’analisi, riporta a se stesso il grandioso scenario urbano: dipingere per lui significa mettere ancora in gioco la soggettività 42.
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potremmo segnalare un limite alla sua poetica che lui in precedenza non abbia già segnalato esplicitamente. Tuttavia, non si muove all’interno del fumetto
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dilatante soprattutto), al fine di chiudere in una stringata unità formale il frammento-campione da lui prescelto. Secondo le sue parole medesime
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dal 1963 la riproduzione a stampa sulla tela, col procedimento meccanico del silk screen, di una foto tratta dalla cronaca o da lui stesso preparata
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Questo passaggio dall’assemblage al teatro traccia l’esemplai cammino di Allan Kaprow, il principale teorico ed iniziatore degli happenings da lui
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Rauschenberg ha risolto altrimenti l’uguale problema procedendo nei punti d’interferenza, che lui stesso ha moltiplicato, fra la finzione estetica ed
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Dine riprende la questione a questo punto, ma l’accordo si muta ora in distacco, così acuto è in lui il senso della specificità ed indipendenza di
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altro, di affermare la nostra preminenza mentale su di lui: è per tutti questi motivi che gli abbiamo affibbiato un nome. Dine ripete pedissequamente
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non liberarsene del tutto, tentare almeno i primi passi sulla strada del gratuito. L’arbitrarietà fa appello alle doti di pittore che sono in lui. L
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il mondo», è una confessione-chiave di Oldenburg. Se fra lui e la realtà esiste un malinteso («Sono abbastanza spaventato dal mondo. Non mi sento
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, investe la figura stessa dell’artista e l’attitudine professionale da lui scelta nei confronti del mondo. Se l’ice-cream è posticcio, pure Oldenburg è
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cui l’oggetto è per lui in primo luogo tattile e poi visivo, tanto da coinvolgere lo scultore (l’uomo infine) in una compromissione fisica con la
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tradizione impura, cui lo scultore si ricollega, e che è per lui un certo Rauschenberg (il Rauschenberg del Letto ad esempio), l’art brut di Dubuffet, l’Henry
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