Ricordo un pomeriggio d’autunno, nel lontano 1953, a New York, nell’edificio della 5a Avenue che ospitava allora l’antico Museo Guggenheim. Si
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’aperto che, proprio negli stessi giorni del Guggenheim, ha assiepato le piazze e i punti chiave di New York con opere di alcuni dei maggiori scultori
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, decapitante bottiglie di birra con immenso fracasso e copiosi spruzzi schiumosi sugli astanti, al congresso «Vision 67», che si svolgeva a New York
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illustrare una esclusiva tendenza (come quella cinetica nella mostra di Endhoven o quella dell'assemblage al Museum of Modern Art di New York) o
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considerare iniziata colla grande mostra di scultura internazionale organizzata dal Guggenheim Museum di New York nell’ultimo scorcio del 1967.
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questo dopoguerra; e le ragioni ne erano, in fondo, già implicite nella mostra di New York. Quale era infatti l’aspetto più impressionante di questa
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Ricordo le annotazioni che ebbi a tracciare dopo un primo soggiorno a New York negli anni cinquanta. Era la prima volta che mi trovavo a confronto
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grattacieli (penso alla mostra di scultura nella città a New York, 1969, con opere di Barnett Newmann, di Tony Smith, e di molti artisti del genere
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al Museum of Modern Art di New York dello scorso anno ha segnato non la sua fine, ma la sua glorificazione e insieme la sua imbalsamazione. Un
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