corsa. Io dietro, e lo zio pure. La mia amica era ancora drizzata in ginocchio sulla panca, come si era messa per gridare quei suoi «non è vero». Scese
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misi a saltare e a gridare a squarciagola: - Il tesoro! Guic guic! - Guic guic! - gridò anche Ippolita, buttando in aria le braccia e saltando cosí che
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dall'altra, senza pace. Quasi quasi mi faceva pena. Venne su il conte e le disse per favore di lasciar stare. (Non gli piaceva sentir gridare, era una
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catapulta, chiamando forte «Ippolita, Ippolita». Non so dove si nascondessero, m'immagino negli angoli più bui, ma a sentir gridare a quel modo uscirono
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