Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Ritorno a Planaval

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Dal Bianco, Stefano 24 occorrenze

e al tempo stesso che questa fosse più simile a una poesia che a un monologo.

Per esempio, a volte vedo gli alberi del viale vicino a casa guarire del loro male; vedo a volte avanzare gruppi di adolescenti, come in un bosco, e vedo gli alberi al passaggio abbassarsi nuovamente...

Pensando a te ho scritto una poesia, per cercare di spiegare, una poesia a cui non so dare un titolo:

Invece non so niente di ciò che avverrà di me e di tutto questo insieme; forse il nostro cambiamento assomiglia a ciò che entra dal portone, a ciò che se ne va, a ciò che toma prima di una resurrezione.

I pezzi sono stati raccolti, quasi tutti in un primo momento, altri nel corso del tempo, a mano a mano diminuendo le proporzioni dei reperti. Dopo un mese in un anfratto del pavimento è comparso un vetrino trasparente, ma nessuno l'ha raccolto.

Quando mi stendo sul tappeto del salotto e guardo in alto, a volte c'è una mosca a volte un moscerino che volando descrive traiettorie stranamente geometriche, di colpo e di continuo svoltando con un angolo di solito acuto, e quello che è più strano è che tuttosi compie sullo stesso piano ideale: quello parallelo al soffitto e al pavimento dove sono io.

È successo che avevamo rinunciato a sognare, e a riconoscere il profilo e il colore delle cose. Attraverso di noi cresceva la stagione peggiore. Un principio di immobilità aveva assunto i connotati della concenlrazione. Pensavamo che rimanere all 'erta fosse necessaria per non farci trascinare dall 'onda della vita altrui. E restavamo fermi, e se qualcuno ci chiedeva: Tu cosa pensi ?, noi pensavamo che non volevamo pensare niente.

Ci sono piante che una volta strappate appassiscono subito.Così la menta cede la sua forza a chi la coglie, e forse non èun caso che tonifichi e rinfreschi. In questo caso la generosità è volontà di morte.La maggior parte delle piante invece qui resiste a lungo: settimane, soprattutto in acqua. Sono queste disperatamente recidive che ravvivano le stanze. Di queste si compiace la vista, anche se il nostro cuore batte per le prime.

Adesso mi rivolgo a te che per amore vero verrai qui, sul filo delle mie parole scritte. Lo faccio per riconoscenza e per un poco certo amore mio, senza vederti...

Ho cercato allora di tomare a sentire, mai sensi sono della vita, e la vita non basta, almeno così mi hanno convinto a credere... E adesso tu, come puoi pretendere di ascoltare la mia storia se la mia storia è infangata, o non è ancora incominciata, se la riva del mondo in cui siamo corrisponde al confine di un letto...

Si pensa sempre a sé come invariabili, ma non avrei che sarei durato, come carne che cammina, come pensieri sentlrnentr e vite altrui che ti si avvinghiano e con amore, che non finisce mar e trova sempre nuove contatti, rapimenti e ti riporta al punto di partenza: una vita gentile e appassionata, dei ricordi da gestire al meglio, buttando via ciò che non serve e il resto liberandolo equamente lasciando posto al nuovo, un colpo al cerchio uno alla botte per non tornare a Planaval, come del resto ti ho visto, anche tu, stampata nella foto, hai la tua rosa.

L' azzurro smemorato del crepuscolo a strisce, attraverso le persiane della camera. Lo stesso azzurro con le macchie scure delle piante sotto di sé, davanti a sé, nella nostra direzione quando siamo rivolti al terrazzo, e ancora azzurro sulla destra, filtrato dalla tenda bianca ma ugualmente pungente, e azzurro ancora sullo specchio, dal cielo del terrazzo, in visione angolare, invadente, senza possibili raffronti. Sembra che non ci lasci scampo, che invada la casa e che si muova con le cose che tocca senza peraltro contaminarci, anzi svuotandoci la testa, sbattendoci fuori di casa leggeri dementi e senza chiavi.

Tutto portava là, a quello scintillio di gesti forse inventati e nondimeno appaganti.

Sto solo chiuso nella mia casa come un tagliaboschi, O un marinaio, O un soldato di una guerra, tremando a ogni colpo. Ma il cielo è sgombro, il sole entra dai vetri e tutti i movimenti del vento sono sotto controllo. Sto in bilico tra paura e sicurezza. Sto nella situazione in cui si sogna. Allora scrivo e ogni tanto mi awenturo in terrazza e sollevo l'oleandro e il gelsomino. Mi ostino a non proteggerli, a rimetterli in piedi. Mi hanno detto che il vento rinforza le piante. lo come un padre in lotta con se stesso mi apposto dietro il vetro, noto il ramo spezzato del rosaio, guardo l'oleandro e il gelsomino inclinare e traballando farsi forti.

Mentre il mio sguardo discreto abbraccia indistintamente dal terrazzino le nubi della pioggia e la tazzina del caffè (sulla tavola, in casa), sotto casa, vicino alla cancellata, un bambino si nasconde a una bambina, e su di lei piove l'ironia del sole.

Ora che non c'è più la guerra intorno a questo posto astratto, e quelle stesse frasi senza sfiorarmi cadono spuntandosi, ora riprende ardire una pioggia di morti nel giardino, e una voce di casa, che è una voce di vivi ed è perplessa, stupida immortale, come un pensiero animale.

