e nel suo volto e nella  sua  vita. Vi dee essere pure coerenza fra i vari detti dello
l' essenza della bontà e della virtù; e la virtù di natura  sua  è durevole, nè ella perisce col cessare della educazione
i simulacri di essa. Per il che uno scrittore nella  sua  semplicità sapientissima soddisfa appieno, per mio avviso,
invisibilmente, ma mediante un Vicario visibile, dirige la  sua  Chiesa e distribuisce le prove ai suoi servi! Gesù Cristo è
che abita nei nostri tabernacoli, voi dimanderete che la  sua  virtù divina si affretti in soccorso dell' umana debolezza,
Voi credete e fate credere che nella lettera di  Sua  Eminenza il Cardinal Pacca sia proscritta la libertà civile
voi così, non dite appunto quel medesimo che dice nella  sua  lettera il Decano del Sacro Collegio, il Santo Padre
sulla temerità colla quale volevano accorrere alla  sua  difesa: fu un rimprovero ch' egli fece alla loro fede,
non travaglia che per la gloria del Redentore e della  sua  Sposa, che mai da lui si disgiunge. Lavoreremo adunque per
rivoluzioni nelle mani di Dio sieno più o meno utili alla  sua  Chiesa: questa non è opinion condannata: voi siete libero
o caro fratello, che niuno è necessario a Cristo ed alla  sua  Chiesa; e noi sacerdoti, in tempi sì calamitosi, udiamo la
di voi stesso per vestirvi di Gesù Cristo, e della  sua  umiltà, e della sua mortificazione, permettete, che vi
per vestirvi di Gesù Cristo, e della sua umiltà, e della  sua  mortificazione, permettete, che vi stimoli a pensare
ai miei desiderii. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.37 La  sua  lettera mi ha empito di gioia. Sia benedetto quel Signore
non è altro appunto, che la comunicazione del creatore alla  sua  creatura; e allora dice la creatura, maravigliandosi di sè
altro che sentire intimamente e confessare l' infinita  sua  imperfezione e impotenza di rispondere alla legge di
regole e i risultamenti del suo proprio ragionare, prenda a  sua  guida la sola altissima e semplicissima regola della
ed è quello che, venendoci presentato a fare dalla  sua  Provvidenza, non è scelto a nostro, ma a suo arbitrio.
come insegna San Tommaso. Mi è stata carissima la  sua  lettera e l' altra che mi ha scritta, e la prego di
e l' altra che mi ha scritta, e la prego di continuarmi la  sua  cara benevolenza, e comandi a me come ad uno che la stima e
chi ha questa viva fede, ha lo spirito e le parole di  sua  madre la Chiesa, e senz' altro ragionare si persuaderà
ubbidire, che si degnò, non di rado, di manifestare la  sua  approvazione coi miracoli; come accadde nel fatto che vi
che l' uomo fa di se stesso per amor suo, ed a  sua  imitazione, chi non vede che vi è sempre una ragione di
ricomperatasi a prezzo di sangue, è quegli che pensa alla  sua  Chiesa. E Iddio padre e Gesù Cristo suo figlio non elegge
padre e Gesù Cristo suo figlio non elegge alle opere della  sua  gloria in beneficio del mondo e della sua Chiesa, se non di
alle opere della sua gloria in beneficio del mondo e della  sua  Chiesa, se non di quelli che, conformati a Cristo,
del prezioso dono della magnifica « Introduzione » della  sua  « Storia Universale », letta da me e trovata quale mi
pure egli mi è forza ubbidire alla prepotenza che mi usò la  sua  « Introduzione ». Ma pazienza se questa fosse la sola
non mancano di censori numerosissimi, nè saprei dire se la  sua  stessa grand' opera sia stata più onorata dal pubblico
parlano i letterati. Tutta da capo a fondo è religiosa la  sua  « Introduzione », e per entro ad essa lo scrittore non si
Io son certo che le cose da me dette non tolgono all' opera  sua  l' esser un gran monumento dell' italiana letteratura, ed
dire fin qui l' unico nel suo genere. Ella mi conservi la  sua  preziosa amicizia, e mi saluti il veneratissimo nostro don
l' apostolato chi non vuole lasciare le sue reti e la  sua  barca? S. Paolo tremava, non forse predicando agli altri si
da una parte l' insistenza di Dio per fare del bene a me,  sua  povera creatura, e dall' altra non dico la mancanza della
che dirige l' anima sua, non sia degno della piena  sua  confidenza; e però sono intimamente persuaso che la più
ha da far altro che di confondersi nel suo niente, nella  sua  indegnità, accostandosi in pari tempo alla sacra mensa
perchè egli si degnò di riguardare alla bassezza della  sua  serva. Non si tratta qui della questione se siamo degni o
ch' Egli La dispensa così dal patire per aver patito Egli a  sua  vece; giacchè se Gesù Cristo non avesse sborsato per noi
E non dubito ch' Ella lo faccia, che lo farà; e la carità  sua  riuscirà tanto più graziosa agli occhi di Dio, quanto più
che io sappia questa in cui scrivo. [...OMISSIS...] 1.41 La  sua  cara lettera è un pegno di vera cristiana amicizia: uno di
degno delle promesse di Cristo, qual figliuolo devoto della  sua  Chiesa. Da questo Ella conoscerà, che io non posso valutar
sum, sed non in hoc iustificatus sum ». Mi parla nella  sua  lettera di errori di Baio, di Quesnello, di Giansenio, di
egli i suoi servi? non dispone egli forse tutto per la  sua  gloria e pel bene della sua Chiesa? che c' è a temere? gli
dispone egli forse tutto per la sua gloria e pel bene della  sua  Chiesa? che c' è a temere? gli darò io cagione di dirmi: «
dirmi: « modicae fidei, quare dubitasti? » No certo, colla  sua  grazia. E in terra non ha egli il suo Vicario? il Papa non
dunque ciò che avverrà. La S. Sede tutto esaminerà colla  sua  solita posatezza, imparzialità, prudenza e sapienza divina:
e in altro non fondasi affatto che in Dio e nella santa  sua  Chiesa. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.41 Mi consola
nelle circostanze in cui Ella si trova, e che nella  sua  lettera mi descrive. Non è certamente bisogno, che io
vi accorgerete che non si può dire che nostro Signore nella  sua  prima venuta abbia mai operato per vendetta , la quale fu
, la quale fu intieramente da lui riserbata per la seconda  sua  venuta. Egli ha adoperato sempre per carità e per dare a
ingiuria alcuna, senza vendetta, e senza abbandonare la  sua  divina mansuetudine, e per insegnarci che talora conviene
il buon GESU` che vi dia l' interno conoscimento della  sua  profondissima dottrina, tutta d' annegazione, di umiltà e
pel canale de' quali Iddio comunica le sue grazie, e la  sua  volontà; e beati quelli che conoscono il prezzo infinito di
esempi di N. S. GESU` Cristo, e sopratutto illuminato dalla  sua  grazia, sa ben conoscere che nel patimento delle malattie
« Iddio castiga quelli che ama ». Questi so e vedo dalla  sua  lettera che sono i sentimenti da cui Ella è penetrata, e
principio di questa mia, che sento un sincero dolore della  sua  infermità, perchè questo dolore secondo la natura non è
questo suo male sarà una maggior purificazione dell' anima  sua  e un maggior distacco dalle cose di questa terra, un'
ne adonta; ma ascolta anche questi e ci compassiona nella  sua  immensa tenerezza; e o ci fortifica, o a quei bisogni
colla faccia in terra che ella si manifesti a noi colla  sua  luce, e ci avvivi colla sua vita, e si compia in noi da sè
ella si manifesti a noi colla sua luce, e ci avvivi colla  sua  vita, e si compia in noi da sè medesima colla sua efficacia
colla sua vita, e si compia in noi da sè medesima colla  sua  efficacia in noi trasfusa. Per questo dobbiamo essere in
manifesta e spiega in quelli che sono nulla; e la volontà  sua  si rivela e compie in quelli che hanno perduta la volontà
un' occasione maggiore dove spiegare la magnificenza della  sua  carità. E parmi che allora appunto quando siamo e ci
gli possono metter limite, ma anzi dilatano i limiti della  sua  gloria. Teniamoci adunque pur certi, mio caro signore, che
si compiranno: la legge di Dio ha una virtù nascosa: nella  sua  massima semplicità è infinitamente feconda: la Provvidenza
quelli che egli si degna d' impiegare a vantaggio della  sua  Chiesa, li manda, li dirige, li assiste. Beati allora
n' ebbe trovata matura: egli ne volea imbandire la celeste  sua  mensa. Vero è che per noi che l' abbiamo conosciuta e l'
mi trovai sì fattamente legato di stima ad essa per quella  sua  religiosa cordialità, per quel suo candore, per quell'
rettitudine delle sue intenzioni, e in somma per la solida  sua  virtù; che l' annunzio che ella mi dà del gran passo che ha
quella consolazione vera che Ella mi domanda nella  sua  lettera. Quanti motivi non abbiamo, per grazia di Dio, di
motivi non abbiamo, per grazia di Dio, di credere che la  sua  amata sorella or si trovi in uno stato migliore di prima!
migliore di prima! Noi non la troviamo ora più in quella  sua  stanza, in quel suo letticciuolo, accanto al quale
dono conducendola alla Chiesa cattolica, caparra della  sua  predestinazione; ha portato seco una vita immacolata, è
sull' ali dello spirito salissimo sino a lei, infino alla  sua  gloria, infino al suo trionfo, e che colassù, invece di
di un' anima che abbiamo ragione di credere eletta sposa di  sua  Divina Maestà. Egli è vero, che ci si farà innanzi eziandio
ci cadranno piuttosto lagrime di dolce letizia per la  sua  felicità che di dolore per la nostra solitudine. Sarà
quest' autunno; ben prevedendo che in ottobre egli farà la  sua  solita campagna. La prego, mia venerata signora Marchesa,
numero che ci manda il Signore: vedo anche in questo la  sua  sapienza e bontà; l' adoro e ne giubilo. Vi spiegherò
Ma se l' Istituto non fa tutto quello che può da parte  sua  con pazienza longanime per formare quell' aspirante,
delle fatiche, coll' orazione per lui fatta al trono della  sua  Maestà? Perocchè, stiamone certi, Iddio vuole, non che
proponete far voi, una rinunzia totale al mondo e ad ogni  sua  lusinga, un sacrifizio totale di se stesse, per servire
grazia di poter consumare il vostro sacrificio a imitazione  sua  sulla croce santissima della religione, confittavi co' tre
devote le Suore della Provvidenza, v' accoglierà nella  sua  famiglia: la farò pregare anche a questo fine.
e tuttavia per ubbidire a quanto m' ingiunge nella cara  sua  non tralascerò di accennarle, che a mio parere il maggior
della virtù, e di abbassarne l' altezza: privata della  sua  eccellenza non più esige un santo entusiasmo; spoglia della
eccellenza non più esige un santo entusiasmo; spoglia della  sua  maestà non riscuote più ammirazione, nè attira a sè l' uomo
che non tutti coloro i quali avevano preteso trattar la  sua  causa, egli, Lamennais, l'autore delle Parole d'un credente
dee ammettere se non quello che gli dice d' ammettere la  sua  sola ragion naturale, escluso ogni lume soprannaturale. »L'
benchè non espressi, onde il ragionamento trae la  sua  forza, ed a' quali secretamente si riferisce. Veduto che
dottrine, ne' sistemi, nelle volontà; esercitò a lungo la  sua  tendenza di constituirsi in sistema; e dopo sforzi
Chiesa. Gli eretici a lei ribelli scuotono il giogo della  sua  autorità, e rifiutandosi di credere alcune verità da lei
di essi ancor crede, le crede unicamente, perchè alla  sua  propria ragione in quel momento che le crede, sembrano
distruggere ad una ad una queste credenze, secondo che la  sua  ragion naturale ricusa di vederle nel deposito della fede.
ragion naturale che giudica della stessa ispirazione; e la  sua  fallacità si dimostra qui appunto, ch' ella comincia dal
fu precursore, il P. Arduino, discepolo anch' egli alla  sua  volta de' Sociniani, (2) già non più trovarlo nelle
che il re accordasse tanta confidenza a' direttori di  sua  coscienza: ciò mostrava la fede, e la religion sua; e dovea
Agostino Orsi, ne mena alti lamenti nel volume XX della  sua  « Istoria Ecclesiastica (3) », osservando che quegli
a tanti scrittori cattolici della Francia alieni dalla  sua  fazione, dei quali egli pretese avere scoperto e disvelato
docili alla Chiesa, e quella de' manifesti refrattari alla  sua  parola. Che se l' incredulità del secolo, e le gelose sue
nel soggetto a cui aderisce, benchè libera nella prima  sua  causa, Adamo. Ancora, s' ella d' una parte abbatte
di colui che pecca necessariamente perchè trascura per  sua  libera volontà l' orazione che gli darebbe forza ad evitare
in tal caso riconoscerebbero che l' atto peccaminoso nella  sua  causa prossima è necessitato; e quindi che si danno de'
legge naturale e divina, perchè l' appetito naturale può di  sua  natura lecitamente soddisfarsi. Quindi tali teologi
i falsi zelanti, Clemente XI dovette pubblicare la  sua  Bolla, che incomincia « Pastoralis », de' 2. agosto 171.,
finto Eusebio Cristiano che tutti i cattolici sostengono la  sua  opinione (2), egli già dichiara con ciò accatolici quanti
se ben m' intendo; ma solo per la causa di Cristo, della  sua  croce, della sua Chiesa, de' suoi sacramenti, a cui l' uomo
ma solo per la causa di Cristo, della sua croce, della  sua  Chiesa, de' suoi sacramenti, a cui l' uomo inimico sempre
specialmente (che per brevità d' or innanzi citeremo colla  sua  prima lettera C) sospende quasi sull' eculeo il lettore;
dire libero , e viceversa. Compiacendosi quindi di questa  sua  bell' INVENZIONE, scorrazza e trionfa a sua posta per molte
di questa sua bell' INVENZIONE, scorrazza e trionfa a  sua  posta per molte faccie del suo articolo! (2) Dopo aver così
non significa altro che libero; e si persuade che la  sua  dimostrazione sia pienissima coll' arrecare qualche dozzina
necessità: il qual solo esempio rende inutile affatto la  sua  fatica materiale di razzolare da' teologi e fin dagli
ch' io stimo, che il bambino fino da' primi tempi di  sua  esistenza conosce e vuole la madre, conosce e vuole il
riferendosi tutta la legge morale obbligatoria, scopo della  sua  trattazione (3). 5 Reca alcuni passi di Luterani,
altre terribile a' tempi nostri, il pelagianismo cioè, e la  sua  necessaria prole, il razionalismo? Certo il pretendere o l'
solenne trionfo a ribenedire quella terra; e la pastorale  sua  verga inaridita, rigermogliando, di freschi fiori, con bel
in lui senza ch' egli s' opponga al medesimo con un atto di  sua  volontà: quest' è l' error condannato. E` sempre l' errore
di colpa, la quale non può stare senza riferirsi alla  sua  causa, soggiunge: [...OMISSIS...] . Ecco attribuito di
dic' egli, le penalità a noi applicate non avrebbero la  sua  ragione, non bastando che Adamo abbia peccato, se non
che fa quindi S. Agostino, che dee esser minima altresì la  sua  pena (3). Se al bambino fosse applicata la colpa d' Adamo,
ma nol fece per giusto gastigo (oltre la gloria della  sua  misericordia, che ne volea trarre per la redenzione). Or
al colpevole Adamo ch' egli fosse lasciato col guasto di  sua  natura: questo guasto di sua natura, giustamente
fosse lasciato col guasto di sua natura: questo guasto di  sua  natura, giustamente lasciatogli, si propagò ne' posteri,
operar, non essendoci; ma è la pena d' Adamo, effetto della  sua  colpa, che in lui generante rimase; cioè, è il guasto
che in lui generante rimase; cioè, è il guasto fisico di  sua  natura, che comunicò generando alla stirpe e con esso surse
tuttavia tra loro quell' ordine, che l' Apostolo nella  sua  lettera a' Romani accuratamente descrive dicendo:
distinguere. O questa facoltà si considera nella suprema  sua  parte; (cui per distinguere da ogni altra attività, il
abituale, simile a quello che rimase in Adamo dopo la  sua  prevaricazione. Affine dunque di conoscere qual sia il
suscitò Adamo in se stesso e che rimase in lui fino alla  sua  conversione, spogliò l' uomo della santità e della
cessandogli quella cosa che più di tutti è necessaria alla  sua  costituzione. Ma non così può dirsi della mera privazione
anche priva della grazia, può avere tutto ciò che esige la  sua  natura, ed altresì la vita sua propria e la perfezione
avere tutto ciò che esige la sua natura, ed altresì la vita  sua  propria e la perfezione naturale, come decise la Chiesa
natura umana senza la grazia sia mancante di una cosa alla  sua  costituzione o natural vita e perfezione necessaria;
in braccio del demonio possa godersi tuttavia, morendo, una  sua  natural beatitudine. Direte voi dunque di no: non vi resta
senza sapere o volere mettere in armonia le forze della  sua  ragione con quelle del suo senso, da dover quelle comandare
solo inverso all' uomo che non sa dar loro la piena  sua  persuasione pel vacillare della riflessione e per debolezza
ad essa, come a ragione alta e spirituale, l' intera  sua  persuasione. Ora le prove di tal indole riescono
amor naturale di Dio così facile e perfetto; perchè la  sua  volontà è moralmente piagata, [...OMISSIS...] . Quindi la
dell' umana natura (2). Questa natura così scema d' una  sua  parte, si dee chiamar viziata e peccatrice, perchè non si
perchè l' uomo in essa costituito non si leva a Dio colla  sua  volontà impotente; ma perchè è lontano dalla sua ultima
Dio colla sua volontà impotente; ma perchè è lontano dalla  sua  ultima possibile perfezione alla quale non si solleva che a
e in virtù di questo decreto le è dovuta. Or Adamo colla  sua  prevaricazione spogliò la natura umana di questa grazia per
acconsentì punto al peccato del padre. Nacque nella  sua  persona innocente, senza difetto alcuno nella sua natura;
nella sua persona innocente, senza difetto alcuno nella  sua  natura; ma nacque privo di ciò che la sua natura non
alcuno nella sua natura; ma nacque privo di ciò che la  sua  natura non esigeva, e che non dipendeva da lui l' avere o
cioè da persone, che l' assicurano in pari tempo che la  sua  natura è in tutte le sue parti perfetta ed immacolata, non
le sue parti perfetta ed immacolata, non punto obliqua la  sua  volontà, che non ha altro in somma, che quella necessaria
di dargli de' doni maggiori di quelli che non esiga la  sua  natura, e non glieli diede a cagione che suo padre impedì
formale in chi nasce da Adamo senz' alcun difetto nella  sua  volontà naturale; questo non s' accorderà mai colla ragione
ma guasta di più la natura dell' uomo nella parte  sua  più eccellente, la parte morale. S. Tommaso dimanda, perchè
E` il più elevato principio, che sia nell' uomo, la  sua  volontà suprema. Indi la prima parte della giustizia
cioè la sommissione della mente a Dio, era per essenza  sua  personale. Egli è di qui che s' intende ragione, perchè,
generazione . La caduta d' Adamo il corruppe nella parte  sua  superiore che è la volontà, e nella parte sua inferiore che
nella parte sua superiore che è la volontà, e nella parte  sua  inferiore che è principalmente la facoltà generativa. La
prevaricatrice d' Adamo, nè tampoco l' esser formato della  sua  carne: no, questo non basta; conviene che c' entri la forza
registrandole per ordine, e soggiungendo a ciascuna la  sua  risposta. Obbiezione 1 E` vero che S. Tommaso dice che all'
col quale potrebbe Iddio creare l' uomo, lasciandolo alla  sua  condizione naturale; egli parla al modo stesso come parlò
Se S. Tommaso concede, che l' uomo lasciato alla natural  sua  condizione sentirebbe la pugna della carne colla mente
solo è spogliato della grazia, ma è ferito moralmente nella  sua  stessa natura; e questo è provato coll' autorità di S.
le obbiezioni che si potevano fare per eludere l' autorità  sua  di tanto peso nella cristiana teologia. Ma per soprappiù
abbandonare un uomo da lui creato, ciò sconvenendo alla  sua  infinita bontà e santità. La seconda necessità è quella che
si tiene che l' uomo anche naturalmente, supposta la natura  sua  perfetta nell' ordine naturale, dovesse avere un libero
pura dell' uomo? Sarà dunque l' uomo, per condizione di  sua  natura, venduto al peccato, sotto il dominio del peccato
apostolo, che dice, non solo aver Gesù Cristo condotta  sua  schiava la schiavitù, cioè gli schiavi del demonio da lui
è conveniente alla somma generosità di Cristo, ed alla  sua  gloria. Questa felicità dunque gratuitamente loro largita
necessarii. Questo male morale necessario viene nella  sua  origine rimota da un atto di libera volontà commesso dal
dal primo padre: dunque il male morale è necessario nella  sua  prossima cagione, ma ha in pari tempo per cagione rimota
ci faremo ad esaminare di nuovo la questione in tutta la  sua  generalità. Due sono i principali errori de' calvinisti e
la volontà umana in sè stessa, e cercheremo se per  sua  natura questa volontà abbia i detti due modi di operare e
teologi cattolici e de' filosofi. Che la volontà dunque di  sua  natura abbia i due detti modi di operare il volontario ed
S. Tommaso dopo aver parlato del peccato semplice e della  sua  deformità intrinseca dicendo, che ella consiste nel deviare
ragione che prova l' esistenza d' un male morale nella  sua  causa attuale ed instante necessario, benchè libero nella
uomo fa per necessità è un attuale deordinazione della  sua  volontà; o no. Nel primo caso c' è un nuovo male morale in
e volere anche un ubbriaco; questi disordinerebbero la  sua  volontà, benchè fosse trascinata a ciò dalla passione,
che fa, chè anche un ubbriaco può conoscere e volere: la  sua  volontà riceverebbe un nuovo male morale: e male morale
s' accorda ugualmente avervi un male morale, nella  sua  causa prossima ed attuale necessario. VIII Si dimostra la
v' ha dunque un opus malum , il quale benchè ex natura  sua  sia malvagio; tuttavia non è demeritorio, provenendo il
ha medesimamente un opus bonum , il quale benchè ex natura  sua  sia buono, tuttavia non è meritorio, provenendo di nuovo il
perocchè trattasi qui d' opere umane, d' opere ex  sua  natura buone e cattive moralmente, non già fisicamente: chè
sia moralmente malvagia, basta ch' ella sia tale di  sua  natura; e perciò volontaria; come a fare ch' ella sia
ch' ella sia moralmente buona, basta che sia ancora tale di  sua  natura, e perciò all' uomo volontaria. Ma non basta già
e condizioni necessarie, non dipendenti da se, o dalla  sua  libertà. Onde S. Tommaso colla sua solita veduta
da se, o dalla sua libertà. Onde S. Tommaso colla  sua  solita veduta filosofica, applica al disordine della
o buono secondo che è diritto o torto in verso alla regola  sua  che lo dirige al fine. Non entra per nulla la libertà
Ma, stabilito così da S. Tommaso in un articolo della  sua  « Somma », che il peccato della volontà sta nella
dell' uomo stesso, per quella forza che si giace nella  sua  volontà come volontà, e la libertà; e non della volontà
per accidente avvenga poi altrimenti, perdendo l' uomo la  sua  signoria e libertà, o mancandogli le condizioni richieste
pone il principio, che [...OMISSIS...] ossia soggetto alla  sua  libertà. Ciò posto, raccoglie in questo modo: 1 l' atto
umana vita: [...OMISSIS...] ; 2 ma l' atto volontario di  sua  natura è nato ad essere in potere dell' uomo,
che è disordine dell' uomo, in quanto è uomo, in quanto la  sua  volontà è una natura avente le sue proprie leggi; l' altro
malo libero è deformata la libertà, e s' imputa perchè la  sua  libertà n' è la causa) (2). Si riconosce adunque e si
è disordinato e guasto nel suo principio supremo, qual è la  sua  volontà personale, benchè ciò non sia opera della sua
è la sua volontà personale, benchè ciò non sia opera della  sua  stessa libertà, egli non può a meno di averne qualche pena
se vuol donar questa e quella, informando la volontà della  sua  creatura pienamente di se, senza lasciargli nè pure la
lo Suarez scrive: [...OMISSIS...] , e come fece con MARIA  sua  madre. Il che tutto dimostra darsi una moralità necessaria
indubitatamente anche nell' abito , che è cosa di natura  sua  necessaria, e ha la sequela del male e del bene
in generale, che v' abbia realmente un male morale, nella  sua  causa prossima e nel suo soggetto (la volontà),
male morale, consistente in un' avversione a Dio della  sua  volontà, la qual volontà si mette colla stessa generazione
umana: [...OMISSIS...] . Tutto il genere umano dunque, di  sua  natura, e senza la grazia di Cristo, soggiace ad un MALE
benchè libero nella causa remota (6); male che di  sua  natura lo perde eternamente, se Cristo non entra a
l' uman genere soggiace dall' origine sua, trae seco, di  sua  natura, cioè prescindendo dalla virtù di Cristo che accorre
a Dio, o la salute eterna (1), e nè pur muoversi colla  sua  sola libera volontà verso quella giustizia che è tale agli
Che Iddio non è obbligato per titolo di giustizia a dare la  sua  grazia a nessuno, sicchè qualor anco tutto il genere umano
sieno i giudizi di Dio, sono giusti, anche se l' altezza di  sua  giustizia fosse a noi del tutto inintelligibile,
fondamento, che qualor anco Iddio non desse ad un uomo la  sua  grazia, e così costui perisse necessariamente, o pel solo
d' Adamo e quindi peccator per natura, il dono della  sua  grazia. Questi ed avrà l' originale infezione sopra di sè,
con giustizia lasciare anche tutto il genere umano nella  sua  propria naturale e NECESSARIA perdizione (benchè l' umano
esposto al raggio solare); ed è pur di fede, ch' ella è  sua  pura GRATUITA MISERICORDIA, se anco a un sol uomo accordi
di fede che tanta è la bontà di lui, ch' egli colla volontà  sua  antecedente e condizionata, ma verissima e sincerissima,
quanto indi dovea ricevere di splendore maggiore la  sua  misericordia, e quanto dovea crescere nel cuore de' suoi
cuore de' suoi eletti la riconoscenza e la gratitudine di  sua  carità e la materia quindi alle lodi che gli avrebbero in
in quella vece, esser certo che VII Iddio, considerata la  sua  potenza, poteva, senza trovar ostacolo da parte degli
gli uomini salvi; nè tuttavia egli volle; ma preferì nella  sua  sapienza e bontà, di salvare alcuni fra rei per gratuita
Cristo a tutti fu applicato col battesimo il merito della  sua  passione, come dichiarò il Concilio di Trento,
ad altri; così non si può provare che sia contrario alla  sua  giustizia e alla sua bontà il lasciar morire altresì degli
si può provare che sia contrario alla sua giustizia e alla  sua  bontà il lasciar morire altresì degli adulti, a cui non sia
coll' esser malvagia la volontà per natura, non per una  sua  propria elezion precedente, non è men vero ch' ella sia
non solo per gli eletti, come dissero gli eretici, e dalla  sua  morte ricevano tutti qualche salutare influenza (3), e a
di minori, così esigendo il bene maggiore e l' ordine della  sua  infinita sapienza (4). IX E` certo del pari, che a tutti
ancor da scuoprirsi; giacchè la provvidenza divina, nella  sua  infinita sapienza e bontà, predispose i tempi e i momenti,
può però impetrare; ed egli può altresì dimandare nella  sua  orazione la naturale giustizia, sentendosi rispetto a
il quale in tal caso non mancherebbe d' aggiungere per  sua  pura misericordia i suoi aiuti, implicitamente in quell'
ci convinceremmo di più, che Iddio sempre mosso dalla  sua  essenziale bontà, ottimo ugualmente si trova e nel dare che
nell' uomo, necessario nel suo soggetto (l' uomo), e nella  sua  causa prossima (la volontà istante), benchè in origine
pronuncia questa sentenza: [...OMISSIS...] . Ma, con  sua  pace, fa piuttosto meraviglia che egli non sappia, o non
necessarie all' operazione di questa potenza, che tiene in  sua  balía gli atti stessi della volontà spontanea. E fa
un Dottore cattolico , secondo il nostro C., giacchè, per  sua  confessione interpreta quel passo diversamente da quel che
a nessuno di quelli che fedeli a Dio, vivono sotto la  sua  protezione avvenga giammai che sieno quinci condotti a
che le parole di S. Tommaso da lui addotte per provar le  sua  tesi, [...OMISSIS...] non riguardano lo stato di pazzia o
d' un uomo, che nell' istante che opera non può far uso di  sua  ragione all' intento di vincere l' impetuosa passione. E nè
fa al caso, benchè la ragione non cessi da ogni altra  sua  funzione. Laonde [...OMISSIS...] , come dice S. Tommaso,
reità che può avere in causa) che non può coll' uso di  sua  ragione venire in soccorso alla volontà soprafatta dalla
necessità non si dee misurare dal grado assoluto della  sua  forza, ma dal grado relativo alla virtù dell' uomo in cui
di cui parla S. Tommaso, e di cui noi, attenendoci alla  sua  guida, parlammo nella « Risposta al finto Eusebio ». Ma
cadere nell' errore di quegli altri, che spogliano dalla  sua  virtù liberatrice e santificatrice la grazia di GESU`
agli ajuti, co' quali avrebbe dovuto e potuto prevenire la  sua  caduta, ma ben anco per l' atto posto quando essa passione
gli mostra che tutto è disordinato in lui fin la stessa  sua  volontà, che è egli stesso; dall' altra perchè egli ha
egli ha sempre troppa ragione di temere che la stessa  sua  libertà non fosse legata del tutto, essendo questo, come
rendendola vana e superba; insegnandole che dalla  sua  ragione viene la verità, dal suo libero arbitrio la virtù:
della purità della fede, della causa di G. C. e della  sua  Chiesa. Nessuno che consideri le cose spassionatamente
stato conosciuto dall' uomo col solo lume naturale; e la  sua  volontà sarebbe stata sommessa a lui così conosciuto: le
le inferiori potenze poi avrebbero tuttavia ubbidito alla  sua  buona libera volontà. La giustizia originale dunque in una
adunque (ancora immersa nell' essenza dell' anima) ha  sua  propria sede il peccato originale, perchè [...OMISSIS...] .
La stessa potenza che già esce e realmente si separa colla  sua  azione quando emette le sue appetizioni, o volizioni; 3 E
la volontà come facoltà spontanea di operare, tiene la  sua  disposizione buona o cattiva, cioè ben ordinata o no, che
e prevenendo la scienza umana, presta un argomento della  sua  divinità. La scienza dell' uomo fatta per pochi, viene in
quale sta la base dell' umana persona, che pure di natura  sua  dee conformarsi all' ordine di ragione, e sta pure il
dilettazione. Poichè quel lume è fatto di natura  sua  per dirigere a Dio, e già l' uomo non si lascia più da lui
l' altre, essa diventa la cima dell' uomo, la base della  sua  personalità. Per questo le divine Scritture esprimono l'
dall' altra banda havvi già Iddio nell' uomo che colla  sua  grazia la tira all' alto, e di tutto peso, per così dire,
che Cristo fece della schiavitù del peccato, secondo la  sua  promessa (3) non ha un effetto solo, come voleva Giuliano
eterna. Questa potenza soprannaturale è ciò che rende la  sua  concupiscenza di specie diversa da quella dell' uomo non
tragga l' uomo a seguire spontaneamente colla volontà  sua  il bene sensibile e subiettivo, dimenticato l' oggettivo e
al peccato d' origine tuttora esistente e regnante, come a  sua  causa immediata e radice. Queste scorse della volontà quasi
umana opera disordinatamente, perchè in modo contrario alla  sua  natura che è di essere un ragionevole e morale appetito; ma
bene subbiettivo7immorale, sottratta la forza pratica alla  sua  volontà, dalla seducentissima dilettazione giunta all'
termine; di che cade non perchè sia rimasta prevenuta la  sua  ragione e resa inetta a mostrargli il dovere; ma perchè è
il dovere; ma perchè è rimasta prevenuta e legata la  sua  libertà, la quale non potè aiutarlo contro lo spontaneo
da lui conosciute, purchè si giovi degli aiuti che sono in  sua  mano, fra i quali quello dell' orazione, dicendo il
lo stato dell' uomo, prima ch' egli possa esercitare la  sua  libertà, lo stato del bambino, non pervenuto ancora all'
del bambino, non pervenuto ancora all' esercizio della  sua  libertà bilaterale. In un tale stato la volontà è
non è battezzato, egli è attratto debolmente dal lume di  sua  ragione, che per se solo non esercita un' azione su di lui
animale. Laonde quantunque l' intelletto umano aderisca per  sua  natura all' essere ideale , e quindi la volontà sia volta
costituito accade che quantunque l' animalità da parte  sua  seguiti ad allettare a sè l' anima volitiva ed attiva dell'
prima, onde il fomite; tuttavia quest' anima stessa nella  sua  parte più eccellente è contemporaneamente tenuta e
ma anche realmente. L' azione del qual bene, che è Dio, di  sua  natura (se il libero arbitrio non si oppone) prevale a
ed altresì perchè l' operazione divina è più forte di  sua  natura di quella della carne, ed ella è sì forte che niente
sola volontà dell' uomo, considerandola in separato dalla  sua  libertà , che è la potenza nata a dirigerla, ma che sempre
maggiormente; e se un bene l' occupa nella più alta  sua  parte, le operazioni che da questa parte incominciano sono
che Dio stesso operasse quasi una creazione novella e colla  sua  onnipotente grazia sanando e avvalorando l' anima,
giustissima del Gaetano (2), nessuno negando che di natura  sua  la libertà possa accorrere, per se sola considerata; ma
all' infermità dell' uomo, se l' uomo ricusa di sentire la  sua  infermità, non vuol riconoscerla nè confessarla. Il dire,
di Gesù per riuscire, avendo pure i Pontefici alla  sua  impresa favorevoli, ad ottenere, quanto l' esperienza gli
adulto insieme coll' uomo, e con esso crescono la dottrina,  sua  prole immanchevole, l' orgoglio e l' immoralità; le quali
non potè a lungo reggere; egli spense crudelmente la  sua  compagna d' educazione: ed ingrato spense altresì in odio
natura in quel passaggio, pel quale ella è sollevata dalla  sua  caduta e ricuperata alla perfezione e santità. Il qual
delle creature. La limitazione trae seco, quasi necessaria  sua  conseguenza, delle imperfezioni : e le imperfezioni rendono
natura intelligente, poichè veramente non ha limiti la  sua  cognizione possibile, appunto perchè non ha limite il mezzo
intelligente rimane sempre imperfetta, cioè lontana dalla  sua  ultima possibile perfezione fino a tanto che l' oggetto
bensì, ma non giungere giammai all' ultima e completa  sua  perfezione. Conviene dunque, per dirlo di nuovo, che dal di
le quali l' uomo fu posto, non possono dargli la perfezione  sua  finale, ma solo una cotal perfezione graduata, la quale si
infinito; e se pur ch' abbia l' uomo ottenuta l' ultima  sua  perfezione, di null' altro abbisogna; ond' è adunque che
natura intelligente. Posta questa natura, ella può usare la  sua  attività colla condizione però che le altre creature agendo
E` dunque necessario acciocchè l' uomo acquisti l' assoluta  sua  perfezione che Iddio operi nel suo spirito intelligente
per lui sarebbe altramente perduta. Non finalmente colla  sua  sapienza perocchè è proprio del sapiente il non adoperare,
il che è quanto dire per quei mezzi che sono proprii della  sua  natura; e che Iddio non facesse se non quello che le sue
secondo la quale l' uomo doveva esser condotto all' ultima  sua  perfezione, era questa: - Che le cognizioni che l' uomo
acquistando, acciocchè tutte servissero a innalzare la  sua  mente al Creatore e quindi a dargli del Creatore una
ammaestrato. E se si vuol prendere la parola segno nella  sua  massima generalità, si può veramente affermare che fuori
il genitore che lo bacia e lo accarezza, ritiene nella  sua  mente la parola papà legata insieme col sembiante di lui
questi sentimenti. Or la mediazione fra questa parola e la  sua  idea corrispondente viene appunto fatta dai sentimenti e da
di quella parola giunge a dirigere l' attenzione della  sua  mente, non più sopra l' uno o l' altro dolore che egli
a ogni oggetto materiale. Procedendo poi innanzi la  sua  osservazione, egli si accorge che come un corpo è tre,
orecchie dell' uomo, dovevano eccitare e condurre l' anima  sua  a due riflessioni successive, la prima delle quali spianava
di esempio, che la parola cielo secondo la primitiva  sua  significazione valesse quanto dire l' esteso . Ora al
necessario che il Creatore stesso si avvicini e riveli alla  sua  creatura e ad essa ineffabilmente si congiunga. Questa è
fa consorte dell' infinita, Iddio, seguendo le leggi della  sua  sapienza, procede gradatamente e ordinatamente, e si
per così dire, alla umana natura, riprendendo l' opera  sua  colà dove l' ha lasciata per condurla alla perfezione a cui
Supponendo che l' uomo sia costituito dal primo istante di  sua  esistenza nello stato di grazia, la forma intellettiva di
e più dolce di ogni melodioso strumento si fa sentire la  sua  voce. La grazia, in quanto si considera aderente alla forma
natura. Nel primo caso la grazia si considera, come in  sua  propria sede, nella forma della ragione; e le sensazioni
suoi proprii occhi, se pure egli si abbattè mai nella vita  sua  in alcun uomo di straordinaria santità e unione grande con
tutti veggono Iddio che si trastulla colla mente di quella  sua  sposa, che rapisce a tutte le impressioni esteriori, e
un uomo può produrre nello stesso corpo tali effetti della  sua  presenza, i quali manifestamente dimostrino abitar ivi
quando voglia servirsi Iddio di essi a introdurre in noi la  sua  grazia, e noi non la rifiutiamo. Fin qui abbiamo ragionato
e suprema intelligenza che ha fatte tutte le cose per la  sua  parola. Riassumendo adunque, vi hanno due maniere di
a salvare la umanità a un tempo e a recarla alla massima  sua  dignità, dichiarò e fece del matrimonio un Sacramento (3)
e fece del matrimonio un Sacramento (3) della nuova  sua  legge. Il perchè S. Paolo citando quelle parole dette da
di quel gran concetto che Dio intendeva di effettuare colla  sua  provvidenza mediante il corso di tutti i secoli da lui
voler egli nascondervi sotto degli alti misterii, e la  sua  narrazione aver tutta un intendimento assai di là del solo
conservare e perpetuare questo simbolo primitivo nella  sua  Chiesa, elevandolo colla istituzione del santo battesimo
del santo battesimo alla dignità di Sacramento della nuova  sua  legge. Perciocchè poi lo Spirito Santo e le sue grazie sono
stato di santità, in cui l' anima si trova colla suprema  sua  parte, deve corrispondere uno stato armonico delle parti
Iddio aveva dato questo mezzo delle sensibili cose, dalla  sua  virtù confortate, perchè l' uomo venisse per esse
umana perfetta, vedesi che l' anima nell' intellettiva  sua  parte non comunica col mondo materiale, ma solo con Dio. E
momento in cui sia mancato l' onore a Dio, egli è di natura  sua  irreparabile: nè gli altri momenti in cui Dio fu onorato
natura e limitato alle sole forze della natura; 2. nella  sua  stessa natura furono alterate le singole potenze e
punizione; nè Iddio avvicinarsi all' uomo soggetto della  sua  punizione. E dalla parte dell' uomo non poteva nè
è lontanato dall' uomo e sdegnato con lui, cioè mosso dalla  sua  giustizia a punirlo: dunque manca al tutto il rimedio, e l'
e 2. che quindi sanasse e riformasse tutta la  sua  pervertita natura. Cristo cioè ebbe potestà di comunicare
un modo sapiente e per varii gradi secondochè gli dettò la  sua  sapienza e bontà, in ciò usò pur egli dei segni, come que'
la giustizia. E però i segni deputati a mezzi di  sua  perfezione dovevano essere cotali che avessero efficacia e
parole, è quello di tòrre la corruzione originale, che ha  sua  sede originaria nel corpo, il quale aggrava lo spirito, e
l' operazione di avvivare egli solo quest' anima colla  sua  virtù tutta spirituale e non immersa, se mi è lecito così
come nell' uomo privo di grazia il supremo principio della  sua  attività è la volontà naturale, serva all' errore ed alle
di agire è la stessa grazia divina informatrice della  sua  volontà. E quindi S. Paolo vuole che si distinguano i
ciò appunto che fa quel che non vuole, deduce che non è la  sua  persona che il fa, ma la sua natura, argomentando così:« Ma
non vuole, deduce che non è la sua persona che il fa, ma la  sua  natura, argomentando così:« Ma se io faccio quel che non
assuddita lui, volendo dire che tiene legata e impedita la  sua  volontà superiore e personale, perchè al buon volere non
era al tutto necessario che egli manifestasse la  sua  volontà e che determinasse quali fra tutti gli oggetti
degli eletti, e ad essere un monumento perpetuo della  sua  giustizia insieme e della sua bontà conservatrice in
un monumento perpetuo della sua giustizia insieme e della  sua  bontà conservatrice in cospetto a tutte le create
e però la natura umana peccatrice fu abbandonata alla  sua  sorte naturale, cioè alla morte. L' ordine del divino
conseguenza della creatura limitata nelle sue forze e nella  sua  azione. Se poi si considera che il peccato porta anco
umana, capace a produrre in essa o certo ad accelerare la  sua  distruzione, in questo aspetto la morte si può chiamare un
come un mezzo di placare Iddio e di riconquistare la  sua  misericordia. Acciocchè la morte potesse essere un tratto
avesse anco saputo e potuto morire per la giustizia, la  sua  offerta era ancora troppo scarsa a dover poter pagare l'
in se medesimi. Laonde dice S. Tommaso, che Cristo per la  sua  passione [...OMISSIS...] . Egli è per questo, che coi
E il torne alcuni pochi a cui aggiunger Dio questa  sua  virtù era massimamente necessario alla umanità peccatrice;
in modo alcuno aiutarlo a nulla che appartenesse alla  sua  eterna salute e all' opera della grazia. Continuò dunque l'
sviata dietro le sensibili cose, in esse finiva il lume di  sua  intelligenza, e però non riceveva più con rispetto le
tutti un uomo fedele per rivelarsi indi in poi a lui e alla  sua  stirpe, escludendo le altre generazioni da questa speciale
stirpe, escludendo le altre generazioni da questa speciale  sua  cura. E in ciò fare la divina pietà mirava tuttavia al bene
soccorsa, fino a tanto che il Cristo venuto al mondo colla  sua  onnipotente virtù riguadagnasse di nuovo l' umanità tutta e
salute di tutta la terra pur sembrando di restringere la  sua  cura alla famiglia de' Patriarchi, è ciò che pone in vista
prima Iddio chiamò il santo Patriarca Abramo fuori della  sua  patria, che era Ur città di Caldea e ne uscì venendo col
avesse decretato di dargli forma e di compire la  sua  educazione. L' antico patto doveva preparare il nuovo. La
rientrare nel tempio di nuovo edificato, colla promessa di  sua  stabile dimora in quel luogo: [...OMISSIS...] . Veramente
alla morte. Per ciò egli sembra, che a Noè e alla  sua  famiglia sia stato dato altresì il diritto della pena di
di morte agli stessi malvagi: ma incarica di fare questa  sua  giustizia i buoni, che vengono così a rappresentare la
astrazione, a metter da una parte Iddio, la fede alla  sua  parola, la virtù; dall' altra tutto ciò che più piace al
del santo Patriarca e giocava mirabilmente a condurre la  sua  mente a pensare più spiritualmente, più in grande, venendo
cominciare ad avverarsi, Iddio conforta Abramo nella  sua  aspettazione, dicendogli: [...OMISSIS...] . Ma il santo
. Ma il santo Patriarca non sapeva ancora colla  sua  mente fare astrazione da tutte le cose sensibili e terrene
ma che non passano, nell' ordine che riguarda l' uomo nella  sua  parte immortale. E acciocchè meglio apparisca la diversità
sdegnato contro l' uman genere peccatore, e disarma la  sua  giustizia sol col sofferire la morte nella sua umanità, che
e disarma la sua giustizia sol col sofferire la morte nella  sua  umanità, che è rappresentata nel femore di Giacobbe: di che
uomini. Si proibisce di cuocere il capretto nel latte della  sua  madre (6); di non pigliare i pulcini mentre sono ancora nel
Sicchè ciò che è emblema della vita santa deve essere per  sua  natura anco emblema della gloriosa. Dell' una poi e dell'
dovevano essere tutti offerti al Signore in segno della  sua  signoria tanto come Creatore, sì come per la qualità di
in cielo una sola volta per sempre, pel sacrificio della  sua  morte: un solo sacrificio, la sua morte; un solo gran
pel sacrificio della sua morte: un solo sacrificio, la  sua  morte; un solo gran Sacerdote in cielo vivente in perpetuo.
