pomeriggio Palla di fuoco riuscí a mettere un poco di ordine nel cielo devastato. — Ecco che cosa capita a chi si azzuffa! Guardate come siete ridotte
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fosse troppo stretto per lui. I fratellini facevano: cip, cip, cip, con garbo, lui invece gridava: cipí, cipí e non smetteva mai. — Ecco, lo chiameremo
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Il dí seguente Cipí, vedendo il gatto che riposava all'ombra del fico, disse fra sé: — Ecco là l'animale coi baffi e gli artigli invisibili! — E gli
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timore se fischia, se scompiglia le piume o urla nei camini; un piacere non lo rifiuta mai. Addio! — E scomparvero all'orizzonte. Ed ecco che un giorno il
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: — Ecco la prova. Vi basta? — E se ne andò rapido come era venuto, senza pretendere un ringraziamento, a continuare il suo lavoro. Nel buco si sentiva il
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vorrei sia un impegno troppo faticoso per te. — Parla liberamente, Madurer. Ascoltare parole non è faticoso. Per il resto, vedremo. — Ecco, io pensavo
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so fare! Non lo posso fare! » «E chi sei per non saperlo fare? Certo lo farai: io sono il tuo Sultano, quella la tela, quelli i pennelli, ed ecco
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il cancello del giardino... — Ecco cos'era il tuo sguardo, dunque, — lei disse. — Lo sentivo infatti, nello stesso tempo, profondo e molto freddo
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, — ecco quello che è accaduto. Questa mattina, nel giardino, una delle sorelle ci ha chiamate al cancello della Luna: e oltre le sbarre che, benedette, ci
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sembra godere di una eco splendida, e la gioia che da lui esce, in un modo che non so, gli torna addosso, e lo fa felice... Ecco dunque come, non veduto
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non era un pastore: era contadino. Aveva un bue per tirare l'aratro e anche un asino vecchio dal muso peloso. Sakumat schizzava rapidamente. — Ecco
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il carboncino fra due dita, il pittore tracciò una linea sottile, continua, perfettamente orizzontale, per l'intera parete. — Ecco il mare, Madurer
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il burban, — lo decideranno la tua arte e il tuo pensiero. — Ecco un'altra domanda. Come è l'anima del tuo figliolo? La sua sorte, dura per un bambino
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. Chissà quanti Madurer ci sono, — aveva ammesso Sakumat. — Ecco: uno di loro è il mozzo del Tigrez, — aveva concluso il bambino, stringendo fra le cosce
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davanti alla bocca con atteggiamento grave. — Posso conoscere un po' dei tuoi pensieri, Madurer? — chiese Sakumat qualche tempo dopo. — Ecco, io... Non
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osservò a lungo il prato, come se non fosse accaduto nulla. Poi chiamò il bambino vicino a sé. — Ecco come faremo, — disse, — io ti insegnerò a dipingere
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. — Allora dimmela, Sakumat. — Ecco: se noi continuiamo ad allargare le pareti, non potremo piú dominare il paesaggio. Voglio dire che diventerà troppo
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vedi il testone dell'orso? — Questo? — No, quella è la roccia. Un po' piú in basso... Ecco! — Sí, questo è l'orso. Bisogna guardare attentamente, per
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piú forte. Ecco dunque quello che ti chiedo, e benché sappia che una simile opera può essere compiuta solo come dono di generosità e amicizia
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