Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonare

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Lo stralisco

208389
Piumini, Roberto 1 occorrenze
  • 1995
  • Einaudi
  • Torino
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Una volta, poi, agitato nella notte da quel vuoto, ho preso la decisione di rinunciare, e di abbandonare all'alba seguente la tua casa. È accaduto prima dell'inizio di questa luna. — Sí, — fece Ganuan annuendo, — io so ora che la tua mente, e quella di mio figlio sono piene di immagini e figure stupende. So che se riuscirai a dipingere anche solo la decima parte di quello che insieme state immaginando, il tuo sarà un lavoro ammirevole. Disse le parole con una specie di soprassalto gioioso. Poi tacque sorridendo, e aggiunse: — Spesso, in silenzio, io entro nelle stanze di Madurer, e da una certa distanza vi guardo e sento parlare mentre, vicini alle pareti bianche, muovete le braccia indicando le figure che vi nasceranno... Non mi avvicino mai troppo, ma credo che in quei momenti, anche se arrivassi ad un passo da voi, non vi accorgereste di me. Forse mio figlio, immerso con te nel lavoro gioioso del pensiero, non baderebbe a suo padre. Non credere che questo mi rattristi: mi dà anzi una grande contentezza, giacché non ho mai visto Madurer vivace e lieto come in questi vostri progetti. È sempre stato un bambino fervido e ricco: ma ora sembra godere di una eco splendida, e la gioia che da lui esce, in un modo che non so, gli torna addosso, e lo fa felice... Ecco dunque come, non veduto sebbene non mi nasconda, seguo e imparo il vostro gioco, ammiro la tua prudenza e la tua sapiente curiosità. Ganuan tacque, versando tè fresco all'ospite. Bevvero guardandosi negli occhi, come usano gli uomini di quel paese per dimostrarsi, senza parlare, riverenza e stima. — Ma ora, amico mio, — prosegui il burban seriamente, posando la tazza preziosa, — io vedo assai bene che il tuo gioco è un gioco grande, e che si può allungare nel tempo e nella fatica piú di quanto tu ed io potevamo prevedere. Io desidero che continui, ma penso con preoccupazione: «Forse Sakumat ha altri lavori che lo aspettano nella sua città, o delle promesse da mantenere laggiú. Forse ha persone che lo amano e attendono il suo ritorno, e che il suo cuore desidera rivedere». Cosí io penso, ed è come un'angoscia. Tu sai, mio caro, quanto io apprezzo quello che stai facendo: tanto più perché va molto oltre il dono che volevo fare... Ma se una delle cose che penso, o tutte insieme, sono cosí importanti da farti affrettare l'opera, o interromperla prima che sia compiuta, ti prego con tristezza di non cominciarla nemmeno, e di abbandonare subito la mia casa. Questo mi permetterebbe, con una scusa adatta e nel momento opportuno, di deludere il mio figliolo ad un punto in cui, come accade nei giovani, la sua delusione non durerà che qualche giorno. Anche in questo caso, naturalmente, il tuo compenso sarà quello che avresti avuto lavorando un anno nella mia casa... Ma se, in qualche modo, è possibile che tu continui l'opera che hai cominciato, e le dia tutto il tempo che essa richiede, io ti prego con umiltà e amore di restare. Se hai famiglia, o persone a te care, le manderò a prendere e le accoglierò nella mia casa come la famiglia di mio fratello, e per tutto il tempo che sarà necessario. Oppure, se tu preferisci, vi assegnerò una palazzina fresca e di grande conforto che sorge presso il bosco. Metterò cinque uomini al vostro servizio, e tre donne per il cibo e il lavoro della casa. Avrete tutti i cavalli che serviranno al vostro diletto, e rimarranno vostri per sempre. Alla fine, quando sarà, il mio compenso ti farà un uomo ricco. Sakumat non rispose subito. Ormai la sua barba copriva guance e mento, e il gesto ruvido dei primi giorni era diventato una calma e abituale carezza che accompagnava, o precedeva, le sue parole. — Vedo anch'io, burban, che il gioco si fa grande, - disse il pittore, — e so che per compierlo dovrò essere come un gigante muto, piú servizievole di quello che usci dalla lampada del buon Aladino. Tuttavia, mio signore, il gioco ha preso anche me: io sto ai suoi bordi come un assetato a quelli di una fonte fresca e zampillante. Non ho sposa né famiglia a Malatya, e i miei amici sanno ricordarmi nella mia assenza, e sanno che io li ricordo. Quanto alla ricchezza che prometti, io ti dico che un pittore ha una sola bocca per i sapori del cibo, e un solo ventre da consolare. Chi guarda a lungo la terra e gli alberi e il mutare luminoso del cielo, non sente bisogno di altre abbondanze. Piuttosto, signore, vorrei chiederti qualcosa. — Ti ascolto, — disse il burban, inchinandosi lievemente. — Ho constatato che a niente mi giova alloggiare nella — stupenda stanza che mi hai assegnato. In realtà ci sto pochissimo, perché i colloqui e la compagnia del tuo figliolo mi riempiono il giorno. La visione che godo da quella stanza, poi, per quanto meravigliosa, in qualche modo distrae e impoverisce la mia mente, occupata a costruire con Madurer il paesaggio del mondo. Ti chiedo dunque, se non c'è una ragione contraria, di far mettere per me un tappeto nelle stanze del tuo figliolo, in modo che io possa passare con lui ogni istante del tempo, come si addice alla forte amicizia. Cosí non perderò le occasioni della parola mattutina, il ricordo dei sogni che cosí presto svanisce, o le parole serali, in cui la pace e la saggezza si radunano. Il burban sorrise e abbassò il capo tre volte, in segno di assenso profondo. Questo fu il patto tra Ganuan, signore di Nactumal, e Sakumat il pittore: mentre il piccolo Madurer, nelle sue stanze ancora immacolate, guardava le pareti sdraiato fra i cuscini. Guardava con desiderio e con affanno gioioso, simile ad un innamorato che guarda gli occhi della sua amica.

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