«difficoltà» dell’arte, in pieno Cinquecento, non era ormai più considerata la simulazione della tridimensionalità, ma la rappresentazione del corpo
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regalare qualche raggio di luce ai londinesi, abituati a vivere in una città quasi sempre grigia e fumosa. La simulazione atmosferica piacque così
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arriva fino alla simulazione del furor, in un furioso maneggio del pennello, in un diluvio di pennellate non più dimostrative, ma altrettanto
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casseruola e con un buon assortimento di vivande (Fornello, 1962) e ad una Vetrina con pasticceria (sempre 1962), fino a coinvolgere nella simulazione un
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qualcosa. «Allora faccio finta di avere un ruolo: imitando il pasticciere, il falegname, gioco ad essere un lavoratore». La simulazione non è meno
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