volo... — E Palla di fuoco, Mamí, che cos'è? — È il nostro amico che brucia in mezzo al cielo per scaldare e dar luce. — Mamí, il cielo che cos'è
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facevano ala al suo passaggio, si fermò un momento e rispose: — Il signore della notte da piú di mille anni è mio amico, egli riceve e conserva i miei
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le ingenue nubi e a scatenarle le une contro le altre; il grande amico continuò il suo pacifico viaggio nel cielo; le margherite e gli altri
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di animale baffuto, altri sei sono partiti senza piú far ritorno. Infine, vennero Piò, l'amico di Mamí, Beccoduro, Cipicipò e, a una a una, tutte le
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dolore l'albero e si staccavano da lui: — Addio caro amico, ricordami! — Addio! — rispondevano gli alberi sempre piú spogli, alzando le nude braccia
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cortigiano, e chiese sorridendo al pittore: — Desideri parlarmi, gentile amico? — Sí, lucente signore. — Ti ascolto: ma prima, accogli la mia domanda
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momento degli occhi, amico mio? — Lí va lo sguardo dell'uomo, o potente, — rispose Gentile. — E lí corre la mano del pittore. Come potrò vederli e
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. Non riesco a scegliere... Ci fu un breve silenzio. — Forse non è necessario scegliere, piccolo amico, - disse il pittore, — occorre solamente mettere
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nobile del cancello. All'improvviso, chissà come, gli tornò alla mente un'avventura in compagnia del fratello Giovanni e di un loro amico, Sebastiano
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divertito dalla propria arguta umiltà, Diamante scoppiò in fragorosa risata, e con lui Filippo, come colui che, da un buon amico, con garbo è riportato da
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lavorando insegnava all'amico le cose di pittura, e spesso diceva: — Né come frate, Diamante, né come uomo posso farti insegnamento giovevole, ma solo in
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all'ospite. Bevvero guardandosi negli occhi, come usano gli uomini di quel paese per dimostrarsi, senza parlare, riverenza e stima. — Ma ora, amico mio
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di un amico di Mutkul! — sbottò entusiasta Madurer. — Come si chiama? — chiese Sakumat senza voltarsi, — non ricordavo che Mutkul avesse un amico
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burban socchiuse gli occhi per un istante. La mano sulla cintura si rilassò. — A queste domande non risponderò, amico mio, — disse, — non perché non
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nuvola. Lo vedi? E corse a mostrare col dito ciò che intendeva. Poi tornò sui cuscini, a fianco dell'amico. Fuori, nel cielo della vallata, le nuvole
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della pittura. Io li maneggio con molta attenzione, ma forse non abbastanza per la sua delicatezza. — Non temerlo, amico mio, — rispose il burban, — non
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splendida idea. — Nemmeno il burban di Ankara ha un prato in casa! — disse. Poi Madurer si addormentò. — Amico mio, quanto tempo occorrerà per dipingere
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silenziosi. Quando se ne furono andati, il burban chiamò Sakumat e disse: — Amico mio, la speranza si perde. Costretti alla sincerità, i medici hanno
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pittore, abbassando la testa. Madurer rideva. Inquietamente si voltò verso l'amico. — Tu hai la faccia stanca, Sakumat, — disse poi, serio, — sei molto
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del villaggio e si fece qualche amico, con il quale beveva il tè, cucinava e parlava quietamente delle cose presenti. Visse a lungo in pace, facendo il
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collo per strangolarlo. — Vuoi dire, Jacopo, che in questo paese, o in Turchia, nessun debito può durare piú di due mesi? — Oh no, amico mio: qui i
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propria mano, dove il piccolo l'aveva baciata, e sorrise. — Questa è la risposta alle tue domande, amico mio, — disse. — Per quanto mi riguarda
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gentile amico, di parlarti di un altro motivo della tua venuta a Costantinopoli: doppia è infatti la ragione del viaggio che hai compiuto, come doppio si
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