Quando il vento è più freddo si fanno portare su in alto e si lasciano andare, così da sembrare più fermi e sicuri dei loro fratelli dal volo più mosso, che rischiano contro la bora schiantandosi, pare, a momenti e faticosamente sulle facciate delle case.

Sembra che la chitarra appesa mandi una nuova luce, e che lo specchio rifletta se stesso in un ombra chiara, e che l'argento si sia preso la tenda abbagliandomi ferocemente e co me da dentro un ncordo La parete e indifferente davanti a due finestre totalmente, completamente buie Ma qui dentro e come se anche la notte fosse chiara e illuminata dalla lampadina e dal bagliore della penna.

È difficile ricostruire la posizione delle cose nella massa scura che sta sotto, ma dove aumenta il buio e si fa nero, guardando a lungo si indovina la figura del castello e dei larici alti sulla cordigliera.

L'arancione che si vede guardando da dentro le palpebre chiuse se si tiene la faccia contro sole, specialmente in un giorno di maggio, quando il colore dell`aria riscaldata, verso le tre del pomeriggio, è rimasto di poco più denso del mattino, e la spiaggia non fuma e il verdastro del mare è meno chiuso in sé, e cielo mare e spiaggia comunicano perfettamente un identico senso del respiro del mondo è l'arancione della pelle, che pertanto da dentro scopriamo non essere pallida e rosea, come appare, ma di molto più vivace, in verità, e sensibile al calore, di cielo mare e spiaggia conniventi a mirnare il respiro imperturbabile del mondo.

Così la novità sta tutta nella parte giomo, la storia della nostra casa nella parte notte, ed è per questo che in salotto o in cucina non riusciamo a stare, mentre con tutti i mezzi rallentando il passo ciascuno tutti i giomi pro- lunga il suo soggiomo in corridoio, da cui ritorna sempre con un”aria più serena e una luce più antica negli occhi, e coraggiosa.

La signora che mi spia dietro la sua tenda bianca drappeggiata e che io spio dalla finestra del salotto, perché non viene allo scoperto e mi saluta con la mano, e perché non ho il coraggio di rispondere al saluto e tanto meno di partire io per primo, visto che poi staremo qui a cercarci camminare da una stanza illuminata all'altra delle nostre case rispettive, come se non avessimo niente da inventare, come se tutti e due non avessimo da lavorare o da frugare altrove. Questa signora io non la conosco e non ha niente di particolare: è una signora e basta, che sta nella sua casa e si nasconde. A volte succede che qualcuno per sbaglio si scopre ed è un gioco bellissimo: vedere come l'altro si fa piccolo, come si chiude nel suo disonore e si ricorda di una sua faccenda e non si sporge più per un minuto. Allora si diventa coraggiosi e la finestra diventa un balcone. Ci si guarda intorno, si fa una grande luce nella casa del trionfo e si vorrebbe urlare ai pioppi e si vorrebbe che tutti dal giardino e dalle case intomo ci capissero qualcosa e applaudissero magari, al vincitore, che stasera sono io. Ma non c'è mai nessuno di visibile. Questa sera ho vinto. La signora ha chiuso addirittura le persiane. Di sicuro succede non di rado che io sia quello che ha la meglio e che poi di qua smarrimento, di là ci sia vergogna o vera o finta indifferenza. La mia forza è che io ci ragione sopra: la signora non regge, non si fa tutti questi pensieri e men che meno ne scriverebbe. Ma stasera forse la signora è partita veramente. Se n'è andata al mare e mi ha lasciato qui come un cretino.

La luna che si nascondeva dietro la massa nera della nuvolaglia non si sa se lo faceva di proposito, ma protendendo la sua luce sopra i contorni sempre in movimento della nuvola pareva quasi sul punto di sciogliersi nel cielo più segreto, e meno male che adesso grazie al vento è ritornata netta e rotondissirna sopra tutte le case del lido, una striscia di terra che sembra badare a se stessa soltanto quando c'è la luna. È soltanto in questa notti limpidissime che ci viene da chiedere che cos'è questo rumore, del vento o del mare, e ascoltando ci dimentichiamo di donnire, e guardando la luna le stelle e le nubi impariamo una distanza che di giomo non c'è, o non vogliamo che sia nostra.

E un'altra cosa non vorrei: che questa dei sassi fosse conside- rata una “trovata"; perché sarebbe vero solo in parte: io sono veramente preoccupato che noi veramente non parliamo la stessa lingua, ed è così che ho scritto una poesia dimostrativa. Ma io sono preoccupato soprattutto in questo momento, ed è un momento, un attimo, in cui non voglio dimostrare niente, voglio solo andarmene contento, nella sicurezza di aver parlato con qualcuno, e che qualcosa sia successo. Non mi interessa se ciò che sto facendo sia vecchio o nuovo, bello o brutto, ma mi dispiacerebbe se fosse inteso come falso, e sto rischiando. Di solito scrivo delle cose che mi sono abituato a chiamare poesie, ma se questa cosa di questo momento non dovesse funzionare, non dovesse essere compresa, tutto ciò che ho scritto e che scriverò non avrebbe scopo.

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