mercificazione, e - per un altro verso - la feticizzazione dell’oggetto artistico (già ridotto a merce) è già quanto basta per affermare che, se si dà un
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Dunque, riassumendo: oggettualizzazione, mercificazione, e spesso feticizzazione dell’oggetto artistico già ormai ridotto a «merce» (a prodotto
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’«opera d’arte» è anche quello di diventare merce di scambio, e che forse soltanto così il suo valore «estetico» riesce a imporsi a coloro che
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merce, più o meno alienata e feticizzata (lo si è visto anche a proposito di recenti prodotti di arte concettuale). Nel caso del cinema vero e proprio (a
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esempio d’una reazione rispetto all’oggetto artistico ridotto a merce e idolatrato unicamente per il suo valore venale e commerciale, il Kitsch si può
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quello della realizzazione, al valore politico che a quello estetico, o ancora a un valore «antieconomico» piuttosto che a quello di merce da scambiare
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particolarissima (ma non perciò meno alienabile) merce che è l’arte. Ed ecco, allora, che la critica non può non appuntarsi, da un lato, sull’effetto
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, incompresa e soprattutto incapace di fruttare ai suoi creatori (se non dopo morti), si è convertita in un audace gioco di borsa, in un mercato di merce
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complici si sono presentati nel luogo convenuto per la consegna della merce ordinata lamentando di essere stati sorpresi dagli uomini della dogana, che