Cristo dice colla stessa maniera di parlare, che la  sua  Chiesa non può essere scossa dall' inferno, perchè fondata
(1) e i Salmi dicono che egli « prepara i monti della  sua  potenza (2). » Per questo ancora Davidde e in lui Gesù
tali sono troppo noti simboli del Messia o dei fatti della  sua  vita. .. Uomini grandi del popolo Ebreo . - Tutti gli
gustare l' ineffabile bellezza della giustizia, che di  sua  natura sfugge ai sensi corporei? (2). Questo era il primo
a quelli che avessero operato secondo le norme della  sua  legge, e delle pene temporali a quelli che avesser violati
sul quale era appoggiata tutta la speranza della  sua  gran discendenza. Il santo uomo messo in quella prova,
mia perdita«: ed essendo costretto di dover formare colla  sua  mente questo giudizio, egli veniva a fissare la potenza, la
Così queste idee negative s' imprimevano e scolpivano nella  sua  mente, condotta dalle circostanze, guidate dal supremo
è solo il timore di Dio, la vita giusta e il fidarsi della  sua  parola: tutte idee astratte e negative. Ora convien qui
mostrarsi Dio sotto figura alcuna volle insegnare, che la  sua  essenza è cosa al tutto diversa da quanto si trova nella
[...OMISSIS...] . Ma altro è a considerarsi Iddio nella  sua  recondita maestà e pura essenza, e altro nelle
d' Isaia, che « la volontà del Signore sarà diretta nella  sua  mano« (3); » per ciò Gesù Cristo è altresì l' auriga di
terribile a' suoi nemici per l' infallibile effetto della  sua  volontà: egli riascende in cielo trionfatore sul carro
suo popolo, ma bensì degli eserciti dei Caldei che sotto la  sua  guida dovevano fare scempio e rovina della infedele
del giustissimo sdegno dell' Eterno era pure un tratto di  sua  provvidenza e faceva parte del grande ordine secondo il
solo pensiero governa tutte le cose sia nei momenti della  sua  misericordia, sia in quelli del suo furore. Questa unità di
è che non può imitare se non cose sonore e che però questa  sua  imitazione si restringe a una minima parte degli
interprete, poichè vi ha sempre una via che conduce alla  sua  piena e certa intelligenza. Ma qual' è questa via? Questo
rientrata a Dio in amore « canterà come a' giorni della  sua  gioventù e come a' giorni della sua uscita dalla terra di
come a' giorni della sua gioventù e come a' giorni della  sua  uscita dalla terra di Egitto« (1). » 3. Talora il discorso
simbolo si rende ancor chiaro per la notizia storica della  sua  istituzione. Dovendosi tenere il nostro discorso entro i
Solo quando gli pone il nome a questo oggetto percepito, la  sua  idea di lui è completa. La ragione di ciò si è, che la
sì nobili servigi, non poteva non essere stata nella prima  sua  istituzione simbolica. E veramente riprendiamo in mano
certamente che in virtù della memoria che dura dalla prima  sua  istituzione: sicchè anche un nome così determinato dal
che noi riceviamo da un oggetto medesimo all' atto della  sua  percezione e delle quali l' intero della percezione stessa
a ragione di esempio, nella percezione del sole non sarà la  sua  grandezza, la sua forma o altra qualità quella che più ci
nella percezione del sole non sarà la sua grandezza, la  sua  forma o altra qualità quella che più ci muove, ma l'
altra qualità quella che più ci muove, ma l' acutezza della  sua  luce. Indi denominandolo, il sole non sarà già chiamato
uomo non sarà già ferito tanto dal suo colore quanto dalla  sua  estensione; il firmamento sarà quindi nominato oggetto
questa qualità: l' uomo era costretto dall' indole della  sua  mente di sostantivare la sua percezione: quella qualità
costretto dall' indole della sua mente di sostantivare la  sua  percezione: quella qualità dunque veniva sostantivata,
(sic) e dov' egli pure condusse con essi molta parte della  sua  vita, e che fuggito ancor tenerello in Egitto di là fu
il cielo denominato dall' altezza sua, la terra dalla  sua  bassezza in rispetto al cielo, cioè il nome proprio del
dalle verità spirituali, che vede il discepolo colla  sua  mente. Si pensi dunque un maestro la cui parola sieno le
uomo s' incarnasse e per la via de' sensi comunicasse la  sua  virtù e sapienza allo spirito umano. Il Verbo incarnato fu
trovò il modo di far rimanere sopra la terra in occulto la  sua  sacratissima umanità nello stesso tempo che è palese in
la virtù santificatrice uscente dal suo corpo (1). La  sua  umana presenza consacrò parimente il matrimonio in
ma della materia che si usa nella Chiesa dopo la  sua  salita al cielo come si può dire altrettanto? Rispondo
l' umanità sacratissima di Cristo può comunicare di  sua  virtù all' acqua del battesimo, e all' olio della Cresima e
appunto l' indissolubile unione di Cristo colla  sua  Chiesa. Ora Cristo comunica appunto dell' amor suo agli
se la Chiesa vede in quelle nozze l' imagine dell' unione  sua  con Cristo, anche Cristo ivi parimente la ravvisa e se ne
dell' anima prima che nelle potenze (2) ed è perciò che la  sua  azione è da parte di sè necessaria (3). Egli è per questo
altro principio religioso, che opera in lui, prevenendo la  sua  volontà, per la potenza di Cristo, e così il fa rinascere,
dall' abbandonarsi a Cristo, o dalla fede in lui, nella  sua  potenza e virtù salutifera « per le opere della legge
idee ; e come dopo Cristo gli uomini sono salvati dalla  sua  reale azione, così avanti Cristo erano salvati, se mi è
Cristo erano salvati, se mi è lecito così esprimermi, dalla  sua  azione ideale . Che cosa è l' idea di una cosa? egli è il
e s' avvigoriva la fede nel Cristo futuro, la brama della  sua  venuta, e la grande aspettazione di lui; e questo era atto
del mondo« (2) » per indicare che è stata rivelata la  sua  morte, conosciuta, creduta, e così resa operativa a salute
alla perfezione, poichè questa è a lui naturale, giacchè la  sua  natura è come un germe destinato a svilupparsi; ma perdette
dovette Iddio, venir crescendo successivamente i lumi della  sua  rivelazione. Ecco uno di questi luoghi assai chiari del
nemici. E però dice, che la « giustizia di Dio (cioè la  sua  santa misericordia) si è manifestata senza la legge - che
essa da una gratuita misericordia in conseguenza della  sua  fede, non per una giustizia dovuta alle sue opere.
sue buone opere; ma nulla di ciò; l' ascrive tutta alla  sua  fede, senza le opere. Ella dunque fu e non poteva essere
de' fatti nostri? non già, ma quella della fede nella  sua  misericordia: [...OMISSIS...] . A questa dunque dee l' uomo
peccato a prestare a Dio una fede che almeno in quanto alla  sua  materia era naturale, cioè aveva per oggetti cose di questo
concedette all' uomo la giustificazione in vista di quella  sua  fede; ma non gliela potea concedere per giustizia, sì bene
poteva ancora mantenere. Non ebbe adunque per oggetto di  sua  fede la divina santità, ma la divina potenza:
così questa fede diveniva soprannaturale per cagione della  sua  stessa materia; ed ella si disviluppava, e rendeva sempre
l' altra che la sussegue; l' una che ha per  sua  materia oggetti di questa vita, l' altra che ha per sua
per sua materia oggetti di questa vita, l' altra che ha per  sua  materia« gli eloquii divini « cioè le rivelazioni intorno
di questa fede, donata agli uomini da Dio medesimo colla  sua  grazia, e vedere in quale stato ella trovar si dovesse ne'
natura sensibile, perchè essendosi il Verbo fatto carne, la  sua  sacratissima umanità è divenuta istrumento atto ad operare
senza di queste non potea sostenersi, e lumeggiarsi nella  sua  mente il concetto di Dio. Quello era un giogo, come dicono
per la quale gli Ebrei medesimi non intesero la legge nella  sua  profonda e spirituale verità, ma solo nella sua scorza, e
legge nella sua profonda e spirituale verità, ma solo nella  sua  scorza, e per la quale dicono le Scritture ed i Padri, che
la luce che illuminava le antiche Scritture quando dopo la  sua  risurrezione « aprì il senso agli Apostoli a poter
e punisce. Ora questo Dio non era percepito vivamente nella  sua  santità, e come giudice spirituale, ma solo negativamente
lume interiore, col quale potevano conoscere Iddio per la  sua  grazia, dopo aver Cristo enumerati i precetti più
a suo tempo questo fine sublime. Questo fine adunque nella  sua  essenza divina rimaneva del tutto nascosto agli antichi, e
che potesse rendere l' uomo veramente giusto; e per la  sua  difficoltà ad eseguirla il rendeva anzi più peccatore.
però rettamente le divine Scritture dicono che Cristo colla  sua  morte salvò e giustificò realmente anche tutti gli antichi
del padrone, che trasportata a Dio viene a significare la  sua  santità, giacchè lo spirito di Cristo fa conoscere Dio
Non essendo adunque nell' uomo Iddio dominatore colla  sua  propria ed essenzial luce, il peccato si poteva dire ancora
dice S. Paolo, che quelle parole scritte di Abramo « che la  sua  fede gli fu riputata a giustizia« » non sono solamente
divino servizio. La legge evangelica, che è la morale nella  sua  più alta perfezione, riduce tutti i doveri alla carità di
Cristo: e però ogni cristiano, colla disposizione almeno di  sua  volontà, dee aver sacrificato sè stesso: [...OMISSIS...] .
l' uomo aveva questo spirito sacerdotale. La chiarezza di  sua  ragione gli mostrava che tutto doveva a Dio, e che in
servire e glorificare il suo Creatore si conteneva tutta la  sua  morale perfezione. La rettitudine di sua volontà, la grazia
conteneva tutta la sua morale perfezione. La rettitudine di  sua  volontà, la grazia che la confortava aggiungendole forze
il suo dovere, smarrì di vista il bene morale, cercando  sua  perfezione e sua grandezza nel fisico e nell'
smarrì di vista il bene morale, cercando sua perfezione e  sua  grandezza nel fisico e nell' intellettuale; allora ignorò
allora ignorò quanto doveva a Dio: e per riannodare la  sua  corrispondenza col Creatore, fu bisogno che intervenisse un
della umanità, al quale Iddio temperava quella  sua  amorevole provvidenza, onde conduceva l' uomo alla santità.
il condur l' uomo alla perfezione morale, diresse nella  sua  sapienza le operazioni di lei a seconda degli sviluppamenti
dell' uomo, per la quale non conosce che languidamente la  sua  relazione col Creatore, e lo stato di peccato pel quale ha
i vincoli che li stringeva fra loro e con esse, Iddio nella  sua  provvidenza separò Abramo dal rimanente del mondo, e in lui
del patto strettosi fra Dio ed Abramo. Ecco come narra la  sua  istituzione: [...OMISSIS...] . Questo Sacramento appartiene
[...OMISSIS...] . Questo Sacramento appartiene nella  sua  origine alla società familiare; e la parte circoncisa
sì partecipante dell' alleanza stretta da Dio col corpo di  sua  nazione. E però dal Sacramento de' Padri riceveva anch'
onorato e riconosciuto per Dio da Abramo e da tutta la  sua  discendenza (2). E Iddio all' incontro prometteva ad
prometteva ad Abramo, per dargli prova di suo potere e di  sua  bontà e così dar nuova materia a sua fede, 1 di farlo padre
di suo potere e di sua bontà e così dar nuova materia a  sua  fede, 1 di farlo padre di molte genti e di far da lui
da lui secondo la carne, ma quelle che partecipano della  sua  fede, credendo in ciò che ha creduto Abramo, e a tutte
significava adunque ricongiungersi al padre, e vivere della  sua  vita. Le anime de' giusti adunque nell' altra vita vivevano
tal fede e promessa degli Ebrei, Iddio prometteva da parte  sua  che ad essi soli avrebbe consegnate le sue divine
sè stesso incapace di venire a salute e sperando la salute  sua  da colui che l' avrebbe redento. Il primo patto era adunque
fiduciosamente in questo Redentore, e sperar da lui solo la  sua  salute. Acciocchè all' uomo ancora poco sviluppato nelle
Cristo, che venendo immolato placava Iddio nell' ora della  sua  giustizia, che è l' ora del passaggio dell' Angelo. Ora in
questo popolo di credere che da Dio dovea venire la  sua  salute mediante il Redentore e la passione di questo, in
servire in un modo speciale al divino culto, e Dio da parte  sua  prometteva a questa famiglia una special protezione, e di
famiglia una special protezione, e di essere egli stesso la  sua  porzione e la sua eredità (1). Della quale eredità il
protezione, e di essere egli stesso la sua porzione e la  sua  eredità (1). Della quale eredità il mantenimento temporale
La natura per ciò di una tal fede implicita nella  sua  parte soprannaturale o divina esigeva che il patto con Dio
il suo Verbo di carne umana, adempiendo così l' ultima  sua  promessa, la massima delle promesse, quella promessa a cui
. In questo gran fatto pertanto, in cui Iddio da parte  sua  liberava la sua fede agli uomini, conveniva che quasi
gran fatto pertanto, in cui Iddio da parte sua liberava la  sua  fede agli uomini, conveniva che quasi chiamando gli uomini
morale, nel quale egli era dedicato al culto divino per  sua  costituzione e lo conosceva senza bisogno di alcun patto
cosa è che il Verbo risplendente nell' anima vi imprime la  sua  forma o similitudine, e questa è quella luce secondo la
eziandio che la volontà ricalcitri e respinga da sè ogni  sua  benigna e santa influenza. E questa stabile e ferma
impressione del Verbo, come abbiam provato, egli deve aver  sua  sede nell' essenza o sostanza dell' anima nostra. Questa
anima, la qual riceve un lume nuovo, e in tanto giace nella  sua  essenza (5). Vero è, che la parola carattere nomina
uomo in conseguenza dell' impressione del Verbo nell' anima  sua  sia un effetto spontaneo e necessario di detta impressione
per natural conseguenza, ove l' uomo colla volontà  sua  non vi ponga ostacolo. Ma di questo dobbiamo parlare più
cioè nell' anima (1), la quale ragione ha tutta  sua  forza ove si tenga la sentenza nostra che egli giaccia
dare senza che la volontà ne venga piegata al bene dalla  sua  presenza, e questo è essenziale alla grazia, sicchè la
anima riceve la potenza degli atti soprannaturali, e colla  sua  sostanza è veramente nell' ordine soprannaturale, cioè
o segno pel quale Iddio gli riconosce essere della  sua  famiglia, perchè il Verbo innaturato in essi, per così
e dopo aver detto che le genti verranno e vedranno la  sua  gloria soggiunge: [...OMISSIS...] . Or questo segno è quel
stesso prende il possesso dell' anima, e mette in essa la  sua  fede, e l' anima così è nelle mani del Verbo consegnata. Or
in primo luogo il carattere in sè stesso, cioè nella  sua  qualità di carattere, e come tale l' abbiamo diffinito una
principalmente interiore s' immedesima, rispetto a questa  sua  principal parte, colla santità. Vedesi ancora nelle stesse
gli atti di culto viene dopo il carattere preso nella  sua  propria nozione. Per questo medesimo la grazia è chiamata
ove segnando la grazia, non valesse altresì di  sua  natura a produrla, perocchè i Sacramenti della nuova legge
è appunto Cristo congiunto immobilmente coll' uomo nella  sua  parte intellettiva, ne viene che gli Angeli debbano
carattere di Cristo ucciso, sulla cima dell' anima che è la  sua  parte intellettiva. E a conferma di ciò basti questo luogo
sopranomato il teologo per l' eccellente esattezza di  sua  dottrina: [...OMISSIS...] . Per la medesima ragione a me
impedisce la infusione della grazia dal carattere di natura  sua  promanante; però questi due Sacramenti non imprimono
l' Eucaristia è l' unione di Cristo all' uomo per via della  sua  umanità in forma di cibo. Sono i corpi che si congiungono,
degli uomini (3), ma parte altresì pel consiglio della  sua  sapientissima e ordinatissima volontà. Or circa trent' anni
quanto a dimostrare la grande verità, che dall' umanità  sua  sacratissima usciva la virtù santificante e comunicavasi
fatto altresì a determinare il momento, in cui alla volontà  sua  piaceva di lasciare uscir libera di suo corpo quella virtù,
che ha solo il carattere si potrebbe adunque dire aver in  sua  balìa la potenza di nascere soprannaturalmente, anzichè la
Cristo dipendevano gli effetti della virtù ineffabile della  sua  divina umanità; e che egli moderava e temperava questi
effetti ordinatissimamente secondo che esigeva la infinita  sua  sapienza. E questa sapienza richiese, che a' diversi stati
E questa sapienza richiese, che a' diversi stati della  sua  umanità egli riserbasse certi effetti; e però che certi
però che certi determinati doni e grazie provenissero dalla  sua  umanità ancora vivente in questo mondo, certi altri
vivente in questo mondo, certi altri scaturissero dalla  sua  morte; certi dal suo corpo risorto, e finalmente certi
dal suo corpo risorto, e finalmente certi dall' umanità  sua  già posta nell' altissimo trono de' cieli alla destra del
alla giustizia di Cristo senza farsi ancor menzione di  sua  morte. Prosegue l' Apostolo: « Ignorate forse, che tutti
[...OMISSIS...] . E dice alla similitudine della  sua  morte e della sua risurrezione. Perocchè tutto l' operare
. E dice alla similitudine della sua morte e della  sua  risurrezione. Perocchè tutto l' operare di Cristo tende mai
qual proprio effetto la piena vittoria dell' uomo sulla  sua  concupiscenza: per la qual vittoria l' uomo non pregia più
di Gesù Cristo sia stato istituito solamente dopo la  sua  risurrezione. Secondo noi il sommo uomo volgeva allora
il mio Spirito, onde viene al Battesimo dell' acqua ogni  sua  forza. Sì, dopo la Risurrezione gli Apostoli ricevettero,
comunicare della propria vita agli altri col merito della  sua  passione: l' ottenne per giustizia, e non per grazia. In
dalle grazie attuali e transeunti principalmente per la  sua  immanenza nell' uomo; perocchè essendo stabilmente dato
l' acqua sola non basta a salvarci; ma dovea ricevere la  sua  virtù dal sangue di Cristo, altrimenti sarebbe stata come
l' incorporazione con Cristo, e la partecipazione della  sua  grazia. E sebbene questo secondo sia il proprio ed
Battesimo ha quel limite che gli ha voluto p“r Cristo nella  sua  instituzione: limite che è determinato dallo stesso suo
un essere semplice, ma delle molte sue parti che formano la  sua  natura, una sola è quella che costituisce la base della sua
sua natura, una sola è quella che costituisce la base della  sua  personalità (1). L' effetto essenziale del Battesimo
santificano le altri parti dell' uomo stesso costituenti la  sua  natura. Mediante questi effetti successivi, che escono
Santo coll' unzione della Cresima (3). S. Urbano nella  sua  lettera decretale dice espressamente, che ciò che ci rende
a noi, non sofferiva però alcuna mutazione nella  sua  divina natura. Finalmente addurrò ancora S. Cipriano, il
figura. [...OMISSIS...] : parole che il Santo dice in una  sua  orazione sul Battesimo, dal quale trapassa a parlare della
dal Verbo, e venendoci dato dal Verbo pel merito della  sua  passione, assai ben convenìa che nell' atto che si riceveva
indivisa dall' unzione del crisma; non convengo però nella  sua  opinione che gli Apostoli conferissero il Sacramento colla
volontà non sia necessariamente connessa colla santità di  sua  natura; come pure il gaudio per quanto egli scaturisce
per quanto egli scaturisce dalle potenze minori non va di  sua  natura congiunto a que' due primi effetti; e però
Apostoli, immediati discepoli di Cristo e riceventi dalla  sua  bocca le parole della vita, avrebbero ricevuto
Battesimo quando anche al Battesimo non proviene la forza  sua  se non dalla parola del Verbo? (6) non sono chiamate parole
perchè l' avea santificato coll' aspetto suo e colla  sua  visita? E se appresso tutti i Teologi si conviene, che la
pagine nulla di nostro a quanto da lui medesimo e dalla  sua  chiesa noi abbiamo imparato. E prima mi si conceda di
dunque dire, che non mangerà più la pasqua prima della  sua  Risurrezione, nella quale Risurrezione la pasqua sarà
che un vino figurato sarà quello che berrà dopo la  sua  Resurrezione dovrebbe necessariamente intendersi che un
banchettasse continuamente, per così dire, avvivando della  sua  vita divina il pane ed il vino, e convertendolo tutto nelle
e de' più acuti e di tanta fede e venerazione, che in  sua  vecchiezza chiamavasi il Padre de' Padri (1). Questi nella
vecchiezza chiamavasi il Padre de' Padri (1). Questi nella  sua  celebre Catechesi si fa a cercare diligentemente, come il
virtù vivificatrice e le trasferisce all' operazione della  sua  carne« (2) » cioè dà loro l' atto o la natura della propria
che porge la sentenza nostra, con quelle che trae seco la  sua  contraria, le quali a me sembrano oltremodo più gravi. Il
di Cristo d' ugual natura alla nostra; ma ben anco la  sua  divinità per l' avveramento della sua profezia. In vero
ma ben anco la sua divinità per l' avveramento della  sua  profezia. In vero egli pare che in tali agapi, che Cristo
con essi se non dopo venuto il regno di Dio, cioè dopo la  sua  Risurrezione, ma che allora [avrebbe] banchettato in nuova
se Gesù Cristo glorioso incorpora a sè e comunica la vita  sua  alla sostanza del pane e del vino; dovrebbe la mole del suo
egli vuole, possa a tutto ciò ch' egli vuole accomunar la  sua  vita (1), e or ricevere crescimento, or il crescimento
egli con queste azioni e mutazioni o sofferisca, o perda di  sua  vita, di sua dignità, di sua beatitudine. Credo di più che
azioni e mutazioni o sofferisca, o perda di sua vita, di  sua  dignità, di sua beatitudine. Credo di più che come tutte le
o sofferisca, o perda di sua vita, di sua dignità, di  sua  beatitudine. Credo di più che come tutte le sue azioni,
Vergine, quello col quale Cristo fece tutte le azioni della  sua  vita privata, quello che fu battezzato da Giovanni, quello
di anni il corpo nostro o del tutto o certo nella massima  sua  parte si rifà e si rinnovella? e tuttavia è sempre il
delle particelle onde si compone un corpo non cangia la  sua  identità e la sua numerica unità; convien dire che il
onde si compone un corpo non cangia la sua identità e la  sua  numerica unità; convien dire che il fondamento dell'
della persona. La persona è incomunicabile per la  sua  diffinizione (1): ella allo stesso modo è immutabile almeno
(1): ella allo stesso modo è immutabile almeno nella  sua  radice. E qui si attenda bene, che quando noi facciamo
di Gesù Cristo conviene cercarla non altrove che nella  sua  divinità (1) sempre identica, a cui esso corpo appartiene
il corpo di Cristo in nascendo, in tutti i momenti della  sua  vita, nella morte, nel sepolcro. Si noti qui che io non
che prima di unirsi con lui erano morte, e cui la vita  sua  egli comunica. Or questa è legge della natura umana nella
di Cristo si mutarono, Se il corpo non si mutò mai dalla  sua  identità, Dunque l' identità di questo non è legata all'
sieno nè più nè meno quelle che ebbe nell' atto della  sua  Risurrezione, questo abbisogna di prova; e come voi mi
particelle al corpo glorioso non toglie punto nè poco la  sua  identità; nè impedisce che il corpo di Cristo nell'
gli viene aggiunto, il che egli anco depone senza alcuna  sua  pena o lesione, o diminuzione di sua integrità
depone senza alcuna sua pena o lesione, o diminuzione di  sua  integrità perfettissima. Egli è dunque certo e dimostrato
si attribuisce al modo di essere una parola che di natura  sua  va applicata all' essere stesso. In secondo luogo la parola
2. è ugualmente certo che se Iddio annichilasse un ente la  sua  azione non si limiterebbe nè finirebbe in questo solo
veduto nell' esterno dell' azione, nè può costituire la  sua  unicità o moltiplicità. Per queste ragioni S. Tommaso
è una bella e buona sostituzione: nè essa muta punto la  sua  natura, o che l' oggetto che si sottrae s' annichili, o
di un altro essere, che è indipendente al tutto per  sua  natura dal primo: quando all' opposto la cessazione di un
secondo lo stesso Bellarmino, dal conservare una  sua  creatura, e cessando dal conservarla la distruggerebbe in
altro caso si può accennare in cui Iddio distrugga una  sua  creatura cessando dal conservarne l' essere; egli di cui è
ripugnante dall' operare divino, che suol esercitare la  sua  possenza secondo certe stabili leggi, anche allorquando l'
Sacramento nel quale ha voluto sfoggiare i portenti della  sua  liberalità, l' infinita prodigalità, per così dire, de'
preteso di sfoggiare fino all' eccesso l' onnipotenza della  sua  virtù creatrice. E tutto ciò senza niun bisogno del mondo.
da lui creato, per cavargli gli accidenti quasi fossero una  sua  camicia, e vestirsene egli? non potea senza più, darsi a
il venerabile autore (1), il che basta per collocare la  sua  fede fuori d' ogni controversia. Ma quando si tratta poi di
non certo che si trasmuta in esso, ma bene lo rivestì colla  sua  divina vita ed onnipotente, che lo rapì a sè
ma bensì un' operazione colla quale Cristo colla  sua  divinità tocca e si unisce ed infonde nella sostanza del
da lui posseduta, ingrandirla tanto che il fa uscire di  sua  natura e non esser più quel ch' era prima (6): questa è
a perfetto stato di maturo sviluppo, ed alla natural  sua  fruttificazione. Continua ancora a parlare di quest' opera
nel Santissimo Sacramento è appunto il Figliuolo nella  sua  amabilità (2), sicchè esso si chiama il Sacramento dell'
in questo cibo si compiva la rivelazione dell' amabilità  sua  massima nell' ordine della fede. Questa amabilità poi del
solennemente sugli Apostoli comunichi sè medesimo nella  sua  forma massima, e come l' abbiam già detto, personale (1).
si serve come di strumento e di termine della ineffabile  sua  operazione. Come adunque Cristo ipostaticamente unito coll'
in egual modo egli comunica del suo spirito abitante nella  sua  umanità alla sostanza del pane, e l' assimila al suo corpo,
così unico il fatto della transustanziazione, quanto alla  sua  natura di transustanziazione, che esempio o similitudine
Laonde dall' avere il Bellarmino avuto ricorso alla  sua  conversione adduttiva per ispiegare la transustanziazione,
non è più. 2. Che la cosa in cui si converte non perda la  sua  identità ma rimanga perfettamente quella di prima. 3.
