Aristotele, la grande sintesi
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-348 a.C) e soprattutto con Aristotele (384-321 a.C.). Il loro pensiero è troppo complesso per affrontarlo qui: basterà qualche nota che riguarda l
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Aristotele adottò questo modello e lo complicò aggiungendo 22 sfere. Ma soprattutto ne fissò i presupposti teorici. Sopra il cielo della Luna i moti
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discepolo, Eudosso di Cnido (408-355 a.C.), inventore del mappamondo celeste, pose le basi del sistema geocentrico quale poi sarà tramandato da Aristotele
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questi, i pitagorici, Eraclide Pontico (385-322 a.C.), Seleuco di Seleucia e lo stesso Aristotele, che indicò come prova della sfericità terrestre l
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Anche lui eredita i principi, meglio, i pregiudizi, di Aristotele sulla circolarità e uniformità dei moti celesti. Da Ipparco deriva l’atlante
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mezzo l’etere, l’inafferrabile quintessenza di Aristotele. Ultima, la sfera delle stelle fisse, lontana 20 mila raggi terrestri. Come si vede, nella
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in latino dell’Almagesto e del De Coelo di Aristotele, avviando il recupero di conoscenze che si erano perdute.
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doveva aver letto Tolomeo. Per Dreyer, la Divina Commedia rispecchia le idee cosmologiche correnti nel Trecento, improntate a un Aristotele di riporto.
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aristotelico, dove non dovrebbe esserci nulla in quanto l’universo di Aristotele è chiuso, ha un bordo dove tutto finisce. Dante alza lo sguardo ed è
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centro, liquidi tutte le astrusità e gli errori del sistema tolemaico. Niente affatto. Tolomeo, sulla scorta di Aristotele, riteneva che le orbite
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trovarsi al di là della Luna, nel remoto cielo delle stelle fisse, che di conseguenza, contro il parere di Aristotele e della Chiesa, risultava soggetto a
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affermato Aristotele duemila anni prima, passarono dalla meteorologia all’astronomia e le sfere di cristallo scomparvero, lasciando i pianeti soli a
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orbite perfettamente circolari di Aristotele e Tolomeo neanche davanti all’evidenza che non funzionano.
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