gruppo di «artisti spaziali» raggruppati attorno alla Galleria del Naviglio e venne stilato un Manifesto dello spazialismo italiano1.
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Tutte le opere di cui abbiamo discorso sino ad ora furono battezzate da Fontana col generico nome di «concetti spaziali», titolo che doveva rimanere
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estremo periodo: quella dei «concetti spaziali» inglobanti una cornice in legno. Si tratta di una serie di curiose «cornici-oggetto»: dipinti dove è
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scanditure spaziali pressocché neoplasticiste, che esulano dal tipo di ricerca di cui sto appunto accennando.
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. Uno degli artisti che in Italia ebbe, per primo, l’intuizione delle possibilità spaziali offerte dai nuovi media artistici, già all’epoca delle prime
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possibilità di modulatrici spaziali, non limitando la loro efficacia alla semplice superficie della tela o alla tridimensionalità plastica e «solida» del
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tendenze potevano, se messi in condizione di esprimersi, realizzare degli autentici ambienti spaziali e non delle singole opere avulse dall’atmosfera
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’adeguatezza a nuove esigenze spaziali di tendenze tra di loro molto diverse, anzi contrastanti e di solito tenute distinte e considerate nemiche. Ecco
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nella loro frigida geometricità, delle efficaci modulazioni spaziali. Non altrimenti di quanto ottengono le assonometrie (ancora non del tutto risolte
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«spaziali» e dei «nucleari») l’unico autentico fermento rinnovatore nell’arte italiana di quell’epoca. E - sia detto per inciso e anticipando gli eventi
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