in sè l' altro essere, se non supponendo che l' unità  sua  sia un' unità complessa, cioè risultante di più parti, le
che« l' essenza del corpo umano« non consista nella  sua  azione al di fuori, ma nella sua congiunzione individua
umano« non consista nella sua azione al di fuori, ma nella  sua  congiunzione individua collo spirito da cui è informato, e
che di lui fa Cristo, e questo è il fondamento della  sua  verità e realità. Laonde que' filosofi che definirono il
de' quali sia estesa, e nell' altro no, senza che perda la  sua  identità. Che se poi si pone sotto le specie del pane e la
nostro fondamentale, col produrre qualche moto nella  sua  materia. Or qui è evidente la distinzione essenziale fra l'
il senso degli altri uomini: questo corpo avrebbe tutta la  sua  estensione soggettiva, e tuttavia avrebbe perduta la
corpo al quale era unito (1). Or sebbene un corpo perda la  sua  estensione oggettiva [estrasoggettiva] cioè rattenga l'
L' uomo in una parola ristretto alle forze della  sua  mente e dalla grazia non sollevato più su, è agevolmente
questi oggimai cesserebbe dall' esser campione della  sua  Scuola; perocchè ognuna delle Scuole cattoliche egualmente
che fa la propria ragione, e lo svolgimento impensato della  sua  attività è tale che lo inebbria di sè stesso: allora crede
di castigo. Insegnava che niuna azione è buona o rea di  sua  natura, e che si salvavano gli uomini solamente per la
[...OMISSIS...] Tale è la teoria manichea portata alla  sua  perfezione. Questa dottrina fu sempre condannata dalla
sostanza, ma solo un' accidentale privazione, e che la  sua  possibilità giace nella limitazione inerente alle creature
un accidente della natura che riman priva di ciò che alla  sua  interezza è richiesto. Di che si spiega come il trovato
così l' errore opposto, del Pelagianismo, ridotto alla  sua  ultima espressione, consiste nell' attribuire tutto il bene
possa venir affetta dal male morale senza che non solo la  sua  volontà, ma la sua libera volontà vi incorra, sicchè
dal male morale senza che non solo la sua volontà, ma la  sua  libera volontà vi incorra, sicchè dipende interamente dalla
generazione; non entrando nell' uomo il peccato che per la  sua  libera volontà; e quindi non potea nascer l' uomo infetto
uomo stesso, altro non è che Iddio stesso che comunica la  sua  grazia anco a quelli che non sono pervenuti ancora al
moralità buona o rea d' un individuo umano ha per causa la  sua  libera volontà, fuor della quale non vi ha altra causa che
prese nè complessivamente irresistibili; ma l' uomo colla  sua  libera volontà può vincerle tutte e conservare la
buona o rea dell' uomo non avesse altra causa che la  sua  libertà, non sarebbe mai soggetto alla necessità del male
Giacchè chi è sollecitato al male da altra causa che dalla  sua  libertà, dee riconoscere una forza traente al male; e
In quarto luogo, se dal solo merito, effetto della libertà  sua  naturale, procede, che Iddio comunichi la sua grazia all'
della libertà sua naturale, procede, che Iddio comunichi la  sua  grazia all' uomo, come accade poi che nella Scrittura si
de' meriti dell' anima di Cristo precedentemente alla  sua  Incarnazione; errore che la mente d' Origene conseguente a
del peccato originale propagato ne' posteri, di poi della  sua  natura, in terzo luogo delle sue conseguenze, e finalmente
furono una conseguenza degli errori professati intorno alla  sua  origine e propagazione, o anche viceversa; e così del pari
che la commise, ma ancora sui suoi figliuoli, poichè colla  sua  disubbidienza Adamo perdette la santità e la giustizia
al corpo quanto per riguardo all' anima; così pure in noi  sua  propaggine, insieme colle penalità del corpo, trapassò lo
che è morte dell' anima. Laonde questo peccato, uno nella  sua  origine, trasfuso nei posteri divenne proprio di ciascun
il divino comandamento, e così col peccato della  sua  disubbidienza incorso nell' ira di Dio, su di ciò non v'
esempio, il Pelagianismo in tal modo, che lasci poi nella  sua  dottrina le radici del Giansenismo: e viceversa dovrà ben
dell' uomo nasce dalla doppia attività di cui è fornita la  sua  volontà, secondo la qual doppia attività ella agisce in due
a una cosa piuttosto che ad un' altra dalle leggi di  sua  natura (1). 19. Di qui nascono due diverse abitudini o
atto con un movimento finale , quando termina e riposa la  sua  azione nell' oggetto e subordina al detto oggetto tutti gli
verso un oggetto, ma non si acquieta nè finisce in esso la  sua  azione; non lo prende a suo fine ultimo e assoluto, nè lo
nella natura, ritenendo la persona tutta intatta la  sua  purità e attività e indipendenza. Vero è che ogni passione
ella si acquieta in esso come in suo fine per un atto di  sua  libera volontà (N. precedente). Nell' uno e nell' altro
poichè altro è esser proprio d' una persona come una  sua  azione libera, ed altro esser proprio della persona come
libera, ed altro esser proprio della persona come una  sua  passione, nella quale la persona non mette del suo se non
suo se non l' atto spontaneo del cedere e abbandonare la  sua  attività propria nell' oggetto della passione o dell'
ne' bambini. Che cosa è dunque il peccato? in che giace la  sua  essenza? « Il peccato » (parliamo sempre nell' ordine delle
(1), » poichè l' uomo è morto spiritualmente, quando la  sua  volontà è così atteggiata che lo priva del suo fine, nel
una causa libera acciocchè il peccato esista nella  sua  essenza, già esistendo, non è necessario alla sua essenza,
nella sua essenza, già esistendo, non è necessario alla  sua  essenza, che questa causa libera sia sempre l' identica
e quindi perdita del fine dell' uomo, in cui sta la  sua  vita. Per riguardo poi alla maniera di parlare delle
ma vogliono dire, che questa forma permanente trasse la  sua  esistenza dall' atto liberamente peccaminoso, e però a
la definizione data si può discernere il peccato nella  sua  propria ragione ed essenza dai concetti a lui affini, e
darsi in un umano individuo vero peccato senza un atto di  sua  propria libera volontà; i Giansenisti all' incontro
sentenza di Giansenio (1), o il non farsi dal bambino colla  sua  volontà alcuna opposizione alla concupiscenza « eo quod non
demerito di una persona potesse esistere senza opera della  sua  libera volontà. 31. Ritenendo dunque noi fermamente colla
come quella che suppone che il peccato originale abbia per  sua  causa la volontà di chi lo riceve, giacchè nessuno si può
esso non è colpa di colui che lo subisce, perchè se fosse  sua  colpa non potrebbe esser tolto senza che egli se ne
(tolto il quale non è più la colpa perchè le è tolta ogni  sua  materia) e non solamente come colpa: cioè esso viene tolto
come colpa: cioè esso viene tolto via da noi nella  sua  ragione di peccato, da Adamo poi, personalmente
considerato, venne tolto via immediatamente nella  sua  ragione di colpa, ossia di peccato colpevole, per la fede
riconosce ne' bambini un peccato formale considerato nella  sua  entità senza uscire dal bambino stesso, e però senza che
dal bambino stesso, e però senza che entri, in questa  sua  entità che ha nel bambino, alcuna libera volontà, dall'
con ciò il pelagianesimo, ma sottraeva anche il peso della  sua  autorità ai futuri Giansenisti, giacchè mentre egli
il peccato originale ne' bambini, in sè stesso, nella  sua  entità propria come puro peccato, cioè come una deviazione
è più di numero, benchè uno di specie, avendo ciascuno la  sua  propria corruzione e macchia, che è non è quella di un
santo Dottore, data la definizione del peccato in tutta la  sua  generalità, si fa a distinguere le due specie di peccato
ma non ha il dominio del suo atto, e non può colla libera  sua  volontà evitarlo. Dunque non gli può essere imputato, e
evitarlo. Dunque non gli può essere imputato, e però non è  sua  colpa, ma solo peccato, secondo l' Angelico. Quindi per
il peccato in tutti gli agenti, perchè non è altro nella  sua  definizione generalissima che un atto che tendendo ad un
seco stesso e coi principii più inconcussi della  sua  dottrina, ma lo fa diventare di più Giansenista, giacchè i
e a demerito, o perchè egli lo ricevè senza impugnare colla  sua  volontà, come disse Baio, o perchè basti a costituire la
un vero peccato che egli non ha commesso con alcun atto di  sua  libera volontà, il che non si potrebbe loro dimostrare se
Chiesa, non possono stare in un individuo senza che la  sua  libera volontà ne sia la causa (e dire il contrario sarebbe
però questa, ci può essere in una persona, senz' opera di  sua  libera volontà, ma per naturale generazione, e che così
leggi civili accordano al tutore il potere di abusare della  sua  autorità a danno del pupillo: e però l' autorità tutoria
forse congetturare da certi segni, che dimostrano quella  sua  mala disposizione , e quindi si potrà in qualche modo, dire
quando, se Iddio potesse fare un contratto simile, per la  sua  infinita bontà, non potrebbe farlo che a loro favore e
fosse stato ignoto l' abuso che Adamo avrebbe fatto della  sua  libertà; ancora rimarrebbe che lo stato di giustizia o d'
che avrebbe peccato. Avendo dunque Adamo perduta colla  sua  disubbidienza la grazia, i suoi discendenti, benchè non
che un bambino che ancora non ha posto alcun atto di  sua  libera volontà, deva avere in sè un vero peccato che lo
ma nè pure c' è la minima difficoltà: e il modo della  sua  propagazione è tanto piano che non può nè manco essere
stabilì tutta l' economia del governo dell' umanità e della  sua  salute. Iddio adunque sapea di certo che Adamo avrebbe
positivo tutti i discendenti peccatori, privandoli della  sua  grazia, e attribuendo a questa privazione, secondo tal
dico già un decreto efficace che influisce e cangia colla  sua  operazione le cose, ma un decreto che lascia la cosa qual'
pel buon volere di chi decreta che sia un' altra, quando la  sua  natura non diviene un' altra. Così nell' uomo creato nell'
che il bambino per sè innocente diventi un oggetto della  sua  ira e della sua indegnazione, degno di eterna condanna,
per sè innocente diventi un oggetto della sua ira e della  sua  indegnazione, degno di eterna condanna, morto dell' anima,
ora perchè la detta grazia non è per lui cosa estranea alla  sua  natura, ma dovutagli; ora perchè costituisce un' avversione
ne' bambini, il peccato de' quali è uno solo nella  sua  origine con quel di Adamo, e della stessa specie del
Adamo si sia demeritata la grazia, questo è chiaro per la  sua  prevaricazione, e però che Iddio l' abbia punito col
e però che Iddio l' abbia punito col privarlo della  sua  grazia, questa è necessità e patente giustizia. Ma questa
quando manca ad un subbietto ciò che dovrebbe avere per  sua  propria natura. « Carentia formae in subiecto apto nato . »
i nostri teologi sostengono che al bambino che nasce, per  sua  natura, niente manca, perchè gode della natura umana senza
poichè esser« nato ad avere«, vuol dire che è atto per  sua  natura ad avere. Ma i nostri teologi dicono:« Questo è vero
a nessuno. Nè pure il proposito che fece Iddio di dare la  sua  grazia al genere umano, costituisce in questo un diritto di
e disegno misericordioso di Dio, non cangia natura alla  sua  grazia, rimanendo grazia, e non debito, nè mercede. Ciò
dunque al presente l' uomo nasce senza alcuna ferita nella  sua  natura, e talora dando la taccia di eretici a quelli che
questa è una di quelle proposizioni di cui S. Pio V nella  sua  Bolla dice, che « aliquo pacto sustineri possunt, » benchè
moralità ed un peccato distinto dalla colpa, che non alla  sua  volontà, ma alla stessa natura può, senza alcun assurdo,
la sostanza di quella moralità; l' altra dipendente dalla  sua  propria libera elezione, per la quale essa stessa tra i
e perfettissimamente in Dio, dove l' oggetto della  sua  volontà non solo gli è essenziale e uguale e immutabile in
la santità sussistente: dove si vede, che la moralità nella  sua  prima sede, e nel suo primo fonte, e nella sua perfezione
nella sua prima sede, e nel suo primo fonte, e nella  sua  perfezione essenziale , è una natura sussistente (la quale
anteriore a questa e principio di questa, giacente nella  sua  natura morale, l' obbiezione de' Pelagiani contro il
solo ne' suoi accidenti, e non in ciò che costituisce la  sua  essenza. Ora tal è la limitazione di ogni natura creata
della sola natura morale), che ella sia corruttibile nella  sua  parte accidentale: i Manichei all' incontro pretendevano,
ci fosse una natura che non fosse già corruttibile nella  sua  parte accidentale, ma fosse mala per sè nella sua stessa
nella sua parte accidentale, ma fosse mala per sè nella  sua  stessa essenza: [...OMISSIS...] . 65. b ) Essendo la natura
l' uomo col suo libero arbitrio, peccando, la guastò nella  sua  parte accidentale e mutabile; che Iddio fu l' autore della
è quel modo che ne costituisce l' ultima e più elevata  sua  attualità, che unifica e contiene sotto di sè tutto il
di lavoro, sia concentrata nello Stato; lo Stato assegni la  sua  parte di lavoro, a ciascuno; lo Stato assegni a ciascuno
l'idea di far che ciascuno debba compiere alla volta  sua  un certo ammontar di lavoro in ogni ramo di utile attività:
In queste parole abbiamo lo scopo dello Stato; abbiamo la  sua  origine prossima, e con essa quella delle diverse forme del
semplicissima, che l' effetto non può essere maggiore della  sua  causa, e niuno può dare quello che non ha [...OMISSIS...]
per definire fino a qual limite si possa estendere la  sua  massima e totale potestà, ritorniamo alla questione che ci
e nel suo ragionare si mantiene coerente ai principii della  sua  fede. Qual è dunque il concetto che un cattolico, secondo
Qual è dunque il concetto che un cattolico, secondo la  sua  fede, ha e deve avere della Chiesa di Gesù Cristo? Un
Un cattolico crede come dogma, che Gesù Cristo, fondando la  sua  Chiesa, le ha dato un' autorità suprema di ammaestrare
ha imposto a tutti gli uomini il dovere di ascoltare la  sua  Chiesa, e di uniformarsi e sottomettersi alle sue decisioni
religioso e morale, e che si rende colpevole e macchia la  sua  coscienza, ogni qualvolta ricusa di soddisfare a questa
in egual modo dipendente da essa; e tutta la  sua  autorità, sotto questo rispetto, non è assoluta, né
e l' umana famiglia essere di nuovo raccolta dalla  sua  dispersione sotto un padre comune, Iddio (4). Un' altra
un infedele, o un cristiano che ha del tutto perduto la  sua  fede, non troverà nessuna difficoltà ad approvare il
senza peccato », allora, pronunciando la Chiesa in cosa di  sua  competenza, né un uomo particolare, né una congregazione d'
ad aver cura dei riti religiosi, e non credeva di  sua  spettanza tutto ciò che eccedesse le pratiche religiose e
superstizioni, Gesù Cristo pose per fondamento della  sua  la verità, la giustizia, la rettitudine in ogni cosa, l'
specie di perfezione morale. Quindi egli doveva dare alla  sua  Chiesa, come effettivamente le diede, un potere che s'
E la Chiesa ha ed ha sempre avuta la coscienza di questa  sua  autorità maravigliosa, e l' ha sempre e verso tutti
privata. E` dunque il governo civile, per la natura della  sua  istituzione e per il suo fine, obbligato a difendere
preventivi e repressivi, tutti i diritti di quelli che alla  sua  autorità si sottomettono per essere ben governati. Ed è
Ed è naturale, che se il governo civile manca a questa  sua  obbligazione, e rimangono i diritti indifesi, ritorni ad
verso la barbarie, e la società civile, turbata, verso la  sua  dissoluzione, come avveniva sovente nel medio evo, quando
c' è dubbio alcuno, che ogni Stato, grande o piccolo, ha la  sua  Autonomia. Perché dunque ci proponiamo noi una questione
regolato né moderato da cosa alcuna: tutto si riduce alla  sua  volontà: [...OMISSIS...] Ora che cosa è una volontà, che
Poiché da qual' altra cosa ripeterà un tal potere la  sua  regola? Donde prenderà la moderazione, la misura, l' ordine
ciò, che si parlasse dell' onnipotenza dello Stato, della  sua  assoluta indipendenza, della sua Autonomia! Ora voi non
dello Stato, della sua assoluta indipendenza, della  sua  Autonomia! Ora voi non sentite solamente l' eco di una
che esso non è tuttavia un sistema tirannico avente a sola  sua  base l' arbitrio del legislatore civile. Non è dunque
così si riduce l' uomo ad uno stato brutale, spoglio della  sua  propria dignità, che dalla sola morale procede e dalla sua
sua propria dignità, che dalla sola morale procede e dalla  sua  relazione con le cose eterne e divine. Laonde niun uomo
per certo che professa la Cattolica Religione, può dare la  sua  adesione ad un tale sistema, e non anzi pienamente
Stato. Lo Stato, come qualsiasi umano individuo, in ogni  sua  operazione, come abbiamo già detto, deve proporsi, prima di
e la moralità, l' altra l' utilità. Questa seconda è di  sua  natura subordinata alla prima. Lo Stato, come qualunque
divina, qual è quella istituita da Gesù Cristo nella  sua  Chiesa; l' utile poi, essendo cosa umana, può essere
abbracciano queste parole, un' altra legge anteriore alla  sua  e un' altra autorità, che è quella di Cristo e della sua
sua e un' altra autorità, che è quella di Cristo e della  sua  Chiesa. Se voi dite che questa dottrina è del medio evo,
di tutti i tempi; perché la dottrina di Gesù Cristo e della  sua  Chiesa è immutabile, e durerà sino alla fine del mondo; vi
assistenza; e poi facendo entrare le nazioni nella  sua  Chiesa, le accolse a questa condizione, che i loro
se nel bel mezzo di essi non ci fosse il sole, che con la  sua  attrazione ne determinasse loro il corso, e nel debito
quando ha detto: « « Cercate prima il regno di Dio e la  sua  giustizia, e tutte queste cose vi saranno aggiunte » (2). »
politico. Allora essa non si presenta più ai popoli nella  sua  augusta maestà di religione e nella sua imparzialità e
più ai popoli nella sua augusta maestà di religione e nella  sua  imparzialità e quasi impassibilità di giudice del bene e
intorno al quale egli non è giudice competente, perde la  sua  naturale libertà e s' espone al pericolo di commettere
richiede che l' uno e l' altro potere conservi la  sua  libertà di operare dentro la propria giurisdizione, e però
la prima associa e organizza l' umanità relativamente alla  sua  perfezione morale. Ma l' umanità composta di spirito e di
limitati. E non di meno la Chiesa di Gesù Cristo nella  sua  magnifica universalità ed unità, onde riceve il nome di
qualche modo di quella dignità che viene alla Chiesa dalla  sua  divina origine. Che se taluno sfugge ribelle, almeno per
all' ignoranza che non lo intende o non lo abbraccia nella  sua  pienezza. Tale è indubbiamente la dottrina del
della società che gli è commessa, e che egli sacrifica alla  sua  irreligiosa passione. Il legislatore di questa scuola sta
ad esso quello che al popolo è ancor più caro, la  sua  religione ». Cotesti legislatori adunque sono sleali:
progresso dell' empietà. La questione dunque svela così la  sua  indole: non si tratta più di sapere se la legge civile
si dilegua, tostoché si considera la legge civile nella  sua  integrità, e fornita di tutti i suoi elementi essenziali.
si considera che la Religione Cristiana Cattolica per la  sua  stessa essenza non si restringe già alle cose interne e
Per questo fra l' altre cose, Gesù Cristo ha riservato alla  sua  propria autorità il vincolo che stringe la società
Infatti il governo civile mancherebbe al fine della  sua  istituzione, se interdicesse a se stesso la facoltà di fare
gli assegna il diritto: poiché verrebbero a sottrarre alla  sua  potestà non solo le cose riguardanti la religione, ma anche
calma per intendere che il governo civile, secondo la  sua  istituzione e il suo proprio vantaggio, è obbligato a far
ai propri doveri religiosi e agli spontanei movimenti della  sua  pietà, senza che per questo motivo venga a patire molestia
piemontese. Che anzi, se ci fu mai legge che fino dalla  sua  origine portasse con sé i caratteri storici dello spirito
crede d' essere sicuro del fatto suo, svela senza pudore la  sua  faccia: seguitiamolo ne' suoi passi a quel tempo e in
secoli aveva insegnato la Religione Cattolica: secondo la  sua  parola, che è parola di verità, il matrimonio non fu mai e
de' funestissimi effetti di questo nuovo matrimonio di  sua  invenzione, si va ogni dì più convincendo del suo antico
stranamente falsata, ed è pur necessario restituirle la  sua  vera forma, che non può essere altra che questa: Si ricerca
un atto qualunque non proibito dalle leggi, che emani dalla  sua  fede religiosa », egli è evidente, che non ci può essere
di coscienza, e che perciò la legge civile è sempre, per  sua  propria essenza, liberalissima. A valutar bene a solo colpo
atto qualunque non proibito dalle leggi, che emanasse dalla  sua  fede religiosa ». E` vero che i cristiani non potevano fare
né impedito a fare un atto qualunque che emani dalla  sua  fede religiosa, con la restrizione che questo atto non sia
un modo così assurdo. Poiché, riducendo, la questione alla  sua  generalità, noi domandiamo loro: si devono o non si devono
scheggia, né manco un atomo. Infatti la Religione, per la  sua  propria essenza, o è tutto o è nulla: i cattolici lo
bene. All' incontro la Religione Cattolica è di natura  sua  così inflessibile, sapete voi perché? perché è divina.
s' appoggia la dignità e la nobiltà del vivere umano e la  sua  viltà e ignobilità. Il nostro discorso adunque non può
lo accordiamo, ma neghiamo che il governo civile abbia alla  sua  volta il diritto d' impedire l' operar vizioso e immorale;
del governo ha i suoi limiti, determinati dal fine della  sua  istituzione, e che la sua autorità a cagione di questi
determinati dal fine della sua istituzione, e che la  sua  autorità a cagione di questi limiti non può arrivare fino
consegue che anche il governo civile, non possa prendere a  sua  direzione altra norma o regola, che la sola utilità. L'
generale che perdesse una battaglia, benché senza la menoma  sua  colpa. Le vite dunque e le sostanze de' cittadini, ammessa
umana. Per compenso questo governo tirannico potrà essere a  sua  voglia licenzioso, purché da' suoi calcoli utilitari
altro scrittore italiano, di nuovo lo rimettesse sulla  sua  base naturale ed eterna, rovesciata da sensisti e da quello
più volte al giorno, e che non sia sì persuaso della  sua  verità che non rispondesse colle risa a chi mostrasse di
cose sue alle procelle del mare; ma tranquillissimo nella  sua  casa o nel suo casolare, o anche a cielo sereno, si
a cielo sereno, si riputerebbe ricchissimo in poco d' ora a  sua  voglia, ripensando tutti i tesori possibili e facendoli
e del reale, che non ha la menoma colpa al mondo della  sua  confusione. Colui dunque che filosofando è pervenuto a tal
di sue ricerche! Questi non sarà mai soddisfatto, colpa la  sua  presunzione. Voi sapete il detto del Montaigne, che « « l'
colori prismatici, o le loro tinte, non il marmo nella  sua  lucidezza; ma cerca ciò che queste materie reali esprimono;
sia venuta al reale, come da tipo o causa esemplare, la  sua  perfezione. E ciò non meno dell' opere della natura che
onde il gentil Filosofo fiorentino dalla bellezza della  sua  donna argomentava all' altezza di quella mente divina in
2 che il reale ha una dipendenza dall' ideale, come da una  sua  causa, cioè dal suo tipo od esemplare, senza del quale il
uomo ideale, il tipo d' un uomo, un uomo contemplato nella  sua  possibilità. Or non ripugna egli a dire, che la mente sia
egli a dire, che la mente sia un uomo contemplato nella  sua  possibilità, sia un uomo possibile? Anzi ella è reale, per
essa non è l' uomo possibile. Quando l' artista forma nella  sua  mente un disegno, che poi eseguisce al di fuori colla
materia, si dirà egli che abbia eseguito al di fuori la  sua  mente? La mente dell' artista non si può eseguire al di
ed altro è il movimento che egli dà alle zolle colla  sua  zappa, e così dicasi di tutti gli atti. Ma vediamo un po'
l' inventore del battello a vapore l' ebbe composto nella  sua  mente, non solo potè eseguirlo egli stesso, ma potè darne
eseguire da' lavoratori. Ora potea egli dare ad altri la  sua  stessa mente che ha inventato il battello, e farla loro
a vapore. L' idea dunque d' una cosa ha questa speciale  sua  qualità di poter essere eseguita replicatamente quanto si
che l' inventore del battello a vapore avesse, mediante la  sua  idea, popolati i mari e i fiumi di battelli a vapore, egli
d' altri esseri che operano su di lui, parte in virtù della  sua  propria spontaneità: insomma anche lo spirito reale è
in un' altra, altro non fa la mente che trasportare la  sua  attenzione da un' idea ad un' altra, ma a condizione di
qualsivoglia idea, qualsivoglia ente e contemplatelo nella  sua  possibilità. Voi vi accorgerete a non dubitare, che questo
ed impassibile. Dunque l' essere ideale è di natura  sua  eterno , e non può soggiacere alla legge del tempo; che non
è un' entità da esso distinta. Dunque il reale, secondo la  sua  propria essenza, esiste senza cognizione, e questa nè lo
No per certo; dunque quell' idea non ebbe bisogno della  sua  corrispondente realità per isplendere nella mente al
esistono tutte le idee; e basta che la mente le rivolga la  sua  attenzione perchè la vegga. Egli non potrebbe mica
i pregi loro e i difetti, se non possedesse già prima nella  sua  mente una regola diversa da tali idee, secondo cui portar
mentale dell' opera sua, se egli già prima l' avesse nella  sua  mente e con un solo sguardo il potesse intuire. - Il dir
la mente che viene ammaestrata ed esercitata a dirigere la  sua  intuizione più tosto ad un' idea che ad un' altra, non
non si conosce, dunque la cognizione di lui è fuori della  sua  essenza. Se l' essenza del reale non ha la cognizione,
ha fatto altro che render l' uomo atto a contemplarla colla  sua  mente, eccitandolo, dirigendolo, determinandolo. Ma per
che il reale sarebbe essenzialmente conoscibile. Ma la  sua  conoscibilità, la sua idea, sarebbe forse per questo lo
essenzialmente conoscibile. Ma la sua conoscibilità, la  sua  idea, sarebbe forse per questo lo stesso che la sua
la sua idea, sarebbe forse per questo lo stesso che la  sua  realità? Non ancora; chè il reale rimarrebbe sempre il
qui trovato che un carattere negativo, la mancanza di luce  sua  propria e, per così dire, l' opacità. Qui dunque si
l' essere ideale, appunto perchè questo è intelligibile per  sua  essenza, e quello all' opposto per il lume di questo.
l' ente ideale. Se dunque l' intuizione dell' ideale ha per  sua  propria natura che dall' oggetto intuito s' escluda il
Non d' altro che dell' idea di esso che possiede nella  sua  mente. Dunque il reale si conosce per l' ideale, benchè
medesimo oggetto ridotto all' atto non aggiunge nulla alla  sua  cognizione. Infatti, se il medico, per tenerci all' esempio
essere scopo dell' intuizione . Converrà dunque che la  sua  cognizione si acquisti per tutt' altro modo; vi dovrà
conosce il reale; non la osservano dico, perchè di natura  sua  è sempre congiunta indivisibilmente alla cognizione dell'
nostro proprio sentimento noi possiam riscontrarlo nella  sua  essenza, ed intendere che è l' ente stesso di prima che noi
quale è passato ad un nuovo suo atto, ad un atto che nella  sua  stessa essenza si conosce. Poniamo ben l' attenzione all'
nel suo modo ideale. Infatti la percezione del reale ha una  sua  unità, se ella si considera come procedente dall' unità
Lo spirito unico si riferisce all' essere unico: la duplice  sua  potenza si riferisce al duplice modo dell' essere. L' una e
può desiderare quant' egli voglia, può fare degli sforzi a  sua  possa; ma l' idea del colore non se la procaccierà, perchè
cosa, ma in un modo diverso , in un modo ideale, nella  sua  possibilità. Dunque l' idea dell' albero, del bruto, dell'
si parla non fosse che meramente sensitivo, finirebbe ogni  sua  operazione nel senso dell' albero, del bruto, o dell' uomo,
, ma quella realità che nell' idea ha il suo tipo, la  sua  conoscenza, la sua intelligibilità: perocchè certo che non
che nell' idea ha il suo tipo, la sua conoscenza, la  sua  intelligibilità: perocchè certo che non si potrebbe
oltre questo; riceve dunque da questo i suoi limiti, la  sua  determinazione. Ma se l' esistenza che lo spirito afferma
l' essere reale se non avendo già nella mente l' idea  sua  propria determinata; non potremmo affermarlo colla sola
tuttavia non l' applichiamo già al reale in tutta la  sua  estensione e infinità, non la predichiamo tutta del reale,
tornano a caderci nel sentimento, senza però che cangi la  sua  natura, rimanendosi sempre ed ugualmente porzione, se così
concepiamo la divisione della materia se non mediante la  sua  composizione e moltiplicità, di modo che qualora
è la mente nostra, il nostro spirito che accoppia nella  sua  unità il reale coll' ideale corrispondente. Accoppiare l'
che consista la determinazione dell' essere universale e la  sua  limitazione. Infatti da ciò che dicevamo risulta
osserva il rapporto e nell' essere universale fissa colla  sua  attenzione que' punti di essere che s' identificano col
bella e trovata - . Ella non differisce dunque nella  sua  essenza dall' idea dell' essere universale; è quella stessa
particolare e sensibile non abbisogna di tutta la luce  sua  proria, ma dirò così di un solo raggio; è limitazione
nelle menti nostre l' idea speciale, quest' idea dee la  sua  origine ad un' altra affermazione precedente che applicò
di tutte nella mente risplende. Se l' idea speciale dee la  sua  origine alla prima affermazione che abbiamo fatto di un
dall' atto della mente sono i suoi limiti, il suo modo, la  sua  determinazione. E tutto ciò conferma vie meglio quello che
che la realità esterna cade nel nostro sentimento colla  sua  azione, immutando appunto il nostro abituale sentimento con
la realità si conosce prima nell' idea, cioè si conosce la  sua  essenza, ma non si sa colla sola idea, se questa essenza
questa persuasione, questo stato dell' animo , di natura  sua  si conserva come tutte le altre persuasioni, come tutti gli
chiama Gio. Stefani senza che ricordiamo menomamente nè la  sua  fisonomia, nè la sua statura, nè il suo vestito. Qui non
senza che ricordiamo menomamente nè la sua fisonomia, nè la  sua  statura, nè il suo vestito. Qui non solo ci resta la
cosa percepita, io posso conservare la cognizione della  sua  sussistenza, perchè dura in me l' effetto di quel sì che ho
del reale come reale. Ora questo modo del reale, questa  sua  attività relativamente al mio sentimento appartiene ella
quest' attività del reale su di me dalla persuasione della  sua  sussistenza. E bene, egli è chiaro in tal caso, che ella
quali effetti egli valga a produrre tali che determinino la  sua  natura: questa maniera di cognizione riguarda la
altri enti a noi noti, ma non racchiude il modo della detta  sua  attività. Sappiamo che è, non sappiamo come è. Positiva
d' un ente, per la quale conosciamo per esperienza la  sua  attività propria e caratteristica nel sentimento nostro;
le cognizioni precedenti alla riflessione, e che diventano  sua  materia? Saranno forse cognizioni acquistate colla
prime specie di cognizioni, queste sole danno in fine la  sua  materia alla riflessione umana: la riflessione umana non
andare in modo alcuno. Sia pure che la riflessione, colla  sua  mirabil potenza, cavi infinite cose da quella materia che
più. Lo stesso Aristotele, miei signori, che avea data la  sua  principale attenzione alla cognizione riflessa, siccome
sostanziali , e in essenze accidentali . Ogni cosa ha la  sua  essenza; se consultiamo l' origine della parola essenza
di ogni entità; e tuttavia anche il nulla ha per noi la  sua  propria essenza. Tant' è vero, che noi distinguiamo il
si dice nulla. Se il nulla si diffinisce; dunque ha la  sua  essenza: se il nulla è il termine di una relazione, e
di una relazione, e perciò ha certe proprietà; dunque ha la  sua  essenza: ma non l' ha già fuori della mente, appunto perchè
animo in cui resta privo dell' ente e s' accorge della  sua  privazione, e la pronuncia. Tutti gli altri esseri mentali,
a tal tempo, a tal secolo, l' umana mente avrà esaurita la  sua  prodigiosa fecondità? Chi anzi non dovrà considerare per
sapere è inesauribile, e non può trovarsi un termine alla  sua  attività. Ma, miei signori, rovesciamo la medaglia. Non ci
in essi due effetti diversi. L' uno rimarrà pago della  sua  cognizione, e si crederà d' essere appieno istruito intorno
e quindi i corpi in quanto sono sensibili: l' essere è per  sua  propria essenza così assoluto che non può mai
è l' essere assoluto. Egli dunque inclina e tende per  sua  natura a volere avere delle cose una cognizione assoluta, e
assoluta anche in quella cognizione che è per natura  sua  relativa. Ma questo è impossibile: può lusingarsi per
e conosce che egli vuole l' impossibile. Allora confessa la  sua  ignoranza, allora arriva fin anco a dire di nulla
ed assoluto, e non può esser altro, perchè è tale per  sua  essenza. Sebbene dunque questo elemento ideale e oggettivo
vuol portare il suo giudizio temerario al di là della  sua  cognizione. Ma non solo erra chi ignora e pretende di non
e la certezza pratica sia necessariamente speculativa nella  sua  parte formale ed ideale, e quindi possa ella stessa essere
intellezione medesima; anzi tale che l' intellezione di  sua  natura la pone come distinta. Ma questo oggetto, noi
tale facoltà da cangiare in oggetto suo anche ciò che di  sua  natura, cioè ristretto a se stesso, è meramente soggetto;
che è conoscibile per se, ciò che è intelligibile per la  sua  propria essenza; poichè niuna cosa è intelligibile se non è
di natura, v' ha semplicità sì perfetta, che l' essenza  sua  non ammette neppure distinzioni reali di sorta alcuna. E
e lume di nostre menti, il quale si riduce in Dio come una  sua  appartenenza (1), basta ella sola a distruggere ogni
dunque, con cui si conosce una cosa reale, involge, come  sua  condizione intrinseca, che noi nel nostro interno
scienza » confessando con ciò che, al presente almeno, la  sua  è una dottrina riputata panteistica. Ma concedetemi che io
come quella che esprimeva nel modo più proprio tutta la  sua  dottrina. Udite, o signori, la sua confessione nell'
più proprio tutta la sua dottrina. Udite, o signori, la  sua  confessione nell' Avvertenza premessa all' opera « del
specie di sostanze corporee, prende forse ad oggetto della  sua  dottrina i corpi spogliati di materia? o volendo esporre la
cose, ed è Dio stesso. Risovvenitevi del Capo IV della  sua  « Introduzione allo studio della Filosofia », dove questo
a dichiararlo panteista, se vogliamo attenerci alla  sua  propria confessione. Tornando dunque alla definizione dell'
e non Dio, conosce la materia delle forze finite sotto una  sua  propria forma e non più, il che si oppone a quanto insegna
e però noi non attribuiremo mai un tale errore alla  sua  persona) esclude ella altresì il panteismo che si trova
senza che tuttavia egli dica che Iddio sia identico colla  sua  fattura, che anzi egli distingue benissimo l' emanante
dell' uomo, che la distacca dirò così dall' idea nella  sua  concretezza? Con questo dogma filosofico il panteismo
altra pagina del Gioberti, e vedere che cosa vi troviamo a  sua  discolpa. [...OMISSIS...] . Qui subitamente già troppe cose
astratte siccome sono le idee generiche: sovverrà che nella  sua  terza lettera al professor Tarditi, dopo aver pronunziato
del corpo, che è quanto dire di conoscere il corpo nella  sua  possibilità? Non ci ha dubbio che l' idea di corpo c' è in
percepiamo e conosciamo non la possibilità del corpo, ma la  sua  stessa realità; questo corpo che è qui, ora; la sua
ma la sua stessa realità; questo corpo che è qui, ora; la  sua  materia, la quale in Dio non si trova, che anzi ella ha
conosciamo la causa del corpo, o il corpo in quanto è nella  sua  causa, cioè in Dio? Neppur questo, poichè, per dirlo di
l' effetto sostanzialmente e realmente nella divina  sua  causa, converrà di nuovo rinunziare al giobertianismo,
i quali dicano Iddio identico a ciò ch' egli produce colla  sua  propria sostanza. Egli confessa che Iddio è causa libera;
netto e sincero? Il zelo puro e sincero suol avere per  sua  guida la discrezione e la verità, nè suole eccedere in
di cui si parla non sia nulla; questione che riguarda la  sua  natura, perchè di ciò che è nulla non si cerca l' origine.
sussistenze reali. Quante volte non si pensa un ente nella  sua  pura possibilità senza più? Ma quello che maggiormente
Certo che l' astratto, il possibile, l' idea pura ha la  sua  entità, non è nulla; ma la questione non cade qui; la
lato finito: in quanto è infinito ed universale cioè nella  sua  parte positiva, egli è un raggio di Dio, un lume del volto
noi divino; in quanto poi è finito e limitato, cioè nella  sua  parte negativa, intanto a lui si appartiene il nome che gli
è quella confessione che noi vogliamo raccogliere dalla  sua  bocca. Che se noi abbiamo ragionato bene dicendo che quest'
in sul piè. Forse perchè, essendo ideale, dee aver per  sua  sede qualche mente reale? Questo non prova che s'
si può giammai confondere con esso lui; che anzi è per la  sua  stessa essenza inalterabile ed inconfusibile, ed ha natura
possibile, ideale, comunissimo »; raccolgo cioè essere la  sua  sentenza intorno alla natura di quest' essere tutto
adunque questi accessorj, cerchiamo d' intendere bene la  sua  mente nel principale. Ed i passi citati sono chiari. Egli
che non ci illuda con pompose parole; che lo ammetta nella  sua  filosofia, non nella sua credenza, sulla quale noi non
parole; che lo ammetta nella sua filosofia, non nella  sua  credenza, sulla quale noi non moviamo alcun dubbio, nè
sgarrate, quasi scudo messo avanti a protezione di  sua  dottrina, egli ritorna a sè medesimo, e vi dice netto, che,
si divide coll' astrazione il centro d' un circolo dalla  sua  periferia. Ora udite, che divisione sia questa, e se basti
vera similitudine, nè avervi alcun genere comune. Questa  sua  similitudine è fondata, secondo il Gioberti, nell' Ente
ed una modificazione sola, il che corrisponde alla  sua  dottrina sull' unicità dell' oggetto del sapere, di che
senza alcun sospetto, dove stima bisognarli per la  sua  causa. Perocchè avendo sempre nel corso de' suoi volumi
possibile, comune a Dio e alle creature? Lasciamo pure la  sua  gran parte alla confusione delle idee che cozzano nell'
quanto abbiamo detto finqui mostra assai manifesto, che la  sua  creazione non è per avventura la creazione della cristiana
identica in Dio e nelle creature. Dunque, secondo la  sua  dottrina, Iddio coll' azione creatrice trapassa nelle cose
sostiene che la realtà non si può conoscere che nella  sua  ragione necessaria, la quale è Dio. Ora se questa ragione
primo la virtù informatrice dell' Idea ripetendola dalla  sua  VIRTU` CAUSATRICE, la qual virtù causatrice è quella
forma delle medesime; ma di più egli passa colla  sua  propria concretezza a costituirle, e così le crea; perocchè
o a Dio? Il signor Gioberti vi dice conseguentemente alla  sua  teoria dell' atto creativo, pel quale l' intelligibile
a talchè il proprio concetto di questo racchiuda come una  sua  parte l' atto creativo, ciò che pure sostiene il nostro
numericamente dall' intelligibilità divina, giusta la  sua  dottrina; dunque l' intelligibilità divina s' immedesima
la taccia di panteista basti che l' Autore dichiari sulla  sua  parola di non essere, e qua e colà sparga a piene mani
subbiettivamente, le quali lo spirito umano si forma colla  sua  riflessione, e tuttavia, secondo il Gioberti, l' Ente
può dimostrare per via di raziocinio (3), ci assicura sulla  sua  parola d' onore ch' egli la vede proprio immediatamente e
idea, che è la potenza, attuandosi diventi cosa, che è la  sua  attuazione ed effettuazione, conviene che l' idea e la cosa
ond' è che il contingente è intelligibile nella  sua  concretezza senza bisogno d' altra idea o mezzo di
qua un luogo, signori miei, molto atto a farci conoscere la  sua  mente. Egli riduce la creazione ad una individuazione delle
del mezzo d' alcun' altra idea, riuscì a quella solenne  sua  conclusione, che Iddio è l' universale ed immediato oggetto
che il Gioberti dà del generale in sè stesso, e nella  sua  radice; la quale giunta « nella sua radice »parrebbe, a dir
in sè stesso, e nella sua radice; la quale giunta « nella  sua  radice »parrebbe, a dir vero, superflua, dopo aver detto
determinato, in cui l' individuale contingente concentra la  sua  realità; ma continuiamo: [...OMISSIS...] . Così il signor
perchè Iddio, secondo il Gioberti, è l' idea generale nella  sua  generalità, mentre le creature sono l' idea generale nella
generalità, mentre le creature sono l' idea generale nella  sua  individuazione; onde l' idea generale si chiama sostanza
generale si chiama sostanza prima, e l' idea generale nella  sua  individuazione si chiama sostanze seconde. La creazione è
dell' uomo sorgente del generale, come egli ci imputa colla  sua  solita infedeltà; diciamo anzi che la mente non crea, ma
non differendo che nella forma. Ecco come ripete questa  sua  teoria: [...OMISSIS...] . Quindi conchiude che il generale,
è il contingente, cioè Iddio stesso che concentra la  sua  realtà in un punto individuandosi. [...OMISSIS...] .
