esigenze di chi ci ospita. Non prendiamo alla lettera la raccomandazione di «fare come in casa nostra»: non giriamo in déshabillé, non facciamo razzie nel
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Pursuit sulla Divina Commedia rischia di creare molto disagio in chi non ha una cultura umanistica). Non perdiamo tempo in lunghi preparativi, facciamo
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tazzina. Ma secondo me un «grazie» e un sorriso (come pure un «per favore» al momento di fare I'ordinazione) non sono mai di troppo. Non facciamo la
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mano» al lavoro agricolo, facciamo solo quello che ci viene richiesto; a fine giornata, non lamentiamoci, non diamoci arie da duri del Far West e non
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facciamo rumore per le scale e nei corridoi, non sbattiamo le porte, non chiamiamo gli amici da una stanza all'altra (proprio a questo scopo esistono i
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fiumi e mari; in campagna e in montagna facciamo passeggiate solo sui sentieri tracciati ed evitiamo rumori inutili, per non spaventare gli animali
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proprio questa l'occasione pubblica in cui è più facile sbagliare abbigliamento e svelare la propria mancanza di buona educazione. Anche se non facciamo
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, mancanza di attenzione, idee preconcette. Non bamboleggiamo, non facciamo capricci da vecchietti bizzosi. E non atteggiamoci a Madri e Padri (con la
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nuovi - e neppure i «modesti» tratti di penna per cancellare titoli e appellativi: se no, che li abbiamo scritti a fare? Non facciamo come i
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consiglio, anche se non ne abbiamo alcun bisogno, usare molti sorrisi, molti silenzi, molta buona educazione. Non facciamo domande imbarazzanti o
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interlocutore che pensiamo non meriti tutta la nostra attenzione. Non facciamo ricadere sull'ospite/cliente i nostri problemi, quindi non lamentiamoci
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l'aiuta a portare la borsa o i documenti; al massimo può - è un gesto di gentilezza, ma non è dovuto - cederle il passo su una porta. Non facciamo i
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attesa, lo facciamo entrare per primo, ma se si è in molti, per motivi di praticità, entra per primo chi è più vicino alla porta (dicendo «Scusi») - Nei
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poniamoci al centro dell'attenzione con esibizionismi e passi da virtuosi, non facciamo coppia fissa con l'unico/a altro/a all'altezza della nostra
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Quando ci rapportiamo con persone disabili, spesso sbagliamo toni e modi perché ci facciamo cogliere dalla paura di non sapere come fare. Ricordiamo
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o fa delle pause. Non interrompiamo sul più bello un aneddoto dichiarando: «È successo a me due anni fa...». Facciamo (poche) domande e solo i
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diverso dal nostro, non criticando il modo in cui lo spende; non facciamo domande su investimenti e conti in banca degli amici, anche i più intimi; non
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») chi è all'antica, non correggiamo chi ci sembra che sbagli, non facciamo paragoni con casa nostra, non lamentiamoci. Quando siamo a quattr'occhi con il
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ciò che stanno facendo gli altri, bambini compresi, anche se quel che facciamo noi ci sembra più importante; non interrompiamoli se non è proprio
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d'impaccio con un «Non saprei, non lo conosco abbastanza bene». Non facciamo né sollecitiamo confronti tra parenti «nostri» e «suoi» e, se il nostro partner
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pasti vanno consumati separatamente, sarà sempre così (ma il menu sarà rigorosamente uguale, e ugualmente abbondante); non facciamo (e tantomeno
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ansia chi chiama; -rispondendo al cellulare mentre stiamo conversando con qualcuno, gli facciamo capire che per noi è meno importante di chiunque ci stia
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e argenterie in prestito, camerieri in guanti bianchi reclutati per la serata. Facciamo una riflessione prima di copiare pari pari da una
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, allusive a una successiva maggiore intimità; -prendiamo bocconi piccoli - dovremo ben scambiare qualche parola con i vicini, no? - e masticando non facciamo
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appuntamento. - Fare un invito a cena alle 7, così «poi non facciamo tardi». - Invitarlo/a a cena e alzarsi a lavare i piatti. - Ordinare una camomilla
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per professione, quindi esercitiamoci, signore: tutte abbiamo un amico barman condiscendente che ci farà da maestro. Se facciamo un invito per un
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. Tarantini N., Pinardi M.T., Il risveglio del corpo, Iacobelli, 2011. Turchet P., La Sinergologia, Armando, 2006. Valla F., Facciamo la pappa, Mondadori, 2011.
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gli ospiti-protagonisti in una sorta di favola, quando li facciamo muovere in uno scenario creato da noi con l'atmosfera che decidiamo di far
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testimoni. In realtà, ci siamo completamente anestetizzati e non ci accorgiamo se non di quelli più evidenti. Per esempio, non facciamo quasi più caso a
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