fiaba. Come abbiamo già detto, si trattava di un’arte improntata soprattutto ai sofisticati ideali della vita di corte, la quale, a sua volta, era
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significativo proprio perché, contrariamente a quanto abbiamo detto fin qui, la pala d’altare appare più incline alla vivacità narrativa e alla divagazione
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comunque eminenti personaggi della Firenze quattrocentesca. Come nel caso che abbiamo già analizzato della predella del Polittico di Pisa con l’Adorazione
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Per concludere questo capitolo in cui abbiamo messo a confronto i caratteri del Gotico cortese con quelli della rivoluzione prospettica avviata in
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Cinquecento in Piemonte: una regione che, come abbiamo visto, faceva parte integrante di quel territorio su a pi no che fu uno dei più fervidi
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libertà dell’artista, perché abbiamo in mente la condizione degli artisti nell’età contemporanea. Ma in passato pittori e scultori erano vincolati a
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trasmettono i loro silenziosi messaggi, i loro muti interrogativi. A noi, che abbiamo esperienze culturali e visive diverse rispetto a quelle del pubblico per
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Abbiamo già accennato a quel ripudio delle formule schematiche ed astratte dell’arte bizantina che si configura come un recupero della tradizione
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-romano a favore della bidimensionalità bizantina, abbiamo visto il recupero della tridimensionalità con gli exploits prospettici di Giotto e dei
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», frutto di un processo che, come abbiamo visto, si è andato sviluppando nel corso del XIII e del XIV secolo, ma che giunge a piena maturazione a Firenze
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proprio nella natura della prospettiva artificiale. Come abbiamo già detto, infatti, per poter dispiegare a pieno il proprio effetto di verosimiglianza
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Ciò detto, resta una questione di fondo che abbiamo fin qui tralasciato, ma che è venuto il momento di affrontare. Mi riferisco al fatto che la messa
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Finora abbiamo parlato di prospettiva applicata alla pittura, ma il sistema della perspectiva artificialis investe, ovviamente, anche la scultura
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, quella nordica, dove si era sviluppato, come abbiamo visto, il gotico anche nella sua versione fiammeggiante e dove avrà origine, a fine Seicento, l
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più ampia e rigorosa applicazione delle leggi prospettiche. Leggi che, come abbiamo già precisato, dopo la prima fase dell’«invenzione della prospettiva
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Nonostante gli accenni di Vitruvio di cui abbiamo detto, oggi si ritiene che nel teatro classico questo tipo di scenari dipinti avesse un valore
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Dal punto di vista compositivo, come abbiamo detto, il quadro è costruito secondo il modulo della sezione aurea: la parte sinistra, che termina con
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scomparto di predella: non abbiamo infatti notizie di una predella di Piero che possa aver implicato un simile soggetto. Inoltre, proprie la presenza della
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Per la verità, anche noi storici dell’arte abbiamo a che fare con testimonianze scritte ed orali: fonti letterarie e documenti d’archivio sulla vita
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Ma la qualità figurativa delle teste dipinte negli esagoni di Orvieto subisce una brusca impennata verso l’alto, come abbiamo anticipato, in una
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analoga, di cui abbiamo già sottolineato la conformità ai modelli più tipici del repertorio benozzesco. Da una parte sono innegabili le stringenti
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Abbiamo già chiarito, grazie ai documenti che parlano dei suoi lavori ornamentali sulla volta e a confronti stringenti con sue opere indubitabili che
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di Orvieto (in particolare proprio di quelle cinque, che abbiamo mostrato a tav. 4), rifiutando tanto l’ipotesi Benozzo che l’ipotesi Angelico
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Nella chiesa-museo di San Francesco, infatti, erano presenti, tra gli altri, tre importantissimi disegni: uno lo abbiamo già incontrato, è quello con
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spaziali la dimensione temporale. Il Caravaggio realizza un capovolgimento radicale rispetto a tutto quanto abbiamo visto finora, abolendo la «narrazione
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Lessing, come abbiamo già anticipato, nel suo libro intitolato Laocoonte (1766), opera per primo una netta distinzione tra pittura e poesia
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Tuttavia, come abbiamo detto, lo scarso prestigio sociale degli artisti iniziò ben presto ad entrare in contraddizione con la realtà di un
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Come abbiamo detto, per valutare un’opera d’arte occorre prestare particolare attenzione alla sua consistenza materiale, valutandone non solo lo
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abbiamo Fig. 17. Jacob de Gheyn, La Melanconia, 1595-96 ca., incisione. già detto e che finivano per costituire il corredo caratteriale, più o meno
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Con ogni probabilità, il tipo iconografico della Malinconia deriva da un’invenzione figurativa dell’arte greca, di cui abbiamo perduto il prototipo
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Nel Cinquecento, come abbiamo visto, si affermò l’immagine allegorica della Malinconia, di cui Dürer ha tracciato il tipo iconografico più
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mezzi privilegiati per conoscere il mondo in cui viviamo, e dunque per cercare di controllarlo, governarlo, padroneggiarlo. Oggi abbiamo altri
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esattamente alla composizione che abbiamo sotto gli occhi (fig. 31) Sull’onda dell’elogio albertiano e nel clima di venerazione ed emulazione dell’antico
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tutte le altre dirette o indirette citazioni dal sarcofago antico che abbiamo fin qui elencato da quelle compiute da Signorelli e Raffaello, fino a
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necessario riappropriarsi di codici d’interpretazione e di consuetudini visive di cui abbiamo smarrito il significato. A volte, anche i colori possono avere un
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