che è l' essere necessario e infinito, cioè Dio, e della  sua  individualizzazione, che è l' atto creativo, il qual atto
trasformazione di Dio medesimo, conviene vedere e Dio e la  sua  trasformazione per averne la percezione. Ora io credo che a
Dio trasformato, così l' idea, cioè Iddio, anch' egli alla  sua  volta sia le cose trasformate in senso contrario, cioè
obbiettiva. Udite ora come il nostro Filosofo applichi la  sua  teoria della creazione a spiegare il valore della
nella [...OMISSIS...] . Il corpo materiale adunque nella  sua  concretezza insiede in Dio, e partecipa a Dio, ed è questa
di Gioberti) individualizzata, e non l' idea generale nella  sua  generalità: non è l' idea generale oggetto dell' intuito,
questo riferirsi? Nell' emergere, dice il Gioberti, dalla  sua  causa per mezzo dell' individuarsi che fa questa causa,
Iddio partecipato in un modo finito, il corpo stesso nella  sua  realità e individualità ha la natura di Dio, benchè in un
non si esprime il corpo in genere, ma in individuo, nella  sua  concretezza e materialità), non credete, che dicendo « è
delle cose ch' egli neppure può conoscere nella presente  sua  condizione, o certo ch' egli non può comprendere, benchè
percepita, quando noi ne sentiamo in noi stessi l' azione  sua  propria, cioè un' azione tale che non può venirci altronde,
ubbidire al gentile invito che Ella me ne fa nella pregiata  sua  lettera. E le aggiungerò, quanto a ciò che Ella mi dice,
e se ci raccomanderemo a Dio, a Gesù Cristo, alla  sua  Madre, e a tutti i Santi. Voi pregate per me, ed io farò
che forma lo spirito del nostro maestro Gesù Cristo e della  sua  religione? Questo, questo, o fratel caro, si è il segnale
che ho avuto il singolare contento di avere conosciuta la  sua  egregia persona, il suo nobile e religioso pensare, la sua
sua egregia persona, il suo nobile e religioso pensare, la  sua  attività e le sue cognizioni, già mi sento venire in cotale
per ciò con questo possesso a dirittura della carissima  sua  amicizia. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.21 Io stesso
Lei tracciato de' Figli della Carità , e comunicatomi, per  sua  singolare gentilezza, col mezzo di mia sorella Margherita.
i semi ed estendere i pensieri da Lei sparsi nella  sua  pregiatissima. Sono entrato nelle sue idee? Ho interpretato
che sento essere diverse, e di ogni cosa intorno alla  sua  cara persona, che tutto mi sarà graditissimo. Si accinga
anche di fatto) aiutata e sostenuta nella diffusione della  sua  santa opera! Così si può dire di ognuno, a cui il Signore
e la edificazione del prossimo. In fatti la religiosissima  sua  lettera, in cui traspira la sua bell' anima e il suo
In fatti la religiosissima sua lettera, in cui traspira la  sua  bell' anima e il suo ardente amore di giovare veramente
che giovano ai nostri particolari interessi, anzichè alla  sua  gloria: allora io mi confido che tanto faremo, quanto
della Carità. Il sentire il principio di questa santa  sua  impresa a me fu d' incredibile consolazione, perchè ne
ed io credo che gli piaccia. Prosegua adunque con quella  sua  costanza che nè pure ha bisogno di conforti. In quanto al
che ciò avvenga farò nella lettera qualche cenno della  sua  venerata persona, della istituzione delle Sorelle della
delitto, e non potreste ottenere in nessun modo la  sua  benedizione. Guai a colui che gioca colle cose sacrosante e
ciascun Santo ha di proprio, come le lezioni che narrano la  sua  vita, o qualche altra orrevole distinzione. Sicchè
Ella non ha potuto risparmiarmela se non per un atto della  sua  somma virtù. Ma le dirò (non già per sottrarmi a quanto mi
illustrissima non me n' ha detto più nulla nell' ultima  sua  lettera, ma crede Ella per questo che mi sieno usciti di
società di laici da me proposta: sono venuto al tutto nella  sua  opinione: giova che sia congregazione di sacerdoti. Ma
più, aspettando maggior lume dal Signore a riconoscere la  sua  santa volontà. Io non posso a meno che aprire alla sua
la sua santa volontà. Io non posso a meno che aprire alla  sua  saviezza e prudenza quanto ho considerato intorno a questa
o inclinazione a incorporarsi nel ministero posto nella  sua  Chiesa da Gesù Cristo; non le pare che riceverebbe non so
Quanto mi piace il concetto che ho sentito più volte dalla  sua  bocca, che bisogna avere un cuore grande; che il nostro
e per me credo fermamente, che Iddio vorrà procacciare alla  sua  misericordia anche questa gloria, che, mediante la carità
del Pastore, quando disse « il buon Pastore pone la vita  sua  per le pecore »avendo già detto « che nessuno ha maggior
« che nessuno ha maggior carità di quello che dà la vita  sua  per gli amici ». La professione adunque del ministero
Ella mi risponderà di non negare allo stato pastorale la  sua  perfezione, ma di conoscerla sommamente difficile a
di starne privi e nascosti, che non ad un Ordine che per la  sua  natura ammettesse anche queste dignità. Ma osservi oltre di
un impianto contemplativo e facendo, per elezione  sua  propria, i soli uffici dell' orazione e dello studio, e
atto il sommo officio di pastore, che è quello di dare la  sua  vita per le sue pecore, esercita la maggiore dignità della
e mi creda A. R.. [...OMISSIS...] 1.26 Permetta la carità  sua  che venga anche con una lettera da Lei, dopo essere stato
gli uffizi del ministero instituito da Gesù Cristo nella  sua  Chiesa, come quelli che contengono la carità più
coloro che egli manda a diffondere gli effetti della divina  sua  carità fra gli uomini, e non volendo fare nulla da sè, ma
spirituali del Vangelo e della costituzione da Lui alla  sua  santa Chiesa assegnata e stabilita. E` stato detto nel
gli uffizi del ministero instituito da Gesù Cristo nella  sua  Chiesa, come quelli che contengono la carità più
delle sue pecore, poichè il buon pastore pone la vita  sua  per le pecore sue; sicchè vi è inchiuso altresì qualunque
amico, per lettera; tuttavia ho avuto sempre presente la  sua  stimabile persona, della cui amicizia mi compiaccio come d'
della Carità. Avendo io tutta la fiducia in Lei, a che la  sua  carità mi dà sempre nuovi conforti, e non essendo ancora
a ciascuno dei quattro paragrafi nella veneratissima  sua  lettera contenuti. Il primo paragrafo riguarda la vastità
tutto ciò, nel cercare di fare tutto quello che per la  sua  instituzione potrebbe fare, tutto quello che non gli è
per essere atto ad estendere più che gli sia possibile la  sua  carità, quando il Signore gliene presenta occasione. Il
la quale non passa alla cognizione del pubblico per  sua  natura ma per accidente. Lo spirito della Congregazione poi
soggetti, farà di più; se ne avrà pochi, farà poco; e la  sua  legge sarà quella del buon Tobia; « quomodo potueris, ita
di Gesù. S. Ignazio conobbe la forza che avrebbe la  sua  religione, introducendovi la maggiore uniformità possibile
una persona, che abbia cominciato l' anno trentesimo della  sua  età. A quest' anno l' uomo, mediante le discipline della
non già nel potersi amare troppo un religioso instituto di  sua  natura, perchè egli nel suo ordine è infinitamente amabile,
sangue, e delle quali ha detto, che il buon pastore dà la  sua  vita per le sue pecore! L' amore dunque, che si porta alla
non è stato Abramo quello che abbia scelta la serva per  sua  sposa. Se Abramo avesse sposato solamente Agar, questa
la padrona: ma avendo già Sara, Agar viene tenuta nella  sua  naturale soggezione e servitù, e viene anche licenziata, se
dunque che è insieme religioso, riconosce nella Chiesa la  sua  sposa, e nella società la serva, la quale viene sempre
preti. Finalmente speriamo in Gesù Cristo: atteniamoci alla  sua  missione: questa missione ci inspiri coraggio: da questa
da questo, non sarebbe più quell' Instituto in tutta la  sua  perfezione, ma ne sarebbe un altro. Mostro la lettera prima
ha bisogno di nessuno; e di più egli ha gelosia di questa  sua  gloria, a segno che confonde indubitatamente quelli che
quelli che credono di fare qualche cosa di vantaggio alla  sua  gloria e alla sua Chiesa, da se stessi. In conseguenza di
di fare qualche cosa di vantaggio alla sua gloria e alla  sua  Chiesa, da se stessi. In conseguenza di quest' intima
che vuole, e che nulla avviene senza che sia regolato alla  sua  maggiore gloria, al suo più compiuto trionfo. Che dunque
si degni di adoperarlo come istrumento a qualche  sua  opera, acciocchè la gloria di Dio risplenda nella sua
sua opera, acciocchè la gloria di Dio risplenda nella  sua  infermità. Egli non sa dunque ancora niente delle
le nostre opinioni debbono essere regolate a seconda della  sua  misericordiosa generosità. Ecco lo spirito, mio caro, a cui
sembra l' Instituto alquanto indeterminato e sparso per la  sua  estensione, perchè non ho avuto tempo di comunicarvi
da se stessa, quanto è bastante per avere solidità. La  sua  definizione sarebbe, dovendo ridursi a poche parole, la
eseguire i doveri del suo stato presente, e consumare la  sua  santa vocazione. Egli è di qui che riceverà i lumi per bene
abbandoniamo in Dio, allora egli ci dà il suo coraggio e la  sua  stessa fortezza. Non posso che confortarla a sempre più
giacchè chi confida in Gesù, e chi a lui abbandona la  sua  sorte, e tutte le cose sue, è certo che Gesù fa per lui.
il quale ha cessato per amore di Cristo di pensare colla  sua  mente, pensa Cristo; e in quello che ha cessato di agire
parmi che quanto dico non sia che un commentario alla cara  sua  lettera. Finirò con S. Paolo: « gaudium et pax »: quiete e
pure il fo indegnamente. Mentre scriveva questa, ricevo la  sua  de' 19, nella quale trovo qualche pensiero simile a quello
di noi stessi congiungendola alla conoscenza della  sua  bontà, perchè al tutto non ci atterrisca, non ci
1.2. Ieri sera quando Ella mi ha favorito della  sua  conversazione, io ho manifestata la massima, « che quando
di tranquillità. Se Ella presentemente che è, come la  sua  umiltà suole dire, al principio dell' istruzione religiosa,
a dare attenzione a questi riflessi che sottometto alla  sua  saviezza. Io mi sono creduto in dovere di coscienza di fare
Voi ne benedite il Signore e non desiderate che di fare la  sua  adorabile volontà. Voi siete disposto a sopportare tutte le
da farsi da noi, non secondo la nostra, ma secondo la  sua  adorabile volontà ». Mio caro, io spero che l' aria del
della santa quaresima, ho ricevuto la cara e pregiata  sua  lettera. La ho ricevuta oggi, sebbene porti la data de'
pericolo, in questo spavento la carità degli amici; la  sua  carità in particolare, quel suo sacrificio. Ah il Signore,
nostre miserie si compiace, e fa in quelle risplendere la  sua  pietà. Per altro quanto non è pure pericolosa questa vita,
petizione, perchè non ha limiti, non ha misura alcuna la  sua  potenza. Domandiamogli la nostra perseveranza;
del Padre, perchè accada tutto alla maggiore gloria della  sua  grazia; che avvenga il suo regno di cui Cristo è il Re,
tutte le genti, farsi serve tutte le cose; che sia fatta la  sua  volontà come ne' cieli, cioè ne' suoi santi, così sulla
danno tanto a sperare. Io ho estremo bisogno di lui, della  sua  attività, del suo zelo. Io sono inerte, indeciso nelle
null' altro, se non che ci santifichi secondo l' eterna  sua  preordinazione: così nella sua volontà ci adageremo
santifichi secondo l' eterna sua preordinazione: così nella  sua  volontà ci adageremo interamente. Il suo cuore lo rivolga
in memoria di quella fatta dal Signore, aspettando la  sua  parola e la sua venuta. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...]
di quella fatta dal Signore, aspettando la sua parola e la  sua  venuta. [...OMISSIS...] [...OMISSIS...] 1.2. La volontà del
non per consultare il Signore, acciocchè egli manifesti la  sua  adorabile volontà. E certo Egli non ci lascia all' oscuro.
vi dico il vero, io per me non ne dubito, e spero nella  sua  infinita misericordia che, facendo ciò che fo, io faccia
scelta, purchè il Signore non dimostri essere diversa la  sua  volontà, purchè non ci attacchiamo nè al basso nè all'
esercitare i sacerdoti. Gesù Cristo dimostra a tutti la  sua  volontà: ognuno l' adempia: la donna, l' uomo, il
l' adempia: la donna, l' uomo, il Sacerdote: ognuno ha la  sua  periferia; nessuno la restringa a se stesso, ma sia
egli è impossibile che non senta il suo allontanamento e la  sua  privazione. Egli è vero che co' piedi del cuore, anzichè
chiama, debbe garantirli egli, ed è fedele e verace. Alla  sua  voce ubbidiamo e prestiamo fede alla sua misericordia.
e verace. Alla sua voce ubbidiamo e prestiamo fede alla  sua  misericordia. Circa quello che dite delle sostanze
d' essere al mondo voi solo e Dio; e deliberate in  sua  presenza: così non confiderete negli uomini e molto meno in
adagio; s' intende fino che non siamo ben certi della  sua  volontà: così viviamo alla giornata, ed insieme nella
sminuirsi, mi fa credere che il Signore vi destini nella  sua  misericordia a una vita di un servizio prestato a lui più
dell' inimico ed è questo. Egli si sforza di stornare la  sua  mente dal pensare e ben conoscere i propri difetti,
Dio che fa ciò e per non essere svagato dall' opera della  sua  emendazione, e dal conformarsi alla sua santa legge. E si
dall' opera della sua emendazione, e dal conformarsi alla  sua  santa legge. E si vede l' illusione anche dai falsi
siamo a questo mondo; 4 La viva fede in Dio , cioè della  sua  grandezza, del sommo bene, del tutto ch' egli è per noi;
soddisfatto; e non sarebbe impossibile che alla carità  sua  piacesse di dire forse qualche parola a noi favorevole, e
del Signore e Redentore nostro Gesù, e di Maria Santissima  sua  madre, rimanendoci da parte nostra tranquilli e costanti ,
viva fede in lui, certi che egli disporrà ciò che è della  sua  maggiore gloria, e che non ci lascierà senza guida, perchè
ci salvi nel modo migliore, e provveda alla Chiesa diletta  sua  sposa, acquistatasi col sangue suo. Vi prego di fare anche
dispone tutte le cose per nostro bene e per quello della  sua  Chiesa, dobbiamo altresì sofferire con pazienza questa
poco alla volta, e, se noi siamo deboli, ci soccorre colla  sua  mano, quando noi non operiamo di capo nostro, ma dietro la
mano, quando noi non operiamo di capo nostro, ma dietro la  sua  adorabile Provvidenza. Io per me vi assicuro che ho
Io vedo la mano di Dio sopra N. N., e la traccia di una  sua  grande misericordia. Qual dubbio che questa temporanea
pure allegramente, ma per Iddio, per Iddio solo. La  sua  santa legge sia la lucerna de' nostri pensieri, le parole
A Dio, mio caro in Gesù. Gesù v' innamori sempre più della  sua  croce, che è il tesoro maggiore che abbiamo: umiliamo sotto
[...OMISSIS...] 1.29 Mi parla spesso il buon Padulli della  sua  persona, delle tribolazioni colle quali il Signore la
ed era tanto umile che non esigeva che fosse creduto alla  sua  sola parola. Questa adunque sia il nostro modello e la
ed accendono in noi veramente l' amor di Dio, che è la  sua  grazia che si comunica agli umiliati. Sento che Molinari l'
acciò Iddio ci salvi, e ci faccia esecutori fedeli della  sua  volontà che è la piena nostra santificazione. Le cose che
di lume: e questo lume, lucerna a' nostri piedi, sia la  sua  legge. [...OMISSIS...] 1.30 Ciò che mi dite di
del nostro spirito, e lo spoglia dell' interezza della  sua  forza, colla quale egli dovrebbe tendere nel solo Dio e a
che pochi momenti da pranzare e cenare fuori d' ora. La  sua  robustezza lo assiste, è vero, ma niente varrebbe senza la
di questo mondo è breve) noi riaveremo per virtù della  sua  onnipotenza quello che abbiamo perduto, o piuttosto quello
dei buoni l' ha piantata già Gesù Cristo nella  sua  Chiesa: non se ne può dunque creare un' altra: si dee
perchè non è motivo da dover credere stabile ciò che di  sua  natura è mutabile e transitorio, e che non dura alcun poco
nostro Signore Gesù Cristo, che è piaciuto al Padre per la  sua  ubbidienza. Anche qui le mie speranze si fondano nel
volesse far noto ad uno di loro tutte le iniquità della  sua  vita, e dando a lui libertà di parlare cogli altri, perchè
d' amore santo. Viva il nostro Signore Gesù Cristo e la  sua  santissima Madre Maria, viva, viva! [...OMISSIS...] 1.31 Mi
[...OMISSIS...] 1.31 Le rendo mille grazie della  sua  gentile lettera, che mi fa certa fede, non essere io punto
che già fa, e a supplicarlo sempre maggiormente che, per  sua  divina misericordia, non ci lasci mettere piede in fallo,
legge, e la legge accettata, elettasi, di tutta intera la  sua  vita. Guai a coloro che le pronunziano colle labbra, e col
l' aura pura d' una solitudine sacra a Dio, o chi non fa  sua  compagnia che pochissimi sacerdoti santi ed esemplari;
discorso quasi senza avvedermene; ma osservo ch' Ella nella  sua  lettera ha l' umiltà di dimandarmi un parere su questa cosa
migliore per servire Iddio con sicurezza, secondo la  sua  santa volontà, e per mettersi al sicuro degli artifici
Istituto, che la sola misericordia di Dio e l' opera della  sua  Provvidenza sembra che voglia produrre. Questa cosa mi sta
a noi la lingua? o gli costa qualche cosa a farci sapere la  sua  volontà? o forse ci terrà occulto ciò che sarà bene? Ah!
solo conosce i tempi ed i momenti, « quae Pater posuit in  sua  potestate ». Abiti in noi la quiete nelle opere buone che
Conosciamo noi ciò che sia bene, e ciò che sia male alla  sua  Chiesa? No certo: siamo poveri ignoranti. Che possiamo noi?
nulla. Non dubitiamo punto: Gesù Cristo non ha limitata la  sua  Chiesa, ed è una empietà protestantica il dire che la
la Chiesa sia nello Stato. Stiamo con Gesù Cristo e con la  sua  Chiesa che si chiama cattolica , e non temiamo punto, nè
giacchè non siamo buoni a nulla. Il Signore diffonde la  sua  bontà da per tutto, dove non trova ostacoli; noi non
il seme e lasciava che da sè mettesse, cioè mediante la  sua  secreta operazione. Così a tempo e luogo facciamo noi, e
l' unità della Chiesa, giacchè nell' unità sta la  sua  forza. Quindi era certamente un pensiero santo e veramente
Scavini; giacchè vogliamo pendere intieramente dalla  sua  volontà: non gli scrivano però, ma aspettino di parlargli
giorno avanti, è nell' amar Iddio, e nel camminare nella  sua  giustizia. Non è dunque nè pure il predicare, nè il fare
la grazia di essere suoi servi fedeli, di mantenere la  sua  santa parola in noi, non basterebbe? che più potremmo
potremmo desiderare? così poco conto vogliamo fare della  sua  grazia? Lungi da noi il zelo disordinato ed inquieto, che
potreste inculcare a Don Giulio si è che attenda molto alla  sua  cattedra come all' affare principale. Questa è la volontà
dei peccatori che sperano da lui la salute e che contra la  sua  giustizia nella sua misericordia si rifuggono, cercando in
da lui la salute e che contra la sua giustizia nella  sua  misericordia si rifuggono, cercando in lui protezione
per fine essenziale se non la propria santificazione, per  sua  natura riceve anche i vecchi, anche gli infermi (quando
per la quale si attribuisce a tutti chi abbia cura della  sua  salute, e dei suoi bisogni. Finalmente è indispensabile,
che chi si dà a Dio si abbandoni anche a Dio ed alla  sua  provvidenza, e si prepari un animo contento di ciò che è
umile e generosa, colla quale non dimandiate che la  sua  gloria e la vostra salute; ed egli vi esaudirà. Aggiungete
di Dio e del nostro Signor Gesù Cristo, non meno che della  sua  amatissima Madre, nostra gloria e letizia. Io me ne
anime, se Iddio, come credo, in ciò vi ha eletto, per la  sua  grande misericordia, suo strumento, e pel bene che ne
di aiutarci insieme a conseguire un tanto fine. Laonde per  sua  natura ammette in sè tutti quelli che desiderano
Iddio solo sa quali effetti produrrà per l' onore e gloria  sua  in Inghilterra, e delle parole che avete già fatte col
Giobbe, « in lucem produxit ». Noi teniamoci al sodo della  sua  santa ed adorabile legge: qui abbiamo tutto: massimamente
qualche giorno, ho subito portati i suoi complimenti a  sua  Altezza Rev.ma e presentata la lettera che mi ha
il credere che la professione del sacerdote importi di  sua  natura la cura d' anime, quando anzi è il solo Vescovo che,
la cura d' anime, quando anzi è il solo Vescovo che, di  sua  natura, è Pastore, ed i Sacerdoti non hanno alcuna
uscì nella vita pubblica, si restrinse alle cose della  sua  missione, e non cercò punto gli infermi per risanarli, ma
la legge di Dio, e limitare il Vangelo? La carità non è di  sua  natura universale? Posso io arbitrariamente prefiggermi di
e con la consueta venerazione implorando la pastorale  sua  benedizione, di cuore sincero mi onoro di essere...
lo sa solo Iddio. Ben vi dico, che la nostra unione, di  sua  natura è umile, privata ed occulta , e se cerca
che è spirito di confidenza nel solo Dio e nella ineffabile  sua  provvidenza. Sì, mio caro, noi dobbiamo avere anche in
noia. E` in Dio che noi confidiamo: si farebbe torto a  sua  divina Maestà diffidando: « brachium Domini non est
Signore. [...OMISSIS...] 1.32 La ringrazio di cuore della  sua  lettera piena di bontà e di carità. Faccia il Signore che
voglia restituirmi il suo pieno compatimento e la prima  sua  cooperazione ed appoggio, e possa io sperare che Ella me lo
appoggio, e possa io sperare che Ella me lo presti di tutta  sua  persuasione. Io credo che l' opera sia adattata ai tempi, e
dico senza difficoltà insuperabili, ecc.. 1.32 La venerata  sua  lettera degli . corrente mi ha prodotto incredibile
nella bontà di Gesù Cristo e nell' intercessione della  sua  santa Madre. Non siamo troppo solleciti, e non ci
bene di cui abbisogniamo, se non quello di fare opere della  sua  gloria, e farle unicamente per la sua gloria? Lungi da noi
di fare opere della sua gloria, e farle unicamente per la  sua  gloria? Lungi da noi ogni altro pensiero: se noi penseremo
baciandole umilmente la mano, e implorando la pastorale  sua  benedizione sopra chi, col più alto rispetto, gratitudine e
sommo ed essenziale, che Iddio n' ha fatto il fiore della  sua  provvidenza in sul genere umano, che per essa ci ha
n' ha dato la pienezza, nelle angoscie inenarrabili della  sua  vita e della sua morte. Ah! noi pure avventurati, o mio
nelle angoscie inenarrabili della sua vita e della  sua  morte. Ah! noi pure avventurati, o mio Giulio, se il
pure avventurati, o mio Giulio, se il seguiremo dietro la  sua  voce: « « Chi vuol venire dopo di me, anneghi se stesso, e
« Chi vuol venire dopo di me, anneghi se stesso, e tolga la  sua  croce, e sì mi segua » ». Tale e tanto conforto il Signore
sapete, del minimo Istituto nel quale Dio solamente per  sua  misericordia ci ha insieme congregati e congiunti. Se non
non quello di accrescere la gloria di Gesù Cristo e della  sua  Chiesa in tutti i modi possibili; pronti a qualunque cosa;
è membro del proprio nostro corpo; dunque ognuno da parte  sua  studi di fare quello che può per la perfetta concordia e
più grande, e sareste più sicuri di servire ed ubbidire a  sua  divina Maestà. Di queste massime desidero vedervi forniti,
del prossimo. Dimanda ancora S. Em.za, come intendo dalla  sua  lettera, qual sarebbe il sistema e modo di agire che don
mite ed umile di cuore » ». Ma chi segue il Vangelo, nella  sua  umiltà e mitezza è leale e generoso; non teme di annunziare
Chiesa, e farne bottino; riducendola in tal modo a quella  sua  originaria semplicità che, amabile sopra ogni bellezza
il Signore con gran libertà di cuore, e confidando nella  sua  bontà e non nelle opere penitenziali per sè stesse. Tutti i
ilaremente per la via giusta che il Signore vi mostra per  sua  misericordia. Vi abbraccio teneramente. Salutatemi tutti i
come dice il salmo: « in che corregge il giovanetto la  sua  strada? nel custodire i tuoi comandamenti »; però dovete
ma quegli che è impaziente fa apparir ben grande la  sua  stoltezza »(ivi) ». Le quali sentenze, ed altre tali delle
che voi riuscirete probabilmente, se così ne piace a  Sua  Divina Maestà, il primo maestro elementare approvato dall'
mio caro, che Gesù Cristo, dando il precetto di portare la  sua  croce, vi premise queste parole: « « Se alcuno vuole venire
la perde sicuramente, è ingannato dal demonio, e l' eterna  sua  salute è per lo meno incerta assai, perchè ricusa i mezzi
abbandonare i milioni d' uomini, che si convertivano alla  sua  voce, ad un solo cenno del suo superiore! La sua fantasia
alla sua voce, ad un solo cenno del suo superiore! La  sua  fantasia non lo illuse, nè lo trasse a dire: « Il mio
Quando Maria SS. vide che S. Giuseppe doveva dubitare della  sua  fedeltà maritale si tacque, e lasciò a Dio la cura di
le continue variazioni dell'astro ch'era notturna  sua  guida. Ebbene, ancora oggidì, fra li orgogli della civiltà
e le assidue scoperte della scienza, l'individuo, per  sua  propria forza d'analisi, ben poco oltrepassa
grandezza e lontananza poco diseguale, lucenti ciascuno di  sua  propria luce, a servigio dell'immobile piano ella terra,
r questa non considera che il genere umano è, per  sua  primitiva e spontanea necessità, gregario e sociale, e che
iniziativa, - né come ora espanda, ora costringa, la  sua  libera attività. Ma dacché questa facultà deve considerarsi
senza avvedersi, prefigga a sè stessa i limiti della  sua  sfera d'analisi; - come noi medesimi, che qui ci aduniamo
Quella voce che gli pareva surgere solitaria dalla  sua  coscienza, era la prima parola d'un problema già maturato
delle menti, ogni generazione era figlia non solo della  sua  terra a de' suoi padri. ra un indirizzo dato, e un vincolo
per prisca tradizione a dividerlo secolui; e chi alla  sua  volta tradisce il ricambio, vien maledetto con formule
Ma questa analisi della vita del pensiero nella  sua  iniziale semplicità torna utile, perché chiarite una volta
Essa mi pare come un arbore che vive bensì di vita  sua  propria, ma che per vivere deve tenere le radici nella
distinte e separate. Una tribù poteva tanto trovare nella  sua  patria la palma o il frumento o il riso, se la natura
vita agricola, bastava che nella secolare esperienza della  sua  tribù fosse giunto a discernere in quella pianta il seme,
guerra, come il popolo che rialzando dalle ruine la sacra  sua  città: unâ manu faciebat opus et alterâ tenebat gladium
l' azione del principio razionale dalla  sua  attività combinata colla lucidità dell' oggetto, e dalla
attività combinata colla lucidità dell' oggetto, e dalla  sua  attività combinata collo stimolo del mondo, si scorge in
spezza in più parti, mediante la concentrazione della  sua  attenzione, quegli oggetti o termini della cognizione che
non solo adopera questi segni naturali per dirigere la  sua  attenzione alle entità extra7soggettive e alle loro
enti (1). La ragione speculativa adunque, concentrando la  sua  attenzione, spezza gli enti con ispontanea operazione: 1
nuda, come ella è in sè stessa, osservare se la forma  sua  primitiva è una negazione o un' affermazione. Perocchè così
variamente rappresentato nei vari effetti prodotti dalla  sua  azione in vari sensorii. Questa sintesi è da noi ancora
sensibili rappresentanti un solo ente deve prendersi nella  sua  totalità, e però se la stessa pera ha diversi aspetti
fondamento realmente sensibile; ma lo spirito umano colla  sua  facoltà del fingere suppone di tali fondamenti anche quando
in virtù del potere che ha di restringere lo sguardo della  sua  mente e di concentrare la sua attenzione. Ma una delle
restringere lo sguardo della sua mente e di concentrare la  sua  attenzione. Ma una delle creazioni o finzioni della mente
individui; sicchè colui che avesse sola la specie nella  sua  mente, non potrebbe mai conoscere il numero degli individui
la natura come l' ente informe, e l' individualità come la  sua  forma, il suo compimento, l' atto ultimo che lo perfeziona
fondamentale e nei sensorii speciali, presa nella  sua  totalità; ora la presenta figurata, come sono le parti
come effetto di forze brute, insensitive, ed in tal caso la  sua  unità è ancora un' astrazione; l' individualità che ne
in tal caso si trova in questo principio sensitivo, nella  sua  perfetta unità e semplicità il vero fondamento dell'
venienti dall' anima che si lascia volgere, secondo la  sua  natura, a rispondere a quei termini che gli sono
dell' ente sussistente. Avendo questa, noi conosciamo la  sua  forma nella specie, cioè nell' essere universale limitato
dall' effetto sensibile che a lui si rapporta, e la  sua  sussistenza nell' affermazione . In appresso analizziamo la
reali sono simili, ma come sono simili l' ente reale e la  sua  essenza ideale che lo fa conoscere; perocchè la
la realizzazione dell' essenza può dirsi simile alla  sua  essenza, ma più propriamente direbbesi che l' essenza
non ci dice già quello che è: « una sussistenza, che nella  sua  semplicità racchiude ciò che ha la specie ed il genere »;
che egli ne abbia consapevolezza, e che il termine della  sua  attenzione razionale è quel solo di cui l' uomo s'
ciò che è nel sentimento anteriore e che non passa nella  sua  coscienza. Consegue che nell' uomo vi sono due principŒ di
non cadde riflessione; nega dunque quanto non entra nella  sua  sfera, quanto non è riflesso. E` l' uomo, in quanto è
tratta coi suoi simili; la vita sociale è, nella massima  sua  parte, vita di riflessione. Di qui apparisce che, tolta dal
riflesso che lo sentiva, prevedendo l' annientamento della  sua  attività; il piacere adunque del sonno non appartiene al
crescere indefinitamente, poichè quanto a questo, che è la  sua  ricettività, è illimitata; ma limitata quanto al grado d'
aderire e stringersi ai termini che le sono dati. Quindi la  sua  virtù, esaurendosi in una attualità, si diminuisce ad un'
E tuttavia l' uomo non può anelare a cosa di maggiore  sua  soddisfazione che a cotal sonno dell' intelletto e dello
monsignore uscitogli così pronto sulle labbra, nella mente  sua  fu indubitatamente il risultato di questo lungo raziocinio
lo sfoggio della scienza; lo stesso teologo, che consumò la  sua  vita nell' insegnamento della morale, vien meno alcuna
tutto col tutto. Sta appunto qui l' artificio secreto della  sua  prudenza: di separare quel tutto, su cui poi si deve
gli è poi facile trovare nell' arsenale, dirò così, della  sua  mente sperimentata e sagace, quella formola appunto, quella
che non gli cale, calendogli solo di ottenere lo scopo di  sua  operazione. Ma l' istinto animale si sviluppa vestendo gli
consentite dall' uomo. Perocchè, come l' uomo nella  sua  mente ha delle regole generali, così nel suo cuore ha dei
essere ad ogni momento mutate dall' intervento della  sua  libertà. Tali abiti consentiti, finchè durano nell' uomo,
a quelle che egli si elegge a fine, in cui perciò riposa la  sua  attività. Qualora dunque si supponga, a ragion d' esempio,
si viene compiendo nell' intendimento dell' uomo a  sua  insaputa; ed ecco per quali modi. Primieramente, il pensare
e cospirano a produrre quello scoppio, che per la  sua  subitezza e grandiosità rapisce a sè la ragione e la
esso può rammentarsi l' oggetto, in cui spera trovare la  sua  futura felicità. Il che tutto dimostra che sarebbe una
può fermare l' attenzione in ciò che è anello di mezzo di  sua  operazione razionale, quale è per sè l' immagine e il
avesse percepita la cosa identica, ma altri individui della  sua  specie, sarebbe da dire il medesimo. Così niuno confonderà
del principio razionale, è ciò che suscita e trattiene la  sua  attenzione ». Non potendo adunque (se non con estrema
quelle parti di esso continuo che egli abbraccia nella  sua  azione. Posciachè, dunque, sono regolarmente disposte le
stanzino, con girare un piccolo ordigno muove e governa a  sua  volontà l' immenso timone della nave; no, queste
e ciò con un atto solo principale, estendendo la  sua  semplice attività di un tratto alla successione intera; al
in quel lavoro meno dipinta della foglia o dell' ala  sua  pari. Per spiegare questo fatto dell' ordine e della
dalla concorrenza di quella moltitudine di stimoli, e la  sua  spontaneità si determina a quella maniera di azione
urgenza di uno stimolo maggiore. Nello stesso tempo la  sua  unicità e semplicità, aiutata anche dall' abitudine, gli
armonica egli la trova subito, giacchè è determinata dalla  sua  stessa natura, cioè dalla legge del più facile e del più
del più facile e del più piacevole. Egli pone dunque della  sua  attività reggitrice ed ordinatrice in questo fatto, e così
più effetti, a cui ella è contemporaneamente presente nella  sua  semplicità; sicchè ogni gruppo di effetti diversi è un atto
cioè opposto a quella regolarità, che consegue alla  sua  natura molteplice nell' unità. Ora, se si rinviene tanta
l' oggetto del pensiero è l' ente ». Ora l' ente è uno per  sua  essenza; onde l' intelligenza s' innalza tanto più alla
che dà ad un albero la forma di una croce contro la  sua  natura, crede di renderlo regolare, perchè lo costringe a
principŒ determinanti la simmetria, per concepirla nella  sua  ragione, nella sua regola, com' è consentaneo all'
la simmetria, per concepirla nella sua ragione, nella  sua  regola, com' è consentaneo all' intelligenza. E questo ben
porla, se nella molteplicità, che forma l' oggetto di  sua  contemplazione, non ci fossero certe relazioni e
piaceri. E come il sentimento intellettivo coll' armonia  sua  propria, che deve prevalere perchè d' un ordine più
la raggiunge a sè; così il sentimento morale coll' armonia  sua  propria modifica e tempera l' armonia animale intellettiva,
e le avversioni, che prende l' uomo nel corso di  sua  esistenza sopra la terra, che prendono le nazioni nella
lo impedisce di conseguire semplicemente e compiutamente la  sua  forma, a cui tende. Applichiamo questi principŒ ontologici
atto, con cui l' ente animale è posto, pel quale è posta la  sua  forma, è quello che abbiamo chiamato istinto vitale ; la
termine del sentimento animale, se questo sentimento colla  sua  naturale attività tende a conservarsi, a dilatarsi, a
non operi un principio estraneo, che tende a sottrarlo alla  sua  attività. Questa inefficacia della prima funzione
il principio sensitivo asseconda quello stimolo colla  sua  attività spontanea, e si accresce e prolunga l' effetto
la forza dello stimolo, cercando di ritenere in tutta la  sua  pienezza il sentimento fondamentale, con esso insieme le
sforzo, che fa il principio sensitivo di mantenersi nella  sua  intensità e nel suo movimento contro le forze esteriori
L' istinto sensuale, non cercando altro effetto colla  sua  attività che quello di godere l' eccitazione passeggera del
passeggera del sentimento, esso, mediante l' ultima  sua  funzione della spontaneità motrice7sensuale, produce
vive, rattenendole acciocchè non escano dalla sfera della  sua  azione. La riproducibilità esige bensì della materia
funzione per la quale il principio senziente seconda colla  sua  attività tutti quei movimenti, che gli procurano una
sensazioni, e solo allora l' istinto sensuale vi pone la  sua  attività, secondando quel movimento e facendolo continuare
rifornita a questo organo sempre nuova materia atta alla  sua  operazione, che è quella di produrre l' ossigenazione di
del polmone stesso, i quali cessando, cesserebbe quella  sua  operazione chimica che, arrossando il sangue, lo rende
un unico principio, che in uno esteso molteplice termina la  sua  operazione; nuova prova altresì che la natura soggiace
Ecco qua come ciascuno di questi due organi ha la  sua  posizione naturale, secondo le leggi del meccanismo col
rimuove alternativamente l' uno e l' altro organo dalla  sua  posizione, i quali così diventano reciprocamente motori l'
stessi effetti. Costituito poi un principio sensitivo colla  sua  individuazione, egli non opera che per sè, non tende che a
l' effetto extrasoggettivo, lungi d' essere forzata nella  sua  azione, ha in questa azione medesima il suo stato naturale
che il corpo vivo, cioè l' organismo vivente; questa è  sua  limitazione assoluta. Se l' istinto sensuale trova
diventa a lui più molesta che il piacere annesso alla  sua  azione. E l' esperienza dimostra che egli trova sempre
benchè scelga i moti più facili. Quindi, acciocchè la  sua  azione non cessi, è d' uopo che prima ch' egli finisca di
operare metta in essere altri stimoli, che rigenerino la  sua  propria attività. Se gli stimoli riprodotti sono meno
sensibilità e di contrattilità organica, si riconosce nella  sua  stessa patria; si confessa che egli divideva con abuso di
allorquando il movimento che vi produce è un oggetto della  sua  attenzione e da lui voluto, ed allora il fine non riguarda
è più naturale, perchè nell' atto di sentire consiste la  sua  natura, ed evita quel modo che gli è doloroso, cioè
che l' animale non cominciasse a far uso dell' attività  sua  propria; la quale è l' attività di sentire. Chè di tutti i
per liberarsene; l' istinto sensuale anche qui opera colla  sua  mobilità avversiva, sottraendosi alla sensazione dolorosa,
è unicamente di liberarsi dalla molestia che egli prova; la  sua  azione e il termine della medesima non eccede l' ordine
perocchè in tutte le sensazioni l' anima concorre colla  sua  attività (1). In questo fatto si vede che il principio
e infiammatorii. E` l' istinto sensuale, che opera colla  sua  mobilità concupiscibile . La secrezione della saliva, in
sia che, trovato il fonte stesso del piacere, colla  sua  attività lo perfezioni e vi s' immerga fino a sentirsene
corpo animale; alle quali sensioni diffuse l' animale colla  sua  attività sensuale tenta sostituire sensioni egualmente
del sentimento fondamentale. Qui l' istinto vitale colla  sua  funzione eccitatrice è manifestamente la prima causa dei
sentimento da conservare o da migliorare, e che quindi la  sua  causa non può essere che una attività sensitiva. La natura
Questo, che è ciò che viene attestato all' uomo dalla  sua  consapevolezza, è anche ciò che esprime il linguaggio,
loro tutto, nella loro unità; con questa unità cadono nella  sua  coscienza; laboriosamente e per isforzo di osservazioni e
. Taluno opporrà che non sempre, non in ogni azione della  sua  animalità l' uomo ha coscienza che un sentimento ne sia il
dalla nostra interrogazione diede all' istante stesso la  sua  attenzione all' animaluccio, che gli correva sulla mano.
