La retina è una parte del cervello che si è modificata per essere sensibile alla luce. Ha una superficie di sei centimetri quadrati ed è composta da
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(pollice, indice e medio), desistendo a malincuore dall’appropriarsi del cranio, sede del cervello che tanto aveva compreso dell’universo. Dal povero
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processo della visione consumiamo il 4 per cento dell’energia fornita dal cibo. Non vediamo con gli occhi ma con il cervello, o meglio con gli “occhi della
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coni), i segnali elettrici emessi dello strato sensibile della retina viaggiano fino alla parte posteriore del cervello, la regione occipitale, ed è
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ottenere la mitica pietra filosofale. Purtroppo l’avvelenamento da mercurio attacca il sistema nervoso e il cervello. Si spiegano così, almeno in parte
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una parte del cervello, con il loro pennello di luce le stelle fanno, per così dire, il solletico alla nostra intelligenza, alla nostra curiosità
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visione tridimensionale dell’ambiente, il nostro cervello fa questo calcolo di trigonometria in modo automatico, come se fosse una specie di “computer
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soffriva di astigmatismo, e oggi sappiamo che il cervello elabora le immagini privilegiando le linee di contorno.
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Non basta guardare per vedere. Si guarda con gli occhi ma si vede con il cervello. Galileo aveva in mente una teoria, sospettava – laicamente – che
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nostro occhio, o meglio il nostro cervello, fornisce una risposta sensoriale che dipende dal contrasto più che dai valori assoluti della luminosità. È
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accorciato la distanza perché la retina, inviando al cervello segnali elettrici, somiglia più ai Ccd che alla pellicola fotosensibile.
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