correva sulla mano. Bastò dunque che noi riscotessimo la  sua  attenzione, bastò che egli volesse, e la coscienza fu. L'
e la coscienza fu. L' uomo non riflette come questa  sua  coscienza incominci, e crede di averla sempre avuta, non di
vitale è di natura essenzialmente sensitivo, e che la  sua  energia motrice non è cosa diversa dalla sensitività, non è
che si manifestano nel corpo vivente. Brachet nella  sua  bella opera premiata, Sulle funzioni del sistema nervoso
ci fornì una prova della semplicità dell' anima (2) e della  sua  distinzione da ogni organo corporale, sicchè la
in essa un' unica sensazione, ella colla spontaneità  sua  li dirige a tale intento, e la sua attività motrice dei
ella colla spontaneità sua li dirige a tale intento, e la  sua  attività motrice dei medesimi acquista tale un' abitudine
che la minima differenza nelle circostanze arresta la  sua  operazione, come si scorge nell' abito della memoria, il
a produrre ciò che il sentimento animale ricerca, la  sua  conservazione e la sua perfezione. Qual altro sentimento se
il sentimento animale ricerca, la sua conservazione e la  sua  perfezione. Qual altro sentimento se non quello della
eppure le operazioni dell' anima sono determinate dalla  sua  natura. Noi diremo piuttosto che la natura opera secondo
leggi medicatrici della natura, è talora limitato nella  sua  tendenza benefica dalle forze brute; e che l' istinto
dalle proprie leggi, che egualmente mantiene in ogni  sua  operazione. Abbiamo veduto che quelle due serie parallele
l' anima poi non è che sentimento, e niente cade nella  sua  coscienza, che prima non cada nel suo sentimento. Dato
egli non avesse mai precedentemente veduta, nè toccata la  sua  gamba, nè mossa, non avrebbe saputo di avere la gamba; nè
cadendogli da una parte sotto gli occhi e sotto il tatto la  sua  gamba, che così divenne a lui fenomeno extrasoggettivo, e
il dolore, fenomeno soggettivo, egli potè più volte nella  sua  vita confrontare insieme questi due fenomeni e riconoscere
non avrebbe potuto mai fare, se in tutto il corso di  sua  vita non avesse avuto che un solo dei due fenomeni, cioè o
dolore a quella località extrasoggettiva, che rimane nella  sua  immaginazione. Il fenomeno extrasoggettivo adunque, che
di adagiarsi nel modo a sè più naturale; e, consistendo la  sua  natura nel piacere, il modo a sè più naturale è il modo più
a produrre fenomeni extrasoggettivi, che sono fuori della  sua  sfera; ma pure questi seguono quelli come una necessaria
istinto sensuale adunque non erra mai, se si considera la  sua  azione quale è entro la propria sfera; mantiene sempre la
azione quale è entro la propria sfera; mantiene sempre la  sua  propria legge di dare al sentimento l' atteggiamento e l'
poi i fenomeni extrasoggettivi corrispondenti a quella  sua  azione, sieno essi utili o sieno dannosi; poichè tali
o sieno dannosi; poichè tali effetti non entrano nella  sua  sfera d' azione. Quindi è che, allorquando il sentimento
all' onest' uomo; il sentimento gaudioso, acceso nella  sua  parte razionale, fu stimolo al suo sentimento ed all'
l' istinto sensuale non ha un tale scopo, che è fuori della  sua  azione; egli opera unicamente per liberarsi dalla molestia
ma l' istinto sensuale non ha fatto che ubbidire alla  sua  immutabile legge, per la quale in conseguenza dello stimolo
acciocchè egli possa liberarsi dal nemico, non sono nella  sua  sfera, e però non possono essere da lui misurati, nè egli
che l' istinto sensuale dirige, generalmente parlando, la  sua  forza insorta al luogo irritato, sollecito di cacciar via
Ma ciò non basta. E` la mistura dell' organo, è la  sua  mobilità vitale che modifica principalmente i movimenti
da mettere in movimento, e però i movimenti prodotti dalla  sua  azione sono molti e minimi, e hanno sede principalmente nei
manifesto che l' istinto sensuale esercita in tal caso la  sua  facoltà motrice per mezzo del sistema gangliare, dal quale
meno sottile, si separino da essa, lascino di vivere della  sua  vita, acquistino una condizione straniera ed irritativa; e
riceve il dominio e rimane modificata, l' anima gode della  sua  dominazione, ed è il piacere della vita. Solo è da notarsi
esteso, eccitato ed individualizzato, l' attività  sua  si spiega incessantemente nel conservare queste tre sue
e nell' accrescerle; nel conservare il sentito in tutta la  sua  estensione e nel dilatarla; nel conservare l' eccitamento e
trova la materia così disposta che non pone resistenza alla  sua  operazione, oppure quando egli consegue piena vittoria
vittoria sopra di lei, rendendola a pieno termine della  sua  azione, allora è messo in essere il sentimento, la cui
che riceve l' istinto sensuale, e perciò la quantità della  sua  azione radicale. Questa non oltrepassa il grado limitato
di quelli che aiutano l' istinto vitale a compire meglio la  sua  operazione, aiutando la continuazione e opportuna
la discontinuano e la disorganizzano, e quindi adducano la  sua  morte. Quanto all' istinto sensuale, i detti movimenti,
quale l' animale si sviluppa dal germe e cresce fino alla  sua  perfetta maturità. Questo sviluppo è una perpetua vicenda:
nell' invecchiare che egli fa insensibilmente fino alla  sua  distruzione. Quella stessa legge di vicissitudine che dal
ma rimane disconosciuta, e però priva di spiegazione, la  sua  tendenza riparatrice e sanatrice. Vi è un' unica legge
vitale, lungi dal restituire tosto e ricomporre a questo la  sua  materia alterata, non fanno altro che alterarla
ed anche in dose generosa, senza alcun pregiudizio di  sua  salute. Può mangiare più o meno, può esercitare le sue
meno, secondo la sanità e la robustezza del corpo, e quella  sua  speciale condizione che questo riceve in gran parte dall'
e muove la fibra stessa, e che avendola per termine della  sua  azione, egli ne rimane eccitato, se quella viene stimolata;
lussurioso alla vista di ogni oggetto atto a pascere la  sua  passione, quella d' un educato ai timori, avvezzo a temer
timori, avvezzo a temer di tutto, ecc.; non è vero che la  sua  fibra, sebbene non cangiata nella sua organizzazione,
non è vero che la sua fibra, sebbene non cangiata nella  sua  organizzazione, sembrerà più eccitabile, perchè più
che la nutre, che le dà quel guizzo che alla passione  sua  è consentaneo? Se si scorge dunque nella fibra vivente
senza più inferire che la mutazione sia inerente alla  sua  organizzazione, non se ne può conchiudere, dico, che questa
immaginazione, e in diversi altri modi provenienti dalla  sua  sensitività e dalla forza unitiva, dipendano dalla sola
che anche l' organizzazione alterata della fibra abbia la  sua  buona parte nei fenomeni del corpo sano e ammalato, purchè
l' organizzazione del corpo, anche il principio vitale e la  sua  attività rimane modificata. Ma viceversa, se l' attività
principio movente, cagione del moto, non agisce in lei; la  sua  eccitabilità dunque è una relazione passiva verso il
principio attivo motore soggiace pure a cangiamento nella  sua  relazione attiva, crescono o diminuiscono in esso i gradi
. Che le leggi che l' uno e l' altro istinto segue nella  sua  azione, sono sempre le medesime, nè possono mai cangiare
a piacevole sentimento; ora gli sfugge di mano, vincendo la  sua  rattenenza, e sottraendosi alla sua azione. Tutte queste
di mano, vincendo la sua rattenenza, e sottraendosi alla  sua  azione. Tutte queste diverse azioni ed attitudini, che
altra irritazione, il detto corso segue fatalmente per la  sua  via necessaria, perchè prescritta dalle leggi dei due
la qualità della materia, che dipende probabilmente dalla  sua  forma e composizione, è necessario che essa sia posta in
si dice vita extrasoggettiva, per la quale il corpo alla  sua  volta si rende attivo verso dell' anima, com' è necessario
viventi. Sembra probabile che la vita non esiga per  sua  condizione una continuità così determinata che non possa
di eccitamenti e di sensioni, che per l' unità della  sua  armonia è unificato in un sentimento individuo, che
forza chimica sul corpo vivo contraria e prevalente alla  sua  forza vitale, di maniera che gli tolga l' organizzazione e
a lei applicati, ecc.. Laonde il corso zoetico devia dalla  sua  direzione ogni istante della vita, e per più cause
vitale più forte o più debole, certo è che in ragione della  sua  gagliardia anche le sensioni, che egli produce sotto gli
più o meno attive a sollevare l' istinto sensuale alla  sua  azione. Di qui nello stato di sanità i temperamenti flosci,
gli riesca uno stato meno molesto, egli cessa da ogni  sua  operazione; dalla quale condizione procedono molte e
sensuale suscitato dalle sensioni primitive produce colla  sua  azione quasi delle nuove potenze, cioè l' abitudine , la
per fare che l' istinto vitale vi aggiunga colla  sua  attività quell' ultima modificazione, che è loro necessaria
varietà delle sensioni primitive, il cui complesso, nella  sua  parte costante e tipica, costituisce, come abbiamo detto,
più produrre l' effetto dello stupore, manifesti allora la  sua  vera proprietà stimolante? Ed anche se, data ad alte dosi,
concepire la possibilità, che con un rimedio stimolante di  sua  natura si ottenga il risultamento d' una diminuzione
zoetico in bene od in male. Se l' eccitamento oltrepassa la  sua  misura massima, egli diventa inopportuno , e la misura
vitali più forti ed eccitate, se l' eccitamento esce dalla  sua  forma normale, il corso zoetico, che ritiene lo stesso
modi, altra ragione non si può dare se non che tale è la  sua  natura. Se noi conoscessimo positivamente la natura di un
di cui è suscettivo, cioè dedurle dal solo concetto della  sua  natura. Ma la natura del sentimento fondamentale non è a
fatto che questi modi si cangiano, senza che egli perda la  sua  identità; è un terzo fatto che ciò che si chiama sensione
s' intende che questo ente extrasoggettivo e la  sua  maniera di operare deve essere una delle condizioni, da cui
che ogni nervo stimolato non dà altra sensione che la  sua  propria: così il nervo olfattorio non dà luogo ad altra
d' un oggetto, l' animalità smette una parte della  sua  operosità, perchè, essendo unico il soggetto e d' una
trova il diletto maggiore, non solamente per la maggior  sua  avidità, ma per quella soddisfazione altresì che gli
soddisfazione altresì che gli succede, ed è il riposo della  sua  fremente cupidigia; riposo ottenuto in quell' istante, in
nuova condizione, sia perchè in qualche parte si altera la  sua  intima organizzazione, sia perchè gli vengono applicati
o meno, o non prestarsi al tutto l' istinto animale colla  sua  attività a produrre la sensione, o quegli spontanei
ma procede a tenore della legge indicata, regolatrice della  sua  attività . Dopo ciò si possono fare delle altre domande
da questi due: La complicatezza del corso zoetico e la  sua  perpetuità in anelli sempre nuovi, ciascun dei quali
delle varie forze, ciascun atto delle quali ha una  sua  intensità e una sua misura, vince l' umana intelligenza. 4)
forze, ciascun atto delle quali ha una sua intensità e una  sua  misura, vince l' umana intelligenza. 4) Finalmente si
neppure la specie della malattia indica con sicurezza la  sua  causa e natura interna (2). La regola a iuvantibus et
stimolo è soverchio, istupidisce la fibra e diminuisce la  sua  quantità d' azione, e, diminuita questa, sono diminuiti i
diminuzione. Qui è l' istinto sensuale che accresce la  sua  azione, tentando di riprodurre gli stimoli che gli vengono
le due serie di storie, che il Rasori aggiunse in fine alla  sua  Teoria della Flogosi, l' una di malattie credute
regola in medicina? Ma è ben altro conoscere un vero nella  sua  vuota generalità, e altro saperlo ravvisare in atto, in
un' illazione sì avventurata, impossibile a provarsi per la  sua  stessa vastità ed ambiguità, tutta quanta la medicina? Ciò
Di poi viene la difficoltà di conoscere l' agente e la  sua  efficacia, la quale è certo costante per sè sola, ma non
delle vie, per le quali scorre il corso zoetico, e la  sua  estrema mobilità alle cagioni anche minime, che lo fanno
alle cagioni anche minime, che lo fanno deviare dalla  sua  direzione. A tal uopo noi abbiamo esposte le varietà
era poco stimolante, la vitalità suppliva ella stessa colla  sua  azione al poco eccitamento esteriore; ma questa azione
(1). La debolezza dell' istinto vitale, che procede dalla  sua  relazione colla materia, nasce anche qualora il corpo perda
quella del principio della vita nell' esercizio della  sua  dominazione sulla materia, quando questa dominazione è
un modo opposto, diminuendo al principio vitale talmente la  sua  azione da rallentare la circolazione, e così, accumulandosi
i suoi effetti, considerando: Che l' azione bellicosa di  sua  natura affatica e spossa il principio vitale; e quindi
all' eccitamento, anche questa illimitata. Laonde colla  sua  attività egli asseconda e promove tutti i movimenti che
in sè stesso, non si trova alcuna causa che spieghi la  sua  debolezza e il suo malo stato; per sè tende necessariamente
ed è capace di tutto. Ma la causa si trova bensì nella  sua  condizione, e in certe forze a lui superiori, che
tal caso di nuovo l' animale non è più, egli ha perduta la  sua  individualità (1). Ma se l' eccitazione o l' organizzazione
L' istinto, benchè più forte, produce nondimeno, colla  sua  azione violenta, nuovi sconcerti nell' extrasoggettivo, e
dell' affezione del principio intellettivo e della  sua  debolezza, che consiste nella scemata coscienza delle
e quasi esaurisca in qualche parte del corpo, o in qualche  sua  speciale funzione od operazione, manifestasi altrettanta
l' istinto animale accumulando in modo straordinario la  sua  attività in qualche luogo speciale del corpo, la sottrae ad
l' eccitamento, la spontaneità animale accumula ivi la  sua  attività, per accogliere la maggior quantità possibile di
impedite le sensioni stesse, e sottratta al sensorio la  sua  mobilità. L' attività allora si esaurisce piuttosto fuori
somministrandogli i segni delle immagini, che fissano la  sua  attenzione, ne rimanga anch' esso quasi sempre interessato.
del nervo ottico. Dove sembra che il cervello sospenda la  sua  influenza sul nervo della visione, perchè scosso, e nella
del ventricolo va cessando, di mano in mano che compie la  sua  funzione e distribuisce l' alimento alle membra,
semplice ed uno, tuttavia manifesta diversi effetti della  sua  azione, piuttosto in certi luoghi che in altri del corpo
del sentito varia la qualità del sentimento e i gradi di  sua  intensità, proporzionatamente varia ancora di qualità e di
ricevendo il primo impulso e la prima determinazione  sua  dagli stimoli, continua i movimenti iniziati colla propria
cioè quella forza extrasoggettiva, che fa sentire la  sua  azione nel sentito. Questa esperienza extrasoggettiva ci
assegniamo il luogo stesso, gli assegniamo il luogo della  sua  causa extrasoggettiva. E questo ci è facile a farlo, perchè
località, quanto meno possiamo percepire la località della  sua  causa straniera o stimolante, cioè la parte del corpo a cui
animale; l' animale non può sentire che ciò che entra nella  sua  individualità. Questa individualità, nell' ordine
o di là, ecc., d' un altro continuato con esso, o con una  sua  parte. Quando s' aggiunge il movimento attivo dalla parte
cerebrali, cioè che allora egli intervenga a sentire la  sua  attività, quando i detti moti sensori s' avverano. Ma
e l' indefinitamente molteplice sviluppo della  sua  meravigliosa attività diedero argomento alla prima ed alla
Affissata nell' essere eterno e divino, ivi ella tiene la  sua  naturale sede; ella è nell' essere; dove si vede qual parte
per l' influenza dell' Ente sussistente, dove l' idea ha la  sua  propria sede e sempiterno domicilio. Ora quegli uomini, che
più sottile (9), affine di spiegare l' anima per via della  sua  qualità di essere mobilissima; la quale a me sembra anzi
musico pose pure l' anima in una armonia; ma pare che la  sua  non fosse l' armonia degli elementi, ma degli organi e dei
dir meglio, su questi corpi7postulati ragiona ed edifica la  sua  teoria; così Pitagora, o chiunque parlò prima dei numeri al
formando, ma, chi ben guarda, solamente al periodo della  sua  corruzione, allorchè il sofisma e la dissoluzione dei
movendo dal principio che « « ogni cosa si conosce colla  sua  simile » »; dunque gli elementi erano simili a questi, non
italiani, egli trasse indubitatamente tutto il fondo della  sua  dottrina. Ma, siccome accade agli uomini grandi, egli si
si appropriò per modo la dottrina di Elea che parve nella  sua  bocca originale. La necessità di un' eterna unità, arguita
L' argomento di Parmenide e di Zenone traeva la  sua  forza da questo principio, che « « la sostanza corporea
la necessità delle idee come cause delle cose. La  sua  maniera di esprimersi è certamente diversa da quella che
nello stesso tempo che qualche durata è pur necessaria alla  sua  esistenza. Veniamo ora ad applicare questa dottrina agli
e partecipata alle cose reali solo dalla mente; onde della  sua  materia intelligibile dice Platone: «mete ex hon tauta
conservarono un verso di Empedocle, che si riferisce alla  sua  «philia», dichiarandola oggetto del solo intelletto:
onde rimanga a dire ad Empedocle sotto qual concetto la  sua  amicizia sia amicizia, se sotto il concetto di movente
sensitiva, ed a questa attribuiva gli elementi reali quasi  sua  veste, e la parte intelligente, che dalle idee faceva
scuola di Elea propose la questione dialetticamente, nella  sua  massima astrattezza e universalità: « Se fosse ben detto
che le cose sono più ». Pigliandosi la parola uno nella  sua  incondizionata universalità, non si cercava in questa prima
la sostanza appare immutabile e simile in questa proprietà  sua  all' idea del pari immutabile. Onde due cose, perchè l' una
di «sphairos», e datogli una forma sferica per indicare la  sua  eccellenza sopra il mondo sensibile, al quale veniva
mente sacra, ineffabile, che abbraccia tutto il mondo colla  sua  provvidenza ». Ora, se la mente divina conosce tutto, ben
o cose divine, e così divinizzarla; come il volere che una  sua  parte fosse il diverso, cioè la materia corporea, era un
il solo intelletto, senza che vi si associ menomamente la  sua  sensitività animale; il che gli riesce oltremodo
in tempo in cui non esistevano ancora i corpi, benchè la  sua  parte inferiore, cioè la sensitiva, voglia egli che sia
l' unità dell' anima, e quella sola che, unendo nella  sua  unità l' identico e il diverso, può conoscere l' uno e l'
parti, ma propriamente termini, che non appartengono alla  sua  sostanza, ma ne sono condizioni; pure si dice che le
perchè la media da esse riceve la condizione e l' atto di  sua  natura. Quindi quella che agisce in Platone è continuamente
che riceve da quello che ha natura immutabile è l' entità  sua  migliore, ciò che riceve da quello che ha per natura l'
che ha per natura l' esser sempre diverso, è l' entità  sua  inferiore. Abbiamo veduto Aristotele rampognare Empedocle
ciò dei veri ammirabili. Perocchè noi interpretiamo così la  sua  descrizione dell' anima del mondo, e i circoli di cui la
anima; e dalla natura del moto dell' anima ne deduce la  sua  immortalità, perocchè, egli dice, l' anima ha il moto
egli dice, l' anima ha il moto interno, che è come  sua  natura, là dove il corpo lo riceve da fuori. Onde, se il
per l' azione che esercitano nel nostro; la quale azione ha  sua  sede nel nostro proprio corpo e non nei corpi esterni, e
a costruirsi, ella non pensa sè stessa, nè pensa una  sua  modificazione; anzi pensa cosa di natura diversa ed opposta
filosofo ruppe in tali assurdi colla prima parola della  sua  filosofia, si fu che egli prese l' Io bello e formato,
conscia di sè, vi è pure la stessa anima, che per essenza  sua  è principio ed individuo razionale, come noi abbiamo
Avverto adunque che il filosofo nostro in quella  sua  proposizione muta il significato del vocabolo Io, perocchè
produce un' entità diversa da sè; egli dunque od esce colla  sua  attività da sè stesso, ovvero, senza uscire da sè stesso,
vuol vedere questo abuso, si consideri che egli spiega la  sua  pretesa equazione, dicendo che l' Io contrappone all' Io
che non esiste se non il solo suo Io, e che egli scrisse la  sua  filosofia per sè solo, come un ragno che fa la sua tela
la sua filosofia per sè solo, come un ragno che fa la  sua  tela dove non sono mosche; ma primieramente in questo caso
pure venire qualche vaghezza per uscire una volta dalla  sua  sterile solitudine, e rendersi prolifico di qualche suo
dell' ente si deve rinvenire una causa straniera alla  sua  naturale attività. Ora l' Io di Fichte, l' unico ente che
cosa sia dunque il Non7Io, e da qualunque parte tragga la  sua  esistenza, certo è che egli non è l' Io, nè una
la coscienza, e in tal caso, non avendo la coscienza per  sua  propria essenza, egli non è infinito, mancandogli il
dell' individuo, ma ben anche perchè egli realizza colla  sua  onnipotenza la essenza dell' individuo, che è in quella
discepoli qualche cosa di più strano da credere sulla  sua  parola. Non trattasi della nozione o tipo dell' opera, ma
sempre per la via dell' affermazione gratuita, tutta la  sua  dottrina si riduce a descrivere storicamente le
più opposte fra loro, e nello stesso nulla, sicchè quella  sua  Idea in luogo d' essere immutabile non istà mai in riposo.
ha dunque due termini: il nulla e il più alto grado di  sua  attività . La filosofia non può spiegare le cose, se non
disputato sul valore della parola entelechia, tuttavia la  sua  origine (da «en» e «telos») dichiara abbastanza che ella
Aristotele si trovi incerto e impacciato, quando applica la  sua  dottrina all' anima intellettiva; perocchè i filosofi, che
principio vitale e che si sviluppa, passa a confermare la  sua  dottrina, provando che niuna delle tre anime può venire dal
vede il nascimento della mente o della ragione, che ha per  sua  dote l' unità, il contemplare più cose in un solo. Ma altro
che è quello col quale la mente intuisce l' oggetto nella  sua  possibilità, mentre il fantasma non esce dalla realità
reali; ma di nuovo non si dice come l' anima estenda la  sua  veduta a tutta la sfera del possibile, la quale sfera
lo astrae? Certo da quello, che egli ha già concepito nella  sua  mente; perocchè sopra quei singolari, che egli non ha
quanto dall' intendimento si vede nell' essere ideale come  sua  realizzazione ». Ciò posto, è chiaro che il reale sensibile
che Iddio si trova in tutte le cose ugualmente colla  sua  essenza, il che è quanto dire con tutto sè stesso, perchè
cioè le sostiene, acciocchè non si annullino, colla  sua  virtù, e questa virtù è la stessa sua essenza. Per la
si annullino, colla sua virtù, e questa virtù è la stessa  sua  essenza. Per la ragione medesima si può dire, e anche con
Egli dà loro l' esistenza e la vita, e con questa  sua  operazione si trova in esse: esse dunque sono presenti a
presente ad esse, perchè esse non ne conoscono nè godono la  sua  presenza. Veniamo all' uomo, e prima consideriamolo nel suo
Quest' uomo può conoscere, anche col semplice lume della  sua  ragione, che Dio esiste, ed anche che è governatore e
naturali, e vive secondo l' equità e la giustizia, la  sua  mente essendo più serena, il suo cuore più retto, conoscerà
differenza che passa tra una madre che conosce bensì la  sua  figlia, ma questa le è morta, ovvero si trova in
trova in lontanissimi paesi; e un' altra che può avere la  sua  diletta figliuola e stringerla tra le sue braccia. Voi
ha non solo presente, ma unito con sè Dio, e lo sente nella  sua  infinita grandezza, se ne pasce, lo possiede, lo abbraccia
stesso in lei, la giustifica, la purifica ogni dì più colla  sua  grazia, la abbellisce di tutte le virtù, la regala di
quali sono quelli dello Spirito Santo, pone in essa la  sua  pace, la circonda di una certa gloria interiore e nascosta
perchè vive in sè, ma più ancora perchè comunica a lui la  sua  vita, quella che poi Cristo comunica a noi, onde dice S.
vita. [...OMISSIS...] 1.52 Se al Signore piace che la  sua  salute corporale sia ancora alquanto sofferente, egli Le dà
In ciò ch' Ella dice sul conto mio, non vedo altro che la  sua  solita bontà a mio riguardo. Del resto il pensiero che
su cui s' innalza l' immenso e perenne edificio della  sua  chiesa. Accolga i sentimenti della mia profonda stima e
amare le cose basse ed umili, e conservare in queste la  sua  pace e tranquillità, seguendo Gesù Cristo, dico che questi
ad una lampada accesa che arde dì e notte al cospetto di  sua  divina Maestà: il che sta bene che si dica de' Cherubini e
desiderosi unicamente di molto servirlo e di far molto la  sua  volontà, e per arrivare a conoscerla sottopongono se stessi
i suoi pensieri, quasi in una cotal regola compendiosa di  sua  condotta, e seguendo dietro ad esso, non ismarrisca nel suo
può perire, se ama sinceramente e costantemente la  sua  vocazione: che niun religioso può durare lungamente in una
occhi sopra se stesso, e, ricercando diligentemente nella  sua  coscienza, ben troverà le tristi cagioni per le quali s' è
o negligentemente, e a cui non applica il proposito della  sua  libera volontà. Conviene dunque che consideriate come un
non dee metter legge a Dio, e non deve preferire nulla alla  sua  maggior gloria. 3 Come si deducono le tre norme indicate al
grazie che ci ha date Iddio e delle buone azioni che per  sua  grazia facciamo, riservandone a lui ogni onore e gloria, e
il sentimento delle proprie forze? che cosa è prendere la  sua  croce, se non combattere questo arrogante sentimento a
mancanza, sia pel dubbio che sempre gli rimane circa la  sua  condizione morale, non potendo egli mai sapere con piena
uomo maggiore luce per conoscere il vero, il che aggrava la  sua  colpa, dall' altra i giudizii superbi ch' egli pronunzia di
Domini . Il zelo ardente del gran Pastore, che dà la  sua  vita per le sue pecore, vi sia guida e quasi stella nel
senza limiti e non per una volta sola, ha mostrato la  sua  intenzione di perdonare senza limiti. Evitate dunque in
il problema che gli è dato a risolvere, riceve dalla  sua  natura limitata una condizione che lo rende sommamente
ma essa, tendendo a porgere alla speculazione ontologica la  sua  materia distinta in classi, prepara il terreno su cui deve
era uno: doveva dunque partecipare dell' unità, come d' una  sua  forma essenziale, acciocchè fosse ente. V Unità come
si definiva il numero « « un progresso dall' unità alla  sua  moltitudine » (1), o « una moltitudine composta d' unità
tale a principio; dovendosi piuttosto credere che nella  sua  origine fosse una dottrina nella quale i concetti e i
dicevamo, facilissimo ad aversi dalla mente, e anche per la  sua  semplicità non aggravandola di molte considerazioni. Dopo
materiale »delle cose, questa non la dà Aristotele che come  sua  conghiettura (1); or non dovendosi ammettere
ma indefinibile, e non si può che lasciarla nella  sua  indefinizione, [...OMISSIS...] . Qui dunque si distinguono:
Parmenide e altrove, e che forma il punto eminente della  sua  filosofia, dialettica ed ontologica ad un tempo, che l' uno
dottrina astratta conveniva ugualmente all' essere nella  sua  forma ideale, all' essere nella sua forma reale, e all'
all' essere nella sua forma ideale, all' essere nella  sua  forma reale, e all' essere nella sua forma morale. Quindi,
all' essere nella sua forma reale, e all' essere nella  sua  forma morale. Quindi, applicandosi senza distinzione all'
l' esser sostanza (1), sentenza che Aristotele ripete come  sua  propria (2), poteva ridurre in sommi generi gli enti
dunque che il numero partecipando dell' unità come  sua  forma diventa specie . La materia reale all' incontro, non
esserci l' uno , che è necessario che ci siano i molti come  sua  condizione, altramente non sarebbe, contro l' ipotesi
concetto di uno, e preso per ipotesi che sia, trova per  sua  condizione prima la diade, e poi la moltiplicazione
con questo uncino la sentenza eleatica dell' uno, alla  sua  dell' Uno molti. Dopo aver dunque provato, che l' uno è un
quadruplice: 1 o che sia la medesima; 2 o un' altra; 3 o  sua  parte; 4 o suo tutto: chè la parte non è nè un medesimo nè
esser qualche cos' altro dal non uno; 2 che non può esser  sua  parte; 3 e non può esser suo tutto: di che conchiude che l'
tutto, per modo che il non uno, restando non uno, sia una  sua  parte; rimane che l' uno sia il medesimo col non uno . La
che l' una e l' altra ha la forma della contrarietà alla  sua  opposta. Un' altra proprietà dell' uno essente, che s'
si è, che una proprietà può essere assoluta o relativa alla  sua  contraria. Ora la grandezza e la piccolezza sono proprietà
ha per fondamento l' uno essente considerato nella  sua  identità , e nelle sue modificazioni . Poichè, in quant' è
è l' essenza dello stesso ente [...OMISSIS...] , ed ha una  sua  ferma natura [...OMISSIS...] ; dopo tutto ciò, dico, l'
fallace e mentitore. Così la sofistica fu recisa fino dalla  sua  più profonda radice. Ma noi dicevamo che questa
perchè l' Ontologia trattando dell' essere in tutta la  sua  ampiezza, conviene che lo consideri anche nelle sue
condotti, trova nell' essere stesso per sè considerato la  sua  fermezza e immobile consistenza: il che non manca mai di
il mondo intelligibile dal reale che lo realizza quasi  sua  materia, deduce da quello il ragionamento necessario e
moto è lo stesso atto dell' ente, e lo stato non è già una  sua  passione, e l' essere identico e diverso non sono proprietà
Ma Plotino considera il numero attuale in tutta la  sua  estensione, onde dice che [...OMISSIS...] . Fa dunque
i generi; in tanto è la prima mente (1). Ma in quanto la  sua  azione, continua e permanente, passa ai generi inferiori e
Ciò che vi ha d' erroneo in questo ragionamento è la  sua  base male scelta. Poichè questa base è il principio: « la
non cadono differenze; Quando dunque nascono in lui per la  sua  continua attività i generi, questi non sono lui, perchè non
i generi, questi non sono lui, perchè non ammettono la  sua  definizione. Del pari: La prima Mente non è che l' ente
genere cadano differenze; Ma tostochè essa mente per la  sua  attività quasi lampeggia in ciascun genere differenze, di
(2), quando continuando ad operare ed andando quindi colla  sua  azione fuori di sè, fuori da quello che la costituisce
atto del quale lo costituisce; il secondo, eccedendo la  sua  costituzione e natura, non è più lui ma la Mente; il terzo,
costituita, non potendo esser la Mente perchè eccede dalla  sua  costituzione, è l' Anima; il quarto che esce dall' Anima
noi ad esporre questo ingegnosissimo sistema, per quanto la  sua  incoerenza il permette, facciamo osservare, che da esso
l' affissarsi nell' Uno sia quello che la costituisce nella  sua  eccellenza, pure anche coll' affissarsi in sè stessa non si
l' Anima coll' affissarsi nella Mente è costituita nella  sua  propria eccellenza, ma dopo d' avere, coll' affissarsi in
operando produce: dopo dunque che l' Anima è costituita, la  sua  contemplazione di sè non può più produrre specie: sorge
e, in quant' è anima vegetale, sia tratta dalla  sua  propria natura verso il sensibile e materiale. Ora, come il
con esse l' ente ideale , e non l' ente in tutta la  sua  generalità. In fatti i cinque generi da esso enumerati sono
sterili e prive d' ogni azione. Dice dunque di questa  sua  Mente, risultante da' cinque generi: [...OMISSIS...] . Sul
la sentenza che « tutto ciò che c' è di enti dee avere la  sua  operazione ». Appresso ancora viene questa sentenza:
si trae il sistema, si decide che l' essere non può per  sua  natura fermarsi nell' intelligibile, benchè si abbia detto
tiene il luogo supremo una tale natura, che abbraccia colla  sua  virtù, e collega in sè i generi tutti delle cose e le forze
scendere a stato inferiore, e tuttavia nulla perdere di  sua  primitiva eccellenza. Ecco le questioni, che i Neoplatonici
e in tal caso sono un complesso unico, che per la  sua  unità appartiene ancora alla categoria dell' uno. Se poi i
una metonimia, pigliandosi la tigre per esprimere la  sua  qualità d' esser crudele, ed una metafora venendo applicata
quanto, il quale, la relazione, convengono all' ente per la  sua  propria virtù, e non per una virtù straniera all' ente; il
prima sono predicati, e poi astratti, benchè di natura  sua  dichiari anteriore la specie alla materia. Astratti poi non
è l' oggetto, cioè il vedere (presentato puramente nella  sua  essenza dall' intuizione) congiunto colla negazione. Tutti
da ogni mente, benchè escluda la realità ed abbia per  sua  natura la proprietà d' insiedere nella mente. La mente poi
è conseguentemente realizzato anche ciò che esprime la  sua  specie ed il suo genere; e in quanto si considera
i quali, non rappresentando la cosa segnata nella  sua  natura, ma solo indicandola, non porgono all' attenzione di
non ravvisò col suo pensiero la materia ideale in tutta la  sua  universalità, la quale non è altro che l' essere ideale
filosofo era legata ai sensi ed agli enti corporei. Onde la  sua  ontologia riuscì angusta, perchè cavata principalmente
l' essenza (predicabile «Horos») o esprimendo qualche  sua  proprietà che non è però la sua essenza, ma conseguente ad
o esprimendo qualche sua proprietà che non è però la  sua  essenza, ma conseguente ad essa (predicabile «idion»), si
del fondamento unico su cui posa tutto l' edificio della  sua  filosofia. E pure nulla di questo. - Egli lo introduce a
termine, se non a condizione che egli sia congiunto colla  sua  potenza: di maniera che egli è un pregiudizio volgarissimo
da quella, perchè l' effetto non può essere maggiore della  sua  causa (1). Ma datemi un uomo pregiudicato, un uomo che già
ciò intende provare la necessità dello spazio, e quindi la  sua  provenienza soggettiva. Ma egli è falso, che non si possa
della sensitività corporea come un' antecedente e condizion  sua  necessaria; è una forma, ma forma distinta dalla stessa
giudizio, onde il nostro filosofo deduce tutta quanta la  sua  teoria filosofica, discoprendo i vizŒ di questa teoria
espressamente questa dottrina, e con essa incomincia la  sua  « Critica della Ragion Pura », ammettendola come cosa fuori
riferire; e che era lo spirito quello che esercitando una  sua  propria funzione (2) dava l' unità a quel vario moltiplice.
quattro grandi classi di giudizŒ ci sono date da Kant sulla  sua  parola, poichè non fa alcun ragionamento che provi che
affermato; il contenuto del giudizio non cangia punto la  sua  specie, e però non può costituire una nuova classe. La
può mancare il più, qual è il positivo dell' ente, ossia la  sua  vera realità sentimentale. Ancora, le tre categorie di
un' altra proposizione più estesa, mediante una condizione  sua  propria. Onde non si può giungere ad una cognizione
d' una cognizione condizionata, la quale è nulla senza la  sua  condizione. Ora questa funzione della ragione , per la
e così non vi sarebbe veramente il pensare, mancando la  sua  condizione. Ma, che il pensare vi sia, non è negato nè pure
convincere di menzogna la ragione stessa degli uomini nella  sua  propria natura! Perocchè, o quest' uomo in far ciò usa
non già l' umano individuo, ma la stessa ragione umana per  sua  natura paralogizza quando cerca di stabilire l' unità
quello che la ragione stessa direbbe se parlasse colla  sua  bocca, di sollevarsi AL DI SOPRA DELLA RAGIONE, e,
Kant che provino per uno scambietto, e molto meno la  sua  intrinseca lotta, che la renderebbe positivamente stolta e
», n. 264 seg.. Nè gli basta a condurre a fine la  sua  prova questo errore, se non vi aggiunge anche quest' altro
quanto allo spazio. Tutti i fondamenti adunque della  sua  prima prova vanno in fumo. Il secondo argomento che adduce
pregiudizio sensistico, su cui il Kant fabbrica tutta la  sua  dottrina. Ciò che abbiamo detto innanzi basta a
il ragionamento con cui Kant pretende provare questa  sua  antitesi, ed è che se vi ha la libertà, questa opererebbe
« « che ogni condizionato presuppone, rispetto alla  sua  esistenza, una serie completa di condizioni fino all'
il principio essa « « dovrebbe cominciare ad agire, e « la  sua  causalità così avrebbe luogo nel tempo » ». Quindi questo
Gli argomenti con cui egli le fortifica non sono nè pure di  sua  invenzione: sono gli argomenti prodotti e riprodotti dagli
che ebbe un potere magico d' incantare tanti spiriti della  sua  nazione. Ma io voglio qui notare di più una peculiar lotta
Kant dichiara assai frequente quest' ultimo fine della  sua  filosofia speculativa: [...OMISSIS...] . Tali sono le due
tendenze della filosofia di Kant, ma Kant, più sagace della  sua  filosofia, s' accorge che le due tendenze non istanno bene
può provarne l' esistenza, in che maniera soddisferà alla  sua  esigenza di ridurre ad unità assoluta la serie delle
risponde consigliando la ragione a rinunziare a questa  sua  esigenza di trovare l' unità assoluta delle condizioni
a' propri inganni? Sebbene adunque in niuna parte della  sua  filosofia Kant possa fuggire le contraddizioni, tuttavia in
non dimostrino in sè stessi la ragione di sè, o, secondo la  sua  maniera di parlare, non contengano la condizione della
vale sperimentale, e la coscienza è sperimentale di  sua  natura, giacchè ognuno esperimenta ciò di cui è conscio;
coscienza, questa stessa avrebbe loro data la prova della  sua  erroneità. La coscienza infatti suppone una dualità, il
medesimo, nel quale punto d' indifferenza egli colloca la  sua  coscienza pura in contraddizione della coscienza empirica.
adunque cozza direttamente contro il principio di tutta la  sua  filosofia, che, come dicevamo, è quello della ragion
e però non sarà mai, e poi mai un Io; giacchè l' Io è per  sua  propria essenza una consapevolezza. Qualora adunque noi
ma prima di tutto l' essere in universale , il quale colla  sua  universalità collega in varŒ modi gli enti tutti fra loro,
venendo propriamente a significare non l' uomo, ma la  sua  coscienza, l' uomo in quant' è consapevole. E` dunque vero
di sè, ne cavò l' assurdo che produce sè stesso, che è la  sua  propria causa. La conclusione adunque di Fichte: « « Il mio
altresì rispetto ad ogni ente contingente, si concepisce la  sua  sussistenza come un atto avente un principio ed un termine,
benchè potrebbe concepirla diminuita od accresciuta, colla  sua  mente, in un qualunque ideale ch' egli si formasse. Ma l'
all' operare dell' Io? una resistenza, un freno posto alla  sua  tendenza? Non già; ma, credendo di spiegarla, egli vuole
E riserbandosi questo minimo grado di potenza sulla  sua  creatura, ha dunque rinunziato per sempre ad averne un
grado di più? Il creatore potè abdicare così per sempre la  sua  onnipotenza? Avrà egli creato un complesso di esseri più
proprio bisogno per porre sè medesimo: è una legge della  sua  coscienza »: quasichè, quando il filosofo dichiara una cosa
a sè stesso nel mondo, egli dovette per legge della  sua  coscienza imaginare i suoi genitori e i suoi antenati » ».
sè e per sè; e che in questa operazione si dee ravvisare la  sua  assolutità. In questo detto di Fichte v' ha della
l' affermazione; giacchè quando si dice ente , si dice la  sua  essenza . E pure l' affermazione non è inutile al conoscer
distinzione fra l' essenza dell' ente contingente e la  sua  realizzazione , o atto proprio dell' ente stesso. Or,
un ente come cosa stabile e indipendente dalla stessa  sua  affermazione, non può farci cadere in alcuna illusione
esiste tuttavia. Ciò che si dee spiegare non è già la  sua  causa occulta; ma la sua natura manifesta , che sta nel
che si dee spiegare non è già la sua causa occulta; ma la  sua  natura manifesta , che sta nel fatto lampante della umana
egli è possibile che l' Io desideri di perdere l' identità  sua  propria; quando anzi è vero che ogni essere intelligente
ogni essere intelligente brama bensì di perfezionarsi nella  sua  natura, ma non brama cangiar natura; la cui brama avrebbe
spirito che opera ciecamente, non può avere alcuna regola  sua  propria, perchè la regola non è tale se non si conosce, e
L' assoluto di Fichte e de' filosofi che sono andati sulla  sua  via è un assoluto in potenza; perchè è un Io che ha bisogno
è perfettibile , senza che giammai possa raggiungere la  sua  propria perfezione ponendosi compiutamente: ma un ente che
per quanto l' abbia distillato nelle vane storte della  sua  imaginativa, non n' ha cavato altro che contingente. Per
l' uomo ha in sè è parte dell' uomo »; per quantunque la  sua  nobile intelligenza si fosse resa schiava di un principio
il pregiudizio, che serviva di base e di tema a tutta la  sua  filosofia, lo costringeva ad affermare che quest' Io era l'
dai visceri della natura umana. Così fece Fichte, e nella  sua  nuova opera intitolata « Sistematica » (1), alla parola Io
ridurre l' Io empirico all' Io puro senza fargli perdere la  sua  identità, senza cessare di essere Io. Ma rimase infitto
appariscono debbono essere elemento che costituiscono la  sua  stessa natura, e che in lui si vanno svolgendo; dunque
tutte le cose SI DEVE TROVARE nell' uomo, nel fondo della  sua  natura ». Quanto la minore di questo sillogismo sia
E questo fu l' addentellato a cui raggiunse Schelling la  sua  fabbrica. Ma accettando il Dio di Fichte, ricusò d'
perchè non appariva come Iddio avesse potuto produrre una  sua  immagine che non avesse la natura di lui, e un mondo che
La filosofia dell' identità assoluta trae la  sua  origine dall' ignoranza, e dal pudore che sentono i
essenza della cosa reale è quella appunto che trovasi nella  sua  idea, l' essenza ideale non di meno differisce dal suo
e in nessuna maniera v' ha identità fra il reale e la  sua  essenza ideale. Tutto ciò che v' ha fra queste due cose, si
nella percezione si unisce individualmente il reale colla  sua  essenza ideale, e da questa congiunzione nasce l' individuo
quel punto può aver bisogno, per conoscersi, di perdere la  sua  indifferenza ponendosi come soggetto e come oggetto? Ha
appartiene al mondo reale in quanto si perfeziona colla  sua  adesione all' ideale. Questa confusione tra il mondo reale
al nostro filosofo pel materialismo di cui va infetta la  sua  « Filosofia della Natura ». Perocchè la natura fu ridotta
e simmetria ond' egli compartì le varie parti della  sua  filosofia ricade troppo a scapito della verità, di che ci
in diversi significati (1). Applicata al corpo, è una  sua  modificazione che lo rende atto ad esser sentito
nè meno afferma il reale; ma il reale rimane fuori della  sua  sfera. Affine che si possa dare il titolo di negativa ad
una negazione a fare che un dato concetto non inganni nella  sua  applicazione è ciò che induce a dargli l' applicazione di
che addurrò chiarirà meglio la cosa. Esponendo Schelling la  sua  Filosofia negativa, viene discorrendo così: [...OMISSIS...]
e dicesi in potenza solamente considerandosi rispetto alla  sua  realizzazione non racchiusa nell' essenza. Onde di nuovo l'
essenza, l' idea) nel quale si pensi la possibilità della  sua  realizzazione, ciò che è il poter essere. Ora tutta la
all' essere, e l' essere è posto, ella ha perduto la  sua  libertà, ed è in potere dell' essere stesso. Or quest'
dell' essere. Nella natura tutto è già posto, tutto ha la  sua  forma. Ma è facile di vedere che dee aver preceduto, qual
nella lunga discussione che premette al libro I della  sua  Logica intorno alla questione [...OMISSIS...] ; le quali
una relazione tra l' essenza umana e il concetto della  sua  realizzazione . V' ha dunque in questo pronunciamento una
di Hegel, il quale vuol cavare le cose stesse dalla  sua  idea. Ecco come s' esprime il signor Gioberti:
del primo linguaggio. Ecco com' egli proponga questa  sua  quanto nuova altrettanto arbitraria teoria. [...OMISSIS...]
S' estende poi a far parlare l' idea, e colla  sua  ricca immaginazione inventa un dramma in cui ella
maniera di sottigliezze e di sofismi si può far perdere la  sua  natura all' idea, o immedesimare il soggetto coll' oggetto,
il ragionare nella bocca di tali filosofi, e sottentra in  sua  vece un gran salto che dà la fantasia, quand' essi si
ed al suo movimento dialettico, come si può vedere nella  sua  « Enciclopedia delle scienze filosofiche » (1). La quale
nel mondo, col pensiero riduce a sè, riconosce come  sua  propria creazione e sostanza, il mondo. Ciascuno, che un
che tali parole non esprimono più l' essere stesso, ma una  sua  qualità negativa (privazione di mediatità, e di
filosofo, che pone quindi IL DIVENTARE a principio della  sua  dottrina, quasi punto d' unione tra il nulla e Dio! Egli è
recentemente una confutazione. Lo stesso Calybaeus nella  sua  « Critica di Hegel » dice: [...OMISSIS...] . Così giudicano
ma nel mondo già dalla mente conosciuto. Cousin applica la  sua  formula a tutte le scienze: all' astronomia, alla chimica,
degli empi a rendere più pura e più splendida la divina  sua  religione; come è colle loro persecuzioni ch' egli purifica
come è colle loro persecuzioni ch' egli purifica la  sua  Chiesa dagli affetti terreni, e che le fa conoscere d' una
sopra nessuna delle cose umane, ma sulla sola virtù della  sua  divina parola. Egli è per questo che non mai sì bella e sì
il genio del male che vuole render l' uomo infelice nella  sua  coscienza, non può sostenere a lungo di vederlo felice nè
sostenere a lungo di vederlo felice nè pure nell' esterna  sua  vita: la quiete è per lui un tormento, come è all' odio un
coscienza stessa dell' uomo, che divenne una porzione della  sua  essenza, ed il primo elemento della sua vita; questa verità
una porzione della sua essenza, ed il primo elemento della  sua  vita; questa verità che le umane generazioni oggimai si
che giunse a collocarsi al suo centro come gran base della  sua  esistenza e come punto intorno a cui l' universo, che l'
superficie dell' umanità, e rendeva visibile al di fuori la  sua  bellezza divina; ed il vizio, grazie all' Altissimo, non è
dalla virtù, che non si possa oggimai più ingannare sulla  sua  perdita e ch' ella debba confessare a se stessa, senza
in una immensa foresta per essersi allontanato dalla  sua  madre. E che conforto di letizia non debbe aver portato al
Chiesa di Gesù Cristo il vedere che quando innalzando la  sua  voce di pace e di universale benevolenza proclamò agli
del comun Redentore, trovò mille schiere che risposero alla  sua  voce colle lor voci di compunzione e di ravvedimento, ed il
tutta l' opera, ed il fine suo debbe ritenersi in tutta la  sua  purezza, e perfetta eccellenza, nè debbesi transigere colla
un modo che non esiga da lui un sacrificio superiore alla  sua  debilezza e non necessario; un modo che riconcilii la
le congiunga, le unizzi. Il Cristianesimo adunque colla  sua  spiritualità, coll' ampiezza delle sue idee che travalicano
quell' affetto, il quale ella merita, considerata nella  sua  relazione con quel tutto che hanno sempre innanzi agli
come la verità è meramente attiva rispetto a lui: la  sua  mente non crea qualche cosa, ma più tosto viene in essa
azione della prima verità sopra di lui è ciò che forma la  sua  intelligenza: l' azione degli altri esseri è ciò che
a tutto il senno naturale, e spiega la magnificenza di una  sua  nuova creazione. Qui primieramente essa narra all' uomo un
narra all' uomo un gran fatto, la caduta morale di tutta la  sua  specie avvenuta nello stipite. Passa con volto irato a
l' eccidio. Questo nuovo Adamo fino dal primo istante di  sua  esistenza, non fu già abbandonato a se stesso, anzi
DEGLI UOMINI NON PUO` ESSERE RIPARATA SE NON DOPO LA  SUA  DISTRUZIONE: E OGNI ASSIMILAMENTO IN NOI DELL' ORDINE DELLE
a Dio, tanto meno abbia bisogno di sostenere la infermità  sua  colle cose umane, e questo vero splende manifestamente
le forze , cioè con tutto l' uomo, e con tutta la vita  sua  (2) si vuole onorato ed amato Iddio. Da quanto è fin qui
l' una o l' altra sola all' educazione umana nella  sua  perfezione considerata. Ciascun uomo ha qualche cosa di
quella edificare con metodi però che sieno i migliori nella  sua  mano, e i migliori a' bisogni e alla destinazione del suo
tutto ciò, perchè fosse perpetua ed inesausta materia di  sua  meditazione. Non pensò Gesù, quando ammaestrava i suoi
a' particolari: si sviluppano queste dottrine nella  sua  mente, come si sviluppa dal suo picciolo germe la pianta,
vuol collegati ed uniti. Perciò il primo toglie la dignità  sua  a ciascuno di quegli oggetti, e, staccandoli dal suo gran
si ponesse con tutte le forze a corrispondere all' onorata  sua  destinazione? Non è proprio de' grandi, il concedo, seguire
con una sola vasta intuizione dalla idea esemplare della  sua  mente, ne dimostrasse manifesto il modello, che divenisse
qualche rarissimo può sollevarsi; ed è così semplice di  sua  natura che concepita che sia, il mutare è guastarla. Ma
è quella che spedisce alle nazioni ne' momenti di  sua  clemenza uomini sì preziosi. Egli è perciò dovere di
o a due operazioni. Primo egli è chiamato a perfezionare la  sua  natura, a crescere nel corpo e nello spirito, a studiare l'
si maturano le nostre facoltà. La Memoria riceverà la  sua  cultura principalmente negli studi della Grammatica, la
abbandonata alla maledizion ricevuta, ma col fondare sulla  sua  distruzione una natura nuova vincente la prima per infinito
da Dio che tutti gli avvenimenti servano alla gloria della  sua  Chiesa, e al bene de' suoi eletti (1); e questa che si lega
insieme. Gli errori sono quelli che spingono nella maggior  sua  luce la verità, la quale annunziata sola e senza la
falsità non rimane nella mente che fornita d' una  sua  luce modesta e niente viva e risaltante, giacchè egli è da'
il Calcolo delle Funzioni analitiche pare che colla  sua  purezza e generalità già schiuda la via, o la faccia almen
in tal condizione ch' ella tanto avesse a pensare alla  sua  esistenza, che più tempo non le sopravanzasse da pensare ai
finchè l' uomo soggiaccia a quella legge intrinseca a  sua  natura, per la quale solo mediante i confronti egli può
sicchè ritiene alquanto de' modi e costumi sozzi della  sua  madre; perciò gli scrittori stessi della classica
rendere quell' ordine stesso, e quella unità in tutta la  sua  disposizione che abbiamo veduto esser necessaria nelle
col fornire l' uomo di varie ed utili potenze dimostrò la  sua  volontà, che le esercitasse a fini onesti, e coll'
che essi formano tra loro. Considerato dunque non nella  sua  possibilità astratta, ma nelle sue varie attuazioni, il
Gesù Cristo consegnò e guarentì inviolato il deposito della  sua  dottrina, e questi sono i Vescovi, il primo dei quali è il
come questa facoltà l' ebbe pure Gesù Cristo compresa nella  sua  missione, onde egli disse: « A quel modo che il Padre ha
cessa appunto lì dove incomincia la Chiesa a far uso della  sua  autorità di maestra. Si può aggiungere qui un'
queste dottrine, che niun cattolico può negare, salva la  sua  fede, ne vengono queste conseguenze: 1 Tutti coloro, che
della dottrina », di maniera che adopra in tali casi la  sua  autorità a far sì che quelli che ne sanno meno insegnino a
vuol fare una cosa e non sa farla, e fa in quella vece la  sua  contraria? Dicono, in secondo luogo, che non è a presumersi
che gli pervertisca, e se un Governo civile prende sotto la  sua  tutela questi diritti dei figliuoli, senza invadere, con
tra sei persone giuridiche, assegnando a ciascuna la  sua  porzione, egli è evidente, che intendiamo che coesistano
tutta caritativa, e solamente allora ella conserva la  sua  dignità e procede col decoro e coll' onore dovutole quando
l' opera virtuosa deva ben riuscire. A che può guidare di  sua  natura il fine dell' interesse temporale, se non a ritrarre
spererà un guadagno maggiore e un maggior incremento della  sua  industria: sceglierà quelle dottrine, quelle massime
educazione che già esistono nel Comune, e che non sono di  sua  fondazione, le quali devono rimanere perfettamente libere;
cedergliene una parte, senza grave detrimento della  sua  propria perfezione, essendo la forza legittima del Governo
tutti i governati come anteriori a' suoi propri, e che la  sua  azione non usurpi su di quelli cosa alcuna, ma li seguiti.
stato egli che ha mandato il Papa e i Vescovi a ripetere la  sua  dottrina per tutti i secoli e a tutti gli uomini divisi in
l' umanità stessa col perderla: è venuto a creare colla  sua  grazia un' umanità nuova e a distruggere la vecchia.
cielo. Ma non è questo l' albero dell' articolista e della  sua  scuola; egli vuol coltivare quello che è venuto a sterpare
per sè, e per mezzo degli operai da lui mandati nella  sua  vigna. C' è dunque una umanità vecchia, figlia della
bene: tutte le nazioni della terra si ricovreranno sotto la  sua  ombra, e vivranno de' suoi frutti di vita. Alcuni pochi
malgrado però di costoro, Gesù Cristo promise e diede alla  sua  Chiesa lo spirito di verità, che « « insegna ogni verità »
e di scientifico valore, sono un regalo, che ora, nella  sua  età decrepita e semimorta, fa il protestantismo alla povera
nè una completa morale fuori di quella che con autorità  sua  propria insegna la medesima Chiesa di Cristo. Poichè
l' esistenza dei diritti della Chiesa Cattolica in tutta la  sua  estensione. Se infatti riconoscendo una parte di essi, ne
dunque lo Stato le ha già, e le deve avere nella  sua  forza, ed è contro questa forza che tutti i cittadini, e
questa forza, e quasi come un astro uscito dalla  sua  orbita non perturbi l' ordine della giustizia. Le
altre guarentigie morali non dà la Chiesa in virtù della  sua  propria costituzione al Governo civile in questa materia
guarentigia simile a quella che la Chiesa offre a lui nella  sua  stessa dottrina? Qual è dunque la dottrina del Governo
cosa ragionevole e desiderabile che il Governo, che per  sua  natura non ha dottrina definita, e la dee prendere alla
i propri diritti? Dove se ne andrebbe allora la  sua  libertà umana, secondo il suo concetto? Ma si lasci per un
gerarchico della potestà istituita da Gesù Cristo nella  sua  Chiesa; quell' ordine gerarchico, che la « Rivista delle
il domma e la morale cattolica discenderà come da  sua  legittima fonte da questo gran corpo, e a questo gran corpo
voi lo trattate lealmente , come clero, qual è per la  sua  situazione, non mostrate di averlo in conto di un partito,
alla morale. Questi temono che la Chiesa e il clero colla  sua  influenza ne impediscano loro l' esecuzione. I Governi,
delle leggi empie e contrarie ai suoi dommi, o alla  sua  morale, ma savie e religiose; non vuole impedire l'
d' uno Stato spirituale e non d' uno Stato temporale: la  sua  autorità limita bensì il vostro potere: ma solo nelle cose
di una sana e potente filosofia si scorge osservando la  sua  condizione, sì relativamente a' suoi nemici che la odiano,
attingere qualche esempio dalle sue opere, p. es. la  sua  classificazione degli esperimenti assai mal fatta, e fatta
intendimento di ristaurare il metodo filosofico in tutta la  sua  estensione, e di fedelmente e costantemente seguirlo in
viene in soccorso dell' uomo, quando la debolezza della  sua  mente e del suo cuore dà luogo a sofismi, che vorrebbero
verità più necessarie all' uomo, acciocchè conseguisca la  sua  alta destinazione illustrandole ed ordinandole. Ora queste
come in ispecie dee esser l' uomo, acciocchè sia retto e in  sua  natura perfetto. In queste seconde si contiene propriamente
umani), quanto meno lo scrittore esige di fede alla  sua  parola, tanto più è buono il suo metodo e il suo trattare
- Qui si insisterà dimostrando che il soggetto uomo e la  sua  attività radicale è una, la quale però muove molte potenze
- Legge ontologica del sintesismo: « una cosa ha la  sua  esistenza condizionata ad un' altra ». 22 Il principio
condizionato al sentito, da poi che esiste ha un' attività  sua  propria. - Istinto animale. - Istinto vitale. - Istinto
Semplicità dell' anima dei bruti. 25 Principio sensifero. -  Sua  identità col sentito. - Esistenza del corpo esterno e
36 L' essere in universale si riduce in Dio, come in una  sua  appartenenza. 37 L' essere in universale è la verità. -
mostrare come questi si cangino, mentre quello conserva la  sua  identità. I principii prossimi degli atti sono le facoltà,
facoltà stesse. 3 Che la varietà poi delle facoltà ha per  sua  cagione la diversità specifica delle virtualità che
Ma, consistendo questa semplicità nel ridursi tutta la  sua  attività ad un solo soggetto, non è tolta la semplicità di
cristiano in particolare la storia ecclesiastica della  sua  diocesi, perchè sappia chi ci abbia recato il lume dell'
Basilio disse una volta agli abitanti di Cesarea in una  sua  omelia: [...OMISSIS...] . Onde anche le varie parti della
venire dopo di me, anneghi se stesso, e prenda la croce  sua  e mi segua » (1), allora parlò di questa disposizione di
elezione nostra. A Dio e ai pastori da lui stabiliti nella  sua  Chiesa noi dobbiamo assoggettare la nostra volontà. E
e circospetti; avrebbero chiesto de' buoni testimoni di  sua  vita, dei saggi di specchiata condotta, di conosciuta
ei mi ha collocata in paschi ubertosi » (13), cioè nella  sua  Chiesa. 21 « A te il povero si abbandona: tu sarai l' aiuto
con quella forza, che egli ha, nè più, nè meno: e tenga la  sua  propria indole. Se adunque voi leggete loro alcuna cosa da
spirito di dolcezza deve brillare in tutto; qui poi come in  sua  sede. Nè la dolcezza escluderà la forza. Il riprendere
indiretta e soave. La donna forte del Savio regge la casa  sua  coll' attività, non co' gridori nè colla forza, ed ogni
apre ella la bocca sua, e la legge della bontà governa la  sua  lingua ». Dalla pratica della virtù sembra inferire, che
volontà di colui, che mi ha mandato, e di compiere l' opera  sua  » (1). E se lo figureranno commensale, e così anche
[...OMISSIS...] . L' Apostolo Paolo nel capitolo XII della  sua  maravigliosa « Lettera a' Romani » insegna anch' egli il
volume anche dopo averlo mangiato (2), quasi la dolcezza  sua  in bocca gli ritornasse; così avvezzar si debbono le
loro grandezza. Dirassi di questa, che il pregio e la beltà  sua  non istà tanto nel numero de' suoi membri, quanto nella
degli idoli e schiavo de' demoni, scelse quella famiglia a  sua  Chiesa ed a suo peculiare dominio, e con essa come e' fosse
venturo!) patteggiare, e nominarla la « funicella della  sua  eredità » (1). A questa generazione singolarmente si fecero
generazione singolarmente si fecero vedere i prodigi di  sua  onnipotenza e misericordia, fur mandati profeti continui,
inimicizie e le divisioni fra gli uomini assunte in quella  sua  carne , che diede in preda alla morte. Parole di profondi
e realmente quegli che s' è umiliato. Competeva, alla  sua  natura, che per se stessa contiene un bene morale infinito
il suo trionfo, a detta di Paolo, per farci intendere la  sua  battaglia. Perciocchè l' Apostolo così argomentò: « Che è
di Cristo, e pel trionfo di lui sopra l' inferno venuto in  sua  mano il cuore dell' uomo; nel solo arbitrio di Cristo ora è
uomini a salvamento. Può Cristo distribuire tali doni a  sua  volontà, avendo fatto per avere questa facoltà quello che
alle parti più infime della terra ha riempiuto tutto della  sua  gloria; e ciò quanto al suo trionfo. Quanto poi alla salute
mirabile ma invisibile gerarchia nella Chiesa, che nella  sua  miglior parte sta in cielo: così per quelle diverse abilità
di Melchisedecco » (3). Mosè oltre di ciò aveva nelle  sua  missione e apostolato l' uffizio di Profeta o interprete
terra del cielo colla verga della grazia, che solo per la  sua  potenza è detta di ferro ne' « Salmi » (3). Nell'
« Se egli lo amava », anche tre volte quasi a premio della  sua  sincera risposta dissegli, che pascesse il suo gregge: le
questo popolo dall' altre nazioni idolatre Iddio radunò la  sua  Chiesa in un corpo visibile, mentre avanti ell' era
Si provvide alla dignità del Messia, e alle prove della  sua  verità, col sequestrare dall' altre quella generazione di
l' altra gli fu vantaggiosa: poichè vegliando Iddio alla  sua  custodia, sempre lo sceverò da' Gentili; e quantunque volte
avea comandato di non aggiungere nè torre nulla alla legge  sua  (3). Il perchè nel « Deuteronomio » dà agli Ebrei per
dalle cerimonie legali, l' aggiungere o il detrarre dalla  sua  legge, il torgli da Dio; ma solo la verificazione delle
parlato, da tutto ciò si argomenta, da cui si fa chiara la  sua  divinità. Ma veggiamo qual differenza v' abbia tra le
tempo, ma che egli sarà il primo , il quale colla possanza  sua  faralle partecipi di Sionne. Pur non dice loro di dare
che forte e sonante tragga la voce, ma la tragga « nella  sua  fortezza », cioè da grazia accompagnata; fortezza a'
alla Chiesa quando pochi momenti innanzi la passione  sua  consecrò, e distribuì il pane, e appresso fatto il
» (1). L' altra podestà da Cristo fu promessa prima di  sua  morte (2), ma conferita agli Apostoli poscia che fu
in tutto la precede; il primo egli de' risorgenti: nella  sua  risurrezione soltanto risurse la Chiesa a eterna vita. Ei
perchè egli perfettissimo non sia, ma per l' opera della  sua  bontà, per la quale volle patire a redenzione di molti. E
compito in tutte le cose. Egli giunse anche coll' età  sua  al mondo alla compita misura di uomo, perchè nel suo corpo
di ciascun membro prende l' aumento proprio del corpo per  sua  perfezione mediante la carità ». Nel che nuovamente si
degli enti tutti, anguste creature sue di sotto alla  sua  grandezza. Chi medita la sua provvidenza, la quale
creature sue di sotto alla sua grandezza. Chi medita la  sua  provvidenza, la quale leggiadramente « scherza nell' orbe
o limitati, e unisce questi e li perfeziona colla  sua  mente fino a illimitabile perfezione: costui in tutte le
permette, senza congratulare a' suoi pregi, che Dio colla  sua  grazia produce: questi non sarà dalle persone distratto dal
dal suo Signore a rinnovellarsi, e unire la più bella  sua  voce di lode nel concento che fanno al Creatore le
state fa biancheggiar le sue messi, e il sole colla nuova  sua  forza va conducendo tutti i frutti alla loro maturità, e a'
cui l' agricoltore celeste ci spiccherà per riporci nella  sua  dispensa. E allorchè già viene l' autunno, il tempo delle
« Chi vuol venire dopo di me anneghi sè medesimo, tolga la  sua  croce e mi segua » (3). Questo annegamento di sè stessi,
di Gesù Cristo ancora vive in sugli occhi. La misteriosa  sua  vita, il suo divino conversare, la dolorosa morte, la
in ispirito d' adorazione si tiene, apre sempre la bocca  sua  in modo gradito al Signore. Questo insegnava Gesù alla
questi prega in Dio che è spirito, e però anche la forma di  sua  orazione ne uscirà acconcia e vera. Questo è quello
buon cristiano le esamina avanti di praticarle, quest' è a  sua  lode, e a salute. Anzi anche quando la Sede Apostolica
ara un' ostia, che l' uomo tratta colle mani sue, e colla  sua  bocca si mangia e si bee. Ecco fonte copiosa di vive acque!
credesi d' esercitare il culto divino, e si nutrica invece  sua  la propria carnalità. Vorrei per tanto richiamare lo
ispalla porgendoci pronti e di dare il sangue per la legge  sua  e di sacrificare la concupiscenza nostra all' onore della
e di sacrificare la concupiscenza nostra all' onore della  sua  legge. Ora anche dopo la consecrazione, favellando del pane
sacerdote è chi sacrifica a Dio. E sebbene Cristo solo per  sua  eccellenza sia il Sacerdote eterno giusta l' ordine di
ed ogni Sacerdote, qual ministro di Cristo, in persona  sua  rinnovella detto sacrifizio della croce; e di più ogni
conformato « osservando i precetti suoi, tenendosi nella  sua  carità » (1): e in questa unione di sacrifizio pregando il
ed insaziabile. Nominollo spesso le delizie sue, la  sua  vita, la sua fortezza, il suo tesoro, il misterio della sua
Nominollo spesso le delizie sue, la sua vita, la  sua  fortezza, il suo tesoro, il misterio della sua pace, il suo
sua vita, la sua fortezza, il suo tesoro, il misterio della  sua  pace, il suo regale indumento, la porpora sua nel sangue
della sua pace, il suo regale indumento, la porpora  sua  nel sangue tinta del suo Signore, il sommo suo bene, l'
tinta del suo Signore, il sommo suo bene, l' altissima  sua  bellezza, le care reliquie di Cristo, di Cristo l' ombra
dunque del corpo e del sangue del Salvatore, abusando di  sua  morte: e in questo sacrilegio si può dire del Salvatore
fa, e disconoscendo il cibo che prende, si beve e mangia la  sua  condanna (2). Non è questo partecipare alla cena divina:
dire che questi si nutre di Cristo, bensì che trangugia la  sua  condanna. Non si dice propriamente che partecipa a mensa
non si vede nel modo, con cui il Signore provvide la Chiesa  sua  in ogni tempo di pubblici penitenti? Vi fece comparire ne'
spirito, da pienezza di pace di Cristo, da abbondanza di  sua  parola, che schiumi per dire così, e travasi dal petto
figli, e cui eglino debbono apprendere se vogliono esser di  sua  famiglia. Impariamo adunque il linguaggio della madre,
degli oggetti esteriori, perchè lo tolgono da' penetrali di  sua  mente, ove si tiene in gioconda pace nascosto: ma se è
quale prega, che, abbattuti gli avversarŒ, mandi a lui la  sua  luce e la sua verità, per essere da queste condotto nel
che, abbattuti gli avversarŒ, mandi a lui la sua luce e la  sua  verità, per essere da queste condotto nel santo suo monte,
e la pianeta finalmente raffigura il giogo della soave  sua  legge, cioè la carità, che dal Vescovo nella ordinazione s'
umiltà e dolcezza non dimostra il Pontefice stesso in tutta  sua  pompa in onor degli astanti? Viene alla celebrazione della
impossibilità a risorgere dal primo peccato, e la morte  sua  pena; la consolazione del Santo Spirito, e di sua grazia;
la morte sua pena; la consolazione del Santo Spirito, e di  sua  grazia; pe' quali giorni si leggono i Cantici d' Isaia, d'
le feste della Madonna, rassomigliata dalla Chiesa per la  sua  spirituale bellezza alla luna. Ogni mese poi, nel primo
Legge, della forza del nome di Gesù, dell' annunzio di  sua  venuta fatto agli Ebrei, della chiamata de' gentili, del
Salvatore. Che esempio del sommo penitente! l' ubbidienza  sua  sino alla morte di croce, e tutto lo spettacolo del suo
vita, la provvidenza, con cui il Signore regge la Chiesa  sua  vigile sopra di lei fino al dì del giudizio, del quale i
nell' anno tutti i dogmi suoi, tutto il sistema di  sua  fede, tutto il corredo di sue virtù, tutti i mezzi di
de' fatti privati della divina bontà, i quali all' anima  sua  peculiarmente apportarono o salute o aumento di grazia.
e di Pentecoste, insegna con ciò, come il Battesimo ha  sua  virtù dalla morte e risurrezione di Cristo, e come dal
alla divina gloria eternamente: questo reame ci fornisce di  sua  grazia, con cui superiamo gli avversarŒ santificando e
del mettere che fa il Sacerdote il lembo della stola  sua  sopra il fanciullo che battezza, volendo mostrare di
di tutte, dietro a se stessa ne conduce quelle altre, quasi  sua  bella accompagnatura e corteggio. La verginal purezza, dice
e così dignitosa, che non pure in presenza altrui, ma in  sua  propria sa arrossire e vergognare; la custodia degli occhi,
le discendono dal celeste amico. Spesso si troverà in  sua  stanza occupata nella orazione, spesso in pie letture,
un terreno e falso dolore, che vegga in altrui, della  sua  felice elezione; ma bensì un danno vero e grave, che
consentanea a sè medesima, che di sè non fa mostra, ma in  sua  propria modestia con più dolce lume risplende, virtù che
d' essere piacevole se non per la virtù, e pe' modi di  sua  carità; e che colei, la quale in tal modo piace a Dio,
Autore senza un disegno premeditato, e quasi contro la  sua  intenzione. Dettando il secondo libro degli « Ontologici »,
filosofo su tale argomento. Ma postosi all' opera, la  sua  attenzione fu trattenuta dall' intimo nesso che congiunge
si potrebbe ritrarre al vivo Aristotele, e far conoscere la  sua  maniera di filosofare, senza questo, che è proprio di lui,
Se non m' inganno, il pensiero aristotelico nella  sua  totalità vi si riconoscerà ritratto fedelmente e illustrato
e il contesto di vari luoghi del filosofo. Dico nella  sua  totalità ; non pretendo io aver colto il vero nell'
per quelle del Cousin e dei valenti giovani usciti dalla  sua  scuola, non dovesse riuscire inopportuno che si pubblicasse
difficoltà che s' incontravano per addietro: prima della  sua  caduta, la venerazione superstiziosa che si faceva dei suoi
dei suoi detti, a cui era temerità il contraddire; dopo la  sua  caduta, l' orgoglioso e insolente disprezzo di quelli che
e lo confonde: ed è appunto allora che egli trascorre nella  sua  passione a bestemmiare quello che prima adorava, quasi per
quant' ardua fosse la questione accennata da Porfirio nella  sua  Introduzione , e lasciata da parte come troppo alta e
e nell' altra occasione, e abbruciando di propria mano la  sua  « Teologia cristiana » (2). Queste condanne abbatterono
vera composizione, come accadrebbe se Dio fosse Dio per la  sua  forma, e non dipendesse dall' imperfezione del nostro
« divinità, deità », che rappresentano non Dio, ma la  sua  supposta forma universale (3). Ma sebbene il realismo puro
fu sospinto alla mostruosa sentenza, che l' essenza nella  sua  realizzazione , cioè l' individuo reale , fosse egli
di panteismo; anzi le dichiarazioni ch' egli fa nella  sua  mirabile opera ch' è a noi pervenuta, sono una continua
, può sentire il vuoto e la negazione intrinseca di questa  sua  cognizione naturale, e può anche cadere nell' inganno,
suoi propri sforzi giungere a riempire quest' ammanco della  sua  cognizione, raggiungendo Dio stesso nella sua reale
ammanco della sua cognizione, raggiungendo Dio stesso nella  sua  reale sostanza. E a tal fine, non soccorrendolo l'
non eccede la sfera delle idee, egli mette in movimento la  sua  immaginazione e il suo sentimento: e così pel vano sforzo,
che immediatamente e graziosamente presenta se stesso alla  sua  creatura senza confondersi con essa. Laonde quand' anco
a Dio, spintavi o dal magistero tradizionale, o da una  sua  propria argomentazione o contemplazione, trova ancora un
l' indirizzo da Socrate, pose nella serena quiete della  sua  mente, ferma attenzione all' oggetto per sè, cioè al mondo
oggetti della mente umana secondo il modo proprio della  sua  intuizione, e non secondo quel modo tutto diverso con cui
il «demiurgos», che opera in Platone: le idee sono la  sua  produzione, e riguardando in queste, come in esemplare,
si devono intendere con cautela e conciliare colla  sua  dottrina fondamentale e indubitata: le idee operano solo in
perciò veramente reali. Che anzi egli fa della  sua  forma un sinonimo di atto . Tali sono le viste diverse e i
difficile ad intendersi e a mantenersi in tutta la  sua  purità il sistema di Platone dell' esemplarismo :
la natura. Il realismo poi, lo vedemmo, ora cercava la  sua  base nella divinità, realità prima emanatrice di tutte le
ne impossessa e vive di essi, difendendoli a morte come la  sua  propria vita. Poichè la prima, la perpetua e più profonda
essere causa ed effetto (2); la filosofia araba nella  sua  forma più bassa, materiale e dissoluta, annidatasi in
dal realismo aristotelico e arabico, tenuto da essa, per  sua  sciagura, più tenacemente di tutte le altre nazioni (3).
! In Francia Giovanni Salabert pubblicò nel 1651 la  sua  Philosophia nominalium vindicata . L' Inghilterra
scolastica e continuati con perseveranza anche dopo la  sua  caduta, per ristabilire il nominalismo, dimostrano la
mistica . E questo accadde perchè, in sullo scorcio della  sua  vita, s' abbattè nella riforma protestante. Il
di nuovo in progresso, rivolgendosi, mostrò ancora l' altra  sua  gota razionalistica, che ricomparve a pieno discoperta nel
abbiamo, s' allontanino da quelli veramente usciti dalla  sua  mano (3). Ma più ancora di cotesti guasti, doveva influire
a sè medesimo. Nè manco si può aspettare di conoscere la  sua  vera mente dai libri popolari , poichè gli antichi filosofi
sempre discernere se parli in persona degli avversari, o in  sua  propria: e fa uso frequentissimo della particella «pos»,
e non ancora la storia dei sistemi. Il sistema non perde la  sua  identità, o ch' esso si presenti concentrato nei soli
non l' ha nessuno, se per sistema del maestro si intenda la  sua  dottrina materialmente presa con tutta quella
e procurando di fare che ciascuno veda l' evidenza della  sua  luce, speriamo che più facilmente se ne conserverà il
e confuse la memoria della propria origine e della prima  sua  istituzione. Se si eccettui l' ebraica stirpe, nella quale
laborioso. Se si dovesse prestar fede all' autore d' una  sua  vita, sia questi Ammonio o Filopono, Aristotele, colla sua
sua vita, sia questi Ammonio o Filopono, Aristotele, colla  sua  scuola, non intendeva punto di combattere il maestro, ma «
Ma molti luoghi delle sue opere e il fondo stesso della  sua  dottrina ci persuade del contrario. Sappiamo che Platone
d' Isocrate, anche alla scuola di questo contrappose una  sua  scuola d' eloquenza (1). Ma lasciando da parte la storia
originale del suo maestro, dalla quale la derivò nella  sua  miglior parte, e dimostrando in quali sentenze e come dalla
che Aristotele cerchi di nascondere questa contraddizione  sua  propria, che indebitamente riscontra nella scuola di
quell' universale, in cui massimamente concentrò la  sua  attenzione Aristotele, e con cui volle discacciare di luogo
Dopo aver detto ciò, può dire ancora, facendo uso della  sua  immaginazione: Ecco che io immagino un altro individuo
individui esiste esclusivamente in se stesso, e niuna  sua  particella, per menoma che sia, è comune a ciascun altro.
essenza prima, ne dichiara la natura, ne è, si può dire, la  sua  intelligibilità, in quant' è universale, ossia concepita
due opposte espressioni, prescindendo dai sistemi, ha la  sua  verità. Poichè dovendosi distinguere in tutti i percepiti e
che la sostanza singolare riceve il suo nome e la  sua  definizione, e quindi la sua quiddità (2) dalla specie che
riceve il suo nome e la sua definizione, e quindi la  sua  quiddità (2) dalla specie che di essa si predica, e che
con questa. Come dunque quella sarà prima, se riceve la  sua  quiddità, l' esser quello che è, da questa? Come sarà prima
degli enti (4). Ottimamente; ma quest' argomento trae la  sua  forza dal principio accennato, che « il contenente è
al nostro filosofo, se non che l' intendimento vede nella  sua  universalità quello, che nel senso è singolare. Ma il
parola specie , perchè 1 si dice che la specie mia non è la  sua  , la specie di ciascuno singolare è diversa (qui si prende
dell' opifice stesso, allora si troverebbe coesistente alla  sua  materia, e non anteriore. Ma di quante difficoltà rimane
tanto maggiore, quant' è maggiore l' acutezza della  sua  mente: ei si dibatte seco stesso tra le contraddizioni.
specie dell' artefice, che opera secondo l' arte, o della  sua  opera futura ». Quand' anco dunque la specie , secondo cui
fine (5). La specie dunque è qualche cosa d' anteriore alla  sua  realizzazione, secondo i principŒ riconosciuti da
d' entrambi: la mente possibile dunque le riceve per la  sua  unione e aderenza colla mente agente; ma come le forme sono
Aristotele spieghi come ciò sia o possa essere, che dalla  sua  stessa dottrina risulta che la cosa intesa si divide in
accomoda, o escluderla in caso diverso, appigliandosi alla  sua  contraria. Così quando dice che la mente « « è in potenza
un istrumento con cui noi operiamo, dall' aver fondata la  sua  psicologia sulla definizione dell' anima generica, e però
sussiste il corpo vivente, e da essa è contenuto nella  sua  unità. I quali errori d' Aristotele nacquero in gran parte
ad Aristotele dalla stessa lingua greca, di cui la  sua  filosofia è una continua interpretazione, poichè da «meno»,
in una l' esistenza subiettiva coll' obiettiva, e alla  sua  mente dà l' una e l' altra, e le proprietà d' entrambe.
obiettivo, ed è questo che dimostra, come quell' acutissima  sua  mente sentiva, senza poterlo nettamente esprimere, essere
mente, esiga un oggetto per esistere, se l' uomo abbia per  sua  propria natura immobilmente presente un oggetto, col quale
con diligenza i luoghi più classici, in cui egli espone la  sua  mente. Nel terzo della sua Psicologia al capo ., riassume
classici, in cui egli espone la sua mente. Nel terzo della  sua  Psicologia al capo ., riassume se stesso, e comincia a
triangolo reale, benchè lo specolatore non badi punto alla  sua  grandezza, o a' suoi difetti (1): ma gli giova quel cotal
essi veramente ci sieno, ma perchè la mente stessa colla  sua  attività ve li pone, benchè per sè non ci sieno punto. E
mente che fa gl' intelligibili, è essa stessa per natura  sua  in atto, altrimenti ci vorrebbe un' altra causa che la
mente è separabile, e immista, e impassiva, ed essente per  sua  essenza in atto » » (3), ond' anco asserisce, che di essa
mente » », e c' è nell' uomo una mente, che è atto per  sua  propria natura, consegue, che questa mente sia un
con verità applicare quello, che Aristotele dice della  sua  mente, insegnando che sia separabile solo «tuth' hoper
a considerarla nel composto, poi passa ad argomentare dalla  sua  natura ciò che può essere separata. Nel composto considera
eterna ed immobile », [...OMISSIS...] ». Egli muove la  sua  dimostrazione dalla necessità di spiegare il fatto della
dal senso, questi vengano immediatamente dalla mente di  sua  essenza in atto, e, da latenti forse che stanno nell'
vede un' altra verità maggiore. Poichè si presentò alla  sua  mente la questione, « perchè le essenze o specie semplici
secondo Aristotele stesso, è la verità, e rivestendo la  sua  dottrina del nostro linguaggio, l' essere presentandocisi
«( Ideol. 559 7 566) »: onde ogni universale nella  sua  applicazione a' giudizŒ, che da lui, come da regola si
contraddizione. Del quale dice espressamente che per natura  sua  è « « il principio di tutti gli altri assiomi »,
dica, che di queste apparenze sensibili ciascun senso ha la  sua  e in essa non s' inganna (3). All' intelligenza sola poi
un effetto congiunto in uno nell' anima, che per la  sua  unione è talora da Aristotele chiamato sensazione benchè
non può esser nulla di contrario a sè stesso, e questa  sua  permanenza s' esprime col principio di contraddizione, che
per natura, e che ora conosce coll' atto consapevole della  sua  mente: e quindi; 5 la scienza di dimostrazione , che
allontanato da' suoi primi principŒ. Egli incominciò la  sua  opposizione alla dottrina di Platone prendendo a provare,
essendo queste per loro essenza singolari, e quella per  sua  essenza universale , e per conseguente comune . D' altro
si pensi. Costretto dunque dalla perspicacia stessa della  sua  mente ad ammettere, che le specie delle cose reali esistono
particolare, che è uomo o che è animale, si dice che la  sua  essenza o natura è quella d' esser uomo o animale. Se
peso. Ma se si considera a che precisamente si riduca la  sua  efficacia, qui appunto si vedrà, che non oppugna il sistema
, benchè sia cosa propria dell' idea e conseguente dalla  sua  stessa essenza, pure non è la sua essenza, l' idea dunque
idea e conseguente dalla sua stessa essenza, pure non è la  sua  essenza, l' idea dunque si concepisce ed è anteriormente
l' idea dunque si concepisce ed è anteriormente alla  sua  partecipazione. Ora ella acquista il titolo d' universale
Ora ella acquista il titolo d' universale unicamente per la  sua  partecipabilità a molti individui, il che è ammesso da
individui a cui può essere partecipata, ella per sè, nella  sua  essenza anteriore al concetto della sua partecipazione, è
ella per sè, nella sua essenza anteriore al concetto della  sua  partecipazione, è ella stessa un singolare, e questo
che si seguita Platone nella perscrutazione delle idee, la  sua  dottrina diventa più consistente in ragione che si fa più
che si dicono in parte, perchè trattano dell' ente nella  sua  interezza come uno e tutto. Di novo dunque qui si
dalle sostanze sensibili, non precisamente nella  sua  condizione di comune , ma in quella d' appartenenza d' un
precedere ciò che è in potenza ». Il qual principio per la  sua  stessa confessione non vale per ciascun ente singolo,
a qualche scrittore moderno, ma è coerentissimo a tutta la  sua  filosofia, ed un risultato di quella sua dialettica, con
a tutta la sua filosofia, ed un risultato di quella  sua  dialettica, con cui egli l' ha lavorata, e che egli chiama
e per essere. Così se si separa il sensibile dalla  sua  essenza, diviene un incognito e anche un assurdo; se lo si
Non c' è bisogno di cercare il termine passivo della  sua  azione fuori dell' anima. Oltre questo agire poi e patire
abbracciata colla mente la dottrina del maestro in tutta la  sua  integrità, non mi è ben chiaro, nè forse sarà mai del
divinità e alla natura del mondo: egli è condotto da questa  sua  Teologia e Cosmologia precoce a comporsi un' Ideologia in
3 l' essere; e se ad ogni natura soggiace la materia, e la  sua  propria condizione è questa di soggiacere, per fermo essa
è il testimonio de' sensi anche dove questi, secondo la  sua  stessa dottrina dialettica, non possono avere alcuna
è sensibile, come le azioni, alle quali pure attribuisce la  sua  essenza e natura immobile, e la partecipazione d' altre
più alta denominazione è quella di Bene (3). Questo colla  sua  propria energia produce in sè le idee del Mondo: in queste
E come il Bene improntato nell' anima non è il Bene, ma una  sua  partecipazione e similitudine, così l' impressione delle
come sopra un fondamento inconcusso, toglie a edificare la  sua  filosofia. Poichè dimostra, che il bello, pel quale sono
Platone, cioè per ragioni ed idee, e tenuto conto della  sua  dichiarazione, che non intende con ciò di dare la scienza
l' essere stesso dunque è per sè essere, perchè questa è la  sua  essenza, ma l' altre cose hanno l' esistenza da lui (2). Ma
ossia l' essenza, l' essere stesso dell' anima, non una  sua  partecipazione o similitudine. Onde dice nel « Sofista »:
che fece e l' esemplare e il mondo dovea avere l' anima  sua  propria, acciocchè potesse esser causa. Nondimeno la
è l' Esemplare del Mondo vivente e operante, come avente la  sua  sede in una regia anima e mente. Ora si dice questo Giove
delle nature, la materia corporea, non è di natura  sua  ordinata. Conveniva dunque che ricevesse un ordine. Ma se
del mondo. Il mondo reale poi è quest' animale stesso nella  sua  copia od effigie [...OMISSIS...] . Dal che si vede che il
di corpo. Ora questo sentimento soggettivo di natura  sua  mutabile, doveva contenere virtualmente tutte le potenze
senza la quale unità niente esiste, poichè l' ente è per  sua  essenza uno. La pluralità dunque delle parti assegnabili
l' abbiamo costituita, ponendo cioè che l' anima per  sua  natura sia partecipe d' un primo identico , «tautu» (2),
pure il ragionamento non esce e non può uscire di sè colla  sua  azione, ma partendo dall' idea e dalla cognizione ritorna e
Ma poichè questo esemplare era da Dio pensato, affinchè a  sua  norma si potesse produrre il mondo reale, esso non dovea
una soprabbondanza di vita, cioè non solo la vita mondiale  sua  propria, ma l' anima seminale che il rende atto alla
alla generazione, nè mancandogli la corporea materia dalla  sua  anima e mente e virtù generativa dominata, abbia forniti e
(3), il quale poi, come pure gli altri, per una  sua  propria generazione, atteso il continuo aiuto della natura
e suono, [...OMISSIS...] , ed è l' azione dell' interna  sua  vita di sentimento e d' intelligenza [...OMISSIS...] . Nè
allo stesso modo, rimanendo a ciascuna affidata la futura  sua  sorte, e come di esse si sarebbe formato quell' animale
circuiti del medesimo e del diverso , che costituiscono la  sua  vita sapiente, ed essa rimane allora del tutto stupida e
viene impedito e sospeso, l' altro poi del diverso perde la  sua  armonia, e quantunque nè l' uno nè l' altro possano esser
del diverso , che è nella natura dell' anima, riceve la  sua  continua rimutabilità, cioè la rimutabilità della sua
la sua continua rimutabilità, cioè la rimutabilità della  sua  forma, che esce dalla materia e vi entra di continuo, come
se si considererà la materia corporea tutta per la  sua  stessa essenza esser dentro all' anima contenuta (dove
esistere, fuori del semplice ed uno, estensione alcuna, di  sua  natura continua e non moltiplice, chè il continuo e il
determinate dall' anima secondo le ragioni armoniche della  sua  interna costituzione, e l' anima essendo con una così
idea , che diviene così abito dell' anima e parte della  sua  propria natura. Conoscendo dunque l' anima le idee, parte
troverà continua, ricevendo dalla intima e non più impedita  sua  unione con quella eterna natura, la perenne immortale e
e le cose, di cui si pervertirebbe il concetto se d' alcuna  sua  minima parte si diminuisse, poichè « « di niuna cosa può
intellettiva e l' idea della cosa , noi prestiamo fede alla  sua  esistenza, e tutte queste operazioni e la fede o
sono avvivati, finalmente al filosofo che mettendo tutta la  sua  mente e il suo cuore in esse, si rende ad esse simile.
, ed hanno un' analogia ed un' intima relazione colla  sua  causa, il Bene essenziale, Iddio; e nell' uomo stesso che
alla stessa similitudine. Le intelligenze poi le creò a  sua  imagine e somiglianza, ponendo davanti ad esse le idee a
a quella della stessa virtù, cioè a quello che è « « per  sua  natura giusto, per sua natura bello, per sua natura
virtù, cioè a quello che è « « per sua natura giusto, per  sua  natura bello, per sua natura sapiente » » e da queste
che è « « per sua natura giusto, per sua natura bello, per  sua  natura sapiente » » e da queste finalmente ascendendo col
quindi sufficiente a se stesso , [...OMISSIS...] . E questa  sua  piena perfezione e sufficienza è un carattere così proprio
di essi. Non avendo in sè alcuna cosa che sia di natura  sua  indefinita, per questo stesso è immutabile . Poichè l'
parole non pronunzia Platone senza dar segno di quella  sua  solita riverenza e modestia, con cui parla delle cose
bellezza, perfezione e sufficienza relativamente alla  sua  natura; e bene è del pari ogni altra cosa che le abbia in
divine, perchè egli non è pura mente, ma oltre a ciò ha per  sua  natura l' elemento dell' indefinito, [...OMISSIS...] , che
creare il mondo; secondo Aristotele, il mondo, essendo di  sua  natura eterno, non ha bisogno d' alcun esemplare, e però
mondo, si muove in molte guise (1). Sebbene dunque nella  sua  supposizione d' un' eternità del mondo, egli non avesse
è la realità in potenza, indeterminata, la forma è la  sua  determinazione, il suo termine, e però è un che determinato
questo passaggio, ossia questo movimento (1) dee avere la  sua  causa, e questa è il principio del moto ; dee avere anche
generi di cause relativamente all' ultimo termine della  sua  azione in basso, e viceversa relativamente al suo primo
la classificazione delle specie in pure e composte ha per  sua  base la natura delle forme stesse, è una classificazione di
ordinario, si dice caso ; e quando all' uomo fuori della  sua  intenzione e aspettazione incontra per accidente qualche
per ispiegare la natura ed il suo operare sapiente, e la  sua  tendenza a fini migliori. [...OMISSIS...] (1). Ma l'
che l' universo non esistesse, ma Iddio mosso dalla sola  sua  bontà l' abbia prodotto, egli accingendosi a quest' opera
concepire un operare diverso da quello che cade sotto la  sua  esperienza, onde il suo ragionamento ha sempre come
con un salto immenso, leggi dell' essere in tutta la  sua  estensione. Ma Platone non gli accorda il supposto, e così
esempio la frizione per produrre il calore. Allora colla  sua  potenza d' operare produce questo mezzo, il quale per una
è ridotta ad una pura funzione organica. Lasciando che la  sua  libertà sia violata, l'uomo tradisce la propria natura e si
collettiva dei vostri fratelli, dichiara che tale è la  sua  credenza, dovete piegar la testa e astenervi da ogni atto
in fatto progressivamente, con un continuo lavoro, l'opera  sua  nell'umanità. Quando, amandovi gli uni cogli altri come
da quattro fonti, il fine della civile società, la naturale  sua  costruzione o costituzione, le forze che la muovono, e le
utilità che si potea aspettare da un' opera che per la  sua  mole soverchia avrebbe allontanato da sè un gran numero di
alla società esteriore degli uomini: ella può conservare la  sua  rettitudine, qualunque sia la disposizione delle cose
tuttavia queste, i beni ed i mali sensibili, tentano la  sua  costanza, e le forme della civile società possono diminuire
la costituzione della società si può dedurre in tutta la  sua  estensione da un principio unico cioè dal principio della
rendono dispotica e tirannica la civile società, trae la  sua  origine da un concetto imperfetto, confuso ed indeterminato
cessa d' essere dispotica e tirannica qualunque sia la  sua  forma. Ella rispetta in tal modo tutti i diritti
diritti rimangono intatti: ciascuna si mantiene entro la  sua  sfera e quindi si ha la pace fra gli uomini. Vi ha dunque
mescola e fa sentire il suo bisogno all' uomo anche nella  sua  massima depravazione, e riguardiamo qual sia l' impressione
rimase fin quì, un' autorità dispotica, qualunque fosse la  sua  forma, monarchica o repubblicana. Ella stabiliva i
portate direttamente contro di lei, e che attentassero alla  sua  esistenza. Ma quelli che avevano in mano l' autorità nel
amore di questa, è una nuova prova, che l' umanità nella  sua  generalità si va migliorando, e che diventa più
questi sente d' avere in sè stesso una forza che gli dà la  sua  stessa immoralità maggiore di quella che hanno gli altri
per esser buona, deve essere preceduta da un giudizio sulla  sua  rettitudine e giustizia; come pure che la bontà di questo
tutte quelle obbiezioni che fossero rivolte a provarne la  sua  difficoltà ed incertezza; le quali non provano mai ch' egli
pel maggior numero de' suoi atti abbandonata puramente alla  sua  coscienza. Essendosi dunque in parole proclamata la
tutti insieme danno alla società il secondo carattere della  sua  perfezione, cioè la regolarità . Essi furono bensì talora
buon tratto pel malore del momento; ma non si sollevava la  sua  mente a considerarlo con un po' più di generalità a vedere
possano muovere la società, a cui appartengono, verso la  sua  perfezione, rivolgendo tutte le sue disposizioni che
perfezione debb' essere presentata agli uomini in tutta la  sua  eccellenza, perchè non si sa qual parte ne imiteranno, o
che fa un uomo od una famiglia sopra gli altri per qualche  sua  virtù o prodezza o avvedimento. Ma invece di ciò abbiamo
ancora la civile società; ma solo si tratta della  sua  instituzione: e se questa per istituirsi secondo le basi
ma dei diritti stessi dell' uomo provati non meno dalla  sua  natura che dai fatti; perocchè proponevano in quella
aveva quella forza che gli era necessaria per guarentire la  sua  esistenza e la sua prosperità. Disse, che non si poteva già
che gli era necessaria per guarentire la sua esistenza e la  sua  prosperità. Disse, che non si poteva già aspettare che vi
avesse una voce o sia avesse alcuno che facesse sentire la  sua  esistenza nell' Amministrazione della società, influendo
quanto meno apparisca; cioè quanto più insensibile sia la  sua  azione: poichè il miglior mezzo di ottenere un fine è
d' essere radicalmente una tirannide, mentre la prima  sua  conseguenza era il sacrificio dei meno ai più: ed in fatti
che secondo la proprietà? Questo discorso adunque nella  sua  estensione considerato autorizza la rapina, e distrugge la
distruggerebbe già per questo la società universale: e la  sua  istituzione non impedirebbe che tutti i meriti fossero in
egli non toglie a lui per questo nè il suo merito nè la  sua  dottrina nè le sue aspettazioni; egli non impedisce che la
dottrina nè le sue aspettazioni; egli non impedisce che la  sua  scienza in altro ordine di cose e in altra società diversa
ritrovare un risarcimento innanzi alla coscienza della  sua  dignità corrispondente al valore di alcuni giorni di
della maggiorità, se si suppone che questa abusi della  sua  prevalenza. Ma se di ogni maggiorità o prevalente potestà
medesimo il mantenimento dell' individuo e fors' anco della  sua  famiglia, a' cui bisogni egli può non bastare nè pure nel
lavoratore rinunzia bene volentieri al diritto di dire la  sua  opinione nelle pubbliche cose quando ciò gli debba portare
al padrone al cui soldo lavora: è un contratto che fa colla  sua  patria: e se l' affezione vi aggiunge da parte sua, egli n'
alla patria insieme e dovere; ma n' ha ancor la ragione  sua  propria, che colla patria difende se medesimo, i suoi, le
è obbligato di usare tutti i modi onesti di campar la  sua  vita. Che cosa adunque porta questi in comune? nulla di
essa aveva l' obbligo di non trapassare il confine della  sua  autorità, e di risarcire quanto poteva il danno, se per
dal momento ch' ella diventava il mezzo generale della  sua  amministrazione. Per far conoscere l' indole della nuova
1 si è che il diritto che ha una persona sia congiunto alla  sua  modalità, perchè è la modalità che si porta in comune nella
si estende: il perchè quegli che ha bensì un diritto in  sua  proprietà, ma che ha trasferito in altrui mani la modalità
omicida, che nel suo cuore giace profonda insieme colla  sua  originale reità: e dove si crede sicuro nella malvagità, e
egli è libero quando è padrone del suo tempo e della  sua  opera: quando cioè quest' opera non è occupata dalla
Colla mercede che paga il benestante, cangia un po' della  sua  ricchezza con altrettanto tempo e fatica, il quale è pur
benestante ha in mano il suo fondo, ed è legato colla  sua  individuale persona: mentre ciascuno dei mercenarŒ non può
meno le qualità deterioranti, come sarebbe appunto la  sua  breve durata, la sua fragilità, la probabilità della sua
deterioranti, come sarebbe appunto la sua breve durata, la  sua  fragilità, la probabilità della sua perdita ecc. ecc.. A
la sua breve durata, la sua fragilità, la probabilità della  sua  perdita ecc. ecc.. A tale discorso taluno disse che, dato
venga abbandonato a tale che debba desistere dalla  sua  professione, gli rimane ancora il suo fondo, il quale egli
mancanza di cognizione o di potere, avviene che in qualche  sua  parte esternamente non la pratichino e non la realizzino;
essere oggetto della civile società, viene conservata nella  sua  integrità mediante la giustizia, e per ciò mediante un
nella reazione che fa a tutto ciò che tenta di nuocere alla  sua  esistenza sensibile: nella società giocano le stesse forze,
medesima: nel primo si esercita ordinatamente, ma colla  sua  maggior attività la forza morale; nel secondo si esercita
attività la forza morale; nel secondo si esercita colla  sua  maggior attività la forza sensibile o fisica. Ecco la
ufficio e in quanto a questo ufficio è pure di natura  sua  inalienabile. Questo voto riguardo al suo secondo effetto è
non doveva neppure negare al medesimo ciò che nasceva dalla  sua  paternità; il pieno diritto sopra i suoi figliuoli. La
a cui richiamare; ma questa piccola irregolarità, di natura  sua  inevitabile, non è che una di quelle deviazioni che si
dal suo esterminio, e non a costruirla a norma della  sua  naturale perfezione: a quello stesso modo che la regola di
della natura che ha lasciato questo potere in tutta la  sua  pienezza dalla parte delle persone soggette, ed all'
forza politica, mentre il voto, come dicevamo, è anche di  sua  natura un atto di autorità e quindi un mezzo di difesa.
il vincolo all' incontro di mera servitù non aveva di  sua  natura altra base che la utilità: quindi non portava per
che la utilità: quindi non portava per conseguenza della  sua  natura che la volontà del servo ordinariamente fosse
della rappresentazione politica è facile, perchè nella  sua  applicazione non racchiude già un calcolo del tutto, ma
del sistema dell' utilità? egli non ne ha veruno. La  sua  azione è infinita come l' arbitrio: egli suppone, che far
proprio d' esistere è altrettanto rispettabile quanto la  sua  esistenza: ed è solamente ciò che indica il modo onde la
che ricevono i membri della società civile mediante la  sua  istituzione è così necessario, come è la società stessa, e
i detti diritti e dirigere secondo i medesimi la  sua  condotta. La differenza fra il riconoscerli e il
quattro nella seconda, con cinque nella prima e di tutta la  sua  grande fortuna rimarrebbero necessariamente sole cinquanta
che la somma al di sotto di un milione esercitò però la  sua  forza nella quarta Assemblea; come nella terza influì
già instituita la civile società, o sia ridotta alla  sua  attuale esistenza. Ora considerate di grazia come la
pratica, e quindi ella forse gli diverrà più reale nella  sua  mente, e l' indurrà a prestare più agevolmente fede alla
che dove tale obbiezione dovesse aver luogo in tutta la  sua  estensione, ella supporrebbe, che non fosse oggimai
stata già altresì perfettamente conosciuta e in tutta la  sua  perfezione eseguita. Ed or questo io credo che sia avvenuto
a pensare agli altri; questa è la direzione naturale della  sua  mente: il ritorcersi sopra di sè è una conversione
forse fare cosa necessaria e buona, credendo eseguire la  sua  missione, quella di difendere la società. - Ma si ripete,
amministra. Egli è inclinato a considerarsi piuttosto nella  sua  qualità d' amministratore che nella sua natura di uomo,
piuttosto nella sua qualità d' amministratore che nella  sua  natura di uomo, perchè l' amministrazione è cosa esterna,
e più naturalmente una opposizione ed una reazione alla  sua  autorità, che non sia un' avvertenza dell' errore ch' egli
medesima. Si dice che il Sovrano era colpevole, che la  sua  Amministrazione era pessima. Se ne instituisce dunque un'
la ragione . Ho già osservato che il governo preso nella  sua  nozione astratta, è un benificio comune, e non un aggravio,
di governo, e colla forza comune realizzava nel fatto la  sua  sentenza. Quando un uomo solo si fece arbitro dell' imperio
Monarchia, la quale era tanto odiosa all' età pagana nella  sua  parte più colta, e tanto cara all' età cristiana nella
principio abbia ricevuto tutto il suo sviluppamento, che la  sua  influenza abbia ottenuto tutto ciò che egli può ottenere.
e di riprovarle. Ed ecco la Monarchia europea nella  sua  prima età: essa non è propriamente limitata nel suo potere
di regolare la modalità dei diritti, che è ciò che forma la  sua  natura; ma vi intervengono gli abusi; le passioni e le
corrotta da false dottrine) ma non si lascia offendere: la  sua  reazione, adunque, o sia l' esercizio dei giudizŒ politici,
Monarchia assoluta cristiana sono tutte da ripetersi dalla  sua  propria imperfezione; la sua natura rimane sempre la
sono tutte da ripetersi dalla sua propria imperfezione; la  sua  natura rimane sempre la medesima cioè quella di essere un
snaturarla non dovea essere già uno smembramento della  sua  autorità; ma bensì un Tribunale che lasciandola libera di
come Sovrano ereditario, e ciascuno elettore aveva pure la  sua  voce a parte. Leibnizio ritrova il primo modo più secondo
giammai se il suo giudizio provenisse dalla ragione  sua  particolare o dalla comune: oltre di che i particolari non
ma ad esso soggetta o con esso incorporata. Perocchè la  sua  opinione sarebbe, che questo Tribunale politico riconoscer
nelle mani della Chiesa, la quale sembra fatta a ciò dalla  sua  stessa natura, mentre la sua natura è certo quella di esser
quale sembra fatta a ciò dalla sua stessa natura, mentre la  sua  natura è certo quella di esser il centro regolatore della
nelle cose temporali. Egli è vero che la Chiesa per  sua  natura ha un' influenza nelle cose temporali, ma l' Ortes
fra i Re; ma quest' era piuttosto un effetto della  sua  prevalente potenza unita ad una fama ben meritata e
generali ossia le leggi seguenti: 1 La Società civile nella  sua  infanzia rimane alquanto soggetta alla legge della Società
politico: cioè che la Società civile non sia pervenuta alla  sua  perfezione. Questi cinque fatti costanti nella storia
perchè la ricchezza nella Società civile manifesti la  sua  prevalenza: il secondo fatto dimostra le nazioni che s'
Quali sono i primi oggetti che vengono sottoposti alla  sua  attenzione? le persone: il padre, la prima cosa ferma l'
persone: il padre, la prima cosa ferma l' attenzione sulla  sua  famiglia. Qual' è la prima forza che l' uomo trova per
La prima forza adunque che trova il padre per difendere la  sua  famiglia consiste nel numero e nella robustezza dei membri
va crescendo fino a tale, che la ricchezza che di natura  sua  non è che un mezzo, acquista la maggiore importanza e viene
alla prima età della Società civile, o sia alla  sua  infanzia. Le instituzioni all' incontro che hanno riguardo
fu divisa pure in dieci curie, e ciascuna curia ebbe la  sua  cappella per la celebrazione dei sacri riti, ciò che pure
tanto ammirata pei suoi effetti e così poco nella  sua  intima natura. Vediamo come questa idea si presenta nei
nella bilancia del pubblico potere, o sia manifestasse la  sua  influenza: per ciò non è negli esordi delle nazioni, ma
terre, e venne ben presto la ricchezza a far sentire la  sua  preponderanza fra le forze sociali, che è la legge delle
creduto, che il governo francese rappresentasse di  sua  natura dei principŒ, e non delle cose, a differenza della
non potevano aver in essa che la minor influenza, e nella  sua  massima parte doveva esser formata dalla maggiore somma
severamente, fino che non sia a pieno vendicata, e la  sua  legge di bel nuovo ristabilita. In fatti i mali della
in nome dei principŒ proclamati un governo, che di  sua  natura era così ricco quanto era ricca la nazione. Di che
civile. In fatti considerando essi la ricchezza nella  sua  relazione politica travidero la detta legge, ma non
terriera, ma ben anche la ricchezza mobiliare, tende di  sua  natura ad intromettersi nel governo. Egli è quello, come
egli era schiavo dei nobili. Dopo il mille nacque la  sua  liberazione per quelle cagioni che abbiamo dette, in tal
ciascuno si appaghi di avere un voto corrispondente alla  sua  ricchezza di qualunque genere questa sia, o territoriale o
inglese di quello che abbia fatto il Sig. Raynal nella  sua  Storia del Parlamento d' Inghilterra . Il suo modo di
aveva dissimulato le usurpazioni fatte dai Comuni nella  sua  assenza, che poi, quando si credette bastevolmente amato e
del trono: ma piuttosto si debbe lodare Odoardo per la  sua  moderazione nell' aver desistito dal conservare a rigore l'
cosa per rendere regolare la società: è da lodarsi per la  sua  saviezza nell' avere assecondato la legge della natura e
ad una nazione la quale ha precedentemente guastata la  sua  politica: gli errori in politica sono appunto quelli che
famiglia ; perchè essa non ha una forza proporzionata alla  sua  ricchezza sicchè questa è in pericolo. Non così nello stato
frutto dei principii che avea predicato in tutta la  sua  vita, di sostenere ancora il suo tuono di filosofo e di
privo di bisogni, perchè privo di desiderŒ, preferisca la  sua  libertà corporale e la sua vita ferina, a tutte le
privo di desiderŒ, preferisca la sua libertà corporale e la  sua  vita ferina, a tutte le ricchezze del mondo; giacchè nè
l' opposto di quello che Rousseau ci reca in prova della  sua  teoria; e la differenza sta quì: che egli l' ha osservato
d' una certa libertà energica che la compenserà della  sua  povertà. Ella dovrà giovarsi di questo vantaggio; il
il governo della società civile per modo che è divenuto  sua  proprietà; sicchè nissuno e neppur la nazione stessa può
non possiede, e che gli è necessaria pel sostenimento della  sua  autorità. Il principato delegato, specialmente fornito di
e le viltà più obbrobriose per conservare un potere di  sua  natura vacillante. Non si nega già che di tutti questi neri
questa fu la ragione, perchè egli non potè più sostenere la  sua  dignità. I nobili sempre avidi di acquistare de' feudi, o
che una realità. Leibnizio vedeva questa causa della  sua  debilezza: [...OMISSIS...] Anche lo stesso presidente
la nazione vede tutte le conseguenze che può fare della  sua  autorità, e vuol garantirsi contro l' abuso. Ma non procede
e semplice; e se un uomo stimato e valoroso si mette alla  sua  testa, essa lo riceve come un benefattore. Essa non sa
esercitante questi due ufficŒ: noi vedremo che la  sua  potestà è in tale stato illimitata; poichè fino ch' egli
giacchè amministrava la giustizia, metteva ordine colla  sua  autorità nel riparto dei terreni, e non venivano defraudati
fosse simile a quello col quale un padrone dispone della  sua  proprietà, sebbene la legge malamente, come dicevamo,
1): la nazione condotta da lui non si era già resa  sua  serva, ma si era solamente sottomessa a lui per esser
nella conquista; perchè il suo moto fosse regolato, e la  sua  impresa fosse diretta con unità. La proprietà dunque delle
le terre, nacque in tempi ancora pieni di guerre, e la  sua  estensione è dovuta al bisogno in cui le nazioni si
tempo che il popolo conquistatore entrava nel paese di  sua  conquista, tutto il terreno si ritrovava ancora indiviso, e
tutto dalla guerra, e che nella guerra sola riponeva la  sua  forza e la sua sussistenza, cercava d' impedire, che i suoi
guerra, e che nella guerra sola riponeva la sua forza e la  sua  sussistenza, cercava d' impedire, che i suoi membri col
il vostro comandante, e disprezzare al suono della  sua  voce i travagli e la morte. Ma divisi da lui in un vasto
il governo faccia se non quel tanto che è necessario per la  sua  salvezza e prosperità, si sforza di tirare in dietro quanto
concedette delle terre a Ricabodo suo vassallo pel tempo di  sua  vita, e di più con questa condizione favorevole, che
o finalmente non ha ancora avuto tempo di esercitare la  sua  influenza. Ma passati quasi due secoli la nazione venuta al
l' incumbenza che nella costituzione inglese ha di  sua  natura un deputato alla Camera. [...OMISSIS...] Se la
diritti in genere; poichè la minorità è sempre di natura  sua  inetta a resistere contro la maggiorità. Se gli uomini
come dicevamo condurrebbe l' uman genere intero alla  sua  distruzione. Vuol forse dire l' illustre autore con quelle
in un modo al tutto amministrativo non curerebbe di  sua  natura che gl' interessi, e ciò che è morale sarebbe
non è possibile che l' amministrazione sociale abbia la  sua  perfetta organizzazione, giacchè tale organizzazione nuoce
questi sente d' avere in sè stesso una forza che gli dà la  sua  stessa immoralità maggiore di quella che hanno gli altri
per esser buona dev' essere preceduta da un giudicio sulla  sua  rettitudine e giustizia; come pure che la bontà di questo
di tutte quelle obbiezioni che fossero rivolte a provare la  sua  difficoltà ed incertezza: le quali non provano mai che egli
s' innalza si deprava? in ragione che acquista si irrita la  sua  fame? Non dieno questo scandalo i possenti ai deboli;
onesto e generoso si vede aver nelle mani, debb' essere la  sua  cautela d' usar della stessa, e la sua cura di ben
debb' essere la sua cautela d' usar della stessa, e la  sua  cura di ben verificare se l' uso che ne fa sia retto ed
a lungo godere de' vantaggi che gli desse l' istantanea  sua  prevalenza sugli altri uomini: la giustizia adunque è
poichè appunto questa debolezza fisica darà la prova della  sua  forza morale: e la forza morale è quella che lo debbe
opinione non pubblica ma universale, contro cui tutto perde  sua  forza: di quella opinione dico dalla quale sola nasce la
sarà il segno della loro incolumità: la prosperità  sua  sarà la loro: e tutto ciò che nuoce o mostra di nuocere
in questo modo che l' autorità pubblica, la quale di natura  sua  è temibile perchè è forte, sarà ella stessa quella che
di forza fisica nessuno può temere che egli assalisca, e la  sua  forza morale si restringe solamente a raffrenare gli
appunto per questo instituito, ed è da questo che ricava la  sua  forza morale. Non vale il dire che col pretesto di
essere rivolto questo Tribunale politico nella immediata  sua  relazione, cioè la determinazione dei suoi speciali uffici,
quella di condottieri d' esercito. Il soldato giudice di  sua  natura è anche principe, e il Tribunale che vogliamo
e non più tosto di agire a guisa di una parte che tratta la  sua  causa col mezzo di avvocati: si osservi se fra i Parlamenti
di dar qualche passo sul terreno dell' altra; e deplora la  sua  sconfitta quando ne è stata respinta. Se il popolo non è
i Parlamenti, perchè è parte, e quella parte che di  sua  essenza è soggetta, quella che debbe essere giudicata per
per sè medesimo; mentre per sè non può far nulla per la  sua  mole, e perchè egli è essenzialmente disorganizzato,
è il vero ed immune da ogni altra affezione: nella  sua  sincerità l' uomo il ritrova quanto ha il cuore più ignudo
Bisogna che il Sig. Raynal non consideri già la  sua  proposizione astratta dalle sue circostanze, ma con un poco
reca assai male a proposito l' America in esempio della  sua  opinione. [...OMISSIS...] La società civile essendo
qualche vista più in là che di satollare al momento la  sua  fame: a malgrado di ciò gli scrittori di quel paese
da quattro fonti, il fine della civile società, la naturale  sua  costruzione o costituzione, le forze che la muovono, e le
utilità che si potea aspettare da un' opera che per la  sua  molle soverchia avrebbe allontanato da sè un gran numero di
alla società esteriore degli uomini: ella può conservare la  sua  rettitudine, qualunque sia la disposizione delle cose
tuttavia queste, i beni ed i mali sensibili, tentano la  sua  costanza, e le forme della civile società possono diminuire
la costituzione della società si può dedurre in tutta la  sua  estensione da un principio unico cioè dal principio della
rendono dispotica e tirannica la civile società, trae la  sua  origine da un concetto imperfetto, confuso ed indeterminato
cessa d' essere dispotica e tirannica qualunque sia la  sua  forma. Ella rispetta in tal modo tutti i diritti
diritti rimangono intatti: ciascuna si mantiene entro la  sua  sfera e quindi si ha la pace fra gli uomini. Vi ha dunque
mescola e fa sentire il suo bisogno all' uomo anche nella  sua  massima depravazione, e riguardiamo qual sia l' impressione
rimase fin quì, un' autorità dispotica, qualunque fosse la  sua  forma, monarchica o repubblicana. Ella stabiliva i
portate direttamente contro di lei, e che attentassero alla  sua  esistenza. Ma quelli che avevano in mano l' autorità nel
amore di questa, è una nuova prova, che l' umanità nella  sua  generalità si va migliorando, e che diventa più
questi sente d' avere in sè stesso una forza che gli dà la  sua  stessa immoralità maggiore di quella che hanno gli altri
per esser buona, deve essere preceduta da un giudizio sulla  sua  rettitudine e giustizia; come pure che la bontà di questo
tutte quelle obbiezioni che fossero rivolte a provarne la  sua  difficoltà ed incertezza; le quali non provano mai ch' egli
pel maggior numero de' suoi atti abbandonata puramente alla  sua  coscienza. Essendosi dunque in parole proclamata la
tutti insieme danno alla società il secondo carattere della  sua  perfezione, cioè la regolarità . Essi furono bensì talora
buon tratto pel malore del momento; ma non si sollevava la  sua  mente a considerarlo con un po' più di generalità a vedere
possano muovere la società, a cui appartengono, verso la  sua  perfezione, rivolgendo tutte le sue disposizioni che
perfezione debb' essere presentata agli uomini in tutta la  sua  eccellenza, perchè non si sa qual parte ne imiteranno, o
che fa un uomo od una famiglia sopra gli altri per qualche  sua  virtù o prodezza o avvedimento. Ma invece di ciò abbiamo
ancora la civile società; ma solo si tratta della  sua  instituzione: e se questa per istituirsi secondo le basi
ma dei diritti stessi dell' uomo provati non meno dalla  sua  natura che dai fatti; perocchè proponevano in quella
aveva quella forza che gli era necessaria per guarentire la  sua  esistenza e la sua prosperità. Disse, che non si poteva già
che gli era necessaria per guarentire la sua esistenza e la  sua  prosperità. Disse, che non si poteva già aspettare che vi
avesse una voce o sia avesse alcuno che facesse sentire la  sua  esistenza nell' Amministrazione della società, influendo
quanto meno apparisca; cioè quanto più insensibile sia la  sua  azione: poichè il miglior mezzo di ottenere un fine è
d' essere radicalmente una tirannide, mentre la prima  sua  conseguenza era il sacrificio dei meno ai più: ed in fatti
che secondo la proprietà? Questo discorso adunque nella  sua  estensione considerato autorizza la rapina, e distrugge la
distruggerebbe già per questo la società universale: e la  sua  istituzione non impedirebbe che tutti i meriti fossero in
egli non toglie a lui per questo nè il suo merito nè la  sua  dottrina nè le sue aspettazioni; egli non impedisce che la
dottrina nè le sue aspettazioni; egli non impedisce che la  sua  scienza in altro ordine di cose e in altra società diversa
ritrovare un risarcimento innanzi alla coscienza della  sua  dignità corrispondente al valore di alcuni giorni di
della maggiorità, se si suppone che questa abusi della  sua  prevalenza. Ma se di ogni maggiorità o prevalente potestà
medesimo il mantenimento dell' individuo e fors' anco della  sua  famiglia, a' cui bisogni egli può non bastare nè pure nel
lavoratore rinunzia bene volentieri al diritto di dire la  sua  opinione nelle pubbliche cose quando ciò gli debba portare
al padrone al cui soldo lavora: è un contratto che fa colla  sua  patria: e se l' affezione vi aggiunge da parte sua, egli n'
alla patria insieme e dovere; ma n' ha ancor la ragione  sua  propria, che colla patria difende se medesimo, i suoi, le
è obbligato di usare tutti i modi onesti di campar la  sua  vita. Che cosa adunque porta questi in comune? nulla di
essa aveva l' obbligo di non trapassare il confine della  sua  autorità, e di risarcire quanto poteva il danno, se per
dal momento ch' ella diventava il mezzo generale della  sua  amministrazione. Per far conoscere l' indole della nuova
1 si è che il diritto che ha una persona sia congiunto alla  sua  modalità, perchè è la modalità che si porta in comune nella
si estende: il perchè quegli che ha bensì un diritto in  sua  proprietà, ma che ha trasferito in altrui mani la modalità
omicida, che nel suo cuore giace profonda insieme colla  sua  originale reità: e dove si crede sicuro nella malvagità, e
egli è libero quando è padrone del suo tempo e della  sua  opera: quando cioè quest' opera non è occupata dalla
Colla mercede che paga il benestante, cangia un po' della  sua  ricchezza con altrettanto tempo e fatica, il quale è pur
benestante ha in mano il suo fondo, ed è legato colla  sua  individuale persona: mentre ciascuno dei mercenarŒ non può
meno le qualità deterioranti, come sarebbe appunto la  sua  breve durata, la sua fragilità, la probabilità della sua
deterioranti, come sarebbe appunto la sua breve durata, la  sua  fragilità, la probabilità della sua perdita ecc. ecc.. A
la sua breve durata, la sua fragilità, la probabilità della  sua  perdita ecc. ecc.. A tale discorso taluno disse che, dato
venga abbandonato a tale che debba desistere dalla  sua  professione, gli rimane ancora il suo fondo, il quale egli
mancanza di cognizione o di potere, avviene che in qualche  sua  parte esternamente non la pratichino e non la realizzino;
essere oggetto della civile società, viene conservata nella  sua  integrità mediante la giustizia, e per ciò mediante un
nella reazione che fa a tutto ciò che tenta di nuocere alla  sua  esistenza sensibile: nella società giocano le stesse forze,
medesima: nel primo si esercita ordinatamente, ma colla  sua  maggior attività la forza morale; nel secondo si esercita
attività la forza morale; nel secondo si esercita colla  sua  maggior attività la forza sensibile o fisica. Ecco la
ufficio e in quanto a questo ufficio è pure di natura  sua  inalienabile. Questo voto riguardo al suo secondo effetto è
non doveva neppure negare al medesimo ciò che nasceva dalla  sua  paternità; il pieno diritto sopra i suoi figliuoli. La
a cui richiamare; ma questa piccola irregolarità, di natura  sua  inevitabile, non è che una di quelle deviazioni che si
dal suo esterminio, e non a costruirla a norma della  sua  naturale perfezione: a quello stesso modo che la regola di
della natura che ha lasciato questo potere in tutta la  sua  pienezza dalla parte delle persone soggette, ed all'
forza politica, mentre il voto, come dicevamo, è anche di  sua  natura un atto di autorità e quindi un mezzo di difesa.
il vincolo all' incontro di mera servitù non aveva di  sua  natura altra base che la utilità: quindi non portava per
che la utilità: quindi non portava per conseguenza della  sua  natura che la volontà del servo ordinariamente fosse
della rappresentazione politica è facile, perchè nella  sua  applicazione non racchiude già un calcolo del tutto, ma
del sistema dell' utilità? egli non ne ha veruno. La  sua  azione è infinita come l' arbitrio: egli suppone, che far
proprio d' esistere è altrettanto rispettabile quanto la  sua  esistenza: ed è solamente ciò che indica il modo onde la
che ricevono i membri della società civile mediante la  sua  istituzione è così necessario, come è la società stessa, e
i detti diritti e dirigere secondo i medesimi la  sua  condotta. La differenza fra il riconoscerli e il
quattro nella seconda, con cinque nella prima e di tutta la  sua  grande fortuna rimarrebbero necessariamente sole cinquanta
che la somma al di sotto di un milione esercitò però la  sua  forza nella quarta Assemblea; come nella terza influì
già instituita la civile società, o sia ridotta alla  sua  attuale esistenza. Ora considerate di grazia come la
pratica, e quindi ella forse gli diverrà più reale nella  sua  mente, e l' indurrà a prestare più agevolmente fede alla
che dove tale obbiezione dovesse aver luogo in tutta la  sua  estensione, ella supporrebbe, che non fosse oggimai
stata già altresì perfettamente conosciuta e in tutta la  sua  perfezione eseguita. Ed or questo io credo che sia avvenuto
a pensare agli altri; questa è la direzione naturale della  sua  mente: il ritorcersi sopra di sè è una conversione
forse fare cosa necessaria e buona, credendo eseguire la  sua  missione, quella di difendere la società. - Ma si ripete,
amministra. Egli è inclinato a considerarsi piuttosto nella  sua  qualità d' amministratore che nella sua natura di uomo,
piuttosto nella sua qualità d' amministratore che nella  sua  natura di uomo, perchè l' amministrazione è cosa esterna,
e più naturalmente una opposizione ed una reazione alla  sua  autorità, che non sia un' avvertenza dell' errore ch' egli
medesima. Si dice che il Sovrano era colpevole, che la  sua  Amministrazione era pessima. Se ne instituisce dunque un'
la ragione . Ho già osservato che il governo preso nella  sua  nozione astratta, è un benificio comune, e non un aggravio,
di governo, e colla forza comune realizzava nel fatto la  sua  sentenza. Quando un uomo solo si fece arbitro dell' imperio
Monarchia, la quale era tanto odiosa all' età pagana nella  sua  parte più colta, e tanto cara all' età cristiana nella
principio abbia ricevuto tutto il suo sviluppamento, che la  sua  influenza abbia ottenuto tutto ciò che egli può ottenere.
e di riprovarle. Ed ecco la Monarchia europea nella  sua  prima età: essa non é propriamente limitata nel suo potere
di regolare la modalità dei diritti, che è ciò che forma la  sua  natura; ma vi intervengono gli abusi; le passioni e le
corrotta da false dottrine) ma non si lascia offendere: la  sua  reazione, adunque, o sia l' esercizio dei giudizŒ politici,
Monarchia assoluta cristiana sono tutte da ripetersi dalla  sua  propria imperfezione; la sua natura rimane sempre la
sono tutte da ripetersi dalla sua propria imperfezione; la  sua  natura rimane sempre la medesima cioè quella di essere un
snaturarla non dovea essere già uno smembramento della  sua  autorità; ma bensì un Tribunale che lasciandola libera di
come Sovrano ereditario, e ciascuno elettore aveva pure la  sua  voce a parte. Leibnizio ritrova il primo modo più secondo
giammai se il suo giudizio provenisse dalla ragione  sua  particolare o dalla comune: oltre di che i particolari non
ma ad esso soggetta o con esso incorporata. Perocchè la  sua  opinione sarebbe, che questo Tribunale politico riconoscer
nelle mani della Chiesa, la quale sembra fatta a ciò dalla  sua  stessa natura, mentre la sua natura è certo quella di esser
quale sembra fatta a ciò dalla sua stessa natura, mentre la  sua  natura è certo quella di esser il centro regolatore della
nelle cose temporali. Egli è vero che la Chiesa per  sua  natura ha un' influenza nelle cose temporali, ma l' Ortes
fra i Re; ma quest' era piuttosto un effetto della  sua  prevalente potenza unita ad una fama ben meritata e
generali ossia le leggi seguenti: 1 La Società civile nella  sua  infanzia rimane alquanto soggetta alla legge della Società
politico: cioè che la Società civile non sia pervenuta alla  sua  perfezione. Questi cinque fatti costanti nella storia
perchè la ricchezza nella Società civile manifesti la  sua  prevalenza: il secondo fatto dimostra le nazioni che s'
Quali sono i primi oggetti che vengono sottoposti alla  sua  attenzione? le persone: il padre, la prima cosa ferma l'
persone: il padre, la prima cosa ferma l' attenzione sulla  sua  famiglia. Qual' è la prima forza che l' uomo trova per
La prima forza adunque che trova il padre per difendere la  sua  famiglia consiste nel numero e nella robustezza dei membri
va crescendo fino a tale, che la ricchezza che di natura  sua  non è che un mezzo, acquista la maggiore importanza e viene
alla prima età della Società civile, o sia alla  sua  infanzia. Le instituzioni all' incontro che hanno riguardo
fu divisa pure in dieci curie, e ciascuna curia ebbe la  sua  cappella per la celebrazione dei sacri riti, ciò che pure
tanto ammirata pei suoi effetti e così poco nella  sua  intima natura. Vediamo come questa idea si presenta nei
nella bilancia del pubblico potere, o sia manifestasse la  sua  influenza: per ciò non è negli esordi delle nazioni, ma
terre, e venne ben presto la ricchezza a far sentire la  sua  preponderanza fra le forze sociali, che è la legge delle
creduto, che il governo francese rappresentasse di  sua  natura dei principŒ, e non delle cose, a differenza della
non potevano aver in essa che la minor influenza, e nella  sua  massima parte doveva esser formata dalla maggiore somma
severamente, fino che non sia a pieno vendicata, e la  sua  legge di bel nuovo ristabilita. In fatti i mali della
in nome dei principŒ proclamati un governo, che di  sua  natura era così ricco quanto era ricca la nazione. Di che
civile. In fatti considerando essi la ricchezza nella  sua  relazione politica travidero la detta legge, ma non
terriera, ma ben anche la ricchezza mobiliare, tende di  sua  natura ad intromettersi nel governo. Egli è quello, come
egli era schiavo dei nobili. Dopo il mille nacque la  sua  liberazione per quelle cagioni che abbiamo dette, in tal
ciascuno si appaghi di avere un voto corrispondente alla  sua  ricchezza di qualunque genere questa sia, o territoriale o
inglese di quello che abbia fatto il Sig. Raynal nella  sua  « Storia del Parlamento d' Inghilterra . » Il suo modo di
aveva dissimulato le usurpazioni fatte dai Comuni nella  sua  assenza, che poi, quando si credette bastevolmente amato e
del trono: ma piuttosto si debbe lodare Odoardo per la  sua  moderazione nell' aver desistito dal conservare a rigore l'
cosa per rendere regolare la società: è da lodarsi per la  sua  saviezza nell' avere assecondato la legge della natura e
ad una nazione la quale ha precedentemente guastata la  sua  politica: gli errori in politica sono appunto quelli che
famiglia ; perchè essa non ha una forza proporzionata alla  sua  ricchezza sicchè questa è in pericolo. Non così nello stato
frutto dei principii che avea predicato in tutta la  sua  vita, di sostenere ancora il suo tuono di filosofo e di
privo di bisogni, perchè privo di desiderŒ, preferisca la  sua  libertà corporale e la sua vita ferina, a tutte le
privo di desiderŒ, preferisca la sua libertà corporale e la  sua  vita ferina, a tutte le ricchezze del mondo; giacchè nè
l' opposto di quello che Rousseau ci reca in prova della  sua  teoria; e la differenza sta quì: che egli l' ha osservato
d' una certa libertà energica che la compenserà della  sua  povertà. Ella dovrà giovarsi di questo vantaggio; il
il governo della società civile per modo che è divenuto  sua  proprietà; sicchè nissuno e neppur la nazione stessa può
non possiede, e che gli è necessaria pel sostenimento della  sua  autorità. Il principato delegato, specialmente fornito di
e le viltà più obbrobriose per conservare un potere di  sua  natura vacillante. Non si nega già che di tutti questi neri
questa fu la ragione, perchè egli non potè più sostenere la  sua  dignità. I nobili sempre avidi di acquistare de' feudi, o
che una realità. Leibnizio vedeva questa causa della  sua  debilezza: [...OMISSIS...] Anche lo stesso presidente
la nazione vede tutte le conseguenze che può fare della  sua  autorità, e vuol garantirsi contro l' abuso. Ma non procede
e semplice; e se un uomo stimato e valoroso si mette alla  sua  testa, essa lo riceve come un benefattore. Essa non sa
esercitante questi due ufficŒ: noi vedremo che la  sua  potestà è in tale stato illimitata; poichè fino ch' egli
giacchè amministrava la giustizia, metteva ordine colla  sua  autorità nel riparto dei terreni, e non venivano defraudati
fosse simile a quello col quale un padrone dispone della  sua  proprietà, sebbene la legge malamente, come dicevamo,
1): la nazione condotta da lui non si era già resa  sua  serva, ma si era solamente sottomessa a lui per esser
nella conquista; perchè il suo moto fosse regolato, e la  sua  impresa fosse diretta con unità. La proprietà dunque delle
le terre, nacque in tempi ancora pieni di guerre, e la  sua  estensione è dovuta al bisogno in cui le nazioni si
tempo che il popolo conquistatore entrava nel paese di  sua  conquista, tutto il terreno si ritrovava ancora indiviso, e
tutto dalla guerra, e che nella guerra sola riponeva la  sua  forza e la sua sussistenza, cercava d' impedire, che i suoi
guerra, e che nella guerra sola riponeva la sua forza e la  sua  sussistenza, cercava d' impedire, che i suoi membri col
il vostro comandante, e disprezzare al suono della  sua  voce i travagli e la morte. Ma divisi da lui in un vasto
il governo faccia se non quel tanto che è necessario per la  sua  salvezza e prosperità, si sforza di tirare in dietro quanto
concedette delle terre a Ricabodo suo vassallo pel tempo di  sua  vita, e di più con questa condizione favorevole, che
o finalmente non ha ancora avuto tempo di esercitare la  sua  influenza. Ma passati quasi due secoli la nazione venuta al
l' incumbenza che nella costituzione inglese ha di  sua  natura un deputato alla Camera. [...OMISSIS...] Se la
diritti in genere; poichè la minorità è sempre di natura  sua  inetta a resistere contro la maggiorità. Se gli uomini
come dicevamo condurrebbe l' uman genere intero alla  sua  distruzione. Vuol forse dire l' illustre autore con quelle
in un modo al tutto amministrativo non curerebbe di  sua  natura che gl' interessi, e ciò che è morale sarebbe
non è possibile che l' amministrazione sociale abbia la  sua  perfetta organizzazione, giacchè tale organizzazione nuoce
questi sente d' avere in sè stesso una forza che gli dà la  sua  stessa immoralità maggiore di quella che hanno gli altri
per esser buona dev' essere preceduta da un giudicio sulla  sua  rettitudine e giustizia; come pure che la bontà di questo
di tutte quelle obbiezioni che fossero rivolte a provare la  sua  difficoltà ed incertezza: le quali non provano mai che egli
s' innalza si deprava? in ragione che acquista si irrita la  sua  fame? Non dieno questo scandalo i possenti ai deboli;
onesto e generoso si vede aver nelle mani, debb' essere la  sua  cautela d' usar della stessa, e la sua cura di ben
debb' essere la sua cautela d' usar della stessa, e la  sua  cura di ben verificare se l' uso che ne fa sia retto ed
a lungo godere de' vantaggi che gli desse l' istantanea  sua  prevalenza sugli altri uomini: la giustizia adunque è
poichè appunto questa debolezza fisica darà la prova della  sua  forza morale: e la forza morale è quella che lo debbe
opinione non pubblica ma universale, contro cui tutto perde  sua  forza: di quella opinione dico dalla quale sola nasce la
sarà il segno della loro incolumità: la prosperità  sua  sarà la loro: e tutto ciò che nuoce o mostra di nuocere
in questo modo che l' autorità pubblica, la quale di natura  sua  è temibile perchè è forte, sarà ella stessa quella che
di forza fisica nessuno può temere che egli assalisca, e la  sua  forza morale si restringe solamente a raffrenare gli
appunto per questo instituito, ed è da questo che ricava la  sua  forza morale. Non vale il dire che col pretesto di
essere rivolto questo Tribunale politico nella immediata  sua  relazione, cioè la determinazione dei suoi speciali uffici,
quella di condottieri d' esercito. Il soldato giudice di  sua  natura è anche principe, e il Tribunale che vogliamo
e non più tosto di agire a guisa di una parte che tratta la  sua  causa col mezzo di avvocati: si osservi se fra i Parlamenti
di dar qualche passo sul terreno dell' altra; e deplora la  sua  sconfitta quando ne è stata respinta. Se il popolo non è
i Parlamenti, perchè è parte, e quella parte che di  sua  essenza è soggetta, quella che debbe essere giudicata per
per sè medesimo; mentre per sè non può far nulla per la  sua  mole, e perchè egli è essenzialmente disorganizzato,
è il vero. ed immune da ogni altra affezione: nella  sua  sincerità l' uomo il ritrova quanto ha il cuore più ignudo
Bisogna che il Sig. Raynal non consideri già la  sua  proposizione astratta dalle sue circostanze, ma con un poco
reca assai male a proposito l' America in esempio della  sua  opinione. [...OMISSIS...] La società civile essendo
qualche vista più in là che di satollare al momento la  sua  fame: a malgrado di ciò gli scrittori di quel paese
secondo luogo, siccome l'uomo, per la limitata natura della  sua  mente, non può rappresentarsi in un tratto molte cose
per la limitata atura del suo intelletto: per l'unità ella  sua  coscienza: per l'identità degli universalie pel complessivo
appena il clima del suo cielo, le selve e le sabbie della  sua  terra; è rinchiuso in un'isola in mezzo all'interminato
sè e a' suoi. V'è una voce che suona unica e assidua nella  sua  coscienza, la voce dell'egoismo, ciò che la scienza chiama
riceve una più larga parte della caccia e della preda. La  sua  vita meno aspra può adagiarsi alquanto, può comprendere
d'un ordine di cui sente d'esser principio in seno alla  sua  tribù; ed attribuisce un simile ordine anche alle volontà
dunque proverete voi all'individuo ch'ei deve confondere la  sua  volontà colla volontà de' suoi fratelli nella Patria e
al consenso della Nazione, messa in libertà, d'esprimere la  sua  volontà, l'ordine che par migliore e di educare con tutti i
il primo fra tutti, che avrebbe giovato a tutti coll'opera  sua  .Quelle parole sussurrate nell'orecchio ad una società che
di tutte le facoltà che Dio ha messo in germe nella  sua  creatura. Cerchiamo che Dio regni sulla terra siccome nel
già de' suoi conforti e de' suoi dolori, sovente della  sua  vita e della sua morte. La statistica e la medicina dicono
conforti e de' suoi dolori, sovente della sua vita e della  sua  morte. La statistica e la medicina dicono quanto sia
de' documenti, da cui noi siamo obbligati d' attingere la  sua  dottrina, o quella che per sua ci è presentata, questo è
obbligati d' attingere la sua dottrina, o quella che per  sua  ci è presentata, questo è impossibile a dirsi, ed inutile
senso, Aristotele, checchè dica, è obbligato a far fare la  sua  parte negli avvenimenti mondiali. Ma quando si dice in
eterna, ottima, creatrice, l' enigma del mondo riceve la  sua  spiegazione: e tutto ciò che è, ed il modo in cui è, e ciò
ed il modo in cui è, e ciò che avviene, ricupera l' ultima  sua  ragione, da cui dipende, come un frutto da una pianta, la
ragione, da cui dipende, come un frutto da una pianta, la  sua  possibilità. L' arte, dice Aristotele, non può far nulla
è ingiusto con Platone quando pretende di confutare la  sua  sentenza che « le forme sieno le prime cause delle cose »,
cui consta il mondo, senza ragione sufficiente, e però la  sua  dottrina non è veramente una teoria ontologica o
dire come parzialmente e da un solo lato si presenti alla  sua  mente il bisogno di ricercare una causa sufficiente fuori
e quest' era l' evento accidentale, e per questo filo la  sua  mente fu obbligata ad uscire dell' ambito della natura, a
della contemplazione. A questo nondimeno si rattaccò nella  sua  mente la questione del moto. Egli vide che nella natura,
lui, non essere unispecie coll' effetto. Ora partendo dalla  sua  ipotesi (e non è mai altro che una ipotesi, niuna vera
ed eterno: perchè l' effetto non può essere maggiore della  sua  causa. Questo primo motore deve essere una sostanza, chè la
sostanza deve essere anche continuamente in atto, anzi la  sua  natura deve essere puro atto: perocchè se potesse essere in
(3), e se una volta cessasse, come riprenderebbe poi la  sua  azione? Se ella poi è puro atto, è altresì priva di
molto tempo, ma essa, l' intellezione, non perdendo mai la  sua  natura d' intellezione, rimane eterna, infaticabilmente
de' sensi nell' anima umana, allora quest' anima con una  sua  facoltà che è la mente, separa quella forma dalla materia.
nè può conoscere altro, nè operar altro, tutta essendo la  sua  natura attuata ed esaurita nell' istesso atto dell'
dunque ed ogni singolare, secondo Aristotele, ha la  sua  natura dall' universale, onde dice: « « E` manifesto dalle
atto purissimo, e prima intellezione; in modo che tutta la  sua  eccellenza consiste e deriva nell' avere questa condizione
che è più o meno lontana d' aver raggiunta l' ultima  sua  forma. La materia priva al tutto di forma non è che un'
1 d' una forza istintiva verso il suo bene, cioè verso la  sua  maggiore attuazione, che è la causa finale, [...OMISSIS...]
; ma la proposizione « si genera dall' ente », come pure la  sua  contraria « si genera dal non ente », sono vere in quanto
in atto, ha qualche cosa di potenziale, cioè la  sua  radice generica. Ritorna dunque sempre la stessa
abbia alcuna potenzialità in sè; non basta a fare, che la  sua  essenza non sia una specie, che non si realizzi se non in
non si realizzi se non in lui; conviene di più che nessuna  sua  parte o qualità sia tale; se la qualità d' intellezione può
prova della unicità del primo motore non dall' intrinseca  sua  natura, ma da ragioni esterne, com' è quella dell' unicità
o tre ordini d' idee disparatissime, che si trovarono nella  sua  mente: da una parte delle speculazioni razionali sui
a cui possono arrivare le diverse cose, ciascuna secondo la  sua  propria natura (1). Ora l' atto compiuto di ciascuna cosa
perchè suppone, come dicevamo, la materia eterna: così la  sua  ontologia è in aria, non posa sul fondamento d' una ragione
suppone che ci sia passaggio da una sostanza all' altra. La  sua  maniera di ragionare degli enti con concetti così
altra parte, si può dire quello che dice Aristotele della  sua  mente in potenza che, « « non è attualmente niuno degli
adopera una maniera di parlare, che dimostra non essere la  sua  mente in potenza, quella che propriamente intende,
indeterminato conviene il carattere che dà Aristotele alla  sua  mente in potenza, d' essere « « le specie in potenza » »,
quasi in cosa permanente (1); perocchè, accordata anche la  sua  ipotesi erronea della materia eterna, egli stesso insegna
che tenta Aristotele, dicendo che il sensibile ha la  sua  fermezza nell' anima in cui si attua la forma sensibile
attua la forma sensibile (2). Poichè l' anima stessa ha la  sua  verità nella specie con che è conosciuta, giacchè anche l'
al corpo, come pare facesse Platone o alcuno della  sua  scuola, sebbene conceda che sopravviva al corpo,
di nuove. Pervenuta dunque la natura, per mezzo della  sua  più eccellente operazione, cioè della generazione, a
, alla natura non resta altro che fare, ma in quest' ultima  sua  specie, come in termine della sua fatica, riposa. Ma qui
fare, ma in quest' ultima sua specie, come in termine della  sua  fatica, riposa. Ma qui appunto è già con ciò posta in
le specie intelligibili che sono in potenza nella  sua  sensibilità, si suscitano in atto nel suo intendimento ».
l' avere una certa grandezza. Aristotele ricorre alla  sua  diletta espressione: « « gli è essenziale averle in
sostanziale e immanente della cosa, astrazion fatta dalla  sua  materia, anche ideale (2). Si può dunque intendere il passo
fa conoscer la pietra reale, e nella pietra anche la  sua  forma reale. Ma Aristotele stesso sembra che rimanga preso
secondo Aristotele, la mente ha un' esistenza separata, e  sua  propria (2). Suppone altresì Aristotele che esista qualche
qualche cosa d' eterno e d' intellettivo con esistenza  sua  propria, per ispiegare la generazione degli animali.
singolare, ossia l' individuo reale, non ci arriva, chè la  sua  mente corre a un universale ch' egli prende per singolare,
fare a spingere questa specie separata fino all' ultima  sua  determinazione? L' indeterminazione è una potenzialità.
privo di materia, cioè di potenzialità, è di natura  sua  intelligente » » (1): e però sussiste ed è la mente prima
è l' anima quella che in occasione del senso, con un' altra  sua  facoltà diversa da quella del senso, apprende l'
, o per dir meglio l' essere . Il che si vede pigliando la  sua  formola più semplice che è « « essere o non essere » »,
vedemmo, così l' universalissimo è pure l' essere nella  sua  massima estensione. E` ben da considerarsi che Aristotele
che sia l' intuizione dell' essere, l' essere intuìto nella  sua  potenzialità. Ciò poi che è in potenza, da Aristotele, come
la mente [...OMISSIS...] : l' essere intuìto adunque nella  sua  potenzialità universale è la mente in potenza d' Aristotele
attualmente uno «hen kat' energeian,» e che conservando la  sua  indivisibilità radicale, si divide poi secondo le ragioni
quello che fa ad un tempo l' attualità della mente, e la  sua  potenzialità di conoscere i generi dell' essere. Veniamo
indeterminato). Così ricapitola Aristotele stesso la  sua  teoria: [...OMISSIS...] . Che cosa dunque è la mente
è unico non solo di specie, ma anche di numero; che dalla  sua  unicità viene l' esser uno anche all' Universo,
stessa è in sè sostanza singolare, e però opera con qualche  sua  attività indipendentemente dal corpo, e, questo perendo,
mente uguale di specie a quella del suo generatore che è la  sua  causa motrice. Ma, come abbiamo detto, Aristotele s'
intelligibile: era passato a dire, che il tenore della  sua  vita è l' attuale eterna contemplazione, puro diletto, la
è il raziocinio d' Aristotele quant' è alla forma, ma la  sua  dottrina rimane imperfetta quant' è alla materia, avendo
dalle cose materiali e corporee, che sfuggono alla  sua  volontà e al suo appetito. E inoltre è necessario secondo
de' contrarŒ cioè è suscettivo d' avere una specie o la  sua  contraria, d' aver un certo atto e di non averlo: ora ciò
genere; che anzi la limitazione è per lui accidentale e non  sua  propria, che quant' è meno limitato, tant' è più veramente
d' esser essere , ma raggiunge più pienamente con ciò la  sua  stessa essenza. Niuna maraviglia dunque, se la natura dell'
l' attribuisce appunto a Dio, che perciò colloca come in  sua  sede sopra l' ultimo cielo, rappresentandolo così come
è compiuta, e si rimovono; così la natura divina nella  sua  ultima perfezione, rimane scevra da ogni altra notizia,
conservasse all' anima dopo la morte dell' uomo la  sua  individualità, rimanendo solo la natura divina in essa
anzi in tutti gli uomini, conosce necessariamente in questa  sua  forma umana anche tutto ciò che conoscono gli uomini, cioè
dell' esistenza e della natura del mondo, e della  sua  dipendenza dall' Essere supremo puro e separato. Stabilisce
natura può esser generato e prodotto se non preesista la  sua  materia e la sua forma [...OMISSIS...] (4): gli elementi
generato e prodotto se non preesista la sua materia e la  sua  forma [...OMISSIS...] (4): gli elementi inesistenti
e ad accrescersi, aspira a rimovere la possibilità della  sua  distruzione, benchè mai non ci arrivi. L' essere separato
Aristotele, non ha in sè le specie finite, ripugnanti alla  sua  perfezione, è del tutto uniforme, puro, semplicissimo; e
appetito da tutta la natura, che tende ad avvicinarsi alla  sua  attualità perfetta, appetito in primo luogo e in un modo
è ricevuto da ciascuno degli enti, secondo l' indole della  sua  natura e virtù [...OMISSIS...] , e che dà così a ciascuno
e virtù [...OMISSIS...] , e che dà così a ciascuno la  sua  propria e conveniente facilità di moversi, [...OMISSIS...]
parziale di entità (4), e trattano dell' ente unito alla  sua  materia, come il fisico, o dell' ente astratto da quel
quella parte che può, e questa parte è il suo atto, la  sua  essenza specifica. Laonde quando si domanda « la causa
ad acquistare più che può di quell' attualità che nella  sua  massima e pienissima perfezione è appunto l' essere
dell' altra, e cava indifferentemente gli esempŒ della  sua  teoria ora dall' ordine della generazione naturale, ora da
fino a tanto che non s' è conosciuto il suo principio e la  sua  maniera dialettica di riporre in una stessa classe le
(reale), è lo stesso che cercare ciò in cui è contenuta la  sua  materia: onde in questa ricerca ciò di cui si cerca la
quello della materia che passa all' acquisto della  sua  forma, è una prima maniera di atto detto da Aristotele «
(2). Quando poi la materia è pervenuta all' acquisto della  sua  forma sostanziale, cessa il movimento, e questa forma
ancora egli può uscire ad altri atti, senza perdere la  sua  costituzione e la sua identità. E questi sono un secondo
ad altri atti, senza perdere la sua costituzione e la  sua  identità. E questi sono un secondo genere d' atti perfetti,
dell' ente ch' è l' essenza , e l' atto secondo che è la  sua  operazione. E chiama l' essenza specifica e sostanziale
che si formi passando dalla potenza all' atto, perchè la  sua  natura è di essere atto puro, e però Aristotele la fa
solo come intelligibile e bene desiderato (6), senz' alcuna  sua  operazione (7). Onde Averroes s' ingannò in questo che non
azioni, delle trasmutazioni e de' movimenti, e restringe la  sua  censura a dire, che la causa finale da lor posta non era
materia, è una sola. Se è una sola, come può conservare la  sua  identità, moltiplicandosi gli enti reali che ne
e all' artefice converrà dare una potenza di imitarla nella  sua  opera distinta dalla specie, nè si potrà dire, che la
perchè distrutta la mente non è distrutta con questo la  sua  specie e possibilità, ma sì viceversa. Ora, che la mente
di Dio, che questi conosca le cose umane: appartiene alla  sua  perfezione che il suo oggetto sia puramente l' ottimo, cioè
questo filosofo nella natura, qual causa del mondo e della  sua  connessione, [...OMISSIS...] , ma che conveniva oltracciò
essenziale non è identico con essa. Dunque ella sarà di  sua  natura in potenza, e passerà all' atto per la virtù del suo
senza mistura di sorta, [...OMISSIS...] . Onde dice, che la  sua  natura è puramente il possibile (3), non avendo ancora
delle obbiezioni, che servono non poco a render chiara la  sua  mente, alle quali dà certe risposte, di cui non fu bene
che abbiamo già indicate. La mente dunque è di natura  sua  teoretica cioè contemplatrice; questa mente poi quando si
e di questa dice che nella vecchiezza perviene alla  sua  maturità (2). Osserva dunque che sebbene la mente sia la
loro natura sono manifestissime fra tutte »(2) », e alla  sua  vita naturale ha bisogno di conoscere le specie della
dipende come da un principio maggiore, e si distingue colla  sua  subiettività dal suo obietto essenziale, che le serve di
notizia dell' essere, non sufficiente all' uomo nella  sua  vita terrena. L' essere così conosciuto è la mente in senso
acciocchè questi possa poi raccogliere da' sensi la scienza  sua  propria per induzione, e quello perciò è la mente in atto,
ogni specie sia anche numericamente una, tuttavia la  sua  unità dicesi specifica (3), e quest' unità della specie è
la legge; Dio è l'unico Legislatore della razza umana. La  sua  legge è l'unica alla quale voi dobbiate ubbidire. Le leggi
fra tutte le cose: Dio ha versato in lui più della  sua  natura che non sull'altre. Ogni cosa che viene da Dio tende
qualvolta, interrogando la vostra coscienza, troverete la  sua  voce in armonia colla grande voce del genere umano
agli animi, perché un solo individuo possa, colla  sua  parola, scoterli e vincerli. L'associazione d'una minoranza
indugiare, accelerare verso certi fini il lavoro. E la  sua  parte negli utili del lavoro, nel lavoro della produzione,
quanta l'umana famiglia - se non confessaste la fede nella  sua  umanità, conseguenza dell'unità di